PROBLEMATICA DELLE SEPARAZIONI IN ITALIA
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dibattitopubbl | Date: Venerdì, 16/10/2009, 13:50 | Message # 1 |
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| Le separazioni e i divorzi sono seguiti dai tribunali civili, che in alcuni casi si comportano con le stesse modalità di tribunali minorili e vi sono gli stessi abusi e le violazioni delle leggi. Talvolta le pratiche realtive ai minori si passano dai trinunali civili ai tribunali minorili.
La malagiustizia delle separazioni si sposa con la malagiustizia penale e minorile, causando gravissime danni ai cittadini. I magistrati che compiono errori per inidoneità professionale o che delinquono consapevolmente, non vengono mai puniti.
I problemi principali nelle separazioni sono:
1. Omissioni di indagini penali nei casi di denunce per maltrattamenti o per abusi sui bambini, in seguito a che si ledono diritti degli innocenti e si procura l'impunità a violenti e pedofili; omissione di procedere penalmente contro calunniatori; 2. Omissione di indagini sullo stato patrimoniale reale e sui redditi reali; 3. Decisioni inequi e assurde, in danno ai minori; rifiuto totale di valutare accuratamnte le prove e di risolvere situazioni costruttivamente; 4. Manipolazione dei bambini da familiari, dai assistenti sociali, da periti; 5. Omissione di provvedimenti adeguati contro uomini violenti, in particolare quelli che spudoratamente affermano che non sono loro violenti, ma le donne (dimenticando della diffenrenza nella forza fisica tra l'uomo e la donna e del fatto che la donna non ha possibilità fisiche di essere violenta con l'uomo, in quanto l'uomo, rispondendo, la uccide o causa menomazioni fisiche invalidanti); 6. Violazione del diritto dei bambini di avere 2 genitori e 4 nonni; 7. Reati di magistrati di varia natura, tra cui stesura delle sentenze non corrispondenti ai requisiti previsti dalla legge; 8. Isituto di mediatori inefficace; inesistenza di strutture di sostegno e rieducazione ai genitori violenti o aggressivi; 9. Reati dei servizi sociali, dei gestori degli istituti-comunità, dei periti, degli affidatari - generalmente impuniti; 10. Abusi e violenze sui bambini nell'ambito dei sevizi sociali e strutture di affidamento; 11. Tradimenti da parte di avvocati, impunità di avvocati in caso di tradimento o lavoro malfatto.
I colpiti dalle ingiustizie non sono esclusivamente mariti, ci sono anche tante moglie. Delle moglie si parla molto di meno, il che non vuol dire che non sono colpite.
Elenco dei libri sul tema della malagiustizia nelle separazioni: http://dibattitopubbl.ucoz.com/forum/24-28-1#41 (http://dibattitopubbl.ucoz.com/forum/24-28-1#41)
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Visitatore | Date: Venerdì, 16/10/2009, 13:53 | Message # 2 |
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| Una pagina su Facebook: http://apps.facebook.com/causes....5538348 BIGENITORIALITA' E APPLICAZIONE REALE LEGGE 54/2006 AFFIDO CONDIVISO PERCHE' TUTTI I NOSTRI FIGLI ABBIANO GARANTITO IL LORO DIRITTO AD AVERE RELAZIONI STABILI EQUIVALENTI E SIGNIFICATIVE CON ENTRAMBI I GENITORI ANCHE QUANDO QUESTI SI SEPARINO Bigenitorialità è il principio volto a difendere i diritti dei figli a mantenere con entrambi i genitori relazioni stabili e significative anche quando la coppia si separi. Sono i padri separati, ai quali vengono spesso negati i figli e il loro diritto di esercitare i ruolo genitoriale, i principali sostenitori di questo principio recepito per la prima volta dal nostro sistema giudiziario con a legge 54/2006. Nonostante la novellata legge sull'affido condiviso, i figli vengono talvolta e ancora oggi nascosti, negati e rapiti dalla madri affidatarie o collocatarie. Subiscono ingiustizie e abusi psicologici che segneranno la loro infanzia e il loro sviluppo. Alcuni avranno la fortuna, un giorno, di poter riabbracciare il loro padre, senza poter per recuperare quel rapporto che nel tempo è stato scandito da menzogne, dolore e false convinzioni. Altri invece resteranno nell'ombra, fino a dimenticare il loro papà e tutti i familiari paterni. A questi figli è negata la possibilità di avere 2 genitori e 4 nonni, è negata la libertà di crescere in un clima sereno e rassicurante. Diventano armi di vendetta e merce di scambio. Tutto si basa sul rancore, sull'odio e su denaro. E nessuno, neppure la giustizia, riesce a comprendere il dolore che c'è dietro un rapporto negato tra padre e figlio. Anzi... esiste un apparato complesso fatto di avvocati, periti e tribunali che di fronte a tali ingiustizia rimane a guardare inerte quando non esasperi addirittura il conflitto per l'enorme fonte di denaro che esso rappresenta. *************************** Adesso vorrenno dire basta.... Lo vorremmo dire agli AVVOCATI... Lo vorremmo dire ai PERITI, PSICOLOGI, PSICHIATRI.. Lo vorremmo dire ai PM delle varie Procure italiane Vorremmo infin dirlo ai GIUDICI chiamati ad applicare la LEGGE... SIAMO STANCHI.... DI ESSERE REALMENTE MATRATTATI E DI VEDERE MALTRATTATI I NOSTRI FIGLI. NON CI IMPORTA COME RIUSCIATE A FAR APPARIRE IL CONTENZIOSO PER L'AFFIDAMENTO DEI FIGLI IN CASO DI SEPARAZIONE QUALCOSA DI "NECESSARIO"... NOI NON VOGLIAMO PIU' CHE INNOCENTI CREATURE DBBANO AVERE UNA PROSPETTIVA DI VITA INEVITABILMENTE "ABBASSATA" DA CONFLITTI E VESSAZIONI PIU' FACILMENTE EVITABILI. VEDREMO COME.........
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dibattitopubbl | Date: Giovedì, 29/10/2009, 02:08 | Message # 3 |
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| Interrotta la filiera primaria del rapporto Padre-Figlio LA RIFLESSIONE: Educatori e sociologi sono concordi: alla radice del disagio giovanile c’è l’interruzione della catena padri-figli. di Paolo Ferliga http://www.genitorisottratti.it/search/label/discussioni La società contemporanea soffre per la continua riduzione del ruolo e della presenza del padre nella formazione e nell’educazione dei giovani. Si tratta di un processo secolare che ha confinato i padri nei luoghi del lavoro, lasciando alle madri e a un sistema scolastico femminilizzato il compito di istruire ed educare le nuove generazioni. A partire dagli anni Settanta del Novecento, poi, l’aumento di separazioni e divorzi ha allontanato fisicamente molti padri dalla casa dei figli. Si calcola che oggi siano circa 8 milioni di genitori separati, con 140 mia separazioni/divorzi nel 2007, che hanno coinvolto 91 mila bambini e ragazzi. A tre anni dall’approvazione della legge 54 sull’affido condiviso i tempi medi di permanenza dei figli con il padre sono stimati ancora solo al 18%, rispetto al 72% che i figli trascorrono con la madre. Eppure in questi ultimi anni qualcosa sta cambiando e sembra farsi avanti, nella coscienza di educatori e genitori, ma anche degli studiosi e dei terapeuti, la consapevolezza che l’interruzione della catena padri-figli sia alla radice del forte disagio espresso dai giovani. Il grido di dolore che si leva dai figli senza padre e dai padri cui sono stati tolti i figli costringe la nostra società a interrogarsi sui guasti creati dall’assenza del padre. Il quadro che si presenta ai nostri occhi preoccupante. Sempre più spesso studenti demotivati, figli depressi, giovani che cercano nell’alcool e nella droga quel piacere che la vita sembra loro non offrire. Il segno che accomuna il disagio giovanile è quello della dipendenza: dal mercato del consumo, dalle sostanze stupefacenti e dai farmaci, dalla televisione e da internet. Dal gioco d’azzardo e dai giochi di ruolo, da una sessualità compulsiva e dalla pornografia. Ci troviamo davanti al paradosso per cui la cosiddetta società del benessere, dove tutto sembra possibile, produce un diffuso e sempre più forte senso di disagio e di impotenza. L’assenza di limiti crea una sorta di bulimia per cui si vorrebbe divorare tutto, oppure un atteggiamento di rinuncia spesso autistico, perché nulla sembra più desiderabile e la vita priva di interesse e di senso. Di fronte a questa situazione di disorientamento, lo sguardo degli psicologi e degli studiosi dei fenomeni sociali comincia a vedere ciò che la sapienza antica, in particolare nella sua espressione religiosa, ha sempre saputo: senza la presenza del padre la vita è priva di orientamento e il legame sociale si allenta. Come diceva Freud,infatti, la figura del padre è centrale, non solo a livello individuale, ma anche . Se la funzione paterna viene meno a livello sociale, i figli rischiano di non uscire da una posizione egocentrica di tipo narcisistico, una posizione dipendente dalla madre, vissuta come fonte in grado di soddisfare sempre e subito i loro bisogni. Proprio aiutandoli a separarsi dalla madre, il padre trasmette loro il senso del limite, condizione indispensabile perché si formi una personalità autonoma. L’autonomia, la capacità cioè di interiorizzazione, la norma, e quindi anche il divieto, è l’antidoto principale nei confronti della dipendenza. Solo chi è autonomo è in grado di distinguere cioè tra bene e male, e di passare dall’egocentrismo all’altruismo, entrando così a fare parte della comunità. Fin dai primi mesi di vita il padre aiuta il bambino a diventare autonomo facendolo uscire dal legame simbiotico con la madre, indispensabile all’inizio ma ingombrante in seguito, perché finchè resta in esso il figlio si illude che tutto gli sia dovuto. Spetta dunque al padre dargli il senso del limite, dire al bambino il primo “no”!, esortarlo a crescere per diventare sé stesso, pronunciare parole che insegnano a governare i propri istinti. A queste parole devono corrispondere dei comportamenti, dei gesti concreti. Per questa ragione è indispensabile che il padre torni a occuparsi dei figli, non nella veste di seconda madre, di quello che oggi con accenno dispregiativo viene definito “mammo”. Molti padri oggi lo sanno: giocano di più di una volta coi loro figli, li portano a spasso volentieri, si interessano del loro percorso formativo. Non disdegnano di cambiare loro i pannolini e non si vergognano di dimostrare loro affetto. Ma sentono che il loro compito richiede anche altro. Sanno che spetta a loro trasmettere ai figli quel senso del limite e dell’autonomia indispensabili per aprirli al mondo degli altri e per iniziarli alla vita dello spirito. *** L’autore, Paolo Ferliga Insegna Filosofia e Storia al liceo Arnaldo di Brescia e Psicologia dell’educazione all’Università Milano-Bicocca. E’ anche psicoterapeuta e saggista: ha pubblicato il libro:”il segno del padre nel destino dei figli e della comunità” (Moretti&Vitali,2005) in cui dimostra come l’immagine del padre, spesso sottovalutata dalla cultura contemporanea, sia comunque conservata dall’inconscio collettivo).
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dibattitopubbl | Date: Giovedì, 29/10/2009, 02:24 | Message # 4 |
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| ASSOCIAZIONE "GENITORI SOTTRATTI" La Bigenitorialità, cos'è, dove nasce e cosa significa http://www.genitorisottratti.it/2009....ve.html Quello di Bi-Genitorialità è un concetto che si colloca in un contesto spazio-temporale ben definito: l’Occidente post-moderno. Tale concetto, infatti, non avrebbe significato alcuno in altre culture risparmiate da taluni passaggi storici – dall’Illuminismo all’avvento della Tecnocrazia - che hanno concorso ad un lento, ma progressivo e sistematico, svuotamento dell’archetipo Maschile-Paterno. La post-modernità getta l’umanità occidentale in una condizione psicologica – per quanto ben camuffata dagli orpelli tecnologici e della politically-correctness – arcaica, ancestrale: il ritorno al mito della Grande Madre, che precedette l’intuizione sul ruolo maschile nella riproduzione. I Paesi che più precocemente hanno smarrito il Senso del Maschile-Paterno sono stati quelli anglofoni e scandinavi: quelli che, avendo “toccato il fondo” della deriva connessa all’espulsione del Padre - dalla famiglia, dalla società, dal sistema di valori e tradizioni che fonda l’inconscio collettivo e l’identità di un popolo - più precocemente di altri hanno dovuto correre ai ripari. Nell’America del 1995 Bill Clinton dichiarava: “Il guaio più grande della nostra società è l’assenza della figura paterna, causa – a sua volta – di molti altri problemi sociali”. Successivamente il presidente Bush finanziava con ingenti risorse organizzazioni no-profit come la National Fatherhood Initiative. La psico-pedagogia occidentale concorda su un dato socio-antropologico: nella tradizione e nell’immaginario collettivo la funzione paterna viene sostanzialmente identificata e valorizzata come la fonte endo-familiare da cui promana “la legge”, intesa come quell’insieme di regole morali e comportamentali – più o meno codificate – che segnano il limite fra la propria e l’altrui libertà. Alcuni psicologi dell’età evolutiva definiscono con metafore politiche i ruoli – assai più ontologici che culturali – svolti dalle figure paterna e materna in seno alla famiglia: mentre il primo incarna il ministro della Difesa e degli Interni, la seconda svolge funzioni da ministro del Welfare. Negli USA ed in Gran Bretagna sono stati condotti studi a livello accademico – poi ripresi nella saggistica divulgativa – sull’effetto devastante della delegittimazione del ruolo paterno sulle devianze giovanili. La maggior parte degli adolescenti istituzionalizzati nei riformatori provengono da famiglie mono-genitoriali sulle quali il sistema giudiziario ha operato la marginalizzazione o l’espulsione del padre; e lo stesso dicasi per la maggior parte dei giovani dediti all’abuso di sostanze o protagonisti di abbandoni scolastici, gravidanze precoci, prostituzione minorile, bullismo. In Italia, proprio sulla scorta di questi desolanti dati sociologici, si è sviluppato, da una quindicina d’anni a questa parte, un dibattito politico e d’opinione pubblica (in seno alla quale primeggia l’associazionismo dei padri separati) che ha perseguito (non senza vivaci resistenze, manifestate – a livello parlamentare – dalle rappresentanti “vetero-femministe” delle formazioni di sinistra; e – a livello extra-parlamentare – da quelle corporazioni professionali nelle quali si sono riversati coloro che negli anni ’70 avevano cavalcato l’ondata di contestazione verso l’autorità” e dunque anche verso il simbolismo racchiuso nel Padre, trasfigurato in un “patriarca oppressore”: magistrati, psicologi, sociologi) l’obbiettivo di restituire ai giovani – superstiti fra le fumanti macerie della Famiglia italiana in dissoluzione – l’apporto educativo della figura paterna. Senza, con ciò, negare le grandi difficoltà in cui si dibattono questi padri d’inizio millennio, i quali hanno smarrito il proprio Senso, essendo essi stessi orfani di padre, poiché l’ondata nichilista e relativista che ha percorso l’Occidente nell’ultimo trentennio dello scorso secolo aveva già interrotto la trasmissione della cultura materiale ed istintuale maschile. Dopo un dibattito parlamentare protrattosi per 12 anni, lungo l’arco di quattro legislature, nel febbraio 2006 vedeva finalmente la luce – promotori principali: Maurizio Paniz e Marino Maglietta - la legge 54, che traduceva il concetto pedagogico di Bi-Genitorialità in quello giuridico di “affido condiviso” del minore ad entrambi i genitori separati. Il punto qualificante della riforma è racchiuso nell’espressione (art. 1): “il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi [genitori]”. Ma l’avversione già esplicitata dalla magistratura nel corso dei lavori parlamentari (quella stessa ostilità che aveva decretato il fallimento del previgente “affido congiunto”) si è prontamente concretizzata, all’indomani dell’entrata in vigore, con l’introduzione di una plebiscitaria prassi giudiziaria: quella del “collocamento” o “domiciliazione prevalente” del minore; manco a dirlo: presso la madre. Le potenzialità “terapeutiche” – sia verso le piccole vittime dell’incontenibile “piena” divorzista, sia verso l’attuale generazione di genitori, attratta dalle lusinghe edonistiche e narcisistiche, dal culto fallace di un ipertrofico “Io desiderante”, da un illusorio diritto all’”auto-realizzazione” che non conosce confini – sono così rimaste vanificate; il tempo che a Figli e Padri è dato condividere è rimasto pressoché immutato (risulta sostanzialmente confermata la prassi previgente del pomeriggio infrasettimanale e del weekend alternato; e, con essa, viene perpetuata la patetica ed irridente immagine del “papà-Disneyland” che la riforma si prefiggeva di sradicare). La Bi-Genitorialità è oggi un postulato ancora tutto da realizzare. Se l'assioma PADRE=AUTORITA' di cui LOTTA CONTRO L'AUTORITA' = LOTTA CONTRO IL PADRE è ciò che emerge come fermento che scolla la famiglia, occorre probabilmente rivedere il senso di "autorità" e di "famiglia" secondo l'evoluzione sociale in atto e di cosa sia veramente la figura paterna oggi, mutata ed in mutazione, come del resto è mutata ed in mutazione la figura materna. I segni del cambiamento esistono e vengono come sempre dalla base popolare, quella stessa base che anticipa con i propri bisogni e le leggi, che fa le cose senza attendere.., solo parzialmente dipendente da sentenze, del valore etico contenuto, sentenze spesso lontane dalla corretta interpretazione del dettato delle leggi ... e delle loro successive modificazioni. La parte "sensibile" della popolazione, quella a cui non occorre raccontare che entrambi i genitori sono importanti per i figli, una base "emancipata aperta intelligente" che con uno "slancio" di reale interesse del minore, si preoccupa che alla separazione degli adulti, non segua quella dei figli dai genitori e nemmeno dai nonni, una base prima di tutto rispettosa dei ruoli, collaborativa e che nel nome dei loro figli adotta una "frequentazione genitori-figli, in linea coi desideri di tutti. Una base da imitare, 'esempio dell' "evoluzione possibile e sensibile", ela visione consapevole di Bigenitorialità, un esempio oltre al litigio (spesso agito strumentalmente per ottenere ragione) . Ovviamente siamo consapevoli che la bigenitorialità è un processo principalmente culturale, e intellettuale, un processo che richiede intelligenza e non "un utilizzo strumentale" delle leggi per giungere a benefici esclusivi, esclusivi ed escludenti allo stesso tempo, benefici a discapito dell'altro e dei figli in primis. Eppure siamo consapevoli che le cose stanno cambiando e la bigenitorialità, intesa come nuova dimensione genitoriale e spazio di relazione perdurante col figlio oltre alla separazione coniugale, è senz'altro lo spazio più dignitoso e decoroso che possa esserci nel legame primario fra figli-genitori-parenti, una dimensione a tutela del diritto a la "separazione" che vede protagonisti tanti bravi padri e madri. Ci auguriamo che le istituzioni sappiano favorire la bigenitorialità e sappiano produrre efficaci sistemi di DIFESA dalla attuale strumentalizzazione dell'uso "stravolto" della legge sull'affido condiviso, visto la scelta di campo espressa a tutt'oggi nelle sentenze, che consentono ad una parte (sempre quella!) di genitori immaturi ed egoisti di anteporre loro stessi agli interessi dei figli. Un espressione della giustizia che presta il fianco a manipolazioni non è certo il massimo né per la Bigenitorialità né per i nostri figli, ma è funzionale unicamente al pensiero che i figli "sono cose per sole donne". Questa mentalità è alla fine di una corsa ed è destinata a tramontare in seguito ai forti cambiamenti sociali, ma anche da una rivalutazione piena e responsabile di un ruolo primario come quello di una paternità scelta e possibile, anche e non utlimo il raggiungimento della possibilità concreta di fare figli in età sempre più avanzate , la consapevolezza che la maturità raggiunta non può convivere con un egoistico disperato istinto riproduttivo fine a sé stesso. Dunque la genitorialità come scelta e non come casualità, e di conseguenza una paternità responsabile e una maternità consapevole. E quale madre vorrebbe mai eliminerebbe un padre così? e quale Padre non condividerebbe percorsi possibili con una madre altrettanto consapevole? E quale giudice e quale assistente sociale....intravvedendo una utilità ed un beneficio solo per una parte, si produrrebbero in relazioni e sentenze mono genitoriali, come accade invece ancora troppo spesso oggi ? Comunque sia...occorre un sistema di tutela che vada oltre la ragionevolezza dei genitori, proprio in virtù del fatto che non tutti e non entrambi sono sempre aperti sensibili ragionevoli etc , i figli li fanno tutti, intelligenti e stupidi, sani e malati, bianchi e neri, brillanti ed opachi, possibile che il divorzio condanni prevelentemente solo un genere e tutti i bambini se i due coniugi non sono d'accordo? Fonte: contributi pubblicati da Risè/Ferliga/Fiorin/Manzari/Castelli, dai quali abbiamo attinto per produrre questo articolo.
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Visitatore | Date: Giovedì, 29/10/2009, 12:27 | Message # 5 |
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| http://www.daddyspride.it/ - versione italiana di DADDIES PRIDE - LA PARATA DEI PADRI
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Visitatore | Date: Giovedì, 05/11/2009, 05:26 | Message # 6 |
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| UNA LETTERA CHE GIRA NEL WEB lui che un giorno è venuto a prendermi per passare il weed end insieme e non mi ha trovato lui che mi aveva pitturato la stanza di rosa a casa sua e che poi per rabbia ha distrutto lui che mi poteva vedere solo in una stanza davanti ad una suora per un'ora al mese lui che mi ha regalato le prime scarpette da ballo perchè anche se non mi conosceva sapeva che era la mia passione lui che per disperazione ha cercato di tagliarsi le vene davanti ad un'assistente sociale lui che non ha mai avuto la possibilità di dirmi che mi voleva bene perchè non poteva mostrarmi affetto, dicevano che avrei sofferto di più lui che sul camion ci teneva le mie foto strappate da qualche giornale e che orgoglioso andava in giro a dire che sua figlia era famosa lui che mi è stato dipinto come un mostro, lui che la cui vita ho riscostruito come un puzzle lui che ha lasciato in me un profondo lacero di tristezza per non averlo mai abbracciato lui che a 50 anni è morto per una malattia dei nervi, non provaocata dal lavoro, coma han detto i medici, ma provocata dal male che gli han fatto A lui dedico queste poche righe e le dedico anche a chi è in grado solo di parlare e non di agire e che al primo ostacolo si tira indietro, ci son persone come mio padre a cui è stato negato il diritto di fare il genitore e ci son figli che come me mai e poi mai potranno riavere quello che gli han tolto, il diritto di esser figli e di essere amati.
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Eugenio_Travaglio | Date: Giovedì, 26/11/2009, 20:51 | Message # 7 |
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Visitatore | Date: Lunedì, 07/12/2009, 16:44 | Message # 8 |
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| http://leonardolovari.blogspot.com/2009/12/fugge-dieci-anni-per-vedere-il-babbo.html lunedì 7 dicembre 2009 Fugge a dieci anni per vedere il babbo Nuoro. Ha cercato di raggiungere Mamoiada a piedi: è stata soccorsa dai carabinieri Fugge a dieci anni per vedere il babbo La bimba ha attraversato di notte la galleria di Mughina Sabato 05 dicembre 2009 La piccola vive con la madre che dormiva e non si è accorta di nulla. La donna è stata svegliata dai militari e adesso rischia una denuncia. V oleva raggiungere il padre a Mamoiada, così è uscita silenziosamente da casa mentre la madre dormiva e si è incamminata da sola sulla tangenziale, determinata a farsi venti chilometri a piedi nonostante l'oscurità e il freddo pungente di una notte da lupi. Alcuni automobilisti l'hanno notata mentre, spaventata e infreddolita, vagava avvolta nel suo piumino all'interno della pericolosissima galleria di Mughina e, senza perdere tempo, hanno avvisato i carabinieri, che fortunatamente l'hanno raggiunta nel giro di pochi minuti e portata subito al sicuro. Protagonista della struggente fuga una bimba di dieci anni, che da quando i genitori si sono separati vive con la madre a Nuoro. IL PIANO L'episodio, che poteva avere conseguenze tragiche, è accaduto nella notte di giovedì. Quasi certamente la piccola aveva studiato il suo piano da tempo, ma ha deciso di metterlo in pratica solo l'altro ieri, quando ha trovato il coraggio necessario. Dietro la fuga non ci sarebbe infatti alcun litigio con la madre, ma solo la disperata voglia di stare insieme all'amatissimo padre e vivere con lui. Un desiderio di cui probabilmente in pochi si erano accorti, di certo non i giudici che hanno deciso a chi tra i genitori affidarla. LA FUGA Così giovedì la bimba ha deciso che era arrivato il momento di correre dal babbo: ha atteso che la madre andasse a dormire, poi si è alzata dal letto e si è rivestita, stando attenta a non fare il minimo rumore. Poi ha preso con sé pochi effetti personali, si è infilata il giubbotto imbottito di piume ed è uscita dal portone. La mamma non si è accorta di nulla e ha continuato a dormire tranquillamente. Una volta in strada la bimba ha percorso alcune vie cittadine, passando da piazza Veneto e ridiscendendo la strada che costeggia l'Anfiteatro comunale. Pochi minuti ed è arrivata all'imbocco della tangenziale, con in testa la folle idea di percorrerla tutta per arrivare così sino alla statale 389 che porta a Mamoiada. Un percorso che la bimba conosce bene, visto che l'ha fatto tante volte in auto insieme al padre. E che aveva deciso di ripetere a piedi, pur di coronare il suo sogno. L'ALLARME Attorno all'una e trenta alcuni automobilisti che transitavano nella galleria di Mughina l'hanno vista camminare a passo spedito rasente alla parete del tunnel. Non si sono fermati, forse per paura di provocare incidenti. Ma non hanno esitato un attimo a prendere il cellulare e comporre il 112. «C'è una bimba che sta camminando dentro la galleria della tangenziale - hanno detto alla sala operativa dell'Arma - intervenite subito perché rischia di essere investita». I militari non hanno perso un secondo e una pattuglia che si trovava in zona è stata subito spedita nel punto indicato dai testimoni. I SOCCORSI Quando la gazzella è arrivata nella tangenziale la bimba era ormai uscita dalla galleria e stava proseguendo la sua marcia in direzione della 389. Con molta delicatezza i militari l'hanno soccorsa, facendola salire in auto. Lei ha detto solo una frase: «Voglio andare da babbo». Poi, una volta in caserma, ha rivelato il suo nome. Quando i carabinieri hanno bussato alla porta di casa sua, la madre dormiva ancora. Non si era accorta di nulla. Ora rischia una denuncia per omesso controllo di minore. ( m. le. ) Fonte. L'Unione Sarda. Added (07/12/2009, 16:44) ---------------------------------------------
* * * domenica 6 dicembre 2009 L'ex moglie non gli lascia vedere il figlio di 6 anni: si uccide strangolandosi Padova. L'ex moglie non gli lascia vedere il figlio di 6 anni: si uccide strangolandosi http://www.gazzettino.it/articolo.php?id=83097&sez=NORDEST PADOVA (4 dicembre) - Ha sparso sul letto tutte le foto che lo ritraevano con il figlio e con la moglie, quando ancora erano felici, poi si è tolto la vita strangolandosi con una striscia di stoffa, il nodo stretto al collo sul davanti. Così è stato trovato morto nel suo appartamento nel centro di Padova un piccolo imprenditore di 35 anni, disperato perché da quando aveva avviato la pratica di separazione dalla consorte non riusciva più a vedere il figlio di 6 anni quanto avrebbe voluto. Il giudice aveva affidato il ragazzino alla madre, lasciando che il papà potesse incontralo due giorni a settimana, uno dei quali nel week end. Non poteva però far dormire il figlio a casa sua, e questa era la cosa che faceva più male all'uomo, causa anche di un ultimo litigio con la moglie, sabato scorso. Da allora, a parte un'ultima telefonata con il padre, nessuno lo aveva più visto. È stato il padre a trovarlo cadavere ieri pomeriggio - ma la notizia si è appresa oggi - nell'appartamento dove viveva da solo da alcuni mesi. L'anziano genitore ha chiamato subito la polizia, intervenuta con i sanitari del Suem ed il medico legale della Questura. Ma non c'era più nulla da fare. L'uomo - gli investigatori propendono per il suicidio - era morto da parecchi giorni, forse 4 o 5. Per spiegare le motivazioni del suo gesto, il 35enne ha lasciato una lettera indirizzata ai familiari in cui ricostruisce una situazione di crescente disagio e rabbia nei confronti della moglie, dalla quale si stava separando, per le difficoltà che aveva nel vedere il figlio. Nei giorni precedenti l'imprenditore aveva confidato al padre la sua profonda prostrazione. Venerdì scorso è stato l'ultimo giorno in cui ha visto il bambino. Sono stati insieme tutta la giornata, ma quando è giunta la sera, l'uomo ha cercato di insistere con la moglie per tenerlo a dormire a casa. La donna si è però rifiutata. Ha raggiunto il marito, con il quale ha avuto una accesa discussione al termine della quale ha portato il bambino con sé, rifugiandosi a casa dei genitori. È statoquesto, probabilmente, l'episodio scatenante per la disperazione del 35enne. L'uomo ha avuto sabato mattina un'ultima telefonata con il padre. Poi ha staccato il cellulare. Per alcuni giorni nessuno lo ha più sentito, ma i familiari non si sono preoccupati, perché in altre occasioni, quando era di umore nero, il giovane era solito tener spento il telefono. Invece l'uomo aveva deciso di farla finita. Nel foglio scritto a mano, trovato in casa, ha chiesto al padre di prendersi cura del bambino. Il magistrato ha disposto comunque l'effettuazione dell'autopsia per accertare le esatte cause della morte.
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amadeus96 | Date: Sabato, 19/12/2009, 11:23 | Message # 9 |
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| ...Il sangue versato da quest'ennesimo padre (vittima dell'operato di troppe canaglie "ammazza-padri"), unitamente con il sangue dei 1.000 assassinii annui (12.000 dal 1993 ad oggi), POSSA RIVERSARSI SU TUTTE LE CANAGLIE CHE - con il loro sciagurato operato - SISTEMATICAMENTE CONCORRONO A DISTRUGGERE LA GENITORIALIITA' E LA FAMIGLIA !!!... L'irreversibile danno (procurato ai figli sottratti ad uno o ad entrambi i genitori), rappresenta l'esatta contropartita per l'equivalente punizione che, la NEMESI STORICA, riservera' a QUESTE CANAGLIE mediante l'ineludibile LEGGE DEL CONTRAPPASSO... Queste sciagurate canaglie hanno volutamente raggirato od eluso vigenti leggi e leggi riformate od introdotte in favore della bigenitorialita'; hanno operato nello sciagurato delirio d'onnipotenza, credendosi Dio... ...Bene!... Anzi: malissimo!... Pròvino ora a sottrarsi alla "lucente" scure che, la NEMESI STORICA, inesorabilmente farà cadere su queste CANAGLIE stesse!...
Sergio Sanguineti Ein Herz für Kinder!
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MariaRosaDeHellagen | Date: Sabato, 06/03/2010, 03:58 | Message # 10 |
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dibattitopubbl | Date: Martedì, 30/03/2010, 23:43 | Message # 11 |
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| Cacciato dalla moglie, diventa barbone. Dorme al freddo e addio lavoro http://ilgiorno.ilsole24ore.com/milano/cronaca/2010/02/05/289314-cacciato_dalla_moglie.shtml (http://ilgiorno.ilsole24ore.com/milano.....shtml ) di Marco Ruggiero Dopo averlo tradito, la donna lo ha fatto anche togliere dallo stato di famiglia. Dagli accertamenti dei messi comunali emerge subito che l’uomo versa in condizioni di grave indigenza, per questo l’amministrazione di Trezzano sul Naviglio decide di trovargli un alloggio di emergenza. Milano, 5 febbraio 2010 - Tradito dalla moglie e cacciato di casa, che fra l’altro era pure sua a metà, si era ridotto a vivere nel box a 6 gradi sotto zero. Senza più lavoro, senza più soldi, senza più affetti. Praticamente un barbone, un senza fissa dimora, un extracomunitario italiano. E siccome piove sempre sul bagnato, un bel giorno la moglie, dopo aver avviato le pratiche di separazione, è pure andata in Comune per cancellarlo dallo stato di famiglia. E a quel punto per il signor G. T., piccolo imprenditore edile di 44 anni, è cominciata la riscossa. Il comune di Trezzano sul Naviglio ha fatto i dovuti accertamenti e alla fine, accertata la sua situazione di estremo disagio, ha deciso di offrirgli una soggiorno di 15 giorni all’Hotel Alzaia Naviglio di Corsico. Un residence a tre stelle, niente di lussuoso, ma sempre meglio di un box gelido e desolante. Nel frattempo, il piccolo imprenditore si cercherà casa con l’aiuto delle assistenti sociali e contemporaneamente, assistito dal suo legale, l’avvocato Ivana Maffei, proseguirà la causa di separazione dalla moglie. L’inferno per il signor G., un artigiano specializzato in lavori in casa e piccole ristrutturazioni, comincia circa due anni fa, quando sul cellulare della moglie scopre alcune foto osè che la donna stava spedendo al suo amante. Lui, malgrado tutto, resta in casa per amore delle due figlie di 15 e 17 anni, ma nel giro di due mesi la donna lo sbatte fuori. La casa in realtà è in comproprietà, ma lei lo sbatte fuori lo stesso. E lui accetta, sempre per proteggere le figlie, trovando un rifugio nel box di pertinenza, dove di notte si sfiorano i 6° gradi sotto zero. Altre volte dorme in macchina, mentre il lavoro va sempre peggio. La casa era anche il suo ufficio, ma chi chiama non lo trova più, per cui si rivolge ad altri. A poco poco finiscono anche i soldi e per l’imprenditore si fa sempre più dura. Nel frattempo la moglie avvia la causa di separazione e anche lui è costretto a trovarsi un avvocato. La svolta, se si può chiamare tale, arriva quando la moglie va in Comune per toglierlo dallo stato di famiglia. Dagli accertamenti dei messi comunali emerge subito che l’uomo versa in condizioni di grave indigenza, che vive in un box e che ha bisogno di aiuto. Per cui l’amministrazione di Trezzano sul Naviglio decide di trovargli un alloggio di emergenza e per 15 giorni lo manda all’Hotel Alzaia Naviglio di Corsico. Quanto meno, per un po’ smetterà di essere un «sfd», un italiano senza fissa dimora.
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amadeus96 | Date: Venerdì, 02/04/2010, 18:11 | Message # 12 |
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| Credo che, specialmente a Bologna, queste associazioni possano ottenere unicamente un buco nell'acqua... Le toghe rosse di quella regione, certamente ringalluzzite dal risuiltato delle ultime elezioni regionali, se ne sbattono altamente delle "lamentele" e delle lacrime del bimbo che rimpiange un genitore!!!!... La posta in gioco è un business miliardario e tanta parassitaria occupazione per molti tesserati che, appunto, mantengono consensi e voti ai governanti "di cordata", sicuri di ricevere - da questi - appoggio e copertura per tutte le nafandezze commesse e coperte in materia di diritto minorile..... Anche in Liguria, i Liguri (evidentemente masochisti), preferiscono mantenere in piedi una giunta che, da 34 anni, ha visto farsi portare via TUTTE le industrie, decrescere il turismo (per la politica dissennata) e franare le infrastrutture: è sufficiente una frana per spaccare la Liguria in due, quando - poi - non in tre parti, a causa di 2 frane sulla litorale "Via Aurelia".... Infatti, il Kompagno Burlando, per evitare gli ingorghi, imbocca direttamente l'autostrada contromano!... Complimenti, neo eletto Kompagno-presidente! Complimenti ai masochisti liguri e, in particolare, complimenti ai padri defraudati dei figli dall'inadempiente e temporeggiatore compagno Cavatorta & C., del TM di Genova!.... Quando si saranno svegliati dal letargo, sarà - purtroppo - troppo tardi...
Sergio Sanguineti Ein Herz für Kinder!
Message edited by amadeus96 - Venerdì, 02/04/2010, 18:13 |
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dibattitopubbl | Date: Sabato, 10/04/2010, 00:58 | Message # 13 |
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| Maurizio,un papà, ucciso da questo sistema a Galatina,aveva 40 anni di Sergio Nardelli Dalla separazione coniugale "non ti amo più te ne devi andare " inizia 3 anni fà, il calvario di Maurizio Colaci, un papà di Galatina (Lecce)- Maurizio viene cacciato dalla casa di sua proprietà ma quel che per lui è peggio, viene allontanato dal figlioletto che oggi ha 6 anni. Tribunali e S. Sociali, negano a Maurizio di vedere il figlio. Una miriade di false accuse strumentali esasperano Maurizio in vari procedimenti penali ancora oggi in corso. Non vi è giorno che non giunge a Maurizio una notifica di una denuncia. Cercano di far passare Maurizio per pazzo,violento,aggressivo. Una visita psichiatrica richiesta dal Tribunale di Lecce certifica che Maurizio è una persona normale, equilibrata e che tutti i problemi sono il figlio che gli hanno tolto. Maurizio è disoccupato, non ha reddito ma il Giudice della separazione stabilisce in ogni caso che deve versare un assegno di mantenimento di 300 euro. Maurizio non ha reddito e così, scatta l'ennesima denuncia contro di lui perchè non versa l'assegno di mantenimento. Il Giudice Civile, decide allora di mettere sotto sequestro l'auto e la casa di Maurizio Maurizio chiede ai Tribunali ed ai S Sociali :-" lasciatemi vedere mio figlio è l'unica cosa che ho".Maurizio lo chiede insistentemente, lasciatemi vedere mio figlio ma nulla e allora.... Maurizio si presenta davanti alla scuola del figlio, lo prende in braccio,lo comincia a baciare....la moglie comincia ad urlare,interviene la polizia,Maurizio viene arrestato. Innumerevoli ancora denunce...anche dai poliziotti che lo accusano di oltraggio a Pubblico ufficiale. 2 giorni fà eravamo insieme a Galatina, Maurizio mi faceva ascoltare le telefonate fatte al figlio...un figlio che gli hanno tolto e non riusciva a vedere da oltre 2 anni...Maurizio piangeva...Maurizio abbassava gli occhi mentre ascoltavamo la voce registrata del suo piccolo..... Ieri mattina alle 8:30 Maurizio non ha retto più...ha avuto un infarto ed è morto.....senza aver potuto abbracciare il figlio. Maurizio era un papà, voleva solo fare il papà, voleva solo avere tra le sue braccia il suo piccolo Angelo, così come il papà lo chiamava. E mentre Maurizio era sul letto di morte a casa della sua anziana madre 80enne, giungeva il messo comunale che doveva sequestrare l'auto a Maurizio.oggi 7 aprile alle ore 16:00 nella chiesa di S. Sebastiano a Galatina, saluteremo Maurizio. A nome di tantissimi papà di tutta Italia, ho indossato la maglia di " papà è con te ". Lasciando sulla bara di Maurizio, la sua maglietta " Papà c'è " Il piccolo Angelo, figlio di papà Maurizio, deve sapere che il suo papà c'è sempre stato anche se tutti glielo hanno negato. Sergio Nardelli - Taranto senata@libero.it cell 340 5006301
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MariaRosaDeHellagen | Date: Venerdì, 16/04/2010, 03:14 | Message # 14 |
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| http://blog.libero.it/maschiseparati/6397966.html Discriminazione dei Padri separati in Tribunale Ora i maschi soffrono la discriminazione prima patita dalle femmine Uso la terminologia Maschio/Femmina, in luogo di Uomo/Donna perchè intendo significare che si è discriminati sul genere. Tempo fa la discriminazione era esclusivamente a danno delle Femmine (termine sempre usato con il dovuto rispetto) in ogni ambito: sociale, professionale, ecc. Ora esistono 2 discriminazioni: quella attualmente a danno delle femmine: per esempio in taluni ambienti lavorativi, e quella a danno dei maschi, per esempio nell'ambito delle pensioni: per quale ragione le contribuenti femmine vanno in pensione 5 anni prima dei maschi, che vivono statisticamente circa 5 anni di meno? E' una ingiustizia sociale con risvolto economico di grande peso per il sistema pensionistico nazionale. Sono sottratti circa 10 anni di contributi alle casse pubbliche. Ma soprattutto è una disparità non giustificata da alcuna ragione di buon senso. Ancora, le femmine sono sempre avvantaggiate nei Tribunali per le separazioni perchè a loro si danno sempre i figli in affidamento prevalente. Ma le femmine, in detto contesto in qualità di madri separate, non sono esseri umani come i padri separati? Per lo stato italiano no! Bene, essendo un maschio ed un padre separato, vilipeso e oltraggiato dalla cosiddetta giustizia italiana, m'indigno a tutto ciò. In questo blog accolgo ed invito quanti (maschi e femmine) di buona volontà e giudizio, vogliano esercitare il loro diritto di dire la loro, portando anche la loro esperienza personale. Anch'io vi porgerò la mia esperienza e lascerò valutare a voi se è NORMALE oppure no. Il mio obiettivo? Conoscersi, mettere insieme le giuste rivendicazioni di cui tutto il paese è consapevole e cosciente ed esprimere civilmente le nostre idee con una FORZA NUMERICA CONSISTENTE, affinchè le istituzioni assenti ci debbano ascoltare. In una democrazia parlamentare devono essere rappresentate tutte le condizioni sociali. Perchè nel nostro parlamento manca un deputato che dica che decine di migliaia di padri separati sono vessati dalla giustizia in Italia? Siamo o no una forza numericamente rilevante? Allora esercitiamola! Non facciamoci soggiogare. A me hanno tolto, di fatto, con un'udienza in tribunale il mio unico figlio adottivo, la mia casa costruita con trent'anni di lavoro ed il sangue lasciato sull'asfalto per un'infortunio sul lavoro, tutto il mio stipendio di insegnante, quello che resta della mia salute e la dignità di uomo e di insegnante, lasciandomi all'addiaccio sulla strada per aver tolto a me la mia unica casa di esclusiva proprietà, a mia moglie, da cui separato, che ne possiede già altre due! Mi costringono ad essere un senzatetto. Mi hanno lasciato però il mutuo sulle spalle (superiore al mio attuale stipendio), le tasse sulla casa, il mantenimento di mio figlio e le spese condominiali della mia casa sottratta, che mia moglie non paga (anche se per legge dovrebbe!) e che pretende che pago io. L'avvocato di mia moglie dice non gli basta: vuole anche la mia modesta pensione inail che, istituzionalmente, serve a compensare l'invalidità residua all'infortunio. Secondo voi cosa gli devo dare a quell'avvocato, in termini di risposta? Non sono difeso bene? Ho il miglior avvocato della città! Dite la vostra, che ho detto la mia...
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MariaRosaDeHellagen | Date: Venerdì, 16/04/2010, 03:31 | Message # 15 |
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| Carlo Zeuli Sanremo 2010, come le separazioni coniugali Tanto si sa che, fra pochi minuti, faranno vincere Emanuele Filiberto! Mi fa schifo che, in questo genere di concorsi, si sa già chi vince, prima della gara. Mi ricorda le udienze al Tribunale delle separazioni. Si sa già che, indipendentemente dalle ragioni oggettive, vincerà tutto la moglie e si rovinerà completamente il marito. Lo sanno anche i cretini che, fino a quel momento sono stati "amici" di entrambi i coniugi. Appena sanno della separazione, da normali italiani coerenti con la storia della repubblica, si schierano con quello che sanno diventerà il vincitore: la moglie. Gli amici del giaguaro. Porci tribunali e porci gli italiani. E porco pure sanremo! La mia vendetta? Appena ci saranno i matrimoni tra omosessuali, partiranno i primi divorzi. Sarà una soddisfazione immensa vedere i giudici annaspare e sbattere la testa tra i loro libracci polverosi: non riusciranno a dare nè torto nè ragione a nessuno: dov'è il marito da rovinare e la moglie da privilegiare? La mia vendetta sarà godere, vedendoli andare in TILT come tanti flipper scassati!! Tirannosauri. Tribunali come Jurassic park...anzi, Jurassic PORK! http://www.facebook.com/group.php?gid=44401879567&v=info#!/topic.php?uid=44401879567&topic=12665
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MariaRosaDeHellagen | Date: Venerdì, 16/04/2010, 03:36 | Message # 16 |
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| 15/04/2010 - 13.28 Il naufragio della Giurisprudenza in materia di Famiglia e affidamento condiviso http://www.adiantum.it/public/399-il-naufragio-della-giurisprudenza-in-materia-di-famiglia-e-affidamento-condiviso.asp Sembra lontano un secolo il momento in cui la Cassazione, con la sentenza n. 16593 del 2008, affermò che l’affidamento condiviso “è la regola, e non l’eccezione”. Ci si affidò molto, a quel provvedimento, sperando in un cambiamento anche culturale della magistratura di merito in materia di figli e separazioni, ma il risultato è sotto gli occhi di tutti: i tribunali, da allora, hanno cominciato ad elargire nominalmente la formula – i minori Tizietto e Caietta sono affidati congiuntamente ad entrambi i genitori…. -, ma hanno accuratamente negato la “sostanza” della norma (i tempi di permanenza equilibrati e il mantenimento diretto a parità di reddito), grazie alla celeberrima invenzione del genitore collocatario. Ma questa è storia nota, anche se brucia ogni giorno di più, e la vicenda ha assunto ormai i contorni di un vero e proprio tradimento perpetrato ai cittadini italiani, e al Legislatore, dalla maggior parte dei magistrati di merito. Ma siamo sicuri che tale atteggiamento – diciamolo, anche un po’ arrogante - sia una esclusiva della giurisprudenza dei singoli tribunali ? Come ha operato la Suprema Corte dopo quella sentenza: ha “guidato” i giudici verso l’applicazione puntuale della L. 54/2006, oppure no ? Per rispondere a queste domande cominciamo dai concetti di base. La Giurisprudenza è un settore del diritto che sta a metà strada tra l'attività legislativa e quella del giudizio. Si giudica interpretando la legge, e l'interpretazione diviene essa stessa norma: in termini cogenti quando si tratta di giurisprudenza costituzionale, in termini orientativi e in modo cumulativo quando si tratta di giurisprudenza ordinaria. In particolare, la giurisprudenza di "merito" è rappresentata dalle sentenze emesse dai giudici dei tribunali locali (distretti di corte di appello, anche giudici di pace) i quali, per emettere la sentenza, devono sviscerare la sostanza (il merito, appunto) del contenzioso, esaminando prove, relazioni tecniche ecc. . Essa si distingue dalla giurisprudenza di "legittimità”, che è quella formata, ad es., dalle sentenze della Corte di Cassazione: la Suprema Corte, infatti, non deve "entrare nel merito" della causa, ma valutare solo se gli atti processuali sono stati compiuti nel rispetto della legge. Pertanto sembrerebbe chiaro che le decisioni prese nei singoli tribunali dovrebbero rispettare gli “orientamenti” della Cassazione in materia di condiviso. Sì, ma quale condiviso ? Questo la Suprema Corte non l’ha mai chiarito, perché nella sentenza di cui sopra gli ermellini si sono ben guardati dallo specificare il “come si applica”, limitandosi al “quando”, con una enunciazione di principio che ha lasciato il mondo così com’era. Occorrerebbe una decisione della Corte Costituzionale, dicono i più, quella sì che dovrebbe essere osservata senza indugio. E’ impossibile, però, sorvolare sulla stranezza del suo unico indirizzo post-legge 54, che è stato quello di pronunciarsi sulla casa coniugale, eliminando l’automatismo della ri-assegnazione all’altro coniuge (previsto nella stessa norma) in caso di nuovo matrimonio o convivenza more uxorio. In pratica, se il coniuge uscito dalla casa familiare fa valere la nuova unione dell’assegnatario originario, occorre un sub-ricorso e un provvedimento ad hoc. Indovinate di chi ? Del giudice di merito, naturalmente. Torniamo alla Cassazione. Il repertorio e la performance degli ultimi due anni è da brivido, e sembra di stare in un ottovolante giudiziario, a ben guardare la sequenza di alcune delle sentenze più conosciute. Se da un lato, infatti, essa è intervenuta in soccorso dei padri nei casi di privazione dei figli durante le vacanza estive, oppure in quelli di inadempienza legati a improvvisa disoccupazione, a indigenza e a pagamenti ritardati dell’assegno – comportamenti che prima erano sempre sanzionati penalmente -, dall’altro ha opposto decisioni clamorose (in negativo) a tutela di un solo genere (obbligo di mantenimento del figlio concepito con l’amante di lei, fino alla sentenza di disconoscimento) o a detrimento del diritto dei bambini alla Bigenitorialità (i padri immigrati senza permesso di soggiorno, ma con i figli che frequentano regolarmente le nostre scuole, vanno espulsi). Degne di nota anche le sentenze che proteggono “ad oltranza” i piccoli trentenni italiani - i “bamboccioni” di brunettiana memoria -, anche se lavorano ma ancora vivono con mammà. Allora perché prendersela con i magistrati di merito ? Poverini, sono più confusi di noi, altro che “orientamento della Cassazione” ! Quei pochi che si fanno una cultura del condiviso, e cominciano a sperimentare formule un po’ più equilibrate, vengono poi trasferiti al penale, così nelle sezioni civili è un continuo ricominciare da zero, magari con qualche collega volenteroso che fino a quel momento, però, ha prestato servizio alla sezione Fallimentare. Dando una occhiata alle corti di appello, poi, grida ancora vendetta la pronuncia di quella leccese, che ha stabilito che una bambina di soli 9 anni può decidere autonomamente di non incontrare un genitore, senza che questo comporti responsabilità per il genitore affidatario. Dei tribunali minorili, sarebbe meglio non parlarne, ma non riusciamo ad evitare di notiziarvi sull’ultimo capolavoro del tribunale per i minori di Firenze, dove ad un padre è stato concesso l’affidamento condiviso, ma gli è stato “attribuito il diritto-dovere di incontrare la bambina unicamente presso la di lei (della madre) abitazione….”, per via della forte conflittualità. C'è chi parla di un vero e proprio "uso politico" dell'attuale modo di applicare il condiviso, ma la realtà più evidente è che, ormai, vale soltanto la “Giurisprudenza prevalente” del singolo tribunale. Il Kaos pirandelliano si è materializzato in tante piccole repubbliche italiane, ben distinte per zona geografica e culturale, e altrettante piccole magistrature, tutte libere ed indipendenti. Ci manca solo di far risorgere le repubbliche marinare o il Regno delle Due Sicilie, e abbiamo chiuso il cerchio. Fonte: Redazione
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MariaRosaDeHellagen | Date: Domenica, 18/04/2010, 06:47 | Message # 17 |
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| Trasmissione radiofonica “Rapiti dalla giustizia. La storia di Maria Lucrezia” (Radio L'Isola che non c'è - Crotone, 10 marzo 2009 dalle ore 21,15 alle ore 01,30) Moderatore: Aurelia Passaseo (A.P.) (Presidente del Coordinamento Internazionale Associazioni Tutela dei Diritti dei Minori) e Emanuele Scida, editore radio (E.S.) Interventi di: dr.ssa M. Falbo, mediatore familiare; dr. F.Nestola, Presidente Federazione Nazionale per la Bigenitorialità; L. Reghini di Pontremoli, madre di Maria Lucrezia; dr. L. Steffenoni, criminologo, scrittore, autore di Presunto Colpevole) Intervento di Luca Steffenoni, criminologo, scrittore, autore di Presunto Colpevole (ed. Chiarelettere, Milano 2009) A.P. Io volevo farmi spiegare dal dottor Steffenoni che cos'è la PAS visto che lei ha seguito molto la vicenda della professoressa Reghini e la storia di Maria Lucrezia. Quali sono le cause che determinano questa sindrome, questa malattia, se così la si può definire. L.S. Intanto non è una malattia, le sindromi sono quelle categorie della psicologia molto aleatorie: in generale oggi si parla di un sacco di sindromi, per esempio mi viene in mente la sindrome d'acquisto compulsivo per la quale non staremo qua a parlare, che so, d’interdizione della moglie a causa di troppi acquisti. Invece la Sindrome d'Alienazione Parentale dà luogo a tutta una serie di problematiche connesse perché si inserisce in questi benedetti conflitti familiari ma di per se stessa non è una patologia, non è una malattia, è un comportamento che è stato individuato da Richard Gardner che è uno psichiatra morto nel 2003, uno psichiatra americano che ha portato [la PAS] all'interno di numerosi processi. In sostanza cos'è e come si può definire [la PAS]? E' un abuso sia emotivo che psicologico ai danni del minore che si concretizza in un condizionamento da parte di un genitore per diffamare l'altro; allora, fuori dai paroloni, cosa significa?, significa che abbiamo un genitore – o meglio uno dei due genitori, che non è assolutamente detto che sia la madre perché Gardner non parla assolutamente né di madri né di padri – che è alienante ed è “il cattivo” e un altro che viene alienato diventando “la vittima.” L'alienante parla male al figlio dell'alienato, allora quali sono le conseguenze? Innanzitutto diciamo che tutti comunque facciamo un po' di PAS, tutti nei rapporti coi figli, anche le coppie che funzionano al meglio si trovano in moltissime situazioni a dire “tuo padre è un cretino perché si sta rimbambendo davanti alla partita di calcio;” ed il padre a sua volta dirà “tua madre è noiosa perché non capisce queste cose.” C'è una piccola parte d'alienazione in tutti noi e io aggiungerei che è anche quasi positiva perché è una specie di gioco di ruolo, ci sono anche microconflitti, microtensioni che devono essere comunicati al bambino che prenderà una posizione, non c'è niente di drammatico. Il dramma avviene quando c'è la compromissione del rapporto con l'altro genitore o quando c'è l'estromissione dal rapporto affettivo. Però il discorso veramente importante che ha fatto Gardner è un altro e in Italia è stato pressoché ignorato e tutta la questione della PAS gira poi intorno a questo aspetto. Gardner ha detto: attenzione perché questa Sindrome d'Alienazione Parentale può generare dei falsi ricordi nel bambino o delle false accuse all'interno dei conflitti giuridici là dove c'è l'ascolto del minore ovvero le liti nelle separazione, ma anche denunce per abusi sessuali o per maltrattamenti. Un caso celebre per il quale Gardner è diventato famoso, motivo per cui alcuni l’hanno definito lo psichiatra delle star, è stato il processo Woody Allen quando Mia Farrow l'ha denunciato per violenze e presunti abusi sessuali sulla figlia Malone. In quel caso appunto la difesa di Woody Allen ha portato Gardner il quale ha detto, attenzione perché la credibilità di Mia Farrow in questo caso è molto relativa perché ci sono stati tutta una serie di fattori che fanno pensare che abbia condizionato la bambina e le abbia fatto dire delle cose non vere. Ora, all'interno di un processo americano tutto questo ha un senso, all'interno del nostro processo molto meno. Il punto è che, nella situazione altamente conflittuale dei genitori italiani (al momento attuale l'87% - ed è un dato di Telefono Azzurro delle separazioni sfocia in una denuncia penale), c'è sempre l’accusa di uno dei genitori verso l’altro. L'80% di tutti gli abusi sessuali denunciati vengono dalla denuncia dell'ex-moglie contro il marito dopo una separazione. Vabbè su questo dato poi ci si potrebbe ragionare sopra, ognuno poi si fa le considerazioni che vuole; quello che volevo dire è: a cosa serve questa benedetta PAS?, serve proprio in questa situazione molto gravi perché dimostra che ciò che può emergere all'interno di un processo non è detto che vadano verso la verità. Ci può essere la volontà di influenzare, o da una parte o dall’altra, il minore. Invece, cosa succede in Italia, che è un paese molto strano e molto particolare? Esattamente il contrario. In quello che io non ho problemi a definire come il disastro della giustizia minorile, accade che non si adopera la Pas nei processi sugli abusi, come si dovrebbe, dove sono in ballo anni e anni di galera e problematiche gravissime e invece si usa in casi paradossali come quello dei conflitti che abbiamo sentito prima, come quello di Lidia Reghini. Ci si inserisce nei conflitti tra i coniugi, ma attenzione, portando via il bambino a tutti e due. Molti padri separati mi dicono: “la tua posizione sulla PAS ci danneggia perché noi poveretti non abbiamo nessun diritto (fatto verissimo) e l'unica cosa a cui ci possiamo appellare è la PAS”. E io dico sempre che è un grandissimo errore. Perché? Perché innanzitutto nessuno a mai stabilito che la PAS riguardi necessariamente la donna. Ci sono anche padri alienanti. Comunque al di la di questo rimane il fatto che il beneficio di questi scontri, nei quali un perito dice che c'è la PAS e l'altro dice che non c'è, non va ai padri separati. Purtroppo, va a beneficio solo ed esclusivamente di un sistema clientelare che si è formato attorno a sto' povero bambino. Come insegna il caso di Lidia Righini. A proposito di questa storia volevo aggiungere una cosa: ho ascoltato prima la vostra trasmissione e ci sono un po' di questioni che mi sarebbe piaciuto affrontare, poi dopo magari ritornerò anche su quello che dice la giornalista sul discorso della mediazione. Una cosa che volevo dire è che intanto Lidia Reghini ha dalla sua una capacità di sintesi ed una cultura tale per la quale ha toccato tutti i punti focali della faccenda, tra cui il diritto alla bigenitorialità, ma c’è un fatto curioso: qui siamo davanti ad una madre che aliena la figlia poi però quando parla della sua situazione afferma che si stanno danneggiando anche i diritti del padre. Si dimostra veramente il fallimento totale di questo sistema. Ma quello che volevo dire è che può sembrare che il caso Righini sia paradossale, ma in tutti i casi che ho messo nel mio libro - e ce ne sono quasi 50 ma ne potrei scrivere altri 200, 300 - e da tutti i casi che affronto quotodianamente, posso dire che non è un'eccezione è il sistema che funziona così. Io non ho nessuna necessità ad essere politically correct come la giornalista che parlava prima che sicuramente è più moderata, io il sistema lo conosco dall'interno, ci lavoro da vent'anni e non ho nessunissima difficoltà a dire che è il sistema stesso che provoca questi disastri: di storie come quella di Lidia Reghini ce ne sono tantissime. E' paradigmatica la sua storia ed è raccontata talmente bene che ovviamente...ma ci sono tante altre mamme che potrebbero raccontare la stessa identica storia, e anche tanti padri. A.P. Senta professore, lei prima ha detto che la PAS può far emergere situazioni regresse. Può essere che nel caso di Maria Lucrezia sia successo così? L.S. E’ una situazione che io conosco molto bene, ho letto molto degli atti: qua non è emerso assolutamente niente, nel senso che qui siamo letteralmente nel campo dell'aleatorialità più assoluta. Magari ci fosse una diagnosi ben precisa, l'ha detto prima molto bene Lidia Reghini: qua non c'è nessuna perizia che stabilisce una situazione di PAS perché per farla avrebbero dovuto entrare nel merito invece qua arriviamo al punto che un giudice non ascolta nemmeno la bambina per una situazione del genere, qui insomma l'unica chiave di lettura è uno strapotere di alcuni servizi sociali che la utilizzano come possono, con una carenza culturale spaventosa, perché poi quando si va nel dettaglio…, cioè lei, signora Passaseo prima mi chiedeva come si diagnostica la PAS. Normalmente – e per dire normalmente bisogna attraversare l'Atlantico - si diagnostica attraverso un'anamnesi familiare, ci sono test incrociati, Gardner ne ha preparati parecchi di test incrociati nel senso di test figlio/figlia e genitore presunto alienante e in America ci sono dei protocolli ben precisi. Qui, parliamoci chiaro, non sanno neanche di che cosa stanno parlando. A.P.: Siamo totalmente fuori dal mondo. L.S.: Esatto, ma non solo nella storia di Lidia Reghini, anche nella storia di Lidia Reghini cioè queste sono tutte situazioni analoghe, questi non sanno nemmeno di che cosa stanno parlando; mi dispiace dirlo ma si è creata ormai questa mitologia della PAS ma come in altri settori per esempio quello dell’incapacità genitoriale…siamo nel campo dell’incertezza e dell’ignoranza più assoluta. A.P.: Può supporre in questo caso che il servizio sociale, l'assistente sociale sia più dalla parte del padre piuttosto che della bambina? L.S.: Il problema è che questo è fumo negli occhi, è che questa è un'operazione puramente politica, di fumo negli occhi, di immagine che vogliono dare i servizi sociali. Lidia Reghini è incappata nell'assistente sociale che vuole fingere di dare aiuto al padre ma qua il padre è l'ultimo dei tutelati, perché perde la figlia esattamente come la madre, cioè non c'è neanche questo, nello sfascio generale, nemmeno la tutela del padre. Non sono l'avvocato di Lidia Reghini e quindi non ho nessun motivo per prendere posizione, posso dire che nello sfascio generale, magari dessero i bambini ai padri, invece non c’è nemmeno questo. Il sistema tutela solo se stesso danneggiando tutti e due i coniugi. Io vorrei che l'aurea che c'è attorno a questa benedetta PAS si chiarisse. Adesso forse la Pas verrà definita come patologia e tutti sono contenti, tutti pensano che questo serva a risolvere i problemi dei padri separati; purtroppo non è così, bisogna tornare ad una concetto di bigenitorialità e dunque si apre quel discorso sulla mediazione familiare che si faceva prima: la mediazione familiare, in questo momento è del tutto osteggiata perché non è funzionale al sistema e quando dico sistema intendo dire la magistratura, intendo dire gli assistenti sociali e le case d'accoglienza che sono spesso private e, mi spiace dirlo, alimentano degli interessi economici fortissimi. In questo momento la mediazione familiare è un orpello, si fa fare o non si fa fare; ma di fatto non ti salva da questi guai. In realtà servirebbe tantissimo, io sarei per una mediazione obbligatoria, prima ancora di far partire dei provvedimenti di ogni tipo, fatta da qualche psichiatra indipendente che a quel punto ha la parola non dico decisiva, ma sicuramente deve avere un bel peso. Siccome il mediatore familiare viene dall'esterno, intendo dall’esterno del sistema, non mangia nello stesso piatto, per parlare in termini molto chiari, è estromesso; vedremo tra anni cosa succederà, magari si lottizzeranno anche loro, io spero di no, divenendo più funzionali e proni e a questo punto verranno tirati sulla barca. E.S.: Professore, volevo parlare del suo libro “Presunto Colpevole”, ci può accennare, dire ... L.S.: “Presunto Colpevole. La fobia del sesso e i troppi casi di malagiustizia”. E.S.: C'è una denuncia dentro? L.S.: E' un libro che contiene una denuncia suo malgrado, in realtà voleva raccontare circa vent'anni di vita di tribunali per far vedere all'esterno un mondo che io conosco molto bene e che in teoria dovrei difendere se non altro perché è quello che mi da da campare, anzi mi dava, perché ormai avendo denunciato all’esterno i guasti del sistema, non godo più di grandissime simpatie. A furia di vedere cose veramente sconvolgenti dove l'ultimo degli interessi è quello della tutela dei bambini mi sono detto che ho un'età sufficiente per potermi permettere un'operazione di questo tipo, all'inizio doveva essere un'operazione descrittiva e narrativa sia di casi positivi che di casi negativi poi man mano si è trasformata in una denuncia. Una denuncia che vorrei far notare, nonostante il libro sia uscito da un sacco di mesi, nonostante il libro abbia venduto un sacco di copie, nonostante abbia avuto dei boicottaggi di associazioni varie eccetera, non stò ad elencare, non è stato querelata da nessuno. A.P.: Volevo sapere perché questo titolo “Presunto Colpevole” e a chi si riferisce. Si riferisce al bambino che sarebbe un presunto colpevole? L.S.: No, si riferisce a tutti e due, adulto e bambino, questo libro è un po' un libro in fieri, che si è modificato persino nel titolo. Ero molto incerto se chiamarlo “Presunto Colpevole” riferito alla situazione di tanti adulti che hanno una presunzione di colpevolezza nel momento in cui succedono cose come quella di Lidia Reghini o peggio ancora come nel campo degli abusi sessuali dove l'adulto è comunque estromesso dal diritto di difesa, e poi mi sono accorto, che presunto colpevole è anche il bambino in tutto questo ambaradan che si è creato attorno all'interesse primario del minore, che poi è sempre l'ultimo ad essere tutelato, è presunto colpevole anche lui: cioè Maria Lucrezia è colpevole agli occhi del sistema e ancora più colpevole perché si difende, perché non è la bambina tranquillina che sta lì e accetta la cosa anche perché hanno fatto un errore di età, perché [Maria Lucrezia] comincia adesso [ad essere in un età in cui i ]suoi diritti li manifesta. Io ne ho conosciuti parecchi di bambini così, addirittura qualcuno ha detto che sta diventando una letteratura di genere quella degli ex bambini che diventati maggiorenni scrivono libri, c'è il caso di Angela Lucanto, Gaia Rainieri. Tutto un filone di autori che dicono: m'avete preso da piccolo, mi avete obbligato ad accusare i miei genitori di tutto e di più, mi avete promesso che in questa maniera li avrei rivisti – come il caso dei bambini di Basiglio, a Milano, che sono stati rinchiusi in una casa d'accoglienza senza alcun motivo- e questa la chiamate tutela? Purtroppo il quadro è questo, il guaio è questo, dopodiché possiamo andare ad indagare i vari perché, nel mio libro ci sono anche i perché. Per la prima volta qualcuno - e me ne prendo il merito, sarò presuntuoso - spiega esattamente i perché. Non è il solito libro-denuncia dove si dice “ah, che schifo” e basta. In Italia tutti scrivono libri denuncia, dicono “questo non funziona” e finisce lì la faccenda. No, io dico il perché non funziona e quindi dove bisogna andare ad incidere. E.S: Lei nel suo libro dice “io penso che tutelare davvero i bambini significa anche proteggerli dagli abusi inventati.” Vede invece una cultura dell'abuso tutta fondata sulla denuncia, insomma. L.S.: Esattamente è quello che succede, lo dicono i numeri, non c'è assolutamente la volontà di andare a capire che le situazioni e [bisogna] appunto vedere [in] questo caso qua se c'è la Sindrome d'Alienazione Parentale: qua tutto ruota attorno alla denuncia, al disegnino osceno messo sotto il banco del bambino, vedi il caso Basiglio, al racconto che fa la maestra. Lidia Reghini prima parlava della scuola: la scuola è oramai ridotta ad essere una specie di poliziotto di tutte queste situazioni. Io sono di Milano, e a Milano in tutte le maniere le associazioni cercano attraverso i corsi che vengono fatti nelle scuole, di sollecitare un'attenzione nei bambini che di fatto diventa poi morbosità: da lì a dire “ah, ho visto una volta mio papà che faceva la doccia nudo e gli ho visto il pisello”, il passo è breve e se ti trovi – ed è facile trovarti – dei fanatici dell'antiabuso, ti ritrovi con situazioni veramente drammatiche. Poi c'è anche da notare il dato statistico: l'80% di denunce avvengono in seguito a conflitti familiari e allora quello che dico [è]: stiamo facendo la lotta alla pedofilia o stiamo facendo la lotta ai padri separati o stiamo entrando nei conflitti familiari per altri interessi? La sensazione è proprio quest'ultima e siccome a me la lotta alla pedofilia sta a cuore al contrario di quello che dice qualche imbecille che ritiene che questo tipo di libri aiutino i pedofili, [io dico che è] esattamente il contrario: non aiutano per niente il pedofilo vero, aiutano quelli che non lo sono. E io come padre prima che come criminologo mi sento tutelato avendo in galera dei pedofili veri e non sapendo che appena due litigano arriva l'assistente sociale, il giudice e compagnia bella, periti di parte sempre tutti legati ad una certa logica e ad associazioni ben precise; poi sembra che si parli di cose teoriche, no, ci sono dati, ci sono numeri, ci sono fatti ben precisi, ci sono dei conflitti di interesse. Diciamo che i problemi sul tavolo ci sono e la risposta per risolverli c'è, se la nostra politica continua a pensare soltanto ai problemi propri (e parlo di tutti perché opposizione o no in questo momento sono del tutto uguali), e non si mette a parlare dei problemi dei cittadini, dei problemi delle coppie, dei problemi delle famiglie non li risolviamo, se invece vogliamo sostenere questi piccoli bacini d’interesse economico, che sono anche dei bacini di voto, perché numericamente sono interessanti, avremo sempre più innocenti in galera, sempre più bambini portati via alle famiglie. Prima si faceva il discorso dei numeri, nel mio libro si parla di 28.000 casi e molti m'hanno detto che mi sono tenuto troppo basso ma questi numeri vengono da uno studio ben preciso. Secondo Rossitto di “Panorama,” e secondo i suoi calcoli, sono 32.000. In ogni caso fossero 28.000 o 32.000, [l'Italia] è il paese in Europa con la più grande percentuale di bambini portati via alle famiglie, soltanto l’Inghilterra ne ha di più, però attenzione perché in Inghilterra c'è una situazione molto diversa, cioè lì le case famiglia aiutano sul serio tutte le madri, soprattutto extracomunitarie - avendo un grande problema di emigrazione – che restano incinte a 13-14 anni: le [loro] comunità le buttano fuori in base a delle leggi tribali, il gruppo le emargina, a questo punto loro non sanno dove andare e vanno in una casa d'accoglienza. E lì è una casa d'accoglienza vera, ad averne così da noi. Da noi se una resta incinta a 13 anni prima mettono in galera il padre dopodiché ti lasciano in mezzo alla strada. Come dico, questo dato di 28.000 bambini è di per se stesso un dato scandaloso, se a questo aggiungiamo poi i costi… i costi sono molto variabili: i famosi 200-250 euro al giorno sono una media perché nel Sud ci sono realtà dove vengono [a costare] meno e nel centro Italia, ci sono situazioni folli che arrivano a cifre molto più alte, [ma] la media è questa. Secondo una denuncia di un consigliere Regionale, il Piemonte, ad esempio, spende 45 milioni di euro all'anno per tenere i bambini in comunità e ne spende solo 20 per tutte le altre politiche d'aiuto. Ecco questo fa capire: la metà! Provate ad avere un bambino handicappato, provate ad avere un malato terminale, provate ad avere cioè tutti i drammi che ci possono essere, lo sappiamo benissimo, sei lasciato completamente solo, invece su questa storia delle case d'accoglienza si scatenano le difese corporative e clientelari perché c'è un guadagno folle sotto, folle. Volevo aggiungere una cosa a quello che diceva la giornalista perché tutti quelli che guardano da fuori queste situazioni pensano:“vabbè almeno ci sarà un risarcimento, almeno pagheranno per la responsabilità”. Non c'è mai nessun risarcimento, mai, e non c'è nessunissima responsabilità neanche nei casi più gravi, perché? Perché il bene supremo del bambino stà sopra tutto, per cui bisognerebbe provare la malafede. Io ho casi nei quali sono state fatte delle perizie false – ma proprio false, false, con le firme false – e ho casi di sottrazioni di prove dal tavolo del giudice, eccetera e non ha pagato nessuno. Quindi mi dispiace ma purtroppo le vittime non hanno neanche questa prospettiva, oltre al fatto che c'è il corporativismo degli assistenti sociali, che si difendono sempre tra loro. E’ un brutto mondo visto dall'interno.
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MariaRosaDeHellagen | Date: Venerdì, 23/04/2010, 17:31 | Message # 18 |
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| Dalla parte del padre http://donna.libero.it/baby_boom/dalla-parte-del-padre-divorzio-separazione-famiglia-genitori-figli-affidamento-mantenimento-ne2719.phtml Separazione, figli con la mamma, tempi contati, nessuna quotidianità: storie ordinarie di padri che perdono la famiglia. Una, intensa e commovente, ce la racconta Vito Bruno ne “L’amore alla fine dell’amore. Una lettera dalla parte dei padri” Per una volta provate a mettervi tutte dalla loro parte, operazione difficile e scomoda, ma onesta, e cercate di capire come evitare – almeno per il bene dei figli - le guerre davanti ai giudici nel momento degli addii. E come non privarli del bene prezioso di un rapporto continuo col papà, anche da separati. Quando una famiglia si sgretola – marito e moglie si separano – i figli restano sempre (o quasi) nel domicilio coniugale con la mamma. Punto. Anche se il papà è il più amorevole dei padri e la mamma ha un altro uomo. È così che decidono i giudici, basandosi sull’imprescindibilità della figura materna nella crescita del bambino. E il magistrato procede in questo solco già segnato dalla consuetudine senza neppure guardare in faccia i coniugi, alla prima udienza di separazione. Contro questa insindacabile tradizione si scaglia il nuovo libro di Vito Bruno L’amore alla fine dell’amore. Una lettera dalla parte dei padri (Elliot edizioni), la storia vera di un padre che si vede costretto ad abbandonare la propria casa e soprattutto che si trova a essere suo malgrado separato dal proprio figlio adorato. Una lettera intensa, struggente, dolorosa e al tempo stesso piena d’amore a quella che ora sta per diventare la sua ex moglie, l’amore per lei (che ha vent’anni meno di lui) dopo sei anni intensi passati insieme, e per il bimbo, che – a neanche due anni – non ha ancora parola in ciò che sta accadendo tra i genitori. Un libro in cui non manca il racconto dei momenti felici, rivissuti attraverso il ricordo: il protagonista rievoca le stagioni del loro innamoramento, la nascita del figlio, la scoperta del ruolo di padre e quindi la brusca fine della storia d’amore (quel “Non ti amo più” pronunciato dalla moglie così, come una pugnalata gelida nella schiena, all’improvviso e senza alcun appello), l’allontanamento forzato dalle due persone che ama di più al mondo, sua moglie e suo figlio. Una lettera, la sua, intima e personale ma anche generale e universale, perché come dice il sottotitolo del libro, si tratta di Una lettera dalla parte dei padri, che esprime la rabbia e l’amarezza di tanti uomini – ma che parla anche alle donne - che da quelle angoscianti vicissitudini ci sono passati e ogni giorno combattono tra le pieghe delle leggi, contro ex mogli diventate spesso nemiche che ostacolano i rapporti con il proprio figlio o cercano di evitarne sempre più i contatti. Spesso senza una ragione. Lasciando i padri con un senso di vuoto improvviso difficile da colmare. E che porta a condurre lunghe battaglie legali dai risultati spesso già scritti, ovvero a loro sfavorevoli. Un tema caldo, questo, spettro di sempre più padri, considerato che secondo i dati diffusi a dicembre dall’Ami (Associazione matrimonialisti italiani) le separazioni in Italia in un anno si aggirano intorno alle 160mila e i divorzi intorno ai centomila . Una lunga schiera di famiglie infrante che si incontrano in tribunale davanti al giudice a decidere del destino dei propri figli con armi spesso troppo affilate, ma non di rado per alcuni del tutto spuntate. In un tratto commovente del libro si legge: Per tutto quel mese, non avevo fatto altro che occuparmi di lui, giorno e notte, senza un attimo di noia, senza alcuna fatica, anche se la sera crollavamo tutti e due morti di stanchezza sui rispettivi lettini. Mi ero così abituato alla sua presenza al mio fianco che era diventato impossibile immaginarmi senza di lui. Figuriamoci immaginare qualcuno che deliberatamente volesse portarmelo via, separare un padre da un figlio: la cosa più assurda e innaturale del mondo. E invece, proprio questo stava accadendo adesso. E per mano non di uno sconosciuto, ma della donna che ho amato di più al mondo.... Dubbi e domande si affacciano alle coscienze anche delle donne quando ci si trova davanti a storie come queste. E di storie così ne è piena la società. In caso di divorzio, infatti, secondo la sentenza emessa dal giudice, in linea di massima è sempre il padre che deve uscire di casa , pagare il mantenimento, più le spese accessorie e avere sempre i minuti contati per vedere e frequentare i propri figli. Ma molti padri si chiedono se alla luce della rivoluzione culturale che ha interessato l’identità femminile nella nostra società (la donna spesso lavora ed è autonoma economicamente), è così automatico che a occuparsi dei figli sia per forza la madre, e soprattutto quanto sia giusto limitare i contatti tra i padri e i figli, che troppo di frequente vengono usati come strumenti per guerre tutte adulte piene di rancori. Faide che non di rado terminano con ex mariti che escono dalla propria casa e dovendo pagare il mantenimento della ex famiglia oltre a un nuovo appartamento faticano a mantenersi a galla. Tutto ciò anche quando la decisione di separarsi ricade tutta della donna. Questo è il caso dell’autore che vuole, in questo modo, solo porre la questione all’attenzione anche dell'universo femminile per indurlo a una riflessione seria e non aprioristica o di parte sul tema. Tagliente, su questo aspetto, il libro nella parte in cui l’autore chiede alla moglie come pensa di mantenersi in seguito alla separazione e le si rivolge brutalmente: «Che farai la puttana?». E lei risponde secca: «Anche se facessi la puttana, la legge è dalla mia parte. Ti butto fuori di casa e non ti faccio vedere più mio figlio». Erano prove tecniche di manipolazione, le tue. Avevi una pistola puntata alla mia tempia e potevi fare quello che volevi. Potevi decidere tranquillamente non solo del tuo destino, ma anche di mio figlio e soprattutto del destino di nostro figlio. Tre persone in pugno di cui disporre a tuo piacimento: da far perdere la testa a chiunque. E poi si chiede, ancora: Far sparire dall’oggi al domani un uomo dal proprio orizzonte domestico per buttarlo in qualche posto anonimo, fuori dalla sua storia e dalle sue coordinate esistenziali, lontano dall’affetto dei figli, vuol dire tutelare i figli? Vedere una madre amoreggiare con un altro uomo, profanare quello che fino al giorno prima era stato un talamo coniugale, vuol dire tutelare i figli? Ecco perché alla fine tende la mano e chiede il dialogo, quello che evita le guerre, almeno per il bene del bambino. Dobbiamo intenderci un’ultima volta, come quando mi amavi, o toccherà farci la guerra – una guerra insensata in cui perderemo tutti, non solo io, amore mio.
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Tagliaventi_F | Date: Domenica, 25/04/2010, 01:44 | Message # 19 |
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| Sezze: Pedica a casa del bimbo conteso.Con la visita del senatore IDV, il caso diventa nazionale DOPO il clamore suscitato dalla vicenda del piccolo Mario (nome di fantasia), che un’ordinanza del giudice del Tribunale dei Minori di Roma vorrebbe togliere alla mamma per affidarlo ad una casa famiglia, il Senatore dell’Idv Stefano Pedica è venuto personalmente a Latina, per parlare col questore D’Angelo, per poi recarsi a Sezze dove ha incontrato la famiglia materna di Mario e il sindaco Campoli. Partendo dalla singola questione, Pedica solleva un caso di portata nazionale: «La normativa a tutela dei minori, ma soprattutto la sua applicazione - ha dichiarato Pedica - devono essere riviste perché si stanno consumando casi in cui si puniscono i bambini invece che aiutarli. Misure come l'allontanamento coatto dai genitori dovrebbero essere disposte quando si consumano violenze nei confronti dei minori, sfruttamento o abusi, e non in situazioni di conflitto fra genitori per l’affido o per le visite. Dopo il caso di Mario, ho chiesto al Ministro Alfano un incontro urgente, sia per sospendere immediatamente il provvedimento che creerebbe una illegittima ‘sottrazione di minore’, sia per chiedere al Ministro di inviare ispettori al Tribunale dei Minori di Roma da cui sono partite questa ed altre simili decisioni che privano i bambini degli affetti familiari per relegarli in case famiglia fuori dalla provincia di residenza». «Chiederò di incontrare il presidente del Tribunale dei Minori di Roma e il giudice che ha emesso il provvedimento - ha proseguito il Senatore dell’Italia dei Valori - Bisogna assolutamente trovare una soluzione che eviti ulteriori traumi al bimbo. La fonte: http://www.bambinicoraggiosi.com/
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MariaRosaDeHellagen | Date: Mercoledì, 28/04/2010, 18:19 | Message # 20 |
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| http://www.youtube.com/watch?v=yIpW-08LiCQ&feature=player_embedded La Bigenitorialità rappresenta una corrente di pensiero trasversale a tutte le correnti politiche, così come lo è la genitorialità in senso assoluto, e parte dal presupposto che vi siano due adulti responsabili dei propri figli, adulti responsabili e consapevoli, proprio per questo la consapevolezza bigenitoriale posiziona i figli al centro della ex coppia coniugale, creando i presupposti per rendere inutile la litigiosità ed il conflitto fra madri e padri, e quello di genere fra uomini e donne. Parlare di bigenitorialità significa accedere a temi post separativi; un mondo sconosciuto ai più ma certamente un tema importante in considerazione del grande numero di persone e di minori che coinvolge e rappresenta. La tendenza alla separazione necessita di una informazione consapevole per ciò che riguarda la relazione primaria da salvaguardare, quella verso figli. Il filmato si propone di mostrare in pochi minuti una vera rivoluzione sociale di taglio etico e non solo, un esempio di grande sensibilità verso i figli e verso la rispettabilità reciproca che dovrebbe permanere fra coniugi separati. Il messaggio sociale, invita ad uno sguardo nuovo, affinchè figli non paghino le scelte separative dei genitori, ma è anche una pulce nell'orecchio per le istituzioni e gli operatori del sociale, affinchè colgano il mesaggio, utile per evitare la nascita dei vari conflitti separativi. Conflitti spesso pilotati e favoriti da un sistema che gonfia anzichè spegnere la conflittualità fra ex coniugi o ex coppie spesso favorendo sfacciatamente solo uno dei due. I figli rimangono figli indipendentemente dallo "STATO" dei genitori, e non hanno colpe, se non quelle che si vogliono intenzionalmente imporre loro. La leggerezza dell'etica bigenitoriale è in realtà frutto di esperienze molteplici andate a buon fine e rappresenta un messaggio d'amore e un augurio per un futuro che già molte ec coppie hanno adottato come spontaneo modo di interpretare con intelligenza la separazione, e come spesso accade la grande rivoluzione prende spazio dalle persone che ci circondano. Non abbiamo fatto altro che guardarci attorno e cogliere il meglio e proporlo a chi non è in grado di immaginarselo. Proponiamo soluzioni risolviamo problemi curiamo i nostri figli, sempre e con profondo rispetto.
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MariaRosaDeHellagen | Date: Giovedì, 29/04/2010, 05:47 | Message # 21 |
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| Figli del Divorzio http://www.youtube.com/watch?v=aDZAUGZqC6k&feature=related
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MariaRosaDeHellagen | Date: Giovedì, 29/04/2010, 06:09 | Message # 22 |
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| http://www.tgcom.mediaset.it/cronaca/articoli/articolo477165.shtml Crisi famiglia:10mila bimbi contesi Interviene il sottosegretario Casellati Ogni anno in Italia si contano 160 mila nuovi separati, 100 mila nuovi divorziati e la rottura di 20 mila famiglie more uxorio: il risultato è di quasi 10 mila bambini contesi, a suon di denunce, ricorsi e istanze. In maniera crescente i figli sono posti al centro del conflitto di coppia. Se ne è parlato a una tavola rotonda, organizzata dalla onlus "Biancarosa", presente il sottosegretario alla Giustizia, senatore Maria Elisabetta Casellati. Famiglia in crisi o in trasformazione? Le cronache riportano di separazioni difficili, violenze tra le mura domestiche, disagio dei figli. Legittimo chiedersi quali siano le cause e cercare i rimedi. Se ne è parlato in una tavola rotonda patrocinata dal Ministero della Pari Opportunità e organizzata dalla onlus "Biancarosa" e dal Comune di Verona, prendendo in esame soprattutto gli strumenti che la legge offre. Il sottosegretario alla Giustizia, senatore Maria Elisabetta Casellati, ha sottolineato come ci siano norme per le violenze, le separazioni, per la tutela dei figli, ma vadano coordinate. "La famiglia è una istituzione che deve essere sostenuta - ha affermato il sottosegretario Casellati - ci sono stati nei tempi recenti molti cambiamenti: famiglie miste in virtù dei fenomeni di immigrazione, famiglie cosiddette allargate a causa di separazioni sempre più frequenti. E' necessario trovare un equilibrio con attenzione per tutti: le madri che spesso non sono ancora del tutto tutelate, i padri che devono avere obblighi dai quali non potersi sottrarre, ma anche diritti garantiti, il tutto tenendo sempre l'asse fermo sui diritti dei minori, il vero anello debole della catena". Un tema che è stato affrontato con profondità è quello dell'affido in caso di separazione. La legge vigente che stabilisce di principio l'affido condiviso a entrambi i genitori è stata definita "una legge importante, che stabilisce un obiettivo, non una soluzione dovuta" lasciando ai giudici il dovere di scegliere cosa sia meglio per il minore. Tuttavia si tratta di un principio importante che va interpretato soprattutto in termini culturali: una attribuzione di pari diritti, ma anche pari responsabilità ai genitori. Nell 'incontro si è parlato anche di come l'informazione debba accostarsi a temi estremamente delicati, come la violenza tra le mura domestiche e la tutela dei figli. Il presidente nazionale dell'Ordine dei giornalisti, Lorenzo Del Boca, ha affermato l'alta responsabilità di chi opera nell'informazione. "Spesso - ha detto Del Boca - noi giornalisti siamo totalmente impreparati. Non conosciamo le situazioni e le norme. Abbiamo il dovere di specializzarci anche su questi argomenti". Condiviso dal presidente del tribunale di Verona ,Gianfranco Gilardi, e dal capo della procura, Mario Giulio Schinaia, l'invito a un maggior senso di responsabilità rivolto principalmente a chi compone la famiglia: "Padri e madri abbiano sempre la totale coscienza delle proprie scelte". La presidente dell'onlus "Biancarosa" Marianna Montanini ha infine annunciato la prossima nascita di Sottolinea.info, una vera e propria agenzia di stampa su temi sociali.
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MariaRosaDeHellagen | Date: Giovedì, 29/04/2010, 09:26 | Message # 23 |
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| [color=green]"Quando le donne fanno lobby e la vittima è l'uomo: ossia stalking e mobbing sottaciuto ed impunito"[/color] La prevedibile ed infondata accusa di maschilismo non può tacitare una tematica importante e delicata. Nel mondo occidentale il riequilibrio dei ruoli (famiglia e lavoro) tra uomo e donna ha portato, non poche volte, ad eccessi di segno opposto rispetto al passato. Il caso forse più eclatante in Italia è quello dei padri separati. Soltanto nel 2006 infatti è stata approvata la Legge 54 denominata "Affido Condiviso", che ha cominciato a cambiare le cose. Fino a quel momento in oltre il 90% dei casi i figli venivano affidati esclusivamente alla madre. Altre difficoltà, oltre quelle degli affetti, per un padre che si separa sono la casa (assegnata per oltre due volte su tre alla donna), e la questione assegni (nel 95% dei casi erogati dagli uomini). Il disagio psicologico, morale e materiale a cui è sottoposto l'uomo nelle separazioni lo porta a lasciarsi andare molto più spesso di quanto si crede. Il 93% dei suicidi post-separazione sono di padri (fonte FENBI circa 100 l'anno) e la Caritas in un recente comunicato ha informato che decine di migliaia di padri separati si stanno rivolgendo a loro per un posto letto. I dati riferiti ai suicidi dei padri separati sono contraddittori. Secondo i dati diffusi dall'Armata dei padri, solo nel 2006, sono 2 mila i padri che si sono suicidati perché lontani dai figli. Ma la maggior parte degli uomini abbandonati (il 74% delle separazioni sono chieste da donne), privati di figli, casa, lavoro, non riesce a reagire, il "sommerso" come si dice in questi casi è molto più vasto di chi invece riesce a reagire, magari entrando in una delle tante associazioni tematiche. I dati, raccolti sui giornali dall'associazione "Ex", rivelano che negli ultimi 10 anni sono stati uccisi 158 minori (più di 15 ogni anno) per conflitto tra genitori in fase di separazione. Nello stesso periodo i fatti di sangue legati alla fine di una convivenza sono stati 691 con 976 morti. In oltre il 98% dei casi il delitto riguarda una coppia con figli, mentre solo nell'1,7% la coppia non ha figli. Il 34,5% dei fatti si è consumato al Nord, nel 37,7% al Centro e nel 27,8% al Sud e Isole. Nel 76,6% dei casi è un uomo che ha in media tra i 30 e i 40 anni a commettere il delitto, il 50% delle vittime è donna e il 16,1% è minore. Questi dati sono stati allegati a una mozione presentata alla Camera, in cui si è chiesto al Governo maggiore impegno a favore della bigenitorialità.L'episodio dell'ennesimo padre separato che si è ucciso perchè non poteva vedere il figlio suscita «dolore e amarezza», ha affermato Maurizio Quilici, presidente dell'Isp, l'Istituto di studi sulla paternità, che rileva come esso sia «la punta di un drammatico iceberg che da molti anni galleggia nell'indifferenza di molti». «Non sono bastate - osserva Quilici in una nota - le battaglie dei movimenti dei padri, la trasformazione della figura paterna così vicina, oggi, ai figli e capaci di accudimento ed empatia; non è bastata una legge - la 54 del 2006 - che impone il condiviso come forma prioritaria di affidamento. I giudici continuano imperterriti a privilegiare le madri, le madri continuano a ostacolare il rapporto dell'ex compagno con i figli, i figli continuano ad essere strumento di battaglia per campioni di egoismo. I padri che si separano continuano a vivere con tremendo dolore la frequente perdita dei figli. E di dolore si può anche morire». Quando le agenzie di stampa (nel dare la notizia del suicidio di un padre «disperato perché la madre non gli fa incontrare il figlio più di due giorni alla settimana») specificano «appena separato», altre scrivono «in sede di divorzio», altre ancora dicono «cui la moglie aveva chiesto la separazione», deve apparire chiaro a tutti che quei giornalisti non ci hanno informato bene sui fatti. Infatti, se la madre aveva chiesto la separazione, ma ancora non vi era stata l'udienza presidenziale, e dunque nessuna decisione, seppur provvisoria, di un magistrato, si deve concludere che la madre, nell'abbastanza consueto delirio di onnipotenza materno, abbia deciso con intollerabile arbitrio «il figlio è mio e lo gestisco io»; impedendo così, disumanamente, a padre e figlio lo svolgersi della reciproca affettività. Se, diversamente, un giudice aveva deciso, nella prima udienza di separazione, che il provvisorio regolamento di visite dovesse essere così ristretto, forse la madre, strumentalmente o per tutelare davvero il figlio, aveva esposto tali negatività del padre, anche psichiche, da richiedere cautela nel calendario di visite. In entrambi i casi, però, il giudice avrebbe omesso di essere accurato nella protezione di una famiglia in crisi, non disponendo che almeno i servizi sociali si occupassero della gestione degli incontri. In questo esempio, il suicidio rivendicherebbe la mancanza di una giustizia minimamente dignitosa. Se, ancora, invece, questa storia triste si inquadra in un giudizio di divorzio o di modifica delle condizioni in essere, c'è da pensare o a un diritto di visita del padre cambiato all'improvviso dal giudice per gravi fatti sopravvenuti, o a una regolamentazione che dura così da anni, cioè da prima dell'entrata in vigore (2006) della legge sull'affido condiviso. Nel primo caso dovremmo tornare all'esempio della madre tutelante o strumentalizzante. Nel secondo, dovremmo pensare a una madre sorda alle esigenze sia del padre sia del figlio e miope di fronte ai cambiamenti sociali e giuridici. Se così fosse, il suicidio sarebbe da interpretarsi come la convinzione del padre di voler attuare egli stesso ciò che la madre stava già facendo: togliere per sempre il padre a un figlio. In tutti i casi però sarebbero i dettagli a dover fornire la giusta chiave di lettura. Senza poter dimenticare che le difficili storie giudiziarie che coinvolgono le famiglie, non possono essere trattate con pomposa burocrazia o frettolosa acriticità. Che l'espropriazione dei figli non deve essere consentita a nessun genitore a danno dell'altro. Quindi magistrati ed avvocati hanno la serissima responsabilità di non potersi occupare dei protagonisti solamente nei minuti o nelle ore che il ruolo impone di dedicare loro. Il Cepic, Centro europeo di psicologia investigazione e criminologia, (associazione impegnata nella formazione, ricerca, sostegno e consulenza in ambito criminologico, investigativo e psicologico) ha organizzato un convegno nazionale sulla violenza di genere sul tema "Quando la vittima è lui. La violenza domestica verso l'uomo. Aspetti sociologici, criminologici e legali". Un evento innovativo nel suo genere, nel quale si sono affrontate tematiche spesso ignorate e sottaciute. Questo secondo convegno nazionale sulla violenza di genere, segue il primo, in cui è stata trattata la violenza domestica verso la donna. «Ho scelto di organizzare un secondo convegno incentrato sull'uomo - dichiara Chiara Camerani, Psicologa, criminologa, Direttora Cepic - perché ritengo che il concetto di violenza di genere sia spesso inteso come indissolubilmente legato alla figura femminile, ma non può e non deve essere così. I cambiamenti sociali, i traguardi sul versante della parità hanno creato nuove categorie deboli e nuove forme di violenza. A fronte della violenza cieca, diretta dell'uomo, abbiamo una violenza subdola, vendicativa, tipica della donna, che spinge a distruggere non solo il coniuge, ma il suo ruolo genitoriale, la sua posizione sociale, il suo equilibrio psicologico. Pur coscienti che la donna detiene il triste primato di vittima nell'ambito della violenza coniugale, non possiamo dimenticare gli uomini che subiscono forme di violenza, diverse forse, ma altrettanto gravi. Ne sono dimostrazione i numeri allarmanti dei suicidi attuati in Italia da padri separati. Il numero si suicidi commesso da padri separati è aumentato negli ultimi anni, in particolare nel centro e nel nord d'Italia. Secondo i dati della Federazione nazionale bigenitorialità, L'uomo commette più frequentemente suicidio a causa di un disagio generato dalle separazioni e dai figli contesi, più di quanto non accada alle donne; con 102 casi su un totale di 110 (93%). Alla luce di questo, riteniamo utile una rivalutazione del concetto di soggetto debole, usualmente applicato al genere femminile, in un'ottica che valuti la persona e non il genere o lo status. A tal proposito ed alla luce dei dati emersi, l'uomo risulta essere il soggetto maggiormente sconfitto, nella coppia che si separa. Il decremento di reddito, l'allontanamento dai figli, che spesso diventa affido esclusivo, arma di ricatto e soppressione della figura paterna, mina gravemente la persona spingendo a comportamenti autodistruttivi, dipendenze, atti disperati. Per questo abbiamo scelto di parlare di violenza di genere, nella convinzione che sia necessario ridefinire o quantomeno rendere maggiormente flessibile il concetto di soggetto debole. Perché se è vero che la donna è più frequentemente vittima tra le mura domestiche, in contesti di coppia normale in crisi e in fase di separazione, è l'uomo a detenere il primato di vittima. Lo stesso accade in considerazione dei diversi standard di valutazione della violenza; quando l'aggressore è uomo ci si preoccupa della vittima femminile, quando è la donna ad essere violenta se ne cercano le cause, o si attribuisce a patologia. Questo è un dato che osserviamo frequentemente, in qualità di centro che si occupa di consulenza psicologica e criminologica. Per quanto sorprendente, esistono uomini maltrattati fisicamente dalle mogli, il numero oscuro a questo riguardo è molto alto, a causa del forte imbarazzo a denunciare. Interessante anche notare che la violenza verso il partner avviene anche tra coppie lesbiche. Il pregiudizio sociale porta ad ignorare la figura maschile nel ruolo di vittima, porta ad identificare l'uomo con il cattivo, con l'aggressore. Le Conseguenze sull'uomo comportano depressione, abbuffate compulsive, dipendenze, uso di alcol, violenza, suicidio, suicidio allargato (omicidio/suicidio)». «Giudici punitivi, sempre dalla parte delle madri. E padri disperati: troppe le storie quotidiane di sofferenza atroce». E' agguerrito Alessandro Poniz di Martellago (Ve), coordinatore Veneto dell'associazione Papà Separati. Esprime la rabbia e la frustrazione che ogni giorno tanti genitori «vessati dall'ex coniuge» riversano su di lui. «Ci si scontra continuamente con madri 'tigri' tutelate dalla legge - accusa Poniz - . Sì, sono convinto che per la disperazione si possa arrivare a togliersi la vita. Sapete quanti padri si presentano puntuali a prendere i figli, secondo le sentenze stabilite dai tribunali, suonano il campanello e vengono mandati via dalla madre con la scusa che il bimbo è ammalato? Escamotage simili vanno avanti per anni... E quanti scontano l'odio e il rancore di figli 'plagiati' dalle madri?» «Il sistema non è mai pronto a intervenire tempestivamente», sostiene Alessandro Sartori, presidente Veneto dell'Associazione italiana avvocati per la famiglia e per i minori (Aiaf). «Ci vorrebbe una formazione specifica sia per i giudici che per i servizi sociali. A volte sono chiamati a pronunciarsi su questa materia delicatissima giudici che fino al giorno prima si occupavano di diritto condominiale...». Presidente Dr Antonio Giangrande - ASSOCIAZIONE CONTRO TUTTE LE MAFIE 099.9708396 - 328.9163996
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MariaRosaDeHellagen | Date: Giovedì, 29/04/2010, 13:16 | Message # 24 |
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| Padri e madri separati: le nuove leve di poveri? di Germano Palmieri http://www3.lastampa.it/i-tuoi-diritti/sezioni/famiglia-successioni/focus/articolo/lstp/197052/ La separazione dei coniugi, a parte le più o meno profonde e insanabili lacerazioni dei sentimenti e degli affetti coniugali, comporta una serie di conseguenze logistiche ed economiche, che nelle famiglie monoreddito o comunque sulla soglia della povertà producono effetti a dir poco devastanti, soprattutto se vi sono dei figli. Dati per scontati i traumi e lo stress che la separazione provoca in questi (anche se in molti casi è preferibile, nel loro interesse, che i genitori pongano fine al rapporto piuttosto che continuare a convivere in un clima di infuocata conflittualità), fra i coniugi a rimetterci è quasi sempre il marito, dal momento che i figli, e con questi la casa familiare, vengono di regola assegnati alla madre, spesso per imprescindibili e comprensibili esigenze di assistenza del minore (si pensi a un bambino di pochi anni o addirittura di pochi mesi), con il padre tenuto a contribuire al loro mantenimento e a quello della madre se questa non ha mezzi sufficienti e non le è stata addebitata la separazione. In particolare, il fatto che i figli minori vengano affidati quasi sempre alla madre, a parte eccezioni di conclamata impossibilità, in capo a questa, di accudirli ed educarli adeguatamente (per esempio per alcolismo o uso abituale di sostanze stupefacenti), riduce inevitabilmente, quando non mortifica, il ruolo del padre; un costruttivo ed efficace dialogo educativo, infatti, passa attraverso una presenza costante e non saltuaria del genitore, per cui se la madre, disattendendo gli accordi (nel caso di separazione consensuale) o l’ordine del giudice (nel caso di separazione giudiziale), non agevola gli incontri del padre con i figli, o addirittura scredita il genitore ai loro occhi, si creano le premesse per un allontanamento affettivo della prole da uno dei genitori. Un altro atteggiamento, sanzionabile con l’ammonizione di cui al secondo comma, n. 1), dell’art. 709-ter del codice di procedura civile, è quello della madre che, deliberatamente ed ingiustificatamente, ostacola i rapporti tra padre e figlio, alimentandone il conflitto esistente (Tribunale di Firenze, 11 febbraio 2008). Se poi la madre addirittura impedisce i rapporti tra padre e figlio, il giudice, come vedremo, può disporre l’affidamento in via esclusiva al padre. Quanto all’uscita del padre dalla casa familiare, questo effetto della separazione comporta che molti padri separati si vedano costretti a chiedere ospitalità a parenti e amici, o a ricorrere alla pubblica assistenza, quando non si riducono a vivere ai margini della società. Per cercare di ovviare alle molteplici difficoltà dei genitori separati, col tempo si sono venute costituendo diverse associazioni (fra queste l’Associazione genitori separati www.genitoriseparati.it e l’Associazione italiana genitori separati www.aiges.org), alcune delle quali con il compito di prestare assistenza psicologica e legale, specificamente, ai padri separati, per aiutarli a superare questa fase traumatica della loro esistenza, anche attraverso la ricerca di una sistemazione abitativa decorosa, necessariamente propedeutica al reinserimento nella vita di relazione: fra queste l’Associazione Padri Separati www.padri.it, il gruppo Sos Padri Separati www.padriseparati.it. e l’Associazione Papà Separati www.papaseparati.it. Tutte queste organizzazioni sono presenti nelle principali città e i relativi indirizzi e recapiti telefonici sono ricavabili dal rispettivo sito Internet. In questo Focus passeremo in rassegna, alla luce della più recente giurisprudenza, le fattispecie riguardanti gli aspetti conseguenti alla separazione personale dei coniugi, aspetti sostanzialmente riconducibili all’affidamento dei figli, all’assegnazione della casa familiare e all’assegno di mantenimento, non senza premettere che, nei casi in cui sia possibile farvi luogo, la separazione consensuale è senz’altro preferibile a quella giudiziale: sia perché non vengono resi noti, sia pure a persone tenute al segreto d’ufficio o professionale (giudici e avvocati, ma di regola vengono anche escussi testimoni, che non hanno quest’obbligo), fatti intimi e personali se non vere e proprie meschinità e bassezze, con conseguente, ulteriore inasprimento della tensione fra i coniugi, sia perché è sufficiente un solo avvocato che li assista entrambi (alcuni Tribunali accettano addirittura che il ricorso venga predisposto direttamente dai coniugi); sia, infine, perché si perviene alla sentenza con rapidità: circostanza non riscontrabile nella separazione giudiziale, che può richiedere tempi anche molto lunghi, tutto dipendendo dalle “munizioni” a disposizione dei contendenti e dall’abilità dei difensori (recenti statistiche parlano di una media di 130 giorni per arrivare alla separazione consensuale, contro 998 per definire quella giudiziale).
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MariaRosaDeHellagen | Date: Sabato, 01/05/2010, 01:57 | Message # 25 |
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| Da http://www.genitorisottratti.it/2010/04/cacciato-di-casa-dalla-ex-moglie-si.html Ancora un suicidio di papà, 100 ogni anno in Italia Salvatore Collodoro, sessantenne, disoccupato, non ha retto. Il figlio lo trova impiccato. Sul tavolo un biglietto «Non ce la faccio più. Senza lavoro, senza la mia famiglia. Non voglio finire sulla strada». La vittima è un sessantenne disoccupato e depresso. L'uomo viveva nella casa dell’ex moglie di origini eritree in via da Verdara PADOVA. Si è ucciso perché non voleva essere sfrattato dall’appartamento in cui viveva. Tragedia della solitudine ieri pomeriggio in via San Giovanni da Verdara 58. Proprio ieri, verso le 16, l’ufficiale giudiziario avrebbe dovuto recarsi da Salvatore Collodoro, 60 anni, disoccupato, che da anni viveva senza titolo nell’appartamento di proprietà della ex moglie di origini eritree, per farlo sloggiare definitivamente. Ma l’ufficiale in quella casa non ci è mai entrato. Poco prima dell’incontro, infatti, il figlio minore di Salvatore Collodoro, è andato a trovare il padre, per prendere alcuni documenti, ma soprattutto per non lasciarlo solo in un momento così drammatico. Lui e suo fratello, hanno cercato in tutti i modi di stare vicini al padre in questi anni. Tuttavia, appena il giovane di 25 anni ha aperto la porta si è trovato di fronte una tragedia da lasciare senza fiato. Il padre Salvatore si era impiccato in salotto. La casa in disordine. E sul tavolo un biglietto: «Scusate. Sono stanco, non ce la faccio più a vivere così. Senza lavoro, senza la mia famiglia, con lo sfratto. Non voglio finire sulla strada». Poi ha lasciato un bacio per iscritto alla moglie e ai due figli. Sul posto sono arrivati i carabinieri, il medico legale e successivamente i necrofori che hanno trasportato la salma in obitorio, a disposizione dell’autorità giudiziaria. Ma che si tratti di un suicidio non c’è alcun dubbio per militari e magistrato. Suicidio legato, tra l’altro, proprio allo sfratto che l’uomo considerava probabilmente l’ennesimo fallimento della propria vita. I figli, tuttavia, l’avevano convinto a trasferirsi temporaneamente da loro. Ed era pronta anche una soluzione temporanea, in attesa che il Comune gli desse un tetto. Sempre i figli avevano insistito perché presentasse domanda per un alloggio pubblico. Cosa che aveva fatto. Ma l’uomo non ne voleva sapere: si è lasciato andare. E lo sfratto è stato un tremendo pretesto. Collodoro, originario di Caltanissetta, fino a qualche anno fa aveva lavorato come procacciatore d’affari nel campo dell’abbigliamento. Sposato e successivamente divorziato, aveva avuto due figli con i quali aveva mantenuto un buon rapporto. (28 aprile 2010) http://mattinopadova.gelocal.it/dettaglio/cacciato-di-casa-dalla-ex-moglie-si-impicca/1965533
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MariaRosaDeHellagen | Date: Sabato, 08/05/2010, 04:36 | Message # 26 |
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| «Se non pago niente bambina» http://www.ilgiornale.it/milano/se_non_pago_niente_bambina/05-05-2010/articolo-id=442935-page=0-comments=1 Dieci anni fa erano nati per battersi e promuovere l’affido condiviso. Oggi, dicono con la frustrazione di chi vede poche vie d’uscita, «siamo diventati un’opera di carità». Cercano case a prezzi calmierati o posti letto nelle strutture d'accoglienza per chi dalla propria abitazione è stato sbattuto fuori causa separazione. Due volte al mese distribuiscono derrate alimentari a Milano e Monza: pasta, latte, zucchero, beni di prima necessità rilasciati dai supermercati a fine scadenza ma ancora buonissimi per chi non riesce ad arrivare a fine mese. Papà senza fissa dimora: sono loro i nuovi poveri di Milano. La Caritas ambrosiana ne conta almeno 50mila in tutta la Lombardia, 1.200 quelli che vivono sotto la soglia dell’indigenza. Un popolo che cresce allo stesso ritmo delle separazioni e divorzi. «Il problema è molto più grave di quanto non appaia - dice Domenico Fumagalli, presidente dell’Associazione Papà separati in Lombardia onlus -. Bisogna dirlo ai metalmeccanici e a tutti gli stipendiati a 1.300 euro al mese: non fate figli e non sposatevi, per voi un divorzio è economicamente insostenibile. Quando ero all’università ho marciato per la legge sul divorzio. Dopo 30 anni e due milioni di sentenze, faremo opposizione a quella legge. Ci stiamo battendo affinché separazioni e divorzi escano dai tribunali. Un sistema giudiziario allo sfascio non può occuparsi di famiglie e di minori: i tempi sono troppo lunghi, le parcelle troppo alte e le condizioni economiche stabilite dai giudici insostenibili». Eppure la 155 non diceva che nel 95 per cento dei casi la casa coniugale, mobilio compreso, restasse alla ex moglie così come la metà del conto corrente e di tutto il resto. Oggi alla separazione dagli affetti si è aggiunta pesantissima anche quella dagli effetti, che ha portato centinaia di padri a oltrepassare la barriera della povertà. L’associazione ha ottenuto dal Comune di Milano l’uso di due monolocali confiscati alla mafia per aiutare i casi più disperati. «Stiamo cercando di avere più case e alloggi - dice ancora Fumagalli -. Il Comune di Milano e quello di Seregno stanno costruendo la casa dei papà separati, 160 appartamenti, una biblioteca e un giardino in via Calvino a un prezzo simbolico, 150/200 euro al mese. Nel frattempo quelli che si ritrovano in mezzo ad una strada li mandiamo a dormire dai frati». Padre Clemente Moriggi gestisce due dormitori: «Su 260 ospiti, 80 sono padri separati. Noi offriamo non solo un letto, ma anche un supporto psicologico per aiutarli a superare questo momento ed evitare che diventino veri e propri clochard». Quelli che non se la sentono di condividere la stanza con tossicodipendenti e alcolisti salgono sulla 73 e vanno a dormire a Linate: «I bagni sono puliti e poi si può sempre far finta di essere lì in attesa di un aereo». Uniti nel bene e divisi nella cattiva sorte: Il Giornale è andato alla ricerca di queste storie. Padri che, superando l’imbarazzo e la vergogna, hanno deciso di raccontarsi.
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MariaRosaDeHellagen | Date: Mercoledì, 12/05/2010, 05:57 | Message # 27 |
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| LA RIFLESSIONE: Educatori e sociologi sono concordi: alla radice del disagio giovanile c’è l’interruzione della catena padri-figli. occorre tornare a insegnare il limite. http://comunicazionecondiviso.blogspot.com/2009/06/linterruzione-della-catena-padri-figli.html di Paolo Ferliga La società contemporanea soffre per la continua riduzione del ruolo e della presenza del padre nella formazione e nell’educazione dei giovani. Si tratta di un processo secolare che ha confinato i padri nei luoghi del lavoro, lasciando alle madri e a un sistema scolastico femminilizzato il compito di istruire ed educare le nuove generazioni. A partire dagli anni Settanta del Novecento, poi, l’aumento di separazioni e divorzi ha allontanato fisicamente molti padri dalla casa dei figli. Si calcola che oggi siano circa 8 milioni di genitori separati, con 140 mia separazioni/divorzi nel 2007, che hanno coinvolto 91 mila bambini e ragazzi. A tre anni dall’approvazione della legge 54 sull’affido condiviso i tempi medi di permanenza dei figli con il padre sono stimati ancora solo al 18%, rispetto al 72% che i figli trascorrono con la madre. Eppure in questi ultimi anni qualcosa sta cambiando e sembra farsi avanti, nella coscienza di educatori e genitori, ma anche degli studiosi e dei terapeuti, la consapevolezza che l’interruzione della catena padri-figli sia alla radice del forte disagio espresso dai giovani. Il grido di dolore che si leva dai figli senza padre e dai padri cui sono stati tolti i figli costringe la nostra società a interrogarsi sui guasti creati dall’assenza del padre. Il quadro che si presenta ai nostri occhi preoccupante. Sempre più spesso studenti demotivati, figli depressi, giovani che cercano nell’alcool e nella droga quel piacere che la vita sembra loro non offrire. Il segno che accomuna il disagio giovanile è quello della dipendenza: dal mercato del consumo, dalle sostanze stupefacenti e dai farmaci, dalla televisione e da internet. Dal gioco d’azzardo e dai giochi di ruolo, da una sessualità compulsiva e dalla pornografia. Ci troviamo davanti al paradosso per cui la cosiddetta società del benessere, dove tutto sembra possibile, produce un diffuso e sempre più forte senso di disagio e di impotenza. L’assenza di limiti crea una sorta di bulimia per cui si vorrebbe divorare tutto, oppure un atteggiamento di rinuncia spesso autistico, perché nulla sembra più desiderabile e la vita priva di interesse e di senso. Di fronte a questa situazione di disorientamento, lo sguardo degli psicologi e degli studiosi dei fenomeni sociali comincia a vedere ciò che la sapienza antica, in particolare nella sua espressione religiosa, ha sempre saputo: senza la presenza del padre la vita è priva di orientamento e il legame sociale si allenta. Come diceva Freud, infatti, la figura del padre è centrale, non solo a livello individuale, ma anche per la psiche dei popoli. Se la funzione paterna viene meno a livello sociale, i figli rischiano di non uscire da una posizione egocentrica di tipo narcisistico, una posizione dipendente dalla madre, vissuta come fonte in grado di soddisfare sempre e subito i loro bisogni. Proprio aiutandoli a separarsi dalla madre, il padre trasmette loro il senso del limite, condizione indispensabile perché si formi una personalità autonoma. L’autonomia, la capacità cioè di interiorizzazione, la norma, e quindi anche il divieto, è l’antidoto principale nei confronti della dipendenza. Solo chi è autonomo è in grado di distinguere cioè tra bene e male, e di passare dall’egocentrismo all’altruismo, entrando così a fare parte della comunità. Fin dai primi mesi di vita il padre aiuta il bambino a diventare autonomo facendolo uscire dal legame simbiotico con la madre, indispensabile all’inizio ma ingombrante in seguito, perché finchè resta in esso il figlio si illude che tutto gli sia dovuto. Spetta dunque al padre dargli il senso del limite, dire al bambino il primo “no”!, esortarlo a crescere per diventare sé stesso, pronunciare parole che insegnano a governare i propri istinti. A queste parole devono corrispondere dei comportamenti, dei gesti concreti. Per questa ragione è indispensabile che il padre torni a occuparsi dei figli, non nella veste di seconda madre, di quello che oggi con accenno dispregiativo viene definito “mammo”. Molti padri oggi lo sanno: giocano di più di una volta coi loro figli, li portano a spasso volentieri, si interessano del loro percorso formativo. Non disdegnano di cambiare loro i pannolini e non si vergognano di dimostrare loro affetto. Ma sentono che il loro compito richiede anche altro. Sanno che spetta a loro trasmettere ai figli quel senso del limite e dell’autonomia indispensabili per aprirli al mondo degli altri e per iniziarli alla vita dello spirito. L’autore, Paolo Ferliga Insegna Filosofia e Storia al liceo Arnaldo di Brescia e Psicologia dell’educazione all’Università Milano-Bicocca. E’ anche psicoterapeuta e saggista: ha pubblicato il libro:”il segno del padre nel destino dei figli e della comunità” (Moretti&Vitali,2005) in cui dimostra come l’immagine del padre, spesso sottovalutata dalla cultura contemporanea, sia comunque conservata dall’inconscio collettivo).
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dibattitopubbl | Date: Lunedì, 17/05/2010, 00:08 | Message # 28 |
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| Un esempio a cosa porta la conflittualità: Fonte: http://www.bambinicoraggiosi.com/?q=node/1983 (blog Bambini Coraggiosi) La lunga e dura contesa tra i genitori del bimbo di otto anni di Sezze ora arriva anche nella scuola elementare che il piccolo Mario (nome di fantasia) frequenta a Borgo Faiti. Qui ieri mattina si sono vissuti attimi di confusione e tensione, che hanno infastidito e colpito gli altri alunni, le loro famigli e il personale docente e non docente, quando il padre e la madre si sono affrontati tra le urla, alle quali ha fatto seguito l’arrivo di numerosi dirigenti e agenti della Questura di Latina. Una ulteriore puntata della lunga storia tra i genitori che si contendono il bimbo (e la possibilità e le modalità per vederlo) che, probabilmente, non sarà neanche l’ultima visto che è ancora pendente l’ordinanza del giudice del Tribunale dei Minori di Roma che stabilisce il trasferimento di Mario in una casa famiglia. Un’ordinanza non ancora eseguita anche per l’opposizione dei legali della mamma e la istanza di ricusazione dello stesso giudice che si sta occupando del caso. La cronaca della agitata mattinata di ieri inizia alle 8,30 quando la mamma accompagna Mario alle elementari di Borgo Faiti dopo la «fuga» di qualche settimana fa, anche per restituire al piccolo un po’ di vita normale. Una mezz’ora dopo, però, la donna avrebbe ricevuto una chiamata dalla scuola che la invitava ad andare a riprendere il bimbo, perché non si sentiva molto bene. La donna non ci ha messo molto a capire che qualcosa stava accadendo. In cinque minuti arriva sul posto dove trova il padre di Mario al quale è stato impedito l’ingresso nell’edificio. Accesso che viene negato anche a lei, per non interferire ulteriormente con l’attività didattica e la tranquillità degli altri bambini. All’interno ci sarebbero già due agenti della Polizia che starebbero cercano di convincere Mario a seguirle, probabilmente per andare in casa famiglia, anche se questa ipotesi verrà successivamente smentita dalla Questura stessa. Il piccolo – dicono alcuni testimoni – le avrebbe pregate di lasciarlo ancora un ultimo giorno con la mamma. Intanto, all’esterno arrivano altre sei vetture della Polizia che allontanano tutti i parenti di Mario, invitandoli ad uscire fuori dal recinto dell’istituto. Il padre abbandona il borgo, mentre la mamma chiama il senatore dell’Idv Pedica, che da tempo si sta occupando del caso del piccolo di Sezze, per avvisarlo di ciò che sta accadendo. Poco dopo, anche gli agenti tornano in Questura dichiarando che non erano andati per eseguire l’ordinanza e, in seconda battuta, di aver desistito nell’operazione davanti alle resistenze del bambino a seguirli. Intanto, la presidente del Tribunale di Roma Melita Cavallo invia sul posto le due assistenti sociali del comune di Sezze perché le facciano una dettagliata relazione. Poi torna la quiete, fino alla prossima inevitabile puntata di questa triste vicenda. Angelo Sessa 12 maggio 2010 LATINA oGGI
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MariaRosaDeHellagen | Date: Giovedì, 27/05/2010, 06:09 | Message # 29 |
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| Da http://visionimarziane.blogspot.com/2007/06/la-violenza-sui-bambini.html Con il cuore morto, come 10 anni fa,... così stretto da stare in una delle tue due manine che ti divertivi a mettere sul palmo della mia mano, con immutato amore – come sempre – con questa foto voglio significarti che, da quel maledetto 20 giugno 1997, sono trascorsi 10 anni, 10 anni “da orfano di padre vivo” , 10 anni da quando ti preparai l’ultima camomilla della tua nanna notturna, 10 anni della tua infanzia, bruciati dalla cattiveria e dall'opera falsa e sotterranea inscenata da canaglie e loro pari... Ti lasciai e lasciai la mia casa per il gravissimo mobbing subìto, mentre – contro di me – tua sorellastra affermava: “Ti abbiamo escluso perché non eri d’accordo con noi”, una frase che BEN SIGNIFICA la strumentalizzazione operata su tua madre, maestra e complice di tua sorellastra, operanti in forza di ragioni che NULLA HANNO A CHE FARE CON LA MONTAGNA DI BUGIE CHE TI HANNO RACCONTATO, quantunque acriticamente coperte, sorrette e MAI verificate dagli sciacalli istituzionali che, da 10 anni, con pretestuoso uso dell’arma giudiziaria minorile stanno distruggendo il nostro rapporto, per il vezzo e la cattiveria tipiche di chi riversa le proprie frustrazioni sugli altri, per invidia, per viltà e, quindi, per ignoranza animalesca, madre di ogni sciagura... Ti voglio sempre incondizionatamente bene, piccino, anche se ti hanno costretto a dire e fare le cattiverie che hai telefonicamente trasmesso contro di me. Tu non hai colpa, piccino... All’improvviso ti sei trovato sballottato in mezzo a canaglie che circondano tua madre, sei stato messo in subordine alla prepotenza, pertanto tu hai dovuto abbozzare per non soccombere nel mare di cattiveria e d’ignoranza in cui vivi... E BEN HANNO COMPRESO la cantonata presa, TUTTI i parassiti che, senza nulla verificare, hanno creduto alle fesserie “ad effetto” raccontate da tua madre che, oggi, quei parassiti non smentiscono pur di non perdere la faccia o la “legittimazione d’atti”, come disse qualche altro parassita “istituzionale”... Ti amo con lo stesso amore con il quale, da quando nascesti, per un anno ti accudii, ti cullai ti feci divertire, t’insegnai quanto, invece, ben più grave a tre anni mostravi di neppure conoscere: chi fosse tua madre, tra tua madre (che credevi nonna) e tua sorella (che credevi madre!), semplicemente per aver ascoltato la figlia di tua sorellastra chiamarle “nonna” e “mamma”... Di ciò possono andare fiere, tanto quelle due quanto le “esperte istituzionali” (che mi hanno osteggiato in tutti i modi anche giurando il falso!)... Se ti imbatterai in questo sito (od in altri siti similari), ancora una volta ti esorto a non esitare per raggiungermi, qualunque sia la causa che ti avrà portato a decidere per questa scelta. Allo stato delle cose, neppure un’inevitabile azione può essere sufficiente per sfondare l’omertà ed il muro di gomma costruito intorno a questa sporca ed insulsa vicenda... Quale originaria causa di tanta premeditata cattiveria, se non interessa l’averti reso orfano di padre vivo, tanto meno interessa alla schiera degli sciacalli che, sulla speculazione attuata sui bimbi, fondano la loro fonte di esistenza e di reddito... Purtroppo sei nato quando, questa ignobile sciagura del XX secolo, da trent’anni era già operante e collaudata in termini di falsità e di appoggio politico. La cinica e biecamente abietta orda barbarica dei parassiti di stato, tentando di travolgere il rapporto genitoriale, però, non è riuscita a infondermi l’indifferenza verso di te, quella subdola indifferenza che, invece, con ipocrita sorriso queste canaglie nutrono verso chi ben mostra di amare i propri figli, certamente meglio e più di quanto questi sciacalli siano stati amati dai loro. Ti voglio sempre lo stesso incondizionato bene che ti volli quando ti attendevo trepidamente e quando ti strinsi al petto appena nato, piccino!.... Il tuo papà, quello vero. Sergio SANGUINETI 20.06.2007
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MariaRosaDeHellagen | Date: Sabato, 07/08/2010, 00:07 | Message # 30 |
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| http://hotbd.mobi/separato/ ( http://hotbd.mobi/separato/ ) - link sulla raccoltà dei video sulla tematica delle separazioni
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