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CARTA EUROPEA DEI DIRITTI DEL FANCIULLO
dibattitopubblDate: Lunedì, 18/05/2009, 18:08 | Message # 1
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dibattitopubblDate: Mercoledì, 14/10/2009, 18:17 | Message # 2
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La Convenzione europea sull'esercizio dei diritti del fanciullo


La Convenzione europea sull'esercizio dei diritti del fanciullo, conclusa a Strasburgo il 25 gennaio 1996, è in vigore internazionale dal 1° luglio 2000. In Italia, dove è stata ratificata con la legge 20 marzo 2003, n. 77, è invece in vigore dal 1° novembre 2003.

La Convenzione, che si applica ai fanciulli minori di diciotto anni, ha l’obiettivo di promuovere i loro diritti e di agevolare l’esercizio di diritti procedurali attribuiti ai minori in procedimenti innanzi all’autorità giudiziaria. Le relative procedure sono considerate “procedure di diritto familiare”; la Convenzione si riferisce in particolare a quelle in materia di esercizio della responsabilità di genitore.

Viene stabilito che ogni Stato, al momento della firma o del deposito del suo strumento di ratifica, di accettazione, di approvazione o di adesione, debba designare, mediante una dichiarazione indirizzata al Segretario Generale del Consiglio d’Europa, almeno tre categorie di controversie familiari innanzi ad un’autorità giudiziaria cui la Convenzione può applicarsi.

Il Capitolo II si occupa dei diritti procedurali spettanti al fanciullo e delle misure necessarie a promuovere l’esercizio dei diritti medesimi.

Vengono qualificati diritti procedurali spettanti al fanciullo, nelle procedure innanzi ad un’autorità giudiziaria:

§ il diritto a ricevere ogni informazione pertinente

§ il diritto ad essere consultato ed esprimere la sua opinione;

§ il diritto ad essere informato delle conseguenze dell’attuazione della sua opinione e di quelle di ogni decisione.

Viene poi espressamente conferito il diritto di chiedere la designazione di un rappresentante speciale in caso di conflitto d’interessi con coloro che hanno la responsabilità di genitore ed è altresì prevista la possibilità di concedere ai fanciulli diritti procedurali supplementari (chiedere di essere assistiti da una persona appropriata di loro scelta, designare un proprio rappresentante, etc.).

Quanto al ruolo dell’autorità giudiziaria, viene stabilito che essa, prima di assumere qualunque decisione, dovrà essere certa di disporre di informazioni sufficienti, acquisendo, nel caso contrario, informazioni supplementari. Inoltre, nel caso di fanciulli con sufficiente discernimento, l’autorità medesima dovrà:

§ accertarsi che il fanciullo abbia ricevuto le pertinenti informazioni;

§ consultarlo;

§ consentirgli di esprimere la sua opinione e tenerne debitamente conto.

Vengono poi disciplinati l’obbligo di agire con prontezza, la possibilità di procedere d’ufficio e quella di designare un rappresentante.

Il ruolo dei rappresentanti sarà quello di fornire informazioni e spiegazioni al fanciullo, di determinare la sua opinione ed informarne l’autorità giudiziaria. E’ prevista l’istituzione di appositi organi per incoraggiare la promozione e l’esercizio dei diritti dei fanciulli, con il compito di formulare proposte e pareri sui progetti di legge concernenti l’esercizio dei diritti dei fanciulli e fornire informazioni generali in tal senso.

Tra le altre misure disciplinate, la mediazione, per prevenire e risolvere i conflitti ed evitare procedure che coinvolgano il fanciullo innanzi ad un’autorità giudiziaria. D’altra parte è prevista l’applicazione del gratuito patrocinio legale o della rappresentanza giuridica del fanciullo innanzi a un’autorità giudiziaria, in alcune materie (diritto di designare un rappresentante), qualora tali istituti esistano nel diritto interno di ciascuna Parte.

E’ istituito un Comitato permanente, con il compito di seguire i problemi relativi alla Convenzione in oggetto, e con la facoltà di esaminare ogni questione pertinente relativa all’interpretazione o all’attuazione della Convenzione, di proporre emendamenti a quest’ultima e di fornire assistenza e consulenza agli organi nazionali che promuovono l’esercizio dei diritti dei fanciulli sopra citati. Ogni Parte può farsi rappresentare in seno al Comitato da uno o più delegati, e dispone di un voto e ogni Stato che non è parte della Convenzione può essere rappresentato al Comitato permanente da un osservatore.

I Protocolli opzionali alla Convenzione ONU sui diritti del fanciullo

In occasione del decimo anniversario dell’entrata in vigore della Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo[1] l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato[2] due Protocolli opzionali alla medesima Convenzione concernenti, rispettivamente, la vendita e la prostituzione dei bambini e la pornografia infantile e il coinvolgimento dei bambini nei conflitti armati. Il Protocollo sulla vendita e la prostituzione dei bambini e la pornografia infantile è in vigore dal 18 gennaio 2002, mentre il Protocollo sul coinvolgimento dei bambini nei conflitti armati è in vigore dal 12 febbraio 2002. Entrambi sono stati ratificati dall’Italia con la legge 11 marzo 2002, n. 46.

Nella storia del diritto internazionale la Convenzione ONU sui diritti del fanciullo è il trattato che annovera il maggior numero di Paesi aderenti, essendo stata ratificata da quasi tutti (192) gli Stati del mondo, ad eccezione degli Stati Uniti d’America (che però l’hanno firmata il 16 febbraio 1995) e della Somalia. I diritti riconosciuti nei 54 articoli di cui si compone la Convenzione ineriscono ogni aspetto della condizione esistenziale del bambino, definito come ogni essere umano che non abbia ancora raggiunto la maggiore età, al quale vengono garantiti standard minimi di tutela. La maggior parte delle disposizioni contenute nella Convenzione ha infatti natura programmatica e come tale essa ha ispirato e orientato, nel corso del tempo, le varie normative nazionali sui minori.

I due Protocolli facoltativi introducono nuove norme per superare i limiti della Convenzione stessa, rendendola uno strumento più adeguato ad affrontare alcune attuali problematiche attinenti alla protezione dell’infanzia. L’attuazione dei due Protocolli è monitorata dal Comitato dei diritti del fanciullo, un organismo composto da 18 esperti indipendenti costituito presso l’Ufficio dell’Alto Commissario dell’ONU per i diritti umani.

Il primo Protocollo riguarda il grave fenomeno dello sfruttamento dei minori per fini sessuali. Partendo dalla considerazione che la tratta internazionale di fanciulli ai fini della loro vendita e prostituzione ha assunto notevoli dimensioni, esso intende codificare una più organica cooperazione tra gli Stati per la prevenzione e la repressione di tali reati. Il testo, elaborato da un Gruppo di lavoro istituito nel 1995 dalla Commissione dei diritti umani delle Nazioni Unite, si ricollega ad alcune disposizioni contenute nella Convenzione relative ai temi dello sfruttamento e della violenza sessuale a danno del fanciullo. In particolare, l’articolo 34 della Convenzione impegna gli Stati contraenti ad adottare, sul piano nazionale, bilaterale e multilaterale, misure atte a proteggere i fanciulli contro ogni forma di sfruttamento che li coinvolga in attività sessuali illecite, nella prostituzione o in spettacoli pornografici.

Nel Preambolo vengono esplicitamente richiamati altri strumenti giuridici internazionali adottati in materia di protezione dell’infanzia, tra cui la Convenzione dell’Aja sulla protezione dei bambini e la cooperazione in materia di adozioni internazionali, la Convenzione dell’Aja sugli aspetti civili del rapimento internazionale di bambini e la Convenzione n. 182 dell’OIL contro il lavoro minorile. Sempre nel Preambolo, poi, si manifesta forte preoccupazione per l’offerta crescente di pornografia infantile su Internet e altri nuovi supporti tecnologici. In tale contesto vengono richiamate le conclusioni della Conferenza internazionale sulla lotta contro la pornografia infantile su Internet, tenutasi a Vienna nel 1999, in cui si è posto l’accento sull’esigenza di punire penalmente, in tutto il mondo, la produzione, distribuzione, esportazione, importazione, trasmissione, possesso intenzionale e pubblicità di pornografia infantile e sull’importanza di una cooperazione più stretta fra pubblici poteri e professionisti della rete.

Il Protocollo impone anzitutto agli Stati contraenti l’obbligo generale di vietare la compravendita, la prostituzione e lo sfruttamento pornografico dei fanciulli. A tal fine, lo Stato contraente vigila affinché tali reati vengano perseguiti dalla legge penale nazionale, a prescindere che siano commessi all’interno del proprio territorio o all’esterno, da singoli individui o da organizzazioni. Per quanto riguarda la vendita dei bambini, si precisa che oltre allo sfruttamento per fini sessuali vanno puniti anche altri reati come il traffico d’organi e il lavoro forzato. Allo stesso modo sono perseguibili l’offerta, l’intermediazione e l’ottenimento di fanciulli a scopo di prostituzione, nonché la produzione, importazione, esportazione, distribuzione, vendita o possesso di materiale pornografico in cui figurino bambini. Ciascuno Stato contraente si adopererà in modo da sanzionare tali reati con pene adeguate a seconda della loro gravità. Fatto salvo il diritto interno di ciascuna Parte, le medesime norme vanno applicate anche in caso di tentata perpetrazione di tali atti, di complicità nel commetterli o di partecipazione agli stessi. Gli Stati contraenti sono inoltre tenuti ad accertarsi che tutti coloro che intervengono nell’adozione di un bambino agiscano in conformità alle disposizioni contenute negli strumenti internazionali vigenti in materia.

I reati oggetto del Protocollo sono inclusi de iure in qualsiasi trattato di estradizione in vigore fra le Parti o successivamente concluso fra loro. Ai fini dell’estradizione, inoltre, il reato va trattato come se fosse stato commesso non solo nel luogo in cui si è verificato, ma anche nel territorio di quei Paesi che, sottoscrivendo il Protocollo facoltativo, hanno riconosciuto e previsto tali reati creando, al riguardo, una sorta di spazio giurisdizionale comune.

Nell’interesse superiore del bambino è previsto che gli Stati contraenti adottino ad ogni stadio della procedura penale le misure necessarie a proteggere i diritti e gli interessi dei fanciulli vittime delle pratiche vietate dal Protocollo. Tali misure mirano, in particolare, ad assicurare ai minori un’appropriata assistenza legale, la protezione della privacy e dell’identità delle vittime, nonché la tutela delle vittime e delle loro famiglie e i testimoni dei reati contro i minori da intimidazioni e minacce.

In tema di prevenzione e di assistenza, gli Stati contraenti adottano leggi, misure amministrative, politiche e programmi sociali ad hoc, nonché provvedimenti relativi all’assistenza psico-fisica delle vittime, alla loro reintegrazione sociale e alla riparazione del danno subito.

Viene individuato il rafforzamento della cooperazione internazionale - da realizzarsi attraverso la conclusione di accordi multilaterali, regionali e bilaterali –come mezzo per prevenire, identificare, perseguire e punire i responsabili dei reati disciplinati dal Protocollo. In tale contesto gli Stati contraenti si impegnano ad eliminare i principali fattori, in particolare la povertà e il sottosviluppo, che rendono i fanciulli vulnerabili alla vendita, alla prostituzione e alla pornografia. Gli Stati possono anche, se ne sono in grado, fornire aiuti finanziari e tecnici nell’ambito di programmi esistenti a livello multilaterale o bilaterale.

Il Protocollo contiene una norma di salvaguardia delle disposizioni più favorevoli a tutela dei minori già esistenti nella legislazione di uno Stato contraente o nel diritto internazionale vigente per lo stesso.

Ciascuno Stato Parte ha l’obbligo di presentare, entro due anni in vigore dall’entrata in vigore del Protocollo, un rapporto iniziale[3] al Comitato dei diritti del fanciullo contenente informazioni dettagliate sulle misure attuative a livello nazionale. Tutte le nuove informazioni verranno incluse in un rapporto periodico generale.

Il secondo Protocollo ha come tema il coinvolgimento dei bambini nei conflitti armati e si compone di un Preambolo e di 13 articoli.

L’oggetto e gli obiettivi perseguiti dal Protocollo figurano già nel Preambolo, che richiama espressamente anche altri due strumenti internazionali recanti, tra l’altro, anche alcune disposizioni a tutela dei minori. Il primo di questi è lo Statuto della Corte penale internazionale che include fra i crimini di guerra nei conflitti armati sia internazionali che non internazionali la chiamata di leva o l’arruolamento nelle forze armate nazionali di minori di quindici anni o il fatto di farli partecipare attivamente alle ostilità; il secondo è la Convenzione n. 182 dell’OIL, che proibisce ogni forma di sfruttamento e lavoro minorile, in base alla quale è vietato il reclutamento forzato o obbligatorio di bambini al fine di utilizzarli in operazioni belliche. Il Protocollo condanna anche il reclutamento, l’addestramento e l’uso di fanciulli ad opera di gruppi armati diversi dalle forze armate di uno Stato, riconoscendo la responsabilità di coloro che arruolano, addestrano e utilizzano fanciulli a tale scopo.

Il principale obiettivo del Protocollo consiste nel rafforzare la tutela riconosciuta dalla Convenzione del 1989, risolvendo una certa anomalia insita in questo strumento laddove l’articolo 1 definisce come fanciullo ogni essere umano che non abbia compiuto diciotto anni e l’articolo 38 vieta l’arruolamento nelle forze armate soltanto ai minori di quindici anni. Nel 1998 alcune importanti organizzazioni non governative hanno formato la Coalizione internazionale denominata “Stop all’uso dei bambini soldato!”, presente in 37 Paesi, grazie alla quale è stato dato un impulso decisivo all’adozione del Protocollo in esame.

L’età minima per la partecipazione ai conflitti e per l’arruolamento obbligatorio nelle forze armate viene quindi elevata a diciotto anni, con la sola eccezione per l’arruolamento volontario, stabilendo tuttavia l’obbligo per gli Stati contraenti di predisporre specifiche misure di prevenzione e protezione. Al momento della ratifica o dell’adesione ciascuna Parte deposita una dichiarazione vincolante con l’indicazione dell’età minima a decorrere dalla quale è consentito l’arruolamento volontario nelle forze armate nazionali.

Tale dichiarazione può essere rafforzata in qualsiasi momento, mediante notifica al Segretario Generale delle Nazioni Unite, elevando l’età minima precedentemente indicata. In tale contesto va segnalato che l’Italia con legge 8 gennaio 2001, n. 2 ha abrogato la norma che prevedeva la possibilità di arruolare minorenni, rendendo così il nostro ordinamento giuridico perfettamente coerente con la Convenzione e con il Protocollo. È infine espressamente stabilito che l’obbligo di rilevare l’età minima per l’arruolamento volontario non si applica agli istituti scolastici posti sotto l’amministrazione o il controllo delle forze armate di uno Stato contraente.

A prescindere dal coinvolgimento o meno in un conflitto armato, viene sancito il principio per cui i gruppi armati, distinti dalle forze armate nazionali, non possono arruolare o utilizzare minorenni in combattimenti. A tal fine gli Stati contraenti adottano ogni possibile misura per impedire tale pratica, in particolare mediante provvedimenti giuridici a carattere sanzionatorio.

Anche in questo caso, le disposizioni nel Protocollo non impediscono l’applicazione di norme nazionali e internazionali più favorevoli alla realizzazione dei diritti del fanciullo.

Tra gli obblighi che gli Stati contraenti si impegnano a rispettare vi è anche quello della informazione sui principi e sulle norme sanciti nel Protocollo, diretta particolarmente agli adulti e ai minori interessati. Le Parti sono inoltre tenute a smobilitare i giovani eventualmente arruolati in contrasto con le disposizioni del Protocollo e a provvedere al loro reinserimento nella società civile, prestando tutta l’assistenza necessaria per il loro riadattamento fisico e psicologico. È anche previsto che gli Stati contraenti attuino forme di cooperazione a livello internazionale volte a fornire assistenza tecnica e finanziaria a favore dei Paesi più bisognosi impegnati nella mobilitazione, riqualificazione e reinserimento dei giovani sotto le armi. Gli aiuti finanziari potranno essere concessi mediante accordi bilaterali o contributi volontari ad un fondo comune costituito dalle Nazioni Unite.

Come per il precedente, anche il Protocollo sul coinvolgimento dei bambini nei conflitti armati stabilisce che, entro due anni dall’entrata in vigore, le Parti presentino un rapporto dettagliato[4] al Comitato dei diritti del fanciullo contenente tutte le informazioni sui provvedimenti adottati in applicazione alle disposizioni del Protocollo. Dopo questo primo rapporto, tutte le successive informazioni integrative inerenti al tema oggetto del Protocollo saranno incluse nei rapporti periodici che ciascuna Parte è tenuta a redigere in conformità a quanto stabilito dall’articolo 44 della Convenzione sui diritti del fanciullo.

Il Protocollo n. 14 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali

Il Protocollo n. 14 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, che emenda il sistema di controllo della Convenzione, è stato firmato a Strasburgo il 3 maggio 2004 e non è ancora entrato in vigore, essendo a tal fine necessaria la ratifica di tutti i Paesi parte della Convenzione. Alla data del 26 aprile 2006 il Protocollo n. 14 risulta ratificato da 36 paesi, tra i quali l’Italia (legge di ratifica 15 dicembre 2005, n. 280).

La Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, fatta a Roma, 4 novembre 1950 ed entrata in vigore il 3 settembre 1953, è stata ratificata dall'Italia con legge 4 agosto 1955, n. 848.

Il testo della Convenzione, che ha delineato un sistema di protezione dei diritti umani da più parti riconosciuto come la più perfezionata struttura del genere operante al mondo, è stato successivamente integrato e modificato da numerosi Protocolli.

Il sistema ha un carattere sussidiario rispetto alle forme di protezione dei diritti umani esistenti negli ordinamenti degli Stati membri: infatti, l’articolo 26 della Convenzione, pone la regola del previo esaurimento dei ricorsi interni rispetto all’attivazione del sistema internazionale. L’obiettivo del Consiglio d’Europa, in linea del resto con i principi internazionali in materia di tutela dei diritti umani, è infatti quello di assicurare che il rispetto dei diritti umani sia assicurato innanzitutto dagli ordinamenti interni.

La Convenzione oggi in vigore è articolata in tre parti: il Titolo I, che enuncia una serie di diritti delle singole persone; il Titolo II sulla Corte europea dei diritti dell'uomo e il Titolo III che contiene disposizioni diverse e stabilisce gli obblighi degli Stati contraenti.

Il Protocollo n. 14 si propone di modificare alcune procedure interne della Corte europea per snellire l’eccessiva mole di lavoro cui sia essa sia il Comitato dei ministri sono sottoposti. Con l’aumento del numero degli Stati membri del Consiglio d’Europa e degli Stati parti della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, la gestione dei ricorsi è divenuta infatti assai complessa.

Le principali modifiche previste dal nuovo Protocollo riguardano:

le decisioni di ammissibilità, che verrebbero ora prese da un giudice unico, assistito da relatori extra-giudiziari invece che da un comitato composto da tre giudici. Risulterebbe così migliorato il meccanismo di selezione, operando un maggiore filtro verso i casi di ricorso dichiarati inammissibili d’ufficio (circa il 90 per cento) (art. 7 del Protocollo);

i ricorsi ripetitivi. In analogia con quanto detto al punto precedente, per i ricorsi che appartengono ad una serie derivante dalla stessa carenza strutturale a livello nazionale, il nuovo Protocollo prevede che l'istanza possa essere dichiarata ammissibile e giudicata da un comitato di tre giudici - e non più dall’attuale Sezione formata da sette giudici - sulla base di una procedura sommaria semplificata (art. 8);

nuovi criteri di ammissibilità. Oltre alle condizioni già esistenti, viene introdotto il requisito dello “svantaggio significativo” per il richiedente, in assenza del quale la Corte potrebbe dichiarare inammissibile l’istanza. A tutela del richiedente, tuttavia, la Corte non potrà rigettare l’istanza nel caso in cui il rispetto dei diritti umani lo imponga o quando il caso non sia stato adeguatamente esaminato da un organo giurisdizionale nazionale (art. 12);

la facoltà del Comitato dei Ministri, sulla base di una decisione presa a maggioranza dei due terzi, di avviare un'azione giudiziaria davanti alla Corte in caso di inottemperanza alla sentenza da parte di uno Stato. Al Comitato dei Ministri viene inoltre consentito di chiedere alla Corte l'interpretazione di una sentenza quando questo serva a facilitare la supervisione dell'attuazione delle sentenze, affidata al Comitato.

Il Protocollo contiene inoltre la modifica dei termini del mandato dei giudici, dagli attuali sei anni rinnovabili ad un unico mandato di nove anni, nonché disposizioni per tenere conto dell'eventuale adesione dell'Unione europea alla Convenzione.

[1] Ratificata dall’Italia con legge 27 maggio 1991, n. 176.

[2] Entrambi i Protocolli sono stati adottati dall’Assemblea Generale dell’ONU con la Risoluzione n. A/RES/54/263 del 25 maggio 2000.

[3] Il 14 luglio 2004 l’Italia ha presentato i rapporti iniziali concernenti sia il Protocollo sulla vendita, la prostituzione e lo sfruttamento sessuale dei bambini, sia il Protocollo sul coinvolgimento dei minori nei conflitti armati. I due rapporti verranno discussi nella prossima riunione delle Parti, che si svolgerà dal 15 maggio al 2 giugno 2006.

[4] V. nota precedente.

 
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