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Caso di Marco e Luisa ROMANI
AmministratoreDate: Mercoledì, 11/05/2011, 00:29 | Message # 1
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AmministratoreDate: Mercoledì, 11/05/2011, 00:35 | Message # 2
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dibattitopubblDate: Giovedì, 12/05/2011, 19:41 | Message # 3
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INTERROGAZIONE PARLAMENTARE A RISPOSTA ORALE del 2008 (!!!)

Interrogazione a risposta orale 3-00040
presentata da
GIACOMO CHIAPPORI
mercoledì 11 giugno 2008 nella seduta n.016

CHIAPPORI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:

nell'aprile 1995, a seguito della segnalazione effettuata dal primario della clinica pediatrica dell'ospedale di Perugia (professore Vaccaro) circa la situazione psicologica della signora Luisa Romani e fisica del neonato T.R., il Tribunale dei minori di Perugia ha disposto il trattenimento del neonato in ospedale. Il neonato non poteva essere consegnato neanche al padre (Marco Romani) in quanto sulla base una relazione dei servizi sociali al Tribunale si sarebbe evidenziata la pericolosità del padre (Marco Romani) che avrebbe somministrato al neonato T. una sostanza venefica, rilevatasi successivamente, una sostanza omeopatica;

a seguito ditali vicende il Tribunale dei minori ha disposto l'affido del neonato ai servizi sociali, ordinando agli stessi di trovare una famiglia affidataria. Analoga disposizione è stata rivolta per il fratello del neonato H.R. Tale situazione ha influito negativamente sulla psicologia dei genitori e soprattutto della madre già segnata da una depressione post partum, che nel luglio 1995 ha tentato il suicidio;

per due anni i genitori dei minori affidati non sono riusciti a visitare i figli, nonostante che a tal fine siano stati programmati appositi incontri con i Servizi Sociali;

nel marzo del 1997 la signora Luisa Romani ha presentato due istanze presso il Tribunale dei Minori per incontrare i figli, sulle quali il citato Tribunale ha espresso una valutazione del tutto negativa. Tale decisione è stata basata su una segnalazione dei Servizi sociali che ritenevano la signora Luisa ancora non idonea ad avere rapporti con i propri figli, malgrado fosse stata inserita in un programma terapeutico e socio-riabilitativo stabilito dagli stessi servizi in un'apposita struttura;

con sentenza 3 del 16 luglio 2002 il Tribunale dei Minori ha respinto l'opposizione proposta dai coniugi Romani avverso il decreto 22 del 29 dicembre 2000 con il quale lo stesso Tribunale ha dichiarato lo stato di adottabilità per H.R., rimasto fino ad allora con la famiglia affidataria, in conseguenza di una presunta condotta omissiva dei genitori nel periodo agosto 1997-dicembre 2000;

contro il richiamato decreto di adottabilità, nell'ottobre 2002 i coniugi Romani hanno presentano ricorso alla Corte d'Appello di Perugia che, con sentenza n. 4300 del 4 dicembre 2003, ha accolto il ricorso in questione, revocando lo stato di adottabilità del minore T., e disponendo ai servizi sociali di adoperarsi per il reinserimento del bimbo nella famiglia naturale, evidenziando anche rilevanti criticità circa i presupposti della decisione assunta dello stesso Tribunale;

al riguardo, a seguito di ulteriori perizie, la Corte ha rilevato l'inesistenza della condotta omissiva dei genitori; l'incoerenza tra la mancanza di attenzione della signora Romani verso il figlio T., ed i divieti di contatti tra i due imposti dallo stesso Tribunale; la trascuratezza che i servizi sociali hanno posto ai disturbi della signora Romani e all'invito a dimostrare la loro capacità e sensibilità aiutando i genitori ed i figli verso il reinserimento; il travisamento delle finalità dell'affidamento etero familiare; la capacità del signor Romani ad educare il figlio più grande;

la Corte di Cassazione con sentenza del luglio 2004 ha dichiarato l'improcedibilità e l'inammissibilità di due ricorsi presentati nel gennaio e nel febbraio del 2004 dalla Procura Generale di Perugia, ai sensi rispettivamente, dell'articolo 17 della legge n. 184 del 1983, e dell'articolo 373 del Cpc;

nel novembre del 2004 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Perugia ha deciso per l'archiviazione di una denuncia-querela presentata dai coniugi Romani nei confronti delle operatrici della ASL 2 di Perugia che avrebbero dichiarato di aver commesso involontari errori di valutazione in merito alla capacita genitoriale dei coniugi Romani;

ad oggi i figli dei coniugi Romani non sono ancora tornati in famiglia e continuano di fatto ad essere affidati a terzi, nonostante la pronuncia della Corte d'Appello che prescriveva il reinserimento nella sua famiglia originario il percorso-:

se non ritengano inaccettabile che, a distanza di circa 4 anni dalla sentenza della Corte d'Appello di Perugia, l'intricata vicenda della famiglia Romani, più volte ripresa anche dai media, sia ancora ben lontana dall'essere conclusa e che, in sostanza, la sentenza definitiva sia tuttora disapplicata -:

se il Ministro della giustizia intenda assumere le opportune iniziative ispettive presso il Tribunale dei minori al fine di un eventuale esercizio dell'azione disciplinare in ragione dell'assoluta gravità della vicenda descritta in premessa;

se, alla luce dei fatti sopra esposti, non ritengano opportuno intervenire per accertare, nei limiti delle proprie competenze, come sia stato possibile che i servizi sociali della ASL 2 di Perugia abbiano potuto agire con quello che all'interrogante appare un gravissimo livello di approssimazione;

se non intendano intervenire anche mediante iniziative normative affinché ai coniugi che si trovano in situazioni come quella descritta in premessa sia riconosciuto in via amministrativa un adeguato indennizzo per il gravissimo danno morale ed esistenziale sofferto e per le ingenti spese sopportate.


http://parlamento.openpolis.it/atto/documento/id/13621

 
dibattitopubblDate: Giovedì, 12/05/2011, 19:43 | Message # 4
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Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA del 04/03/2010

Interrogazione a risposta scritta 4-06376 presentata da GIACOMO CHIAPPORI
giovedì 4 marzo 2010, seduta n.294
CHIAPPORI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:

nell'aprile 1995, a seguito della segnalazione effettuata dal primario della clinica pediatrica dell'ospedale di Perugia (professore Vaccaro) circa la situazione psicologica della signora Luisa Romani e fisica del neonato T.R., il Tribunale dei minori di Perugia ha disposto il trattenimento del neonato in ospedale. Il neonato non poteva essere consegnato neanche al padre (Marco Romani) in quanto sulla base una relazione dei servizi sociali al tribunale si sarebbe evidenziata la pericolosità del padre (Marco Romani) che avrebbe somministrato al neonato T. una sostanza venefica, rilevatasi successivamente, una sostanza omeopatica;

a seguito di tali vicende il Tribunale dei minori ha disposto l'affido del neonato ai servizi sociali, ordinando agli stessi di trovare una famiglia affidataria. Analoga disposizione è stata rivolta per il fratello del neonato H.R. Tale situazione ha influito negativamente sulla psicologia dei genitori e soprattutto della madre già segnata da una depressione post partum, che nel luglio 1995 ha tentato il suicidio;

per due anni i genitori dei minori affidati non sono riusciti a visitare i figli, nonostante che a tal fine siano stati programmati appositi incontri con i servizi sociali;

nel marzo del 1997 la signora Luisa Romani ha presentato due istanze presso il Tribunale dei minori per incontrare i figli, sulle quali il citato tribunale ha espresso una valutazione del tutto negativa. Tale decisione è stata basata su una segnalazione dei servizi sociali che ritenevano la signora Luisa ancora non idonea ad avere rapporti con i propri figli, malgrado fosse stata inserita in un programma terapeutico e socio-riabilitativo stabilito dagli stessi servizi in un'apposita struttura;

con sentenza 3 del 16 luglio 2002 il Tribunale dei minori ha respinto l'opposizione proposta dai coniugi Romani avverso il decreto 22 del 29 dicembre 2000 con il quale lo stesso tribunale ha dichiarato lo stato di adottabilità per H.R., rimasto fino ad allora con la famiglia affidataria, in conseguenza di una presunta condotta omissiva dei genitori nel periodo agosto 1997-dicembre 2000;

contro il richiamato decreto di adottabilità, nell'ottobre 2002 i coniugi Romani hanno presentano ricorso alla Corte d'appello di Perugia che, con sentenza n. 4300 del 4 dicembre 2003, ha accolto il ricorso in questione, revocando lo stato di adottabilità del minore T., e disponendo ai servizi sociali di adoperarsi per il reinserimento del bimbo nella famiglia naturale, evidenziando anche rilevanti criticità circa i presupposti della decisione assunta dello stesso tribunale;

al riguardo, a seguito di ulteriori perizie, la Corte ha rilevato l'inesistenza della condotta omissiva dei genitori; l'incoerenza tra la mancanza di attenzione della signora Romani verso il figlio T., ed i divieti di contatti tra i due imposti dallo stesso Tribunale; la trascuratezza che i servizi sociali hanno posto ai disturbi della signora Romani e all'invito a dimostrare la loro capacità e sensibilità aiutando i genitori ed i figli verso il reinserimento; il travisamento delle finalità dell'affidamento etero familiare; la capacità del signor Romani ad educare il figlio più grande;

la Corte di cassazione con sentenza del luglio 2004 ha dichiarato l'improcedibilità e l'inammissibilità di due ricorsi presentati nel gennaio e nel febbraio del 2004 dalla Procura generale di Perugia, ai sensi rispettivamente, dell'articolo 17 della legge n. 184 del 1983, e dell'articolo 373 del codice di procedura civile;

nel novembre del 2004 il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Perugia ha deciso per l'archiviazione di una denuncia-querela presentata dai coniugi Romani nei confronti delle operatrici della ASL 2 di Perugia che avrebbero dichiarato di aver commesso involontari errori di valutazione in merito alla capacita genitoriale dei coniugi Romani;

ad oggi i figli dei coniugi Romani non sono ancora tornati in famiglia e continuano di fatto ad essere affidati a terzi, nonostante la pronuncia della Corte d'appello che prescriveva il reinserimento nella sua famiglia originario il percorso -:

se non ritengano inaccettabile che, a distanza di circa 4 anni dalla sentenza della Corte d'appello di Perugia, l'intricata vicenda della famiglia Romani, più volte ripresa anche dai media, sia ancora ben lontana dall'essere conclusa e che, in sostanza, la sentenza definitiva sia tuttora disapplicata;

se il Ministro della giustizia intenda assumere le opportune iniziative ispettive presso il Tribunale dei minori al fine di un eventuale esercizio dell'azione disciplinare in ragione dell'assoluta gravità della vicenda descritta in premessa;

se, alla luce dei fatti sopra esposti, non ritengano opportuno intervenire per accertare, nei limiti delle proprie competenze, come sia stato possibile che i servizi sociali della ASL 2 di Perugia abbiano potuto agire con quello che all'interrogante appare un gravissimo livello di approssimazione;

se non intendano intervenire anche mediante iniziative normative affinché ai coniugi che si trovano in situazioni come quella descritta in premessa sia riconosciuto in via amministrativa un adeguato indennizzo per il gravissimo danno morale ed esistenziale sofferto e per le ingenti spese sopportate.

http://parlamento.openpolis.it/atto/documento/id/41109

 
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