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Casi di giusto allontanamento dei minori dalle famiglie
MariaRosaDeHellagenDate: Giovedì, 29/04/2010, 13:56 | Message # 1
Group: Amministratori
Messages: 459
Status: Offline
Casi di giusto allontanamento dei minori dalle famiglie coi problemi

Non sempre i magistrati minorili e servizi sociali hanno torto. Succede (spesso?) che provvedono giustamente per la tutela dei minori, allontanandoli dagli ambienti inadatti o dai genitori drogati, alcolisti, immorali o violenti.
In questi casi, i genitori e le famiglie devono essere aiutate e devono collaborare coi servizi sociali. Ultimamente, si vedono tante pubblicazioni in difesa di tali famiglie: si nasconde la verità dei fatti, si nascondono atti e verbali dei carabinieri o vigili del contenuto raccapricciante, tali genitori si descrivono come vittime innocenti non aventi alcuna colpa e come genitori-modello, e i magistrati vanno ingiustamente denigrati e accusati. Di fatto, gli autori degli articoli raccontano falsità, deningrando con ciò genitori e famiglie oneste che veramente non hanno alcun tipo di torto nei confronti dei figli e a chi i figli sono stati sottratti del tutto illegalmente.

Alcune delle storie falsificate possono essere visionate in RASSEGNA STAMPA DI SAVIO CICIRIELLO, come si vede, agli articoli non si allegano atti giudiziari e i genitori, di cui articoli, non hanno alcun tipo di pentimento e non sono disponibili di amettere di avere sbagliato, senza capire che il riconoscimento dei propri sbagli è il primo passo per riparare la situazione.

In questa sezione saranno pubblicati materiali realtivi al giusto allontanamento dei minori dalle famiglie (ATTENZIONE! Spesso, allontanamenti dei minori sono giusti, però le modalità di allontanamento e del trattamento senguente non sono assolutamente giusti!).

Per il rispetto alle famiglie interessate e ai loro figli, in questa sezione non si indicano dati personali.

 
VisitatoreDate: Lunedì, 10/05/2010, 16:10 | Message # 2
Group: Visitatori





UN ESEMPIO DI COMPORTAMENTO INDEGNO DELLE ASSOCIAZIONI E GIORNALISTI - GIUSTO ALLONTANAMENTO DEL MINORE DALLA FAMIGLIA SI SPACCIA IN MANIERA INCORRETTA DA RAPIMENTO DA PARTE DEI GIUDICI

Una storia molto ambigua, tanto rumore, tante parole, però i genitori hanno (avuto) dei problemi con la droga. In questo caso la bambina non può essere chiamata "rapita"dalla giustizia! Non si capisce perché giornalisti e alcuni membri dell'associazione CCDU presentano la bambina giustamente allontanata a causa dei comportamento pregiudizievole dei genitori da "rapita", cercando di giustificare i genitori che hanno dei torti derivanti dall'uso delle droghe e infangando con ciò altri genitori i cui veramente non possono essere accusati di nulla! (dopo la lettura di tali articoli si crea l'impressione che tutti i genitori, a cui il tribunale dei minori ha allontanato i figli, hanno qualcosa di negativo da nascondere!)

Alla famiglia è stato dedicato un articolo su un gionale: http://www.avvocatofrancescomiraglia.it/wp-content/uploads//Nostra-figlia-di-4-anni-rapita-dalla-giustizia.pdf -
l 'articolo sul giornale "Giornale di Reggio" del 31/07/2009 "Parla la famiglia di Cella. I servizi sociali cambiano idea e chiedono il rientro del minore, ma il giudice si oppone - NOSTRA FILGIA DI 4 ANNI RAPITA DALLA GIUSTIZIA - Hanno un lavoro, una casa e non sono violenti: "Non sono genitori degni" a firma del giornalista Jacopo della Porta.

Come si vede, nel titolo non si indicano problemi con la droga dei genitori e si accusa la giudice che chiede maggiori controlli preoccupandosi equamente per la bambina!

La descrizione che il padre ha avuto problemi con la droga in passato e la madre è risultata positiva ad un test nel 2009 si trovano in fondo dell'articolo (!!!) e non in evidenza! L'autore dell'articolo perfino mette in dubbio che l'uso della cocaina può essere giusto motivo per allontanare figli!!!

L'uso delle droghe è un comportamento altamente pregiudizievole ed è uno dei giusti motivi per allontanare bambini dalle famiglie, però il giornalista lo mette in dubbio e si abbassa alla demagogia di denigrare e accusare il giudice che si preoccupa per la sicurezza della bambina e chiede il test del capello.

Ovviamente "incontri protetti" sono stati il maltrattamento per la bambina e per i genitori, nonché il peculato in danno allo stato, inoltre la bambina poteva essere messa in detenzione nell'istituto coi genitori o sul posto dell'istituto poteva essere collocata in un affidamento familiare, però come sempre, per gli sbagli dei genitori vanno puniti i bambini. L'adoperato dei giudici nei confronti della bambina non è stato criticato, però la giusta severità verso genitori uno dei quali è risultato positivo alla droga sì! Se i genitori non volgiono fare il test del capello per controllare il consumo delle droge - vuol dire che hanno qualcosa da nascondere!

L'associazione CCDU ha anche creato un gruppo pomposo su Facebook per questa famiglia:

"Nostra figlia di 4 anni "rapita dalla giustizia” Liberiamo una bambina di quattro anni e riportiamola dai genitori"
- http://apps.facebook.com/causes/357003/87883807?m=7f359208

Inzialmente i creatori del gruppo avevano pubblicato solo la parte introduttiva dell'articolo, omettendo di rendere pubblica la seconda parte nella quale si racconta dei problemi di droga dei genitori! I creatori del gruppo volevano ottenere iscrizioni al gruppo tramite inganno dei lettori e tramite presentazione ingannevole dei fatti!!! Solo dopo interventi di alcuni cittadini che hanno scoperto l'inganno (o truffa) il testo dell'articolo è stato pubblicato per intero.

I creatori del gruppo e il giornalista dovrebbero chiedere scuse al giudice per ingiusta denigrazione sui giornali. E giusto che la giudice chieda tutti i test dai genitori coi problemi di tossicodipendenza! Uno che usa le droghe può maltrattare o anche uccidere un bambino e dopo la giustificazione sarà questa: "Non mi ero accorto perché mi sono fatto una pera!"

***

Segue il testo dell'articolo:

Parla la famiglia di Cella. I servizi sociali cambiano idea e chiedono il rientro del minore, ma il giudice si oppone - “Nostra figlia di 4 anni rapita dalla giustizia” - Hanno un lavoro, una casa e non sono violenti: “Non sono genitori degni”

«DOBBIAMO prendere vostra figlia». Queste parole sono state pronunciate il 7 agosto del 2008 in una stanza della questura di Reggio alla presenza di due assistenti sociali e tre poliziotti: i destinatari di questa comunicazione erano Marco e Francesca (nomi di fantasia per tutelare la figlia), di 39 e 44 anni. «Quando ci hanno detto così non abbiamo fatto scenate - dicono i genitori - Abbiamo pensato prima di tutto alla nostra bimba. Le abbiamo detto di stare calma e che tra pochi giorni l’avremmo portata al mare. Quello che ci ha colpito è che nessuno ci ha chiesto nulla sulla sua salute, eventuali allergie, abitudini alimentari. Nulla, di nulla».

Difficile mettersi nei panni di un padre e di una madre che si trovano a vivere una situazione del genere: ma cerchiamo di capire cosa è accaduto dopo. «Torniamo a casa. Cerchiamo di stare tranquilli. Ci convinciamo che è tutto un equivoco e si risolverà in poco tempo. Siamo sicuri: nostra figlia tornerà presto a casa». Poi i giorni cominciano a passare e non accade nulla. «Iscriviamo nostra figlia all’asilo in attesa che torni. Ai vicini diciamo che è andata al mare con i nonni. Poi però non torna. Cominciamo ad uscire sempre meno di casa, per non farci vedere. Poi per fortuna arriva ottobre e stiamo tutto il giorno chiusi dentro, con le tapparelle abbassate». Francesca nel frattempo abbandona il lavoro: «Sono ausiliaria in un asilo. Ma come faccio ad andare a occuparmi degli altri bambini se non ho più la mia?».

Mentre raccontano questo i genitori non si danno pace: si interrompono a vicenda e non riescono a stare seduti sulla sedia. Sono ben vestiti ed educati, ma portano addosso i segni di mesi di disperazione e spesso quando nominano la figlioletta spuntano anche le lacrime.

Torniamo alle settimane successive all’allontanamento da casa. Marco e Francesca sono distrutti e non possono vedere la bimba. Sulle spalle dei genitori pesa il giudizio della gente, perché in queste circostanze viene spontaneo pensare che in fin dei conti se hanno tolto loro la bimba una ragione ci sarà pure. Già, una ragione deve esserci, anche perché in caso contrario saremmo di fronte a una bimba rapita: una bimba rapita dalla giustizia. Uno scenario inaccettabile: molto meglio dunque pensare che ad avere torto siano loro, due persone che non sanno fare i genitori. Ma se guardiamo da vicino questa storia, e ci prendiamo la briga di consultare i documenti e fissare negli occhi mamma e papà, i dubbi si affacciano e di pari passo cresce un senso di inquietudine.

E se ci fosse stato uno sbaglio? Diciamo pure un sopruso? E se questa famiglia fosse vittima di un macchina infernale che una volta avviata ha finito per stritolarli? In Italia è già successo e per chi non ci credesse può leggere il libro “Rapita dalla Giustizia. Come ho ritrovato la mia famiglia”: è la storia di una bimba prelevata in classe quando aveva sei anni e portata via dalla sua famiglia, fino alla maggiore età, perché si sospettava, falsamente, che il padre abusasse di lei. Ma nel caso della protagonista del libro c’era comunque un elemento, anche se falso, molto grave, il sospetto degli abusi sessuali. Nel caso di Cella non c’è nulla di tutto ciò.

Chi si dà molto da fare per aiutare questa coppia sono l’avvocato Francesco Miraglia e il pedagogista clinico dottoressa Monica Magnani. Con loro ripercorriamo le tappe della vicenda.
Partiamo dall’inizio.

Nel 2007 a seguito di una indagine per droga i carabinieri hanno perquisito l’abitazione della coppia d Cella: non hanno trovato stupefacenti e l’indagine è stata archiviata. Come si sia arrivati a questa perquisizione non lo sappiamo, ma quello che conta è l’esito dell’indagine, cioè l’archiviazione. Però i militari all’epoca della perquisizione fecero una informativa al tribunale dei Minori, sostenendo che l’abitazione della coppia fosse fatiscente. A nostro avviso la coppia vive in una villetta più che dignitosa, con tanto di giardinetto con i giochi, dove anche i bambini del vicinato si recavano spesso (nella foto il salotto della casa). Ma l’informativa mette in moto la macchina: il caso passa in mano a una assistente sociale. I genitori sostengono di non essere mai stati invitati a presentarsi per un colloquio ma il procedimento va avanti e arriva fino alla decisione del 23 giugno 2008, quando il tribunale dispone che la bimba sia affidata a un istituto.

A questo punto notiamo più di una stranezza.

Prima dell’informativa dei carabinieri la famiglia era sconosciuta ai servizi sociali. Nessuno aveva mai denunciato comportamenti anomali da parte della coppia. Nulla di nulla, se non l’indagine poi archiviata dalla procura e un vecchio problema del padre con la cocaina, risalente al 1991 e poi definitivamente risolto dopo un percorso al Sert. Allora, viene da pensare, sarà stata la droga a motivare la decisione. Ma dopo l’allontanamento i genitori si sono sottoposti, di loro volontà, a decine di test delle urine e in un solo caso, nel gennaio di quest’anno, la madre è risultata positiva. Il giudice sostiene che la coppia non si sia presentata con regolarità, mentre loro ribattono di aver fatto almeno 40 controlli in pochi mesi. Il padre, nonostante facesse il camionista, ogni due o tre giorni si recava al Sert. Per il giudice del tribunale dei Minori le analisi delle urine comunque non bastano e la coppia dovrebbe sottoporsi a sue spese all’esame del capello, che a Reggio non viene eseguito e che costa almeno 240 euro. Un’altra domanda sorge però spontanea: se anche la coppia facesse uso di cocaina, cosa che tra l’altro non risulta dalle analisi, sarebbe questo un motivo sufficiente per togliere loro la bimba?

Ad aggiungere un altro elemento di perplessità alla vicenda c’è anche il fatto che dopo un po’ di tempo i servizi sociali di Reggio hanno affidato il caso a un’altra assistente. E le persone che ora seguono la vicenda mostrano un atteggiamento differente: dopo mesi di incontri protetti, dove hanno osservato da vicino i genitori in compagnia della figlia, hanno infatti dato parere favorevole al rientro della bimba in famiglia. «Parlano chiaramente di buona capacità genitoriale e di forte legame di coppia».

Ma ad opporsi al rientro è il giudice di Bologna, che ritiene la coppia inadeguata e che pretende l’analisi del capello. E intanto la bimba come sta? «Quando la incontriamo le diciamo di stare tranquilla - dicono i genitori - Le abbiamo detto che è normale che lei viva in un’altra casa. Non le diciamo che gli altri bambini tornano a casa alla sera. Le abbiamo fatto credere che la realtà è così. Nella struttura dove è stata messa le hanno invece detto che si trova lì perché un giudice ha deciso che i suoi genitori non sono buoni».

I genitori vogliono che la figlia torni a casa, ma dopo tante umiliazioni vogliono che qualcuno riconosca anche di aver sbagliato. Vogliono tornare a camminare per Cella con la figlia per mano e poter dire a tutti che non hanno nulla di cui vergognarsi".

L'articolo da scaricare in formato PDF:

Attachments: CASO_DEI_DROGAT.pdf (166.4 Kb)
 
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