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Visitatore | Date: Venerdì, 27/11/2009, 18:00 | Message # 31 |
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| TRIBUNALE DEI MINORI DI NAPOLI = ARMA DI DISTRUZIONE FAMILIARE http://giosinoi.blogspot.com/2009/11/eliminazione-patriarcatoimposizione.html tiriamo fuori il conflitto dei genitori dai tribunali civili e minorili che lucrano sui minori usando motivazioni false ed inesistenti nella realtà fenomenica LEGALIZZAZIONE DEL SEQUESTRO DEI BAMBINI, SECONDO L’ASSURDO ILLEGALE PRINCIPIO CHE INTERESSE DEL FIGLIO È NEGARGLI IMMOTIVATAMENTE IL PADRE, SEQUESTRANDOGLIELO ED INSEGNANDO A MANCARGLI DI RISPETTO (P.A.S.), NONCHE’ INNESCANDO DOLOSAMENTE IL DISAGIO E L’ODIO IRREPARABILE TRA I COMPONENTI FAMILIARI - BASTA LASCIARE LA MADRE ALIENANTE LIBERA INDISTURBATA DI RECIDERE IL LEGAME PATERNO, RENDENDO PADRE E FIGLI ESTRANEI E FUTURI INCOMUNICATIVI NEMICI. NON POTENDO INTERVENIRE SUL CSM, DOBBIAMO INTERVENIRE SULLE LEGGI UNA AD UNA PER ELIMINARE QUEI CRITERI DISCREZIONALI EFFETTO DEI VUOTI LEGISLATIVI E DELLE OMISSIONI USATI DALLA DITTATURA, PER CUI LA BILANCIA DIPENDE DA CHI LA TIENE IN MANO, A SECONDA DI COME E' FATTA LA BILANCIA DI QUEL GIUDICE. La legge DISATTESA impedisce la DIFESA DEI PADRI dall’ALTERAZIONE del SISTEMA GIUDIZIARIO in materia di famiglia, dalle FEMMINE DELINQUENZIALI, dalle MAGISTRATE SESSISTE, dai VECCHI PROTETTORI EX-PADRONI PENTITI, dai BIGOTTI, dai SEMI-MASCHI CORTIGIANI IN DIVISA, dai MILLE INGIUSTI PRIVILEGI DI CUI GODONO INCOSTITUZIONALMENTE le donne. Paradosso : La vostra richiesta di giustizia si volge agli operatori che assecondano manifestamente i desideri irrazionali della madre, le cui “resistenze culturali” (ndr. tendenze ed opinioni personali non terze) sono favorite da oggettive difficolta`di lettura del testo, profittando della mancanza in alcuni fondamentali passaggi riguardanti la inequivoca prescrittivita`delle norme. A TAL PUNTO IL CITTADINO SI ACCORGE CHE TUTTE LE TASSE PAGATE IN UNA VITA SONO STATE LETTERALMENTE RUBATE DA UNO STATO IN CUI E’ IMPOSSIBILE IDENTIFICARSI Solo perchè MASCHI sarete CRIMINALIZZATI, DERUBATI, DISCRIMINATI e DISTRUTTI mediante semplici pretesti istigati proprio dai giudici. dimenticavo: COMPRATE A DEBITO E FATE SCOMPARIRE LE SOSTANZE, assegneranno alle mogli debiti che non pagherete se non vi danno i figli!
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Visitatore | Date: Mercoledì, 09/12/2009, 16:12 | Message # 32 |
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| http://www.alexsandra.it/news.php?readmore=192 Bambini salvati o rubati legalmente? Migliaia di madri o padri vivono una situazione particolarmente drammatica: l'allontanamento dei loro bambini, dovuto nel 90% dei casi a perizie psicologiche che descrivono i genitori come inidonei al loro ruolo o per presunti abusi sessuali e maltrattamenti e vengono così sottratti alle famiglie per essere rinchiusi in comunità alloggio. Sono dai 25 ai 35.000 i bambini in Italia che hanno subito questo trattamento con danni morali, e a volte anche fisici, difficilmente riparabili, senza contare il dolore vissuto dai genitori, spesso questa situazione si presenta anche in una separazione dove la perizia psicologica condanna l'uno o l'altra parte a subire vessazioni al di la di ogni umana tolleranza. Questo è un vero e proprio attacco alla famiglia che si manifesta anche con l'invasione di psicologi e psichiatri nelle scuole che etichettando i bambini come malati mentali costringono i genitori a sottoporre a trattamenti psicologici o con psicofarmaci migliaia di bambini. Così il diritto alla salute si sta trasformando in "obbligo alle cure" e se un genitore si rifiuta di sottoporre il proprio figlio alle cure proposte da uno psicologo o psichiatra può subire l'allontanamento del bambino e la conseguente perdita della patria podestà. Questo increscioso business è molto diffuso in Italia e sta aumentando a dismisura: ogni giorno vengono portati via 80 bambini, 30 mila all'anno, ma che in realtà il 92% dei casi di allontanamento coatto dei minori, si conclude con un nulla di fatto, perchè i fatti sono insussistenti. Nel frattempo la durata media della detenzione dei bambini in queste 'comunità protette' è di oltre due anni con un costo per lo Stato che va dai 150 ai 300 euro al giorno. Il problema è di un'applicazione rigorosa della legge, basata sui rapporti degli assistenti sociali. Milano : Una bimba di 9 anni e un ragazzino di 13, sono stati sottratti ai genitori e messi in due comunità protette a causa di un disegno osè fatto in classe. E' accaduto a Basiglio, comune a sud di Milano. Il provvedimento, sarebbe stato preso dopo che la maestra della bimba ha scoperto un disegno che ritraeva una bambina accovacciata su un ragazzino e sopra la scritta: «Giorgia (nome di fantasia) tutte le domeniche fa sesso con suo fratello, per 10 euro. A lei piace». Chiamata a scuola a visionare il disegno, la madre della bambina ha affermato che la calligrafia non era quella di sua figlia; versione confermata anche dalla bambina, che ha accusato una sua compagna di aver fatto il disegno «per farmi dispetto, perché ho i dentoni e sono povera». Anche il fratellino ha smentito: «Non ho fatto niente a mia sorella: non me lo permetterei mai». «Siamo distrutti - ha detto il padre -. Ce li hanno portati via senza dare una spiegazione». Questa è stata la decisione del giudice del tribunale dei minori anche se, ha scritto, «esistono rilevanti elementi di perplessità», che potrebbero delineare invece l'ipotesi di un crudele episodio di bullismo ai danni di una bimba appartenente a una famiglia di modeste capacità economiche in una comunità ricca. Padova : Una bambina di nove anni, malata di leucemia, si cura con il metodo Di Bella per decisione dei genitori, che l’hanno vista deperire dopo la chemioterapia. Il tribunale per i minorenni lo viene a sapere e minaccia di togliere a padre e madre la patria potestà - che oggi si chiama potestà genitoriale - e far ritornare la bimba alle cure tradizionali. Dopo che sono scoppiate le polemiche sulla stampa, si è decretata una perizia medica per accertare se la piccola è migliorata o no grazie alla terapia Di Bella. I genitori, per il momento, la possono tenere con sé. Milano : I piccoli Giuseppe e Laura (meno di dodici anni in due) vengono allontanati dai genitori con un analogo provvedimento di sospensione della potestà. I motivi? La madre, ventitreenne, è giudicata ‘immatura’; il padre, poco più grande, ‘ciclotimico’, cioè soggetto a sbalzi di umore. Entrambi, poi, osserva il tribunale senz’ombra di ironia, hanno un ‘pensiero non evoluto, deficitario livello cognitivo, basso livello socio-culturale’. E si sa che persone così non possono essere bravi genitori. Napoli : La signora Annamaria Ferraro, per aver tenuto nascosta per 20 giorni la vera paternità di suo figlio, è stata condannata a tre anni e mezzo di reclusione e alla perdita della potestà genitoriale. Solo la grazia concessale dal presidente Scalfaro le ha evitato la galera, permettendole di restare accanto al bambino. Tribunali ladri di bambini? : Casi diversi e diverse famiglie, unite da un solo denominatore: il dramma di vedersi sottrarre i figli a causa di un intervento del tribunale dei minorenni, la revoca della potestà genitoriale. Una decisione grave, che spalanca davanti ai bambini le porte degli istituti, e prospetta loro un futuro non certo facile. E tutto ciò mentre da anni si dice che sarebbe ora di chiuderli, questi istituti, e il governo ha appena reso operativo - almeno nominalmente - quel piano Minori (legge 285) così fortemente voluto dal ministero della Solidarietà sociale. Eppure, la cronaca fa emergere questi episodi, che sono verosimilmente solo una minima parte di quanto accade ogni giorno nei tribunali per i minori italiani. Già in parecchi casi si sono guadagnati, a torto o a ragione, la fama di “ladri di bambini”, ma è possibile che un bambino venga allontanato dai genitori soltanto perché sono “immaturi” o poveri, o hanno commesso irregolarità per l’anagrafe, o hanno scelto di affidarsi a un medico e non a un altro? «Il tribunale ha il potere di sostituirsi ai genitori, in base agli articoli 330 e 333 del codice civile, nel caso in cui non provvedendo al figlio gli rechino un danno, che per la legge si chiama pregiudizio», spiega l’avvocato milanese Ines Catarisano, da quarant’anni impegnata, anche volontariamente, a favore dei minori in difficoltà. «E proprio nello stabilire cosa è pregiudizio e cosa non lo è sta la difficoltà di emettere questi provvedimenti. Se per esempio un minore è picchiato sistematicamente da uno dei genitori, è tutto chiaro; ma chi può dire se alla piccola malata di Padova reca maggior pregiudizio la terapia Di Bella o la chemio?». Un compito difficile, quello dei giudici per i minori italiani. Sul loro lavoro sono costantemente puntati i riflettori della stampa, e anche le associazioni per la difesa dei diritti dei minori li marcano stretti. Ma senza preconcetti. Un’ottima legge. Sulla carta Dal Ciai (Centro Italiano per l’Adozione Internazionale), ad esempio, difendono il lavoro dei magistrati. «Macché ladri di bambini», dice una dei responsabili, Gabriella Merguici. «Prima di allontanare i figli molti giudici vanno con i piedi di piombo, stimolano i genitori a sanare le situazioni a rischio. Il problema è che non tutti sono così sensibili, ma soprattutto non si è entrati nell’ordine di idee di sostenere la famiglia di origine con contributi economici, perché possa migliorare le proprie condizioni. Si sospetta sempre che qualcuno se ne approfitti. Potrebbe accadere, è vero, ma di certo con i sussidi non ci si arricchisce». E allora perché non utilizzare di più questi strumenti previsti dalla legge, e che la 285 potenzia ancora di più, per evitare separazioni traumatiche? «Gli strumenti concreti, reali, a disposizione di giudici e operatori sono ancora pochi», dice Walter Martini dell’associazione Papa Giovanni XXIII, titolare di una casa-famiglia in cui vivono, oltre alla moglie e i due figli, sette ragazzi in affidamento. «Eppure la legge sulle adozioni, stabilisce chiaramente che ogni bambino ha diritto a crescere con i suoi genitori naturali. In mancanza di mezzi per favorire ciò, dunque, c’è chi preferisce togliere il bambino dal suo contesto alla prima difficoltà». Via il bambino, via il dolore? «Sì, alcuni giudici la pensano così. Anche per scaricare eventuali responsabilità nel caso la situazione degeneri». Assistenti sociali, non poliziotte : Un allarme raccolto anche dalle assistenti sociali, stufe di essere additate come una massa di streghe senza cuore pronte a strappare i bambini alle madri. «Noi non preleviamo nessun minore di nostra iniziativa, ma ci limitiamo a eseguire i provvedimenti del tribunale», sbotta la presidente dell’Ordine delle assistenti sociali, Paola Rossi. «E non possiamo rifiutarci, perché saremmo sanzionate penalmente. Anche quando non siamo d’accordo con quanto ha deciso il magistrato. Così ci prendiamo anche le colpe non nostre, perché non è detto che il giudice decida l’allontanamento sulla base della nostra relazione: può farlo - e spesso lo fa - in totale autonomia. È ora di finirla: noi non siamo agenti di polizia giudiziaria, vogliamo stare al fianco delle famiglie. Ma finché verremo utilizzate come poliziotte è chiaro che i genitori non si fideranno di noi. E chi ci andrà di mezzo, come al solito, saranno i bambini». Cosa chiedete dunque come categoria per migliorare la situazione? «Una vera riforma dell’assistenza che garantisca ai servizi sociali la parità con i tribunali. Vogliamo lavorare insieme ai magistrati nel definire un programma di recupero e tutela dei bambini e delle famiglie, e non venire scavalcate da provvedimenti di allontanamento che vanificano tutti i nostri sforzi. Non siamo più disposte a pagare i conti dei giudici». Il giudice : leggete gli atti Il provvedimento che prevede la sottrazione o la sospensione della potestà genitoriale, è bene specificarlo, è da intendere e applicare nell’esclusivo interesse del minore. Si sottrae un figlio alla potestà dei genitori soltanto per salvaguardarne il benessere e la crescita. Quindi a mio parere si arriva, o si dovrebbe arrivare, a un tale provvedimento soltanto in presenza di motivi davvero gravi, e motivando ampiamente le ragioni per cui vi si ricorre. Per quanto ne so io, oggi accade effettivamente così, tanto più che negli ultimi anni abbiamo assistito a una maggiore giurisdizionalizzazione del tribunale per i minorenni, cioè si è intensificato il controllo da parte delle famiglie sul nostro operato tramite i loro legali. Certo, non posso escludere con certezza che ci siano oggi e ci siano stati in passato alcuni casi in cui la potestà genitoriale è stata tolta in modo improprio, perché errori se ne possono sempre fare, tanto più in questa delicata materia. Se, per esempio, la sospensione della potestà fosse determinata dal fatto che i genitori non hanno un livello socioculturale adeguato, sarebbe un errore. Il livello socioculturale dei genitori non c’entra in alcun modo di per sé, non deve mai entrare in discussione e non conta nulla, a meno che non raggiunga livelli tali da determinare un comportamento che sia oggettivamente di grave pregiudizio nei confronti dei minori. La solita storia trita e ritrita per cui i figli si tolgono ai poveri per darli ai ricchi, insomma, è una colossale falsità. Prima di liquidare frettolosamente un caso di sospensione della potestà come ingiusto, quindi, varrebbe la pena di leggere per intero la documentazione che accompagna il provvedimento. Si avrebbero, forse, delle sorprese. La volontaria: più aiuto : Troppo spesso nei provvedimenti sul disagio minorile si preferisce togliere il bambino alla famiglia piuttosto che sforzarsi di intervenire in modo serio per rimuovere i problemi che ne hanno determinato il malessere. Dimenticandosi così che se un bambino è sofferente dietro di lui c’è una famiglia sofferente. Quello che è ancora più grave, poi, è che anche quando il minore viene legittimamente allontanato dalla famiglia, per gravi motivi, e collocato in istituto, la famiglia stessa viene praticamente “abbandonata” dai servizi sociali. Via il figlio, dei problemi dei genitori nessuno si cura. È così che si crea un circolo vizioso per cui l’allontanamento dalla famiglia e la sottrazione della potestà genitoriale sono l’anticamera di una catena di dolori senza fine, che porta il minore a essere istituzionalizzato a vita. Secondo me invece varrebbe la pena di considerare l’allontanamento dalla famiglia verso l’istituto come extrema ratio, da utilizzare soltanto quando le altre strade siano chiuse. Perché, per esempio, non si utilizza quasi mai il mezzo del sussidio economico alle famiglie di origine, che potrebbe risolvere molti problemi? Perché l’affidamento familiare è guardato ancora con sospetto? Se non si farà un passo in questa direzione, non ci sarà da stupirsi se ancora i figli verranno allontanati dai genitori per motivi socioculturali o di indigenza, perché questo capita purtroppo ancora, in troppi tribunali, in tutta Italia. Con risultati disastrosi anche per il rapporto di fiducia che dovrebbe legare famiglie e servizi sociali, e che in molti casi non esiste più. E come biasimare questi genitori, che - come ho potuto constatare personalmente - magari si rivolgono ai servizi per chiedere aiuto e per tutta risposta si vedono allontanare da casa i figli?
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Visitatore | Date: Giovedì, 10/12/2009, 17:54 | Message # 33 |
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| http://familiafutura.blogspot.com/2009/12/assistenti-sociali-crudelta-su-madre.html?spref=fb Assistenti sociali : crudeltà su madre veneta Lo ripeto: proprio perché sono convinto che la figura del padre è importantissima quanto quella di una madre, voglio segnalare ancora un caso di ingiustizia da parte di un tribunale e relativi servizi sociali nei confronti di una madre. La sindrome di alienazione genitoriale è un dato di fatto ma questa è un’accusa che non dovrebbe essere mossa in maniera superficiale contro un genitore, padre o madre che sia. Moltissimi gli uomini che vivono la stessa situazione di Alba in una città del Veneto. Dov’è la giustizia? Perché improvvisamente un cittadino normale deve essere considerato di serie b e un altro di serie a? Cos’ha commesso Alba e cos’hanno commesso tutti quei padri allontanati dai propri figli senza validi motivi? E’ una macchia sociale che ha raggiunto livelli insostenibili. Ecco la storia di questa nostra amica, come lei me l’ha raccontata. Alba ha paura di essere presa di mira e teme, quindi, ripercussioni da parte del tribunale e vari operatori e tecnici cha non fanno altro che insabbiare la sua pratica. Se spesso abbiamo parlato dei diritti dei bambini non possiamo non tener conto, anche in questo caso, di mancato rispetto della bigenitorialità e applicazione della solita discriminazione nei confronti del coniuge più debole che nella stragrande maggioranza dei casi è il padre ma che altre volte può essere la madre. Il bambino, ormai ragazzino, è Roberto in questo articolo e il suo nome è scritto in maiuscolo per intero, perché è lui la persona più importante che sta patendo un’ingiustizia sociale tipicamente italiana. Il presente articolo verrà spedito anche ai politici italiani e vedremo se qualcuno si sentirà in dovere di muovere un dito o uno sguardo e di non pensare esclusivamente alle proprie, stupide, inutili ambizioni. Caro Cosmo, vorrei rendere pubblica la mia situazione e vorrei che mi aiutassi a diffonderla. Nel lontano 1994 incontrai un uomo,iniziò una convivenza caratterizzata da frequenti episodi di violenza fisica e psicologica;da questa relazione assurda nacque ROBERTO,figlio da me voluto e con il quale speravo, nella mia ingenuità di allora ,potesse cambiare i comportamenti del padre. Prima e dopo la nascita di ROBERTO visti gli episodi di violenza ,mi rivolsi all'assistente sociale del consultorio di una città del Veneto affinché potessi avere aiuto e un appoggio...ovviamente nulla di tutto ciò,l'assistente sociale asseriva che la violenza era dovuta alla nostra conflittualità di coppia e che non riteneva che la situazione fosse grave visto che il padre era violento solo con me e non con ROBERTO Di questo periodo,i servizi sociali,relazionarono poi, la documentazione, solo la conflittualità di coppia cosa che tutt’oggi continuano a sostenere non volendo tenere in considerazione nessun altro elemento:io le prendo,ergo reagisco,ergo conflittuale! Ho tardivamente denunciato alla Procura i fatti perchè pressata da un magistrato donna che pareva volesse; sarà la stessa che nel 2003 chiese e ottenne la mia decadenza della podestà genitoriale e l'affidamento di ROBERTO al padre. La denuncia non fu solo archiviata,ma la magistrato, paladina dei diritti delle donne,motivò l'archiviazione dicendo che avevo usato la denuncia solo per eliminare il padre dalla vita di mio figlio. Il danno e poi la beffa!! Questo magistrato mi convocò anche a casa sua insieme al padre e mio figlio,convocò in Procura i miei genitori con una telefonata e senza l'assistenza di un legale. Tali fatti io li scrissi al Tribunale per i Minorenni,ma venni punita....le carte sono agli atti,mandate anche alla Corte dei diritti umani di Strasburgo nel ricorso che ho presentato nel 2007ad oggi in attesa di esito. La vicenda giudiziaria iniziò nel 1998,con una lettera dell'avvocato del padre dove,nonostante la frequentazione quasi quotidiana che si alternava a periodi di ,sosteneva che io impedivo al padre di vedere suo figlio. Senza nessun preavviso,nel 1999,mi venne notificato un ricorso al Tribunale per i minorenni di Venezia,promosso dal padre,sostenendo le solite motivazioni:non gli permetto di vedere il figlio. Da allora,la mia vita è cambiata radicalmente,una sorta di rivoluzione copernicana in negativo, pezzo dopo pezzo,hanno costruito questo puzzle che ha portato all'allontanamento di ROBERTO,nel giugno scorso ,dalla casa materna;nuovamente decaduta della podestà genitoriale,incontri protetti 1 ora alla settimana osservata dagli operatori della Tutela Minori(loro poi hanno messo telecamere e microfoni per registrare i miei incontri senza consenso,in violazione dei principi costituzionali e la legge sulla privacy)ma io sono una madre pericolosa e devo essere osservata a vista. Vietato dal decreto del Tribunale anche il contatto telefonico con mio figlio!!in pratica siamo alla stregua di un 41 bis per i mafiosi... L'accusa relazionata dai servizi sociali è SINDROME DA ALIENAZIONE GENITORIALE nonostante le perizie su di me e su ROBERTO sostenessero cose diverse;soprattutto il perito del Tribunale sosteneva che fosse meglio per ROBERTO,visto le problematiche relazionali con un padre poco capace,vivesse con la madre e ridotti i tempi di permanenza presso il padre. Con un succinto e anomalo decreto la Corte d'Appello sez. Minori di Venezia,affidò il mio bambino ai servizi sociali.. In soli tre mesi i servizi hanno ribaltato la situazione,io sono diventata una persona( che il PM ha definito affetta da disturbi psichiatrici ma non supportato da nessun elemento clinico,ora questo magistrato è presidente del Tribunale per i Minorenni di Napoli, dott. Gustavo Sergio)genitorialmente pregiudizievole,il padre è stato pontificato. Il povero ROBERTO,è stato sentito lo scorso febbraio dal giudice;ha dichiarato che preferiva stare con la mamma 5 gg e 2 con il padre visto che dalla mamma ha amici e la mamma si occupa di lui nei vari aspetti della quotidianità,mentre dal padre deve rimanere sempre con la sua badante/compagna e il figlio di lei che gli è antipatico. Il tribunale mi considera totalmente inadempiente e refrattaria a qualsiasi autorità,dice che a 7 anni facevo il bagno a mio figlio e che questo comporta un pregiudizio nel suo sviluppo psicofisico;i servizi sostengono che io isolo mio figlio,definito un asociale da una loro psicologa, con stati depressivi e problemi di identificazione con il maschile e femminile...un ragazzino sano,sveglio,più maturo della sua età(scritto dal ctu)all'improvviso emerge un quadro clinico/diagnostico di un deviante. Di tutta la documentazione agli atti hanno selezionato quello che faceva comodo tralasciando tutti gli elementi a mia difesa... Il tribunale chiede ora ai servizi di valutare un affidamento eterofamiliare!!! Nulla sono valse le denuncie,tutte archiviate,nulla valgono le mie richieste di avere accesso agli atti,nulla servono i giudizi contenuti nelle pagelle scolastiche...solo la loro parola è valida,sincera,obbiettiva...per i giudici queste sono dei dogmi,come tutti sanno i dogmi sono l'antitesi della realtà. L'estate scorsa,i servizi ,in accordo con il padre,si sono fatti fare un'ordinanza comunale con l'applicazione dell'articolo 403 cpc(abbandono di minore)mentre mio figlio giocava al parco ed io mi ero allontanata pochi minuti...dovevano mandarlo in vacanza con il padre e per fare ciò si sono avvalsi delle forze dell'ordine..e di questo articolo...per 30 giorni non ne seppi nulla,i servizi non diedero mai risposte convincenti mai spiegazioni,loro non vogliono testimoni,nessuno li controlla. Da quasi 6 mesi nessuno della mia famiglia è più riuscito a vedere ROBERTO nonostante ci siano state richieste,la risposta è sempre la stessa:è di pregiudizio e di disagio per il minore!! Neanche per i 50 anni di matrimonio dei nonni hanno acconsentito che ROBERTO partecipasse alla festa,era di disagio!?ma come può essere di disagio la normalità di una festa in famiglia??la normalità si trasforma in patologia!!siamo all'assurdo. Avevo dato a ROBERTO i numeri di telefono di mia sorella e dei nonni a modo che potesse sentirli e lo psicologo sclerato disse che non potevo farlo...a momenti me lo mangiavo!!Ci sono le registrazioni da me fatte. Le mie istanze in Tribunale ,vengono tutte rigettate,altre non si ha risposta da mesi,la Corte d'Appello di Venezia ha fissato solo pochi giorni fa l' udienza dopo quattro mesi dal deposito dell'istanza urgente... Siamo in presenza di un fenomeno legalizzato di sottrazione di minori dalle loro famiglie,giudici che si appiattiscono di fronte alle relazioni di facinorosi e intellettualmente disonesti psicologi e assistenti sociali arroganti. Io vengo ricattata e minacciata settimanalmente quando vado agli incontri protetti;se non ci si piega alle loro volontà ti dicono che riferiranno al tribunale negativamente oppure che sospendono gli incontri!! C'è un'Italia che protesta contro i servizi sociali che da nord a sud hanno come denominatore comune,ignoranza,presunzione,poca intelligenza,ignoranza grassa...delirio narcisistico!! Per me è inaccettabile che mio figlio non possa più tornare a casa solo sulla scorta di mezze verità e in virtù di un'alienazione che non esiste se non nella loro fantasia,nel loro delirio d'onnipotenza. Ho scritto anche al ministro di Giustizia Alfano,affinché mandi un'ispezione al Tribunale per i Minorenni di Venezia,anche qui silenzio... Da noi la stampa non scrive,mi hanno detto chiaramente che certe istituzioni non si toccano! La solitudine e l'isolamento coatto che accompagna queste situazioni,è ciò che consente a questi personaggi ,di continuare la distruzione di interi nuclei familiari,di diritti sanciti dalla nostra costituzione,ma loro conoscono solo la loro di legge,quella della prevaricazione in nome del bene del minore!!questo minore foraggia i loro stipendi ed ha una resa mensile di oltre 3000,00 euro per ogni bambino sottratto:in Italia vengono allontanati dalle famiglie 80 bambini al giorno,numeri che danno i brividi,situazioni che potrebbero accadere a chiunque.Loro,i servizi colpiscono a tutti i livelli sociali,poveri,ricchi,ignoranti,professori,colpiscono e affondano indistintamente..ma queste cose a Lei sono già note. Io avrei un miliardo di cose da dire,ma mi rendo conto che forse sono andata oltre la mia premessa di sintesi nell' esporle la situazione. Forse l'avrò annoiata (spero di no)ma sono consapevole che non sia facile farsene carico emotivamente ed empaticamente,ma per me e chi come me,è di vitale importanza il poter avere uno spazio dove poter esternare tutta la nostra rabbia per quello che subiamo. Ma io VOGLIO riportare a casa mio figlio,lotterò con la lingua e con i denti, i figli sono sangue non fonte di lucro! Ti ringrazio per l'attenzione che vorrà e potrà dedicare alla mia vicenda. Alba F. Cara Alba, la sottrazione legalizzata di cui parli è uno dei mali peggiori in questa Italia che si occupa molto di gossip ma lascia che coniugi indispettiti e desiderosi di vendetta possano permettersi di decidere sulla vita di un bambino. In termini di percentuali e statistiche le vittime sono maggiormente i padri, il maggior numero dei quali si tratta di genitori ottimi vittime, come detto, di un assurdo desiderio di vendetta da parte di ex mogli. Questo non toglie il fatto che ci siano ancora troppi uomini indecenti, padri violenti e immeritevoli. La bigenitorialità è un diritto di ogni bambino e fintanto che nessun governo si occupi di questo cancro sociale non potremo mai dire di vivere in un paese moderno. Ho proposto un patentino a punti per i magistrati che toppano le sentenze e incolpano innocenti, ma questa regola deve essere estesa, assolutamente, agli assistenti sociali superficiali e incapaci, legittimati da certi tribunali che senza un minimo ripensamento fanno a pezzi la vita di troppe persone. Ti dico subito che in passato sono stato convocato da politici e rappresentanti di governo, attuale e passato, per parlare proprio di questo problema e che, oltre al desiderio di accumulare visibilità mediatica e voti, non si sono affatto occupati di nulla. Spero che la tua storia conosca al più presto un lieto fine e che ROBERTO possa avere il naturale contatto sia con il padre che con la madre. Un abbraccio sentito e insieme al mio sicuramente riceverai quello dei milioni di genitori (papà e mamme) che vivono, o che hanno vissuto, la tua stessa situazione. In bocca al lupo da papà Cosmo Domande rivolte ai lettori e agli operatori 1) I magistrati sono consci del fatto che stanno decidendo sulla vita di bambini e genitori e che, sbagliando nelle loro decisioni, si stanno macchiando anch’essi di un reato? 2) Gli assistenti sociali a cui si rivolgono i magistrati hanno delle competenze adeguate o ricoprono il posto solo per incassare lo stipendio? Inviate le vostre testimonianze a Familia Futura Se vuoi rispondere a questo articolo scrivimi cosmo@cosmodelafuente.com
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Visitatore | Date: Lunedì, 28/12/2009, 05:25 | Message # 34 |
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| LA MACELLERIA DI BAMBINI. (dalle favole di Walt Dispney) Tua moglie entra in macelleria e vede tuo figlio appeso al gancio tra un prosciutto di Parma e una fila di salsicce di suino, sul punto di esalare l'ultimo respiro, per via del gancio stesso, tutto cosparso di sangue gocciolante. Il figlio invoca alla madre di salvarlo dal macellaio impazzito dalla posizione di impiccato, ma ancora in vita. La madre, con azione repentina, lo stacca dal patibolo e corre via col figlio 700 km lontano denunciando il macellaio di bambini e l'intera azienda responsabile. La Procura vicina alla macelleria cerca, già dal giorno dopo, i due fuggiaschi ovunque, denunciando la madre per sottrazione di minore dal macellaio e intimando la restituzione immediata del figlio in macelleria. Alla fine riuscirà a togliere il figlio dalle mani della madre, riportandolo vicino al macellaio, in un magazzino di sua proprietà. La madre disperata, e con un grosso punto interrogativo sul viso, si sbatte per mesi alla ricerca di una soluzione, chiedendo persino al Papa cosa fare, dato che il giudice nemmeno gli scrive più. E proprio dopo tali eccessivi sfoghi della madre "sequestratrice", dopo quasi un anno di patimenti, il giudice del Tribunale vicino alla macelleria in oggetto, le chiederà semplicemente: "ma scusi, lei perchè avrebbe portato via il figlio da quella macelleria?". http://blog.libero.it/albertocaimmi/view.php?ssonc=617056802
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dibattitopubbl | Date: Venerdì, 08/01/2010, 00:49 | Message # 35 |
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| Bimbo di Trinitapoli, gruppo su Facebook "Basta sofferenze, affidatelo al maresciallo" Il piccolo ha trascorso la vigilia di Capodanno in casa del carabiniere contro la volontà del tribunale. "Lasciatemelo per un giorno, poi lo riporto in comunità", ha detto all'assistente sociale http://bari.repubblica.it/dettaglio/Gruppo-su-Facebook:-Il-bimbo-al-maresciallo/1819293 Nel febbraio 2007, ad otto anni, fuggì da casa per le percosse che le infliggeva la madre, e trovò accoglienza prima dai carabinieri e poi in una casa-famiglia. Il 29 dicembre scorso quel bimbo, ora ragazzino di 11 anni, dormiva in casa della madre, dov'era stato portato per le festività natalizie, quando il convivente della donna la uccise con un colpo di pistola. Il ragazzino non si accorse di nulla, lo svegliarono i carabinieri che si presero ancora una volta cura di lui per qualche giorno. Ora anche la rete del web si mobilita perchè il ragazzino vada a vivere da quel maresciallo che lo ha tenuto in casa come un figlio. Al ragazzino la vita ha già riservato sofferenze terribili. La sua vicenda ha spinto un gruppo di persone, che si definisce "quelli che vorrebbero che le istituzioni riconoscano a G. il diritto di vivere felice a San Ferdinando", ad utilizzare Facebook per raccogliere adesioni e spingere le autorità competenti a regalare al ragazzino una famiglia "vera". Per il gruppo la famiglia "vera" è quella del maresciallo Giuseppe Francioso, comandante della Stazione carabinieri di San Ferdinando di Puglia (Barletta Andria Trani). Fu lui, quasi tre anni fa, ad ospitare in casa per diversi giorni quel ragazzino, che era fuggito dalla madre violenta ed era stato accompagnato in caserma da alcuni giovani che lo avevano trovato, impaurito, mentre vagava per strada. Ed è stato ancora lui, Francioso, ad ospitare il ragazzino a fine anno per sottrarlo alla scena della madre uccisa in un'altra stanza della casa. Il maresciallo, dopo il delitto, aveva chiesto al Tribunale per i minorenni di Bari l'affido temporaneo del ragazzino. Gli è stato detto di no. Ma il sottufficiale ha già preso la sua decisione e sta preparando le carte per chiedere l'affidamento e la successiva adozione del ragazzino, che in quella casa a San Ferdinando di Puglia ha trovato il calore umano forse mai ricevuto. Il ragazzino da venerdì scorso è tornato nella comunità, in cui vive dal 2007 insieme a due fratelli. Ma una casa-famiglia non è 'la famiglia'. Lo ha capito sulla propria pelle il ragazzino, lo ha capito quel maresciallo che potrà anche sembrare d'altri tempi. Stanno cominciando a capirlo quelle persone che hanno scelto Facebook per una battaglia di vita che vale il futuro di un ragazzino. (03 gennaio 2010)
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Visitatore | Date: Giovedì, 25/02/2010, 20:57 | Message # 36 |
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| Un articolo di Paolo Roat disribuito via e-mail Modena. Proprio in questi giorni sarà presentata una citazione nei confronti del Comune di Modena e specificatamente nei confronti di un’assistente sociale referente di un caso già noto all’opinione pubblica: “Mi hanno rapito il figlio” madre denuncia un’assistente sociale del Comune (Gazzetta di Modena, maggio 2007).Questa vicenda è stata ed è seguita dall’avv. Francesco Miraglia del Foro di Modena. Come migliaia di casi, purtroppo, anche questo riguarda una decisione del servizio sociale avallata dal Tribunale dei Minori nel caso specifico di quello di Bologna, di allontanare un bambino dalla sua famiglia collocandolo per più di 2 anni presso una struttura gestita da una “cooperativa sociale di Forlì”. Le traversie di questa famiglia e di questo bambino iniziano una domenica del 2000 quando la mamma allarmata perché il figlio non tornava a casa avvertiva una pattuglia della Polizia. Il bambino presto veniva ritrovato nel parco giochi. Ma dopo circa un mese dall’accaduto un’assistente sociale del Servizio di Modena, invitava la famiglia con il bambino a presentarsi per comunicazioni urgenti. Qui inizia un percorso Kafkiano che lentamente ma inesorabilmente si deteriora fino all’allontanamento del bambino dalla sua famiglia. Per più di due anni i genitori di questo bambino per paura di perderlo definitivamente, hanno “subito” di tutto dall’assistente sociale referente del caso, fino al maggio 2007 quando hanno deciso di denunciarlo. Ed è qui che la vicenda si fa ancora più assurda. A seguito di un rientro del bambino in famiglia, lo stesso avvocato Miraglia che seguiva il caso, dopo aver depositato il ricorso al Tribunale per i Minori, concordava con i genitori di non riportare più il bambino in struttura. Da quel punto i servizi e il Tribunale per i Minorenni di Bologna non si sono più interessati del minore, “omettendo” non solo di chiedere il rientro nella casa famiglia ma anche di disporre qualsiasi provvedimento che lo riguardasse. Che fine ha fatto la necessità di allontanare questo bambino dalla sua famiglia? Perché nessuno ha contestato la decisione dell’avvocato? Fortunatamente dal mese di giugno 2007 questo bambino, ormai diventato un ragazzo, vive tranquillamente con la sua famiglia, frequenta regolarmente la scuola, raggiungendo gradualmente e progressivamente un proprio equilibrio psico-fisico e uno stato di tranquillità. Oggi è un ragazzo sereno che vive la sua quotidianità come qualsiasi altro ragazzo della sua età, se pur con le difficoltà di un ragazzo che sta superando pian piano le sue paure di essere allontanato un’altra volta dalla sua famiglia: un ragazzo con un sogno nel cassetto: diventare un avvocato per aiutare i bambini che come lui sono stati allontanati dalla propria famiglia. Intanto il Tribunale per i Minorenni di Bologna, ancora, sollecitato dall’avv. Francesco Miraglia il 17 febbraio 2009 scriveva testualmente: “Nel procedimento in oggetto, pendente presso questo ufficio da oltre tre anni non sono pervenuti al Tribunale da parte dei servizi sociali aggiornamenti sulle condizioni del minore che si può perciò presumere si sia in qualche modo stabilizzata sulla base di precedenti provvedimenti. Alla luce di quanto esposto si chiede, solo nel caso in cui la situazione si sia modificata, una relazione di aggiornamento entro 60 giorni dal ricevimento della presente. In mancanza si riterrà si riterrà avvenuta la stabilizzazione del caso relativo al minore…” Una domanda, però, nasce spontanea che lavoro faranno oggi l’assistente sociale e il giudice che hanno deciso l’allontanamento di questo bambino? Un dubbio inquietante ci attraversa… l’assistente sociale e il citato giudice continueranno ad occuparsi di minori…? Ed è giusto che sia fatta giustizia per chi ha subito tutte queste sofferenze. Chi ha sbagliato deve pagare per evitare queste tragedie ai nostri bambini. Come ripetutamente denunciato dal Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani che fa parte del movimento Cresco a Casa (www.crescoincasa.it) presieduto dall’avvocato Antonello Martinez, e recentemente anche da un articolo di Panorama, la famiglia italiana è in pericolo. Si devono sensibilizzare i legislatori sulla drammatica situazione esistente. Per quanto possa sembrare incredibile, oggi a una famiglia qualsiasi possono essere sottratti i loro figli, tramite una decisione del tribunale dei minori, sulla base di rapporti scritti degli psicologi, assistenti e psichiatri che valutano l'operato dei genitori secondo il loro capriccio e opinioni. Quando le opinioni diventano la "verità" su cui i giudici basano le loro decisioni la possibilità di violazioni e abusi è drammaticamente alta, come confermato dai numeri. In Italia sono circa 35.000 (anche se il numero non è definitivo) i bambini sottratti alle famiglie con costi sociali per la comunità che superano i 4 miliardi di euro. L'obiettivo del movimento è quello di formulare una proposta di legge nazionale che tuteli le famiglie e che sancisca che i rapporti degli psichiatri, assistenti e psicologi (essendo opinioni) non abbiano più il potere di determinare e motivare, senza ulteriore verifica, i provvedimenti dei giudici minorili, garantendo quindi alla famiglia il diritto alla difesa.
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Visitatore | Date: Martedì, 02/03/2010, 17:27 | Message # 37 |
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| da piangere. poveri bambini quanta sofferenza per loro figurati per i genitori.
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MariaRosaDeHellagen | Date: Sabato, 06/03/2010, 03:36 | Message # 38 |
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amadeus96 | Date: Lunedì, 08/03/2010, 15:04 | Message # 39 |
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| ...E, come in molti hanno asserito ed asseriscono, HA FATTO ANCORA POCO!....
Sergio Sanguineti Ein Herz für Kinder!
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dibattitopubbl | Date: Martedì, 16/03/2010, 21:06 | Message # 40 |
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| ASSISTENTI SOCIALI CERCANSI. Indispensabili : crudeltà, superficialità e incompetenza http://familiafutura.blogspot.com/2009/12/assistenti-sociali-cercasi.html Non è un film, è realtà. La trama della vita di certe persone supera sicuramente quella della fantasia di sceneggiatori. Siamo in una ridente cittadina dove Loretta, separata e madre di due bambini, si rimbocca le maniche e, con i sacrifici che solo un genitore che ama i propri figli può fare, si divide tra due lavori. Ha un figlio maschio e una bambina di nome Valentina. Quest’ultima viene definita dal medico curante come una bambina allegra, educata, dolcissima. Una creatura adorabile, dai bei modi, senza la minima traccia di arroganza. Queste caratteristiche dimostrano già la serenità in un periodo infantile che non può che significare serenità psicologica in età adulta. Come spesso accade, all’età di 16 anni, la ragazzina si innamora di un ragazzo con il quale vive un rapporto difficile per via della gelosia di lui e del fatto che spesso si ubriaca e arriva anche ad alzare le mani sulla ragazza. Valentina, però, è follemente innamorata e cera in tutti i modi di inserirsi nella famiglia di lui dove, invece, non è ben accetta. Resta incinta a soli 18 anni e, malgrado la situazione, vuole portare avanti la gravidanza. La mamma Loretta le ha insegnato, in fondo, che un figlio è benedizione circondandola, insieme a suo fratello, sempre da amore e rettitudine. Quando Valentina minacciata e picchiata si rifugia nella casa materna, viene avvisata dal padre di suo figlio che la sua roba è stata buttata per la strada in un sacco di plastica. Gesto che sta a indicare che di lei non ne vogliono più sapere. Ma vorrei chiedere a Loretta, adesso, cosa accadde dopo quello. Loretta: - restai vicino a mia figlia, anche in sala parto. Il padre non c’era, ovviamente. Non gli interessava nulla di Valentina. Nacque un bellissimo bambino. Che con amore aiutai a crescere in casa mia. Il padre, però, deciso a nuocere in qualche modo, stava sempre in zona, anche ubriaco. Minacciava mia figlia, portava con sé i fucili da caccia. Spaventate parlammo con i carabinieri e il fatto si concluse con il ritiro di tutte le armi che aveva in casa perché appartiene a una famiglia di cacciatori. Quando arrivò il momento del battesimo Valentina chiese al padre se voleva partecipare all’evento insieme alla sua famiglia. Ma loro si faranno sentire solo dopo aver richiesto un esame del DNA dal quale risulta che il bambino è figlio e nipote di quella famiglia, ovviamente. – Come mai avevano dubbi? Era un modo per avvilire, offendere e maltrattare una ragazza giovanissima il cui unico peccato era stato quello di amare follemente un ragazzo di quasi dieci anni più vecchio di lei. Cosa succede a questo punto? Come spesso fanno alcune persone, denunciano, con la complicità di assistenti sociali impreparati, interessati e superficiali, al tribunale dei minori. Diffamazione di ogni sorta. Come tutti sappiamo il tribunale dei minori si basa su rapporti degli assistenti sociali senza nemmeno indagare la veridicità dei fatti. Chiedono e ottengono l’affidamento del bambino e lo portano via. Qualche tempo dopo, all’età di 26 anni, la mia dolce bambina Valentina mette fine alla sua vita. Non può vivere senza suo figlio. Dopo essersi battuta per riottenere il figlio capisce che non c’è nulla da fare. La macchina dell’ingiustizia era partita e nessuno poteva più fermarla. Come stanno le cose oggi? Non posso vedere mio nipote, quando di nascosto voglio abbracciarlo lui mi bacia e ricambia, naturalmente, il mio amore, ma appena vede qualcuno dei suoi oppressori cambia atteggiamento. Soffre di alienazione genitoriale e parentale e di sindrome di Stoccolma. Il bimbo è obeso, non sta bene, ma non contano i problemi reali, valgono le false considerazioni iniziali. Quando Valentina era in vita il bambino soffriva del fatto di non poter restare mai a dormire dalla sua mammina. A loro non importava nulla della volontà di questo cucciolo d’uomo, come non importa niente adesso. Se le cose stanno come dice Loretta e ha fornito persino dichiarazioni mediche a testimonianza, c’è poco da stare allegri. Viviamo in un ‘epoca in cui, specialmente in Italia, tutti i giorni parliamo di politica e di gossip. Siamo molto interessati in quello che fa Silvio Berlusconi, ma non ci interessa minimamente il dolore, il dramma, l’ingiustizia che vivono persone come Loretta. Loretta siamo noi cari lettori, il suo dramma è anche il nostro. Non si tratta di un viaggio sulla luna. Parliamo di una mamma, di una nonna. Una sorta di ingiustizia e imbroglio legale, senza considerare che esseri umani stavano morendo, le ha rovinato la vita. Le lungaggini, i metodi, le certificazioni superficiali su cui si basa, il lavoro troppo spesso sbagliato dei servizi sociali, fanno si che il ‘tribunale dei minori’ debba per forza essere considerato un meccanismo infernale che oltre ad essere crudele e spesso in errore, risulta essere anche inutile. Il suo lavoro potrebbe essere svolto da un tribunale normale. Gli assistenti sociali sono utilissimi se lavorano come si deve, altrimenti dovremmo considerarli come quei chirurghi che hanno una falsa laurea. Chi sbaglia deve pagare e se il tribunale e/o i servizi sociali sbagliano devono essere puniti come viene punito un qualsiasi professionista che commette errori di percorso. La crudeltà, la cattiveria, gli accordi sotto banco non fanno parte della professionalità. Proporrei che venissero istituiti corsi di studio “veramente” seri e almeno tre anni di tirocinio. Prima di togliere un bambino a un padre o a una madre, non accontentiamoci delle parole di un ex coniuge o ex partner arrabbiato e vendicativo. Bisogna fare ammenda e vergognarsi quando con leggerezza si decide sulla morte spirituale di un essere umano che spesso si tramuta, come nel caso di Valentina, in morte fisica. Vergogna! Vergogna! Vergogna! Basta con questa ingiustizia minorile. Chiediamo nuova legge in materia. C’è materiale per una sceneggiatura di un film verità, ma c’è soprattutto la necessità di una nonna a cui è rimasto un nipote che possa ridarle un po’ di sua figlia morta suicida, che non riesce a darsi pace. Possiamo aiutarla? Se vuoi metterti in contatto con lei, scrivimi. cosmo@cosmodelafuente.com
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dibattitopubbl | Date: Giovedì, 25/03/2010, 02:52 | Message # 41 |
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| Un'altra prova che in Italia i bambini vanno in affidamento/adozione non a causa dell'abbandono o maltrattamenti, ma semplicemente a causa della povertà, forse derivante dagli stipendi sindacali troppo bassi: Simona infatti, oltre ai due figli (Nicolò e Giacomo, avuti dal calciatore Stefano Bettarini), ha deciso di prendere in affido la piccola Caterina (figlia di parenti con difficoltà economiche): “Caterina mi somiglia tantissimo, è una bambina molto intelligente e ha bisogno d’affetto. I figli sono di chi li cresce” - Spiega la Ventura. E, a proposito della paura che un domani possano toglierle l’affidamento della bimba, Simona dichiara: “Penso al presente. Se succederà, avrò comunque fatto di tutto perché vivesse i primi anni della sua vita in modo sereno e felice”. Dall'articolo "Ventura, voglia di novità": 'In tv ancora per pochi anni' del 23 Mar 2010 (http://it.tv.yahoo.com/23032010/21/ventura-voglia-novita-in-tv-per-pochi-anni-0.html)
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MariaRosaDeHellagen | Date: Lunedì, 29/03/2010, 06:30 | Message # 42 |
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| Ogni dieci domande solo un'adozione arriva al traguardo di Serena Riselli http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Italia/2010/03/adozioni-dieci-domande-una-traguardo%20.shtml?uuid=5f6f9bfa-3589-11df-af19-fb5280f1a15c&DocRulesView=Libero (http://www.ilsole24ore.com/art....=Libero) L'adozione è una scelta di vita. Il percorso da completare, però, è complesso e caratterizzato da tempi lunghi. Nei procedimenti per i bambini sul territorio italiano, solo il 13% delle domande di adozione si concretizza. Alle cifre corrispondono una serie di fattori che vanno dalle garanzie a tutela del minore alla scelta delle coppie adottanti, fino alle differenze tra adozione internazionale e nazionale. «L'Italia è, tra i paesi europei, lo stato che accoglie il più alto numero di bambini dal maggior numero di paesi del mondo - spiega Melita Cavallo, presidente del tribunale dei minori di Roma -: siamo presenti in 87 paesi con 72 enti autorizzati ed accreditati. Sono stati adottati dall'estero nel 2009 ben 3.964 minori. Nell'adozione nazionale, invece, il numero è esiguo, ma non possiamo dire che sia basso o alto perchè mancano termini di confronto». La spiegazione secondo la Cavallo, è un'altra: «In quasi tutti i tribunali si sono ridotte le dichiarazioni dello stato di adottabilità perché si attende la "documentata" prova della irrecuperabilità dei genitori e dei parenti entro il quarto grado che hanno rapporti significativi, per acquisire questa prova è necessario molto tempo e spesso si giunge a definire lo stato di adottabilità quando il bambino è divenuto un ragazzino». In parlamento, sono 13 le proposte legge presentate nella legislatura sulle adozioni. In buona parte, mirano a semplificare le procedure e a ridurne i tempi. L'impostazione non mette tutti d'accordo: «L'obiettivo è condivisibile - afferma Luciano Spina, giudice del tribunale per i minori di Trento - purchè non si prendano delle scorciatoie rispetto alla necessità di preparazione delle coppie all'adozione e alla verifica dei loro requisiti materiali ed affettivi da parte dei servizi e dei tribunali per i minorenni. Non ci si può permettere di esporre il bambino che va in adozione a situazioni di ulteriore sofferenza e di rischio di nuovo abbandono». Garanzie che valgono anche per le adozioni internazionali, come spiega Carlo Giovanardi, sottosegretario alle Politiche per la famiglia: «Gli altri Paesi del mondo si fidano della serietà con cui l'Italia seleziona le coppie adottanti. Rendere più debole queste procedure potrebbe significare scoraggiare alcuni di questi Stati. Inoltre, i Paesi terzi sono sempre più esigenti nei confronti delle caratteristiche che devono avere le coppie adottanti». Altro aspetto delicato è la possibilità per l'adottato non riconosciuto alla nascita di accedere alle informazioni sulle proprie origini. In commissione giustizia alla Camera, è in corso di esame la proposta 2919 (firmata da Maurizio Paniz del Pdl) che prevede il pieno diritto dell'adottato che ha compiuto 40 anni di età a ricevere ogni informazione sulla sua origine e sull'identità dei suoi genitori biologici. Questo aspetto confligge, però, con il diritto della madre biologica di non riconoscere il figlio e di mantenere il segreto sulle proprie generalità. Marisa Persiani, psicoterapeuta e giudice onorario presso il tribunale per i minorenni di Roma, intravede dei rischi: «Per tutelare un diritto potenziale dell'adottato, si va a calpestare quello di chi poi ha il potere assoluto di decidere se mettere al mondo quel bambino». Dello stesso avviso anche Melita Cavallo, che lancia un'idea: «In tutti i centri nascita un addetto del settore sanitario o sociale potrebbe chiedere alla donna che intende partorire in anonimato di dichiarare l'età, la nazionalità e di riferire le eventuali patologie personali o familiari e anche le motivazioni dell'abbandono, perché un giorno possano essere rese note al figlio divenuto maggiorenne».
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MariaRosaDeHellagen | Date: Lunedì, 29/03/2010, 06:30 | Message # 43 |
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| Come si vede dall'articolo di sopra, i dati sulle adozioni dei bambini italiani SONO SEGRETATI!!!
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MariaRosaDeHellagen | Date: Lunedì, 29/03/2010, 06:55 | Message # 44 |
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| Un articolo dal blog della dr. Babenko ULTIMO SCANDALO: CITTADINI RUSSI CHIEDONO AL LORO GOVERNO DI NON VENDERE BAMBINI IN ADOZIONE A CITTADINI EUROPEI E AMERICANI Il 18/04/2009 il giornale "Komsomolskaja pravda" ha pubblicato l’articolo "Che cosa fare per impedire alla Madre-Patria di vendere i propri figli? Di nuovo, un nostro bambino è al centro dello scandalo internazionale" di Dmitrij Stescin (http://nordeurope.kp.ru/daily/24279/475660 ). "Komsomolskaja pravda" si traduce "Verità del Komsomol" – è un giornale dei tempi sovetici dell’associazione giovanile Komsomol, il quale non è stato chiuso fino ad oggi, nonostante il passaggio dal regime sovetico al regime democratico, forse perché è stato scoperto che il regime di democrazia lede di più i diritti umani che l’ex regime sovetico e che non ha alcun tipo di valori al di là del valore consumistico dei beni di scarsa qualità. La democrazia ha portato povertà, l’abbassamento drastico della qualità della vita, malattie, distruzione dell’economia, prostituzione, traffico dei bambini e esseri umani e loro organi, pedofilia organizzata, rapimenti di persone, traffico delle armi e metalli nucleari, produzione e vendità di droga e altro del genere – tutti problemi inesistenti nel regime sovetico per scelta e volontà del governo e dell’apparato giudiziario. Dopo l’introdizione di questi "valori" democratici, i cittadini hanno cominciato ad apprezzare di più i valori del regime sovetico, per questo fino ad oggi ci sono tanti nostalgici dei tempi sovetici ed alcuni giornali sovetici sono aperti fino ad oggi. Il giornalista Dmitrij Stescin scrive: "Siamo sempre in attesa di un nuovo scandalo. Di nuovo un bambino adottato in Russia sarà trovato in covo dei pedofili, sarà allontanato dai genitori-sadisti o sarà seppellito nella terra estranea. Non riesco a capire perché fino ad oggi noi permettiamo agli stranieri di adottare nostri orfani? Non sappiamo dove mettere bambini? Abbiamo uno scoppio demografico? No. Anzi al contrario. Non siamo in grado di proibire adozioni agli stranieri perché agli burocrati dei servizi sociali loro piacciono molto di più dei nostri compaesani-poveracci solo in forza del termine stesso . La tassa ordinaria per una testa adottata è 25 000 (venticinque mila) dollari – la tassa è stabilità dalla Procuratura Generale della Federazione Russa". Il che attesta che ogni italiano che ha avuto un bambino russo in adozione, di fatto lo ha comprato, pagando "la tassa" ordinaria di 25000 dollari o quella straordinaria chi sa di quale valore. In più, sono da aggiungere somme pagate alle associazioni italiane che organizzano adozioni-affidamenti. In più, ovviamente, bustarelle. I bambini si comprano e si vendono come schiavi nei tempi antichi. "Benefattori" e "amatori" dei bambini si rivelano essere solo compratori. Adesso ho capito perché agli italiani che hanno comprato bambini in adozione piace tantissimo rilevarlo anche davanti agli sconosciuti, al posto del silenzio riservato e rispettoso della personalità del bambino – così loro dimostrano agli altri le loro possibilità economiche, tali da poter comprarsi un essere umano "in adozione" e l’appartenenza alle caste privilegiate. Non rimane altro che dire: "Che schifo!". Un commentatore russo di nome Oleg ha dato "cannibali – mangiauomini" ai cittadini europei e americani e ha sottolineato: "Da voi uno che uccide un bambino russo non riceve neanche una condanna condizionale" (commento del 18.04.2009, 11:27). Non ha sbagliato di tanto. Per esempio i membri della famiglia genovese, la quale ha rapito e plagiato la bimba belorussa alcuni anni fa, è stata assolta in grado d’appello in quanto il giudice ha proclamato che loro avevano "la necessità" di farlo: per far passare sul corpo della bambina le tracce delle loro violenze con lo scopo di evitare le contestazioni immediate delle loro violenze da parte dei medici e delle Autorità Belorusse, cioè avevano la necessità di nascondere le tracce dei loro reati. * Originale dell'articolo: Как сделать так, чтобы Родина-мать не торговала своими детьми? Опять наш ребенок в центре международного скандала Дмитрий СТЕШИН — 18.04.2009 Сложно разобраться заочно, кто прав и кто виноват в этой российско-французской семейной склоке. Концов там не найти, и в аналогичной ситуации, чтобы вычислить подлинного родителя, царь Соломон предложил разрубить ребенка мечом – на две равные части. Истинная мать, со слезами на глазах, отказалась от претензий, зато мать мнимая, снедаемая жадностью, скомандовала: “Рубите!” И Соломон тут же принял “соломоново решение”. Надеюсь, и эта история закончится так же справедливо. И можно будет ждать следующего скандала. Опять ребенка, усыновленного в России, найдут в притоне педофилов, изымут у родителей-садистов либо похоронят в чужой земле. Я до сих пор не могу понять – почему мы разрешаем усыновлять своих сирот иностранцам? У нас что, детей девать некуда? Демографический взрыв в стране? Нет. Скорее, наоборот. И запретить усыновление иностранцами мы не в силах, чиновники из органов опеки не дадут, они любят их по определению больше, чем соотечественников-нищебродов. Стандартная такса, зафиксированная Генпрокуратурой РФ – 25 тысяч долларов за одну усыновленную детскую голову. Есть только один способ разорвать этот порочный круг. Сделать так, как сделали в Чечне. Там вообще нет детских домов – всех сирот разобрали. Не обращая внимания на национальность детей, хотя в этом вопросе чеченцы очень щепетильны. Но это их не остановило, видно, в традиционном обществе знают, как сделать чужого ребенка своим… А я, наоборот, знаю несколько бездетных семей, которые вроде бы и готовы к усыновлению, но что-то останавливает. Нет, не бюрократическая волокита их пугает, а что-то, сидящее внутри так глубоко, что это невозможно вытащить наружу. Эти люди, вобщем-то неплохие и добрые, боятся чужого сиротства, чужого “наследства”. Напрасно, сироты, это – пустые дети, и они ждут, когда их заполнят любовью и сделают родными. Я убедился в этом, была такая возможность. Группа детей в Ивановском доме ребенка №1. От полутора до трех лет. Пьют сок. Мы привезли с собой упаковку сока. И не только. Мы привезли с собой много чего - памперсы, игрушки, тазики для купания, одежду и коляски. Сок холодный, и его чуть подогрели, разлив в две эмалированные кастрюльки. Сок - не казенный компот, и потому был выпит мгновенно. За ближним столиком малыши уже начали строить башню из своих пустых кружечек. Настало время общения. Первой берут на руки лохматую Ольгу. Она выделяется из группы. Здесь все подстрижены под тифозных, а у этой - длинные и разноцветные волосы: рыже-русые. Ольга смотрит выжидательно. Вообще все смотрят. Тринадцать малышей сверлят нас взглядами так, что становится зябко. Девушка, стоящая рядом со мной, вдруг протягивает руки, и Ольга кидается к ней. Врезается лбом в колени обтянутые синими джинсами, и ее тут же подхватывают на руки. Из десятка взглядов меня цепляет один-единственный. Белобрысый паренек, двух с небольшим лет от роду, внимательно рассматривает меня снизу доверху васильковыми глазами. Присаживаюсь рядом на ковер. Мы мужчины, мы не должны тискаться. Мне так кажется. Мальчугана зовут Сергей. Сколько ему годиков - он не знает пока точно, а потому показывает мне целую пятерню. Мол, не больше пяти, не меньше нуля. Я в ответ демонстрирую все, на что способен - резко щелкаю с помощью своего левого уха и указательного пальца, представляю “дикого кабана” и авиатора в очках-консервах. Весь мой клоунский набор, который обычно доводит до счастливой истерики любого домашнего ребенка. Но Сергей вдруг отворачивается от меня. Я, ничего не понимая, встаю, делаю шаг назад и тут меня прошибает током мысль. Произношу слова, десятки раз говоренные сыну, и при этом, не узнаю своего голоса: - Серега! Пойдешь ко мне на ручки? Серега вскакивает так, что его детский стульчик падает с каким-то взрослым грохотом. Он бежит на меня. И мы долго-долго стоим у окошка. Серега положил подбородок мне на плечо, а я укрыл его спину своей ладонью. Мы стоим, и я ничего не чувствую кроме детского тепла. Серега пустой, и ничем не заполнен. Это "что-то", оказывается, очень много. Нам дают это родители,бабушки и дедушки. Я раньше не понимал,и не ощущал, потому что не с чем было сравнивать. И вот, сравнил. P.S. В 2007 году, в Ивановском доме ребенка №1 из 123 детей было усыновлено 96. Ни один ребенок не попал за границу.
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dibattitopubbl | Date: Martedì, 30/03/2010, 23:37 | Message # 45 |
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| CLASS ACTION IN ARRIVO CONTRO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA http://www.adiantum.it/new_version/vedi_news.asp?idcategoria=23&idnotizia=166 Non solo adesioni, ma anche tantissime storie, allegate alle centinaia di preadesioni alla Class Action che vedrà come ”imputato” il Ministero della Giustizia. Un mondo senza luce, che chiede di essere documentato. Uomini e donne, mamme e papà, prostrati da un sistema iniquo che, quando attacca, ferisce su entrambi i fronti e, sorprendentemente, senza distinzioni di genere. Queste sono le voci di chi oggi, nel 2010, viene ancora tradito dai giudici che non applicano la legge, a ben 4 anni dalla sua entrata in vigore. In questa prima parte ci occuperemo dei padri, e anziché descrivere noi il loro mondo fatto di genitorialità negata, non troviamo di meglio che raccontare tutto con le loro stesse, autentiche parole. Davide scrive da Palermo: “All’udienza presidenziale il giudice mi ha dedicato 6 minuti e trenta secondi netti (li ha contati mia sorella). Ma la vera sorpresa è arrivata quando mi hanno notificato il provvedimento, che dice che devo stare con mio figlio un pomeriggio a settimana e le feste comandate. Non scrivono niente del week end alternato. Il Presidente se l’è dimenticato ! Ho subito chiesto una rettifica, ma dopo due mesi sto ancora aspettando.....” Stefano è romano: “il provvedimento del tribunale dei minori di Roma che regola le mie giornate di visita con mia figlia scrive precisamente una volta a settimana (4 ore dalle 16 alle 20) e un sabato - domenica a settimane alterne (dalle 10 del sabato alle 19 della domenica). La cosa assurda è che sono stati addirittura restrittivi di quello che mi dava attualmente la madre, 2 volte a settimana di 3 ore e mezza ed un sabato dalle 10.30 alle 19.30 a settimane alterne. Addirittura riuscivo anche a prenderla e riaccompagnarla all’uscita dell’asilo. Il bello deve avvenire con il mantenimento ritenuto “congruo” pari a euro 750,00!!! E sono un lavoratore dipendente che ARRIVA APPENA A 1500 EURO MENSILI ! Naturalmente la madre ha un reddito poco inferiore al mio ed una casa di proprietà, e il tutto è stato ampliamente documentato al Giudice!!! Mi sento preso in giro, perchè il giudice non la finiva di lodarmi perché sono un padre idoneo, e a parole reclamava il più ampio diritto di visita per il padre, e ancora affermava che la bimba deve mantenere un rapporto equilibrato con entrambi i genitori, e poi mi scrive questo provvedimento !!!” Raffaele da Cosenza: “ho speso oltre ventimila euro in una separazione durata dal 15.12.2005 al giugno 2009, e dall´anno 2006 che si richiede l’affido condiviso. Dopo essere stato accusato ingiustamente di essere violento e pericoloso per mia figlia, mi hanno allontanato dal tetto coniugale. Oggi ho un condiviso che dà il diritto alla bambina di avere ‘normali rapporti’ con il papà che vede quattro ore di un giorno infrasettimanale e otto la domenica. Di fatto distrugge il rapporto figlia-padre. Secondo loro è normale così” . Fabrizio ci contatta da Riva del Garda: “.......prima di questa ‘giudiziale’, per un anno e mezzo vedevo mio figlio a pari tempo.........è una vergogna. Mi hanno detto chiaramente che ‘la prassi del nostro tribunale prevede che il bambino veda il padre 2 week end al mese", e se lei non si mette d’accordo con la signora intanto affido il bambino ai servizi sociali”. C’è poi chi si è adoperato, nonostante la separazione, per stare vicino ai figli quanto più possibile. Ma ciò ha scatenato degli effetti da commedia tragi-comica. Così, Roberto da Milano ci racconta: “abito in un appartamento situato nello stesso palazzo dell´appartamento coniugale che è stato assegnato alla signora. Da tre anni, sono costretto a versare un assegno di mantenimento a favore della Signora, che figura essere il genitore prevalente, a mantenermi le mie 2 figlie che stanno con me al 50%, pagare metà del mutuo della casa coniugale. Ma che senso ha il ‘genitore prevalente’, quando si abita nello stesso palazzo ?” Clementina da Roma, invece, è solidale con i padri: “Sono una mamma di tre figli ma sono vicina a chi rivendica il proprio ruolo genitoriale sottratto da una giustizia miope e retrograda”. Ben detto, grazie Clementina. Valter da Verona ci ha colpiti con la sua ironia: “Sono un padre separato con due figli collocati presso la madre. Nonostante l´affido condiviso in essere, subisco vessazioni ad opera dell´ex moglie. Reagire con denunce e procedimenti giudiziari? Una commedia di Goldoni fa ridere meno...!! Un giudice, dopo avergli esposto che per mesi non ho visto i figli nei pomeriggi infrasettimanali previsti dall´omologa di separazione (a causa dell’ostruzionismo), mi ha candidamente risposto: -"E noi che ci possiamo fare?" Ivan da Bergamo incarna l’incubo di tutti i padri separati, allorquando si vedono sostituiti in casa propria: “Separato con affido condiviso della minore. Casa (proprietà al 50%) assegnata alla madre, che da oltre 4 anni convive con un altro uomo, con regolare lavoro, dal quale ha avuto una figlia. Io devo continuare a versare l´assegno di mantenimento, e soprattutto sono costretto a pagarmi l´affitto”. Oppure la storia di Matteo da Campi: “ho una figlia e da quando è nata, 02/08/2004, il tribunale dei minorenni ha stabilito l´affidamento condiviso. Ma è dal 2008 che il tribunale, con la sua lentezza ha delegato l´immenso potere di farmi svolgere il mio ruolo di genitore all´asl. Da settembre 2009, dopo tutto l´anno passato a consigliarmi, per esempio a non andare alla scuola dove mia figlia va, oltre a degli inconcludenti appuntamenti, la madre da un anno e mezzo che si è rifatta una vita e il nuovo compagno ha sostituito in toto la mia figura, dato che è da natale 2008 che lo chiama babbo. Ditemi se è possibile che un genitore venga sostituito nell´affetto di un figlio da un estraneo”. Le lettere si fanno incalzanti, e sale il livello del dolore di chi non sopporta la malagiustizia. Sergio da Milano si era risposato: “Sono mesi che non posso vedere mio figlio di 1 anno, non ho mai ricevuto alcuna notifica nè ordinanze da nessuno. Sono imprenditore edile, ho 60 anni e altri due figli maggiorenni educati e cresciuti dal sottoscritto…”. Poi è il turno delle nuove compagne dei papà separati. Sono presenze preziose, destinate al sacrificio e a contenere, minuto per minuto, la rabbia dei loro compagni. Come Milena, che scrive da Torino. “Da tre anni a questa parte sostengo il mio compagno nella lotta per ottenere dai Tribunali un effettivo riconoscimento della Bigenitorialità, che la pratica del genitore ‘collocatario prevalente’ di fatto svilisce attribuendo a tale genitore enormi poteri non solo sulla gestione dei tempi di vita dei figli ma anche sulla corretta impostazione dei rapporti con il genitore ‘non collocatario’. Le due residenze, e quindi ovviamente i due genitori, dovrebbero essere anche formalmente riconosciute di pari rilevanza, ma nella realtà dei fatti non è così…..” Con Salvatore da Cesano, si comincia a parlare delle violazioni ai provvedimenti del giudice. “Sono un padre che nonostante abbia ottenuto l´affido condiviso già in prima udienza, sono 120 gg che non vedo mia figlia, sono 120 gg che sua madre sta violando il provvedimento del giudice. Dovrei vedere mia figlia tutti i giorni, e nessuno interviene……”. E poi Raffaele da Gragnano, che ci racconta come “dovrei vedere mia figlia 2 volte alla settimana ma oggi sono 1 anno e mezzo che non vedo mia figlia x semplice rivalsa di mia moglie e nessuno fa niente, tutto procede con il massimo disinteressamento da parte di giudici, assistenti sociali, tribunale minorile ecc.....”. Luca da Macerata ha confidato nelle Istituzioni, e se la prende con i servizi sociali: “non ho potuto vedere i miei figli per quasi un anno , e solo dopo aver scritto a tutti, e dico tutti poichè ho scritto dal Presidente della repubblica Italiana al parlamento Europeo fino allo scopino sotto casa, e naturalmente al Tribunale Minori di Ancona e Tribunale di Ancona che cura la separazione. Dopo aver scritto sono io sotto processo ora ! Poichè i servizi sociali della usl , dopo le mie richieste procedono con incontri protetti per 1 ora a settimana. Ma all´Università dove hanno studiato questi pseudo dottori, gli hanno mai spiegato la differenza tra un pacco ed un bambino? hanno queste persone una famiglia, figli, per poter dare un giudizio ? Mauro abita a Palermo e suo figlio in Svizzera. E’ costretto a spendere una fortuna per vederlo. Ci racconta che “Mio figlio abita in Svizzera e io in Italia e, pur essendo io disponibile a tenerlo con me 15 giorni al mese grazie al fatto (documentato) che il mio lavoro me lo permette, il giudice ha disposto il "finto" affidamento congiunto. Dico "finto" perche’ nella fattispecie e´ un affidamento esclusivo "camuffato" da congiunto. Il giudice ordina un diritto di visita per il sottoscritto di ben due week-end al mese... alla faccia del congiunto !!! Non contento di ciò, ha anche stabilito che, malgrado le mie ingenti spese sostenute per esercitare il diritto di visita (io abito a Palermo e mio figlio a Ginevra……), e malgrado il fatto che lo stipendio di mia moglie sia quasi TRE volte maggiore del mio, io debba dare a mia moglie un assegno di 200 Euro !” La storia di Marcello, da Sassuolo, sembra una barzelletta ma almeno viene ammessa la colpa. In sede di appello, la risposta ricevuta è stata “Lei ha ragione, dovrebbe essere applicato l´affido condiviso, ma all´atto pratico, non si è ancora affermato l´utilizzo da parte dei magistrati…….”. Quanto raccontato da Giovanni, da Vicenza, meriterebbe un esposto al CSM per la gravissima imperizia dimostrata. Il tribunale ordinario di Vicenza gli ha applicato il classico "falso" affido condiviso, autorizzando tra l´altro la ex moglie a trasferire la residenza dove riteneva più idoneo. “…..E così ha fatto. Ha portato via lontano da me, in Sicilia, quindi a 1400 Km di distanza, mio figlio dalla casa coniugale di proprietà a Vicenza. Potrò vedere mio figlio, naturalmente tenendo conto degli impegni di lavoro con notevoli difficoltà economiche che comporteranno tali spostamenti, il martedi e il giovedi dalle 9 alle 12 e dalle 16 alle 19, a fine settimana alternati il sabato dalle 16 alle 19 e la domenica dalle 10 alle18, con pernottamento a partire dal compimento dei due anni di età. A parte il dolore della separazione e della conseguente straziante perdita affettiva di mio figlio di appena 16 mesi, mi chiedo: come potrò essere in grado di seguire, educare, e stare con mio figlio, dargli l´affetto e la presenza che ogni bambino merita da un padre, come peraltro prevede la legge dell´affido condiviso in questi casi ?? se di fatto mi è stato portato VIA questa volta in maniera legale dal tribunale, e anche dalla corte d´appello. Chi dovrà tutelare il diritto di mio figlio alla Bigenitorialità, quindi ad avere due genitori. Grazie per quello che farete per migliorare la legge attuale, ma mi rendo conto che basterebbe attuare la legge esistente, per il bene dei nostri figli, e per le generazioni che verranno”. Infine, la vicenda di Dario, che vive a Roma, è l’emblema dell’arroganza: “Il Tribunale di Roma mi ha negato l´affidamento condiviso senza motivazione, subito dopo che la legge era stata approvata, affermando che non c´erano stati cambiamenti significativi tali da giustificare una revisione della sentenza emessa prima dell´approvazione della legge. La legge in sé, a quanto pare, non era motivo sufficiente………”.
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MariaRosaDeHellagen | Date: Domenica, 18/04/2010, 07:03 | Message # 46 |
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| Trasmissione radiofonica “Rapiti dalla giustizia. La storia di Maria Lucrezia” (Radio L'Isola che non c'è - Crotone, 10 marzo 2009 dalle ore 21,15 alle ore 01,30) Moderatore: Aurelia Passaseo (A.P.) (Presidente del Coordinamento Internazionale Associazioni Tutela dei Diritti dei Minori) e Emanuele Scida, editore radio (E.S.) Interventi di: dr.ssa M. Falbo, mediatore familiare; dr. F.Nestola, Presidente Federazione Nazionale per la Bigenitorialità; L. Reghini di Pontremoli, madre di Maria Lucrezia; dr. L. Steffenoni, criminologo, scrittore, autore di Presunto Colpevole) Intervento di Luca Steffenoni, criminologo, scrittore, autore di Presunto Colpevole (ed. Chiarelettere, Milano 2009) A.P. Io volevo farmi spiegare dal dottor Steffenoni che cos'è la PAS visto che lei ha seguito molto la vicenda della professoressa Reghini e la storia di Maria Lucrezia. Quali sono le cause che determinano questa sindrome, questa malattia, se così la si può definire. L.S. Intanto non è una malattia, le sindromi sono quelle categorie della psicologia molto aleatorie: in generale oggi si parla di un sacco di sindromi, per esempio mi viene in mente la sindrome d'acquisto compulsivo per la quale non staremo qua a parlare, che so, d’interdizione della moglie a causa di troppi acquisti. Invece la Sindrome d'Alienazione Parentale dà luogo a tutta una serie di problematiche connesse perché si inserisce in questi benedetti conflitti familiari ma di per se stessa non è una patologia, non è una malattia, è un comportamento che è stato individuato da Richard Gardner che è uno psichiatra morto nel 2003, uno psichiatra americano che ha portato [la PAS] all'interno di numerosi processi. In sostanza cos'è e come si può definire [la PAS]? E' un abuso sia emotivo che psicologico ai danni del minore che si concretizza in un condizionamento da parte di un genitore per diffamare l'altro; allora, fuori dai paroloni, cosa significa?, significa che abbiamo un genitore – o meglio uno dei due genitori, che non è assolutamente detto che sia la madre perché Gardner non parla assolutamente né di madri né di padri – che è alienante ed è “il cattivo” e un altro che viene alienato diventando “la vittima.” L'alienante parla male al figlio dell'alienato, allora quali sono le conseguenze? Innanzitutto diciamo che tutti comunque facciamo un po' di PAS, tutti nei rapporti coi figli, anche le coppie che funzionano al meglio si trovano in moltissime situazioni a dire “tuo padre è un cretino perché si sta rimbambendo davanti alla partita di calcio;” ed il padre a sua volta dirà “tua madre è noiosa perché non capisce queste cose.” C'è una piccola parte d'alienazione in tutti noi e io aggiungerei che è anche quasi positiva perché è una specie di gioco di ruolo, ci sono anche microconflitti, microtensioni che devono essere comunicati al bambino che prenderà una posizione, non c'è niente di drammatico. Il dramma avviene quando c'è la compromissione del rapporto con l'altro genitore o quando c'è l'estromissione dal rapporto affettivo. Però il discorso veramente importante che ha fatto Gardner è un altro e in Italia è stato pressoché ignorato e tutta la questione della PAS gira poi intorno a questo aspetto. Gardner ha detto: attenzione perché questa Sindrome d'Alienazione Parentale può generare dei falsi ricordi nel bambino o delle false accuse all'interno dei conflitti giuridici là dove c'è l'ascolto del minore ovvero le liti nelle separazione, ma anche denunce per abusi sessuali o per maltrattamenti. Un caso celebre per il quale Gardner è diventato famoso, motivo per cui alcuni l’hanno definito lo psichiatra delle star, è stato il processo Woody Allen quando Mia Farrow l'ha denunciato per violenze e presunti abusi sessuali sulla figlia Malone. In quel caso appunto la difesa di Woody Allen ha portato Gardner il quale ha detto, attenzione perché la credibilità di Mia Farrow in questo caso è molto relativa perché ci sono stati tutta una serie di fattori che fanno pensare che abbia condizionato la bambina e le abbia fatto dire delle cose non vere. Ora, all'interno di un processo americano tutto questo ha un senso, all'interno del nostro processo molto meno. Il punto è che, nella situazione altamente conflittuale dei genitori italiani (al momento attuale l'87% - ed è un dato di Telefono Azzurro delle separazioni sfocia in una denuncia penale), c'è sempre l’accusa di uno dei genitori verso l’altro. L'80% di tutti gli abusi sessuali denunciati vengono dalla denuncia dell'ex-moglie contro il marito dopo una separazione. Vabbè su questo dato poi ci si potrebbe ragionare sopra, ognuno poi si fa le considerazioni che vuole; quello che volevo dire è: a cosa serve questa benedetta PAS?, serve proprio in questa situazione molto gravi perché dimostra che ciò che può emergere all'interno di un processo non è detto che vadano verso la verità. Ci può essere la volontà di influenzare, o da una parte o dall’altra, il minore. Invece, cosa succede in Italia, che è un paese molto strano e molto particolare? Esattamente il contrario. In quello che io non ho problemi a definire come il disastro della giustizia minorile, accade che non si adopera la Pas nei processi sugli abusi, come si dovrebbe, dove sono in ballo anni e anni di galera e problematiche gravissime e invece si usa in casi paradossali come quello dei conflitti che abbiamo sentito prima, come quello di Lidia Reghini. Ci si inserisce nei conflitti tra i coniugi, ma attenzione, portando via il bambino a tutti e due. Molti padri separati mi dicono: “la tua posizione sulla PAS ci danneggia perché noi poveretti non abbiamo nessun diritto (fatto verissimo) e l'unica cosa a cui ci possiamo appellare è la PAS”. E io dico sempre che è un grandissimo errore. Perché? Perché innanzitutto nessuno a mai stabilito che la PAS riguardi necessariamente la donna. Ci sono anche padri alienanti. Comunque al di la di questo rimane il fatto che il beneficio di questi scontri, nei quali un perito dice che c'è la PAS e l'altro dice che non c'è, non va ai padri separati. Purtroppo, va a beneficio solo ed esclusivamente di un sistema clientelare che si è formato attorno a sto' povero bambino. Come insegna il caso di Lidia Righini. A proposito di questa storia volevo aggiungere una cosa: ho ascoltato prima la vostra trasmissione e ci sono un po' di questioni che mi sarebbe piaciuto affrontare, poi dopo magari ritornerò anche su quello che dice la giornalista sul discorso della mediazione. Una cosa che volevo dire è che intanto Lidia Reghini ha dalla sua una capacità di sintesi ed una cultura tale per la quale ha toccato tutti i punti focali della faccenda, tra cui il diritto alla bigenitorialità, ma c’è un fatto curioso: qui siamo davanti ad una madre che aliena la figlia poi però quando parla della sua situazione afferma che si stanno danneggiando anche i diritti del padre. Si dimostra veramente il fallimento totale di questo sistema. Ma quello che volevo dire è che può sembrare che il caso Righini sia paradossale, ma in tutti i casi che ho messo nel mio libro - e ce ne sono quasi 50 ma ne potrei scrivere altri 200, 300 - e da tutti i casi che affronto quotodianamente, posso dire che non è un'eccezione è il sistema che funziona così. Io non ho nessuna necessità ad essere politically correct come la giornalista che parlava prima che sicuramente è più moderata, io il sistema lo conosco dall'interno, ci lavoro da vent'anni e non ho nessunissima difficoltà a dire che è il sistema stesso che provoca questi disastri: di storie come quella di Lidia Reghini ce ne sono tantissime. E' paradigmatica la sua storia ed è raccontata talmente bene che ovviamente...ma ci sono tante altre mamme che potrebbero raccontare la stessa identica storia, e anche tanti padri. A.P. Senta professore, lei prima ha detto che la PAS può far emergere situazioni regresse. Può essere che nel caso di Maria Lucrezia sia successo così? L.S. E’ una situazione che io conosco molto bene, ho letto molto degli atti: qua non è emerso assolutamente niente, nel senso che qui siamo letteralmente nel campo dell'aleatorialità più assoluta. Magari ci fosse una diagnosi ben precisa, l'ha detto prima molto bene Lidia Reghini: qua non c'è nessuna perizia che stabilisce una situazione di PAS perché per farla avrebbero dovuto entrare nel merito invece qua arriviamo al punto che un giudice non ascolta nemmeno la bambina per una situazione del genere, qui insomma l'unica chiave di lettura è uno strapotere di alcuni servizi sociali che la utilizzano come possono, con una carenza culturale spaventosa, perché poi quando si va nel dettaglio…, cioè lei, signora Passaseo prima mi chiedeva come si diagnostica la PAS. Normalmente – e per dire normalmente bisogna attraversare l'Atlantico - si diagnostica attraverso un'anamnesi familiare, ci sono test incrociati, Gardner ne ha preparati parecchi di test incrociati nel senso di test figlio/figlia e genitore presunto alienante e in America ci sono dei protocolli ben precisi. Qui, parliamoci chiaro, non sanno neanche di che cosa stanno parlando. A.P.: Siamo totalmente fuori dal mondo. L.S.: Esatto, ma non solo nella storia di Lidia Reghini, anche nella storia di Lidia Reghini cioè queste sono tutte situazioni analoghe, questi non sanno nemmeno di che cosa stanno parlando; mi dispiace dirlo ma si è creata ormai questa mitologia della PAS ma come in altri settori per esempio quello dell’incapacità genitoriale…siamo nel campo dell’incertezza e dell’ignoranza più assoluta. A.P.: Può supporre in questo caso che il servizio sociale, l'assistente sociale sia più dalla parte del padre piuttosto che della bambina? L.S.: Il problema è che questo è fumo negli occhi, è che questa è un'operazione puramente politica, di fumo negli occhi, di immagine che vogliono dare i servizi sociali. Lidia Reghini è incappata nell'assistente sociale che vuole fingere di dare aiuto al padre ma qua il padre è l'ultimo dei tutelati, perché perde la figlia esattamente come la madre, cioè non c'è neanche questo, nello sfascio generale, nemmeno la tutela del padre. Non sono l'avvocato di Lidia Reghini e quindi non ho nessun motivo per prendere posizione, posso dire che nello sfascio generale, magari dessero i bambini ai padri, invece non c’è nemmeno questo. Il sistema tutela solo se stesso danneggiando tutti e due i coniugi. Io vorrei che l'aurea che c'è attorno a questa benedetta PAS si chiarisse. Adesso forse la Pas verrà definita come patologia e tutti sono contenti, tutti pensano che questo serva a risolvere i problemi dei padri separati; purtroppo non è così, bisogna tornare ad una concetto di bigenitorialità e dunque si apre quel discorso sulla mediazione familiare che si faceva prima: la mediazione familiare, in questo momento è del tutto osteggiata perché non è funzionale al sistema e quando dico sistema intendo dire la magistratura, intendo dire gli assistenti sociali e le case d'accoglienza che sono spesso private e, mi spiace dirlo, alimentano degli interessi economici fortissimi. In questo momento la mediazione familiare è un orpello, si fa fare o non si fa fare; ma di fatto non ti salva da questi guai. In realtà servirebbe tantissimo, io sarei per una mediazione obbligatoria, prima ancora di far partire dei provvedimenti di ogni tipo, fatta da qualche psichiatra indipendente che a quel punto ha la parola non dico decisiva, ma sicuramente deve avere un bel peso. Siccome il mediatore familiare viene dall'esterno, intendo dall’esterno del sistema, non mangia nello stesso piatto, per parlare in termini molto chiari, è estromesso; vedremo tra anni cosa succederà, magari si lottizzeranno anche loro, io spero di no, divenendo più funzionali e proni e a questo punto verranno tirati sulla barca. E.S.: Professore, volevo parlare del suo libro “Presunto Colpevole”, ci può accennare, dire ... L.S.: “Presunto Colpevole. La fobia del sesso e i troppi casi di malagiustizia”. E.S.: C'è una denuncia dentro? L.S.: E' un libro che contiene una denuncia suo malgrado, in realtà voleva raccontare circa vent'anni di vita di tribunali per far vedere all'esterno un mondo che io conosco molto bene e che in teoria dovrei difendere se non altro perché è quello che mi da da campare, anzi mi dava, perché ormai avendo denunciato all’esterno i guasti del sistema, non godo più di grandissime simpatie. A furia di vedere cose veramente sconvolgenti dove l'ultimo degli interessi è quello della tutela dei bambini mi sono detto che ho un'età sufficiente per potermi permettere un'operazione di questo tipo, all'inizio doveva essere un'operazione descrittiva e narrativa sia di casi positivi che di casi negativi poi man mano si è trasformata in una denuncia. Una denuncia che vorrei far notare, nonostante il libro sia uscito da un sacco di mesi, nonostante il libro abbia venduto un sacco di copie, nonostante abbia avuto dei boicottaggi di associazioni varie eccetera, non stò ad elencare, non è stato querelata da nessuno. A.P.: Volevo sapere perché questo titolo “Presunto Colpevole” e a chi si riferisce. Si riferisce al bambino che sarebbe un presunto colpevole? L.S.: No, si riferisce a tutti e due, adulto e bambino, questo libro è un po' un libro in fieri, che si è modificato persino nel titolo. Ero molto incerto se chiamarlo “Presunto Colpevole” riferito alla situazione di tanti adulti che hanno una presunzione di colpevolezza nel momento in cui succedono cose come quella di Lidia Reghini o peggio ancora come nel campo degli abusi sessuali dove l'adulto è comunque estromesso dal diritto di difesa, e poi mi sono accorto, che presunto colpevole è anche il bambino in tutto questo ambaradan che si è creato attorno all'interesse primario del minore, che poi è sempre l'ultimo ad essere tutelato, è presunto colpevole anche lui: cioè Maria Lucrezia è colpevole agli occhi del sistema e ancora più colpevole perché si difende, perché non è la bambina tranquillina che sta lì e accetta la cosa anche perché hanno fatto un errore di età, perché [Maria Lucrezia] comincia adesso [ad essere in un età in cui i ]suoi diritti li manifesta. Io ne ho conosciuti parecchi di bambini così, addirittura qualcuno ha detto che sta diventando una letteratura di genere quella degli ex bambini che diventati maggiorenni scrivono libri, c'è il caso di Angela Lucanto, Gaia Rainieri. Tutto un filone di autori che dicono: m'avete preso da piccolo, mi avete obbligato ad accusare i miei genitori di tutto e di più, mi avete promesso che in questa maniera li avrei rivisti – come il caso dei bambini di Basiglio, a Milano, che sono stati rinchiusi in una casa d'accoglienza senza alcun motivo- e questa la chiamate tutela? Purtroppo il quadro è questo, il guaio è questo, dopodiché possiamo andare ad indagare i vari perché, nel mio libro ci sono anche i perché. Per la prima volta qualcuno - e me ne prendo il merito, sarò presuntuoso - spiega esattamente i perché. Non è il solito libro-denuncia dove si dice “ah, che schifo” e basta. In Italia tutti scrivono libri denuncia, dicono “questo non funziona” e finisce lì la faccenda. No, io dico il perché non funziona e quindi dove bisogna andare ad incidere. E.S: Lei nel suo libro dice “io penso che tutelare davvero i bambini significa anche proteggerli dagli abusi inventati.” Vede invece una cultura dell'abuso tutta fondata sulla denuncia, insomma. L.S.: Esattamente è quello che succede, lo dicono i numeri, non c'è assolutamente la volontà di andare a capire che le situazioni e [bisogna] appunto vedere [in] questo caso qua se c'è la Sindrome d'Alienazione Parentale: qua tutto ruota attorno alla denuncia, al disegnino osceno messo sotto il banco del bambino, vedi il caso Basiglio, al racconto che fa la maestra. Lidia Reghini prima parlava della scuola: la scuola è oramai ridotta ad essere una specie di poliziotto di tutte queste situazioni. Io sono di Milano, e a Milano in tutte le maniere le associazioni cercano attraverso i corsi che vengono fatti nelle scuole, di sollecitare un'attenzione nei bambini che di fatto diventa poi morbosità: da lì a dire “ah, ho visto una volta mio papà che faceva la doccia nudo e gli ho visto il pisello”, il passo è breve e se ti trovi – ed è facile trovarti – dei fanatici dell'antiabuso, ti ritrovi con situazioni veramente drammatiche. Poi c'è anche da notare il dato statistico: l'80% di denunce avvengono in seguito a conflitti familiari e allora quello che dico [è]: stiamo facendo la lotta alla pedofilia o stiamo facendo la lotta ai padri separati o stiamo entrando nei conflitti familiari per altri interessi? La sensazione è proprio quest'ultima e siccome a me la lotta alla pedofilia sta a cuore al contrario di quello che dice qualche imbecille che ritiene che questo tipo di libri aiutino i pedofili, [io dico che è] esattamente il contrario: non aiutano per niente il pedofilo vero, aiutano quelli che non lo sono. E io come padre prima che come criminologo mi sento tutelato avendo in galera dei pedofili veri e non sapendo che appena due litigano arriva l'assistente sociale, il giudice e compagnia bella, periti di parte sempre tutti legati ad una certa logica e ad associazioni ben precise; poi sembra che si parli di cose teoriche, no, ci sono dati, ci sono numeri, ci sono fatti ben precisi, ci sono dei conflitti di interesse. Diciamo che i problemi sul tavolo ci sono e la risposta per risolverli c'è, se la nostra politica continua a pensare soltanto ai problemi propri (e parlo di tutti perché opposizione o no in questo momento sono del tutto uguali), e non si mette a parlare dei problemi dei cittadini, dei problemi delle coppie, dei problemi delle famiglie non li risolviamo, se invece vogliamo sostenere questi piccoli bacini d’interesse economico, che sono anche dei bacini di voto, perché numericamente sono interessanti, avremo sempre più innocenti in galera, sempre più bambini portati via alle famiglie. Prima si faceva il discorso dei numeri, nel mio libro si parla di 28.000 casi e molti m'hanno detto che mi sono tenuto troppo basso ma questi numeri vengono da uno studio ben preciso. Secondo Rossitto di “Panorama,” e secondo i suoi calcoli, sono 32.000. In ogni caso fossero 28.000 o 32.000, [l'Italia] è il paese in Europa con la più grande percentuale di bambini portati via alle famiglie, soltanto l’Inghilterra ne ha di più, però attenzione perché in Inghilterra c'è una situazione molto diversa, cioè lì le case famiglia aiutano sul serio tutte le madri, soprattutto extracomunitarie - avendo un grande problema di emigrazione – che restano incinte a 13-14 anni: le [loro] comunità le buttano fuori in base a delle leggi tribali, il gruppo le emargina, a questo punto loro non sanno dove andare e vanno in una casa d'accoglienza. E lì è una casa d'accoglienza vera, ad averne così da noi. Da noi se una resta incinta a 13 anni prima mettono in galera il padre dopodiché ti lasciano in mezzo alla strada. Come dico, questo dato di 28.000 bambini è di per se stesso un dato scandaloso, se a questo aggiungiamo poi i costi… i costi sono molto variabili: i famosi 200-250 euro al giorno sono una media perché nel Sud ci sono realtà dove vengono [a costare] meno e nel centro Italia, ci sono situazioni folli che arrivano a cifre molto più alte, [ma] la media è questa. Secondo una denuncia di un consigliere Regionale, il Piemonte, ad esempio, spende 45 milioni di euro all'anno per tenere i bambini in comunità e ne spende solo 20 per tutte le altre politiche d'aiuto. Ecco questo fa capire: la metà! Provate ad avere un bambino handicappato, provate ad avere un malato terminale, provate ad avere cioè tutti i drammi che ci possono essere, lo sappiamo benissimo, sei lasciato completamente solo, invece su questa storia delle case d'accoglienza si scatenano le difese corporative e clientelari perché c'è un guadagno folle sotto, folle. Volevo aggiungere una cosa a quello che diceva la giornalista perché tutti quelli che guardano da fuori queste situazioni pensano:“vabbè almeno ci sarà un risarcimento, almeno pagheranno per la responsabilità”. Non c'è mai nessun risarcimento, mai, e non c'è nessunissima responsabilità neanche nei casi più gravi, perché? Perché il bene supremo del bambino stà sopra tutto, per cui bisognerebbe provare la malafede. Io ho casi nei quali sono state fatte delle perizie false – ma proprio false, false, con le firme false – e ho casi di sottrazioni di prove dal tavolo del giudice, eccetera e non ha pagato nessuno. Quindi mi dispiace ma purtroppo le vittime non hanno neanche questa prospettiva, oltre al fatto che c'è il corporativismo degli assistenti sociali, che si difendono sempre tra loro. E’ un brutto mondo visto dall'interno.
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MariaRosaDeHellagen | Date: Domenica, 18/04/2010, 07:39 | Message # 47 |
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| Politici italiani vogliono trattenere in Italia bambini di altri paesi, non avendo in disposizione condizioni decorose neanche per bambini italiani (istituti-ospizi-case famiglia-comunità gestite dai pedofili e dalle sette, affidatari inadatti scelti con criteri oscuri, giudici e servizi sociali che delinquono). Ho trovato un articolo in rete e sono rimasta veramente stupita dall'arroganza dei politici italiani e degli insulti nei confronti della Romania. Se i rappresentanti della Romani vorranno sapere in qualei condizioni stanni minori italiani, come lo prenderanno italiani? Ovvio, che in Italia le porte degli ospizi sono chiuse e nessuno può accedervi. Come mai tanta insistenza nei confronti dei bambini cittadini di altri paesi e niente interesse verso reati dei giudici dei tribunali minoili e servizi sociali italiani??? Con quale scopo i radicali cercano di trattenere bambini stranieri nell'inferno italiano??? Per violentarli nelle case famiglie, chiamando violenze "recupero"??? Spiegatemelo, per cortesia, non capisco! domenica 9 novembre 2008 Gratian sparisce in Romania. http://www.dirittominorile.it/news/news.asp?id=773 Un tribunale dei minori, quello di Roma, "non nuovo a sentenze di questo tipo, sbrigative, superficiali". Una magistratura "appiattita sulla politica che criminalizza" gli stranieri, "i rumeni in particolare, per alimentare la paura". Il ministro degli Esteri Franco Frattini che "esprime rammarico, quando invece bisogna intervenire". Sono gli elementi che girano attorno a una vicenda, quella di Gratian Gruia, su cui i radicali oggi, in una conferenza stampa nella sede del partito, hanno cercato di richiamare l´attenzione. Gratian, il bambino rumeno di tre anni e mezzo seviziato dal padre e abbandonato dalla madre, costretto a chiedere l´elemosina e indotto dalla nonna a piangere perche´ intenerisse i passanti, per decisione del tribunale dei minori di Roma il 27 ottobre scorso e´ stato rimpatriato in Romania e da allora se ne sono perse le tracce. Prima, aveva iniziato un percorso di recupero in una casa famiglia a Roma, dato che la pm Simonetta Matone aveva chiesto e ottenuto la decadenza della potesta´ genitoriale "per i gravi maltrattamenti commessi". La sentenza che dispone il rimpatrio invece, firmata dai giudici Roberto Ianniello, Armida del Gado, Ermanno Tarsitani e Marisa Fragasso, "non ha tenuto in minimo conto le condizioni del bambino", denuncia la radicale Elisabetta Zamparutti, che ha presentato un´interrogazione parlamentare sul tema. "Su richiesta del pm- racconta- era stata aperta una procedura per accertare lo stato di abbandono del minore. Nel frattempo il governo rumeno ha chiesto il rimpatrio e il tribunale, sulla base di questa richiesta e dell´accordo bilaterale Italia-Romania, ha ritenuto di non dover procedere ad accertare le condizioni del minore, il suo stato di salute. Ha disposto la non adottabilita´ di Gratian e la sua consegna alle autorita´ rumene". Insomma, attacca Sergio D´Elia, "un bambino trattato come un pacco postale, una sentenza di cinque righe, nessuna attenzione vera a Gratian". Come se non bastasse, una volta arrivato a Bucarest sarebbe stato portato via da un uomo e l´operatrice italiana che lo aveva accompagnato, sarebbe stata lasciata all´aeroporto senza che potesse sapere nulla della destinazione del bambino. "La procedura di rimpatrio e´ avvenuta senza rispetto delle regole", dice Sergio D´Elia. Ma, "soprattutto noi temiamo che ci siano tanti casi Gratian nel nostro Paese, che testimoniano di una prassi dei tribunali per i minori italiani, non attenti alle esigenze dei bambini". La domanda e´, ora, dove sia Gratian. Ramona Badescu, consigliere del sindaco di Roma Gianni Alemanno per i rapporti con la comunita´ romena, e´ stata a Bucarest per seguire la vicenda. Non ha visto il bambino ma "mi hanno assicurato che si trova nella sua zona di provenienza". E´ possibile lavorare per un rientro in Italia? "Farlo tornare sarebbe un altro trauma". I radicali chiedono che, a questo punto, intervenga, oltre al ministro degli Esteri, anche il ministro della Giustizia. Perche´, ribadiscono, "noi non interferiamo con quanto decide la Romania, ma denunciamo il modo in cui funziona la legge, i tribunali, nel nostro Paese".
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MariaRosaDeHellagen | Date: Domenica, 18/04/2010, 08:05 | Message # 48 |
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| http://www.dirittominorile.it/news/news.asp?id=573 sabato 21 ottobre 2006 Il bambino abbandonato. Villa (sociologo): ´´La povertà la causa nel 40% dei casi´´. Dallo shopping della cantante Madonna in Malawi alla vita in istituto: ha molti volti la solitudine dei minori senza famiglia. Il bambino abbandonato. Villa (sociologo): ´´La povertà la causa nel 40% dei casi´´. "Un fenomeno di ignoranza ma anche di rimozione di un fatto spiacevole che turba la psicologia e le emozioni, da cui prendere le distanze”. Con queste parole Francesco Villa, docente di sociologia generale all´università Cattolica di Milano, ha commentato il dato principale emerso dalla ricerca commissionata da Aibi e Chicco alla Gfk-Eurisko (vedi lancio nel notiziario di oggi; ndr): 1/3 degli italiani non ha alcuna immagine del minore abbandonato. “Di fronte a questo fatto bisogna inquadrare la prospettiva dell´analisi sociologica di questo fenomeno, che va individuato in rapporto a questo problema del condizionamento sociale -ha detto Villa-. La domanda generale è se la società in cui viviamo risulta favorevole od ostile nei confronti di un´adeguata conoscenza del problema dell´abbandono e della cultura dell´accoglienza, di cui si notano le carenze”. Il parere del sociologo - “Dal punto di vista sociologico è opportuno distinguere tra forme gravi e meno gravi di abbandono: le diverse immagini evocate ci ricordano che ci sono forme gravi di abbandono, presenti in diverse fasce della popolazione all´interno delle società del benessere -ha detto Villa-. Abbiamo visto lo ´shopping´ della cantante Madonna in Malawi, dove la situazione di abbandono dei minori è gravissima: l´eta media del Paese è di 37-38 anni, l´Aids miete vittime e i genitori muoiono prima di insegnare ai figli il minimo di sopravvivenza, in qualche caso i bimbi sono allevati dalle nonne, tutti fatti di una tragicità sconvolgente, che andrebbe conosciuta. Esistono poi altre forme di abbandono meno gravi, che però implicano gravi problemi di sofferenza interiore, di cui le diverse società si son fatte carico attraverso problemi di tipo assistenziale ed educativo, come gli orfanotrofi. L´immagine dei bambini in istituto come ´abbandonati´ viene evocata dal 4% degli intervistati: il minore in istituto vive una situazione di abbandono, non ha possibilità di vivere relazioni familiari significative, pur senza la gravità dell´abbandono assoluto. Altro dato su cui riflettere è la povertà come causa di abbandono (40%) seguita dall´ignoranza (19%) e dalla mancanza di sensibilità (16%), ma la povertà è alla base della causa dell´abbandono non solo nei Paesi in via di sviluppo, ma anche nella nostra società: dalle donne sposate l´aborto viene chiesto nei casi in cui si hanno già due o più figli e non ce la si fa dal punto di vista economico -ha detto Villa-. Per concludere si può dire che per realizzare una transizione tra l´assistenza agli istituti e l´accoglienza in famiglia è necessaria una maggiore consapevolezza dei valori in gioco, sia da parte dell´opinione pubblica che da parte dei mass media. Pensiamo alla produzione cinematografica: è da tempo che non vedo un film in cui la famiglia non è ritratta in modo positivo”. Il parere dello psicologo - “Rabbia, indignazione, risentimento, impotenza, vergogna: sono le emozioni suscitate dall´abbandono -ha aggiunto Massimo Ammaniti, ordinario di Psicologia dinamica all´università La Sapienza di Roma-: quello dell´abbandono è un tema che percorre da sempre la società umana. Il bambino cerca sicurezza e protezione da parte degli adulti, per questo ha bisogno di avere rapporti continuativi e stabili di cura, che garantiscano la sopravvivenza fisica e uno sviluppo psicologico equilibrato. Per questo si è sviluppato l´attaccamento e il neonato piange perché sollecita risposte “di affiliazione” nell´adulto. Quando la mamma se ne va il bambino soffre, e già quella è una sofferenza, figuriamoci altri casi. Esistono forme molto diverse di abbandono, le cui conseguenze sono molto negative, ma lo sono ancor di più se si verificano nei primi anni di vita e se l´abbandono è totale. L´abbandono ha conseguenze non solo sul piano psicologico e sulla costruzione dell´identità, ma il bambino sviluppa un senso di colpa. Spesso, tra l´altro, il bambino abusato si sente lui responsabile e questo crea una distorsione nell´immagine di sé -aggiunge Ammaniti-. Soprattutto nei primi anni di vita, quando il cervello si sta sviluppando, ci possono essere danni permanenti a livello cerebrale, che si ripercuotono nelle generazioni successive. Il bambino diventerà un adulto con una fragilità che non può non riemergere nel rapporto con i figli, per questo un bambino abbandonato può diventare un geniore abusante”. Riguardo al 25% degli italiani che non vogliono impegnarsi a favore dei bambini abbandonati, secondo Ammaniti non è del tutto causa dell´insensibilità: “Hanno paura di guardare al fenomeno, non si sentono all´altezza -dice il docente-: spesso la sofferenza infantile è difficile da sopportare e suscita nelle persone meccanismi di difesa rigidi. Cerchiamo di allontanare il pianto del bambino perché ci ferirebbe troppo per cui mettiamo in atto meccanismi difensivi di allontanamento. Per questo è importante che l´informazione avvenga nel modo giusto, che spieghi i fenomeni sociali senza creare il ´caso´ e avere un atteggiamento terroristico, che rischia di allontanare le persone anziché avvicinarle.
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Tagliaventi_F | Date: Domenica, 25/04/2010, 01:07 | Message # 49 |
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| LA POESIA PER MOLTI PADRI E ALCUNE MADRI E' ORMAI QUESTA: (autore, purtroppo sconosciuto, la poesi va diffusa via e-mail senza indicate l'autore) Voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case, voi che trovate tornando a sera il cibo caldo e visi amici: Considerate se questo è un uomo che lavora nel fango che non conosce pace che lotta per mezzo pane che muore per un si o per un no. Considerate se questa è una donna, senza capelli e senza nome senza più forza di ricordare vuoti gli occhi e freddo il grembo come una rana d'inverno. Meditate che questo è stato: vi comando queste parole. Scolpitele nel vostro cuore stando in casa andando per via, coricandovi, alzandovi. Ripetetele ai vostri figli. O vi si sfaccia la casa, la malattia vi impedisca, i vostri nati torcano il viso da voi.
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MariaRosaDeHellagen | Date: Mercoledì, 12/05/2010, 05:52 | Message # 50 |
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| http://comunicazionecondiviso.blogspot.com/2009/04/la-sottrazione-coatta-dei-monori-e.html La sottrazione coatta dei monori e falsi abusi. Movimento "Cresco a Casa" Impedire gli allontanamenti impropri dei bambini dalle loro famiglie. E' l'obiettivo che si è prefisso il movimento 'Cresco a casa', che raggruppa decine di associazioni, presentato ufficialmente il 16 aprile 09 a Torino. ''In Piemonte, secondo dati 2006, circa 3.500 bambini risultano allontanati dalle loro famiglie naturali: di questi oltre 2.300 accuditi in altre famiglie con lo strumento dell'affido familiare e poco meno di 1.200 in comunita' - ha spiegato il consigliere regionale del Pdl, Gian Luca Vignale - cio' che allarma, come certificano i dati dell'assessorato alle Politiche sociali e l'Osservatorio regionale sull'infanzia, e' che il 76,8% dei minori sono stati allontanati per incapacita' e metodi educativi non idonei e per impossibilita' dei genitori a seguire i figli''. ''La rimanente percentuale che ha portato all'allontanamento - prosegue - si divide tra il 3,63% di orfani o privi di entrambi i genitori, il 9,8% in stato di abbandono e il 4,7% per maltrattamenti. Cio' significa che il 18% viene allontanato per un motivo oggettivo e grave, mentre la restante parte per motivi che potremmo definire soggettivi''.
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MariaRosaDeHellagen | Date: Mercoledì, 12/05/2010, 05:55 | Message # 51 |
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| OSSERVATORIO dell'Associazione GESEF: Se sei genitore di un minore forse ti interessa sapere che: - L’attuale procedura consente al Tribunale per i Minorenni di decretare la sospensione della potestà genitoriale ad uno o entrambi i genitori, dietro segnalazione di un qualunque operatore scolastico, sanitario, sociale. - Qualunque comportamento o atteggiamento anche verbale al di fuori della “norma”, manifestato da tuo figlio - chiusura caratteriale, difficoltà ad interagire con i coetanei, eccessiva aggressività, momentanea inappetenza, linguaggio sboccato, precoce gestualità sessualmente connotata, lamentazioni per rimproveri ricevuti - oppure un aspetto esteriore troppo grasso o troppo esile, può essere interpretato come sintomo di disagio causato da abusi sessuali, maltrattamenti o trascuratezza subiti in famiglia Quando tale “sospetto” si affaccia nella mente degli anzidetti operatori, essi, per legge, sono tenuti a segnalare il caso al Tribunale per i Minorenni senza l’obbligo di verifica preventiva con i genitori. - Nei casi di separazione/divorzio conflittuale la segnalazione è effettuata perlopiù dal genitore affidatario (nel 93% la madre) che, su consiglio di consulenti legali senza scrupoli, utilizza l’apparato giudiziario per far allontanare l’altro genitore dalla vita del figlio, al fine di gestire gli affetti di quest’ultimo in maniera esclusiva e/o per consumare vendette. Se e quando emerge l’infondatezza della segnalazione e l’intento strumentale, spesso anche questo genitore viene considerato “inadeguato” e privato della potestà, senza peraltro il reintegro e la riabilitazione di quello ingiustamente accusato. - La sospensione può essere decretata senza alcuna previa consultazione del genitore “sospetto” di abusi sessuali, maltrattamenti, trascuratezza abbandonica e consiste nell’allontanamento coatto del/i figlio/i da uno o entrambi i genitori; in quest’ultimo caso la prole viene forzosamente prelevata dall’abitazione o da scuola e collocata presso un Istituto di Accoglienza. Gli Assistenti Sociali subentrano nella totale gestione del minore, spesso senza fornire adeguate informazioni ai genitori cui viene talora concesso un “diritto di visita ” settimanale. Molti hanno perso i contatti per anni con i loro figli, istituzionalizzati in altre città o in luoghi di cui non viene fornita localizzazione. - Generalmente il decreto di sospensione emesso dal Tribunale è provvisorio: ciò non consente ai genitori di ricorrere in Appello. Tale provvisorietà può protrarsi per diversi anni, nel corso dei quali non esiste alcuna possibilità di contraddittorio e difesa dalle accusa che hanno determinato il provvedimento. Non vengono accolte prove a discarico, non vengono sentiti testimoni: valgono esclusivamente le insindacabili relazioni degli assistenti sociali e le perizie dei consulenti psichiatrici, perlopiù adeguate alle aspettative del magistrato che ha conferito l’incarico . - Quando infine il Tribunale per i Minorenni prende una decisione, il minore ha le seguenti possibilità: o le iniziali segnalazioni si rivelano infondate e rientra in famiglia psicologicamente massacrato, oppure la sua famiglia viene dichiarata inadeguata dagli “esperti” e posto in stato di adottabilità. Da quel momento perderà ogni contatto con i suoi genitori e se nessuno lo adotta resterà in Istituto fino alla maggiore età. Oppure passerà da una famiglia affidataria all’altra come un pacco postale, senza che nessun Tribunale tenga conto dei legami affettivi nel frattempo instaurati. - Ad oggi sono collocati presso gli Istituti di Accoglienza Italiani circa 30.000 minori. Di cui un terzo figli di genitori separati/divorziati. Per ciascuno minore il Comune di appartenenza versa una quota di 100-150 EURO giornaliere, per un totale complessivo annuale di circa 1000 MILIONI di euro a carico della collettività ( fonte Osservatorio Nazionale Famiglie Separate – Gesef) - dal varo della legge 285 del 1997 che stanzia annualmente centinaia di miliardi per garantire e tutelare i diritti dell’infanzia, si sono moltiplicati in quantità industriale i Centri di Accoglienza per Minori, i Centri di Trattamento per il Disagio Minorile, i Centri per la Mediazione Familiare, finanziati appunto con detti fondi pubblici. - Per vigilare su minori presunti “disagiati”, l’apparato dei Servizi Sociali Territoriali ha assorbito negli ultimi anni decine di migliaia di operatori, formati professionalmente e retribuiti con fondi pubblici, che non avrebbero altrimenti ottenuto alcuna collocazione nel pubblico impiego. - Un esercito di avvocati e di psicologi, che non troverebbero altrimenti spazio sul mercato del lavoro professionale già saturo, traggono dalle conseguenze giudiziarie della conflittualità tra ex coniugi e del disagio minorile una inesauribile fonte di prosperoso guadagno. - La conflittualità tra ex coniugi abilmente alimentata e il disagio minorile abilmente mistificato legittimano la crescente e devastante intrusività della magistratura nella sfera più intima di un essere umano: gli affetti familiari. Con procedure di dubbia costituzionalità che ottengono il pubblico consenso grazie all’allarmistico ed ossessivo clima di pericolo volutamente creato intorno alla fascia minorile. Una tensione sociale che, ben lungi dal garantire la reale tutela dei minori da qualsivoglia pericolo, ha invece prodotto nell’ultimo anno ottanta tragedie di omicidio/suicidio. - Gli enormi interessi economici che ruotano intorno alla “tutela del minore” determinano altresì lobbies di potere, serbatoi di voti, e condizionamenti politici. Un business di cui i minori da “tutelare” sono in realtà vittime indifese TUO FIGLIO POTREBBE ESSERE LA PROSSIMA VITTIMA! Aiutaci nella battaglia civile che stiamo conducendo per - avviare una Inchiesta Parlamentare sull’operato dei Tribunali Minorili e Tribunali Ordinari in merito all’affidamento dei minori e dei Sevizi Sociali ad essi collegati - modificare le leggi che consentono tali procedure, in particolare i Protocolli di lavoro tra SS e Tribunali Minorili - Applicare la legge sull’Affido Condiviso che regola attualmente separazione/divorzio ed affidamento minori con particolare applicazione della Bigenitorialità. Gesef – Genitori Separati dai Figli link: http://www.gesef.org/torino-conferenza-stampa-su-sottrazione-coatta-dei-monori-e-falsi-abusi
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MariaRosaDeHellagen | Date: Sabato, 15/05/2010, 02:33 | Message # 52 |
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| MIO FRATELLO STA MORENDO, UNA STORIA VERA Da http://mammecoraggio.wordpress.com/2010/05/04/mio-fratello-sta-morendo-una-storia-vera/ ( http://mammecoraggio.wordpress.com/2010....> ) Maria ha diciotto anni, è piccola, bionda, col nasino all’insù ed un’espressione sempre imbronciata. Due occhi che, anche quando ride, piangono. E’ uscita presto da scuola , dopo le prime due ore di assemblea d’Istituto, ha lasciato le sue amiche e si è incamminata da sola, verso l’autobus che la riporta a casa. Non aveva voglia di ascoltare le chiacchiere allegre, non aveva voglia di parlare di ragazzi e fingere di essere felice e spensierata. La mattina sua madre armeggiava con la lavatrice che non funzionava, altri soldi da pagare per l’idraulico, soldi che non bastano mai. Pazienza, aveva pensato tra sé, anche stavolta devo rinunciare alla gita scolastica a Praga. Intanto era uscita di casa lasciando la madre che borbottava a più non posso che non ne andava mai bene una. E’ strano, ma quella lavatrice a cui adesso stava pensando mentre percorreva il lungotevere, le aveva innescato un tale sconforto che il cuore sembrava le si spaccasse. Cominciò a piangere, un pianto incontenibile, tutte le lacrime represse, ricacciate con forza. Le lacrime di una vita. Una lavatrice le aveva ricordato che la sua storia stava andando a rovescio. Tutto non funzionava più nella sua vita, inutile fingere. Maria decide di non proseguire verso la fermata dell’autobus, ma di attraversare il ponte e scendere fino al Tevere, sull’isola Tiberina. Lascia cadere lo zaino e vi si siede vicino. E’ una bellissima giornata di sole, come solo Roma sa donare, volge il volto umido per lasciarsi inondare di luce. Altro che lavatrice, altro che soldi che mancano sempre, altro che madre sempre a pensare come cavarsela, perché non c’è un’anima che ti dia un aiuto. Maria in realtà piange per suo fratello, il suo amato fratellino di cinque anni più giovane, lontano da lei, lontano dalla madre, lontano …in casa famiglia. Non ce la fa Maria a sopportare il dolore di stare distante da lui, ma soprattutto di sapere che sta male che è infelice. “Io mi ammazzo, mi ammazzo, se sto ancora lì dentro mi ammazzo!” Queste le frasi che ancora le risuonano, questo il grido d’angoscia profonda di suo fratello Luca, la sera prima quando, dopo aver trascorso la domenica a casa con lei e la madre, doveva per forza o con la forza ritornare in casa famiglia. Vergognoso, ma ancora più vergognoso non avere uno straccio di possibilità di aiutarlo, nessuno che ascoltasse la loro disperazione. Maria sente crescere dentro di sé un odio, così profondo, così viscerale da non riuscire ad immaginarlo staccarsi da sé, un odio verso tutto e tutto. Odio verso il mondo intero e pure verso Dio. Dio lassù, ti ricordi che noi siamo quaggiù in balia di gente senza cuore, senza scrupoli senza ragione? Maria piange. Piange per sua madre, una donna sola, abbandonata, trattata come una cosa inutile , una pezza. Piange per il padre che le è capitato, non riesce neanche a sopportarne il ricordo, tanto i conati di vomito la soffocano. Un padre che ha distrutto tutto: amore, onore, rispettabilità, sacralità. Un padre che ha giurato a sua madre di fargliela pagare, che è riuscito ad ingannare tutti, anche la legge, al punto da riuscire ad avere in affido, anni fa, lei e suo fratello. Perchè lui rispettabile all’esterno lo era e lo è davvero. Povero marito, pensava la gente, quante storie racconta sua moglie, un uomo così amabile…. Quanto aveva pianto quando l’avevano allontanata da sua madre, quanto l’aveva odiata e giudicata perchè non era riuscita a tenersi i suoi figli! Quanto l’aveva odiata quando non aveva saputo difenderla dalle mani sporche di suo padre… Maria non piange più ora, lo sguardo fisso avanti, le mascelle rigide. Qualche giorno prima era andata a casa di una sua compagna di classe. Frequentava spesso la sua casa, le piaceva molto l’aria che si respirava. Le piaceva soprattutto il padre della sua amica, così affettuoso, abbracciava la figlia, la coccolava, rideva di lei e poi salutava tutti e ritornava al suo studio notarile. Ma veramente era un bravo padre, si domandava, o era come il suo, che ormai grazie a Dio, non frequentava da anni? La sua amica sembrava contenta, adorava suo padre e parlava di lui spesso. Ma la sua esperienza personale la portava ormai a dubitare di tutto e di tutti, a pensare che non esistessero le persone buone, le persone vere. Anche ora, lì sulla riva del Tevere, Maria viene rapita dalle coppie che camminano portando i loro figlioletti in braccio o in passeggino. Forse sono stranieri in vacanza. Osserva un padre alto, giovane e biondo che rincorre il figlio, lo prende, lo solleva e lo riempie di baci, lo riporta alla madre ed abbraccia anche lei. Osserva anche un altro uomo che stringe un batuffolo rosa, come fosse un trofeo ed intanto si gode il panorama con la moglie. Maria si stupisce sempre del fatto che tutti gli uomini che incontra con lo sguardo siano persone normali. Non come suo padre, che ha inquinato, deturpato, sfigurato, la bellezza della vita. Della sua vita. Un giorno era riuscita a raccontare tutto a sua madre, non sapeva neanche con che coraggio, le aveva sputato tutto in faccia, con rancore, per farle ancora più male. Sua madre l’aveva portata a parlare con un esperto, ma nessuno le aveva creduto. Incredibile, avevano pensato che sua madre l’avesse costretta a raccontare calunnie per riprendersela in casa con sé. Tutti erano assolutamente convinti che sua madre accusasse il padre per rendergli la vita impossibile e che avesse la denuncia facile a causa della forte conflittualità con lui. Ma lei non era comunque e per fortuna, mai più tornata dal padre, aveva puntato i piedi, fatto il diavolo a quattro. Alla fine il padre stesso aveva detto che era lui a non volere più quella bugiarda in casa e l’aveva cacciata. Bugiarda! Come avrebbe voluto che fosse stato vero il fatto che avesse inventato tutto. Finalmente avrebbe dormito tranquilla, non avrebbe avuto incubi terribili ogni notte, che la facevano svegliare affranta, sudata e dolorante. Suo fratello invece era rimasto col padre, non aveva mai saputo perché lei se ne era andata. Ma due anni fa, gli assistenti sociali decidono che è il caso di seguire da vicino Luca e di allontanarlo dal padre. Lo portano a forza, tanto non ci si può ribellare, in una casa famiglia. Per quasi due anni Maria non ha più potuto rivedere suo fratello, neanche a sua madre è stato consentito, se non per brevi momenti. Luca si domandava il perché di quello che gli stava capitando e il perché se lo domanda ancora adesso. Solo da qualche mese è stato consentito a Luca di riprendere a tornare a casa del padre per il week end e la domenica pomeriggio fino a sera a casa sua e della madre. Maria sorride inavvertitamente, lo sguardo si distende, suo fratello è un simpaticone. Che gioia poterlo riabbracciare, bisbigliare chiusi nella loro camera, raccontarsi anche le favole, sognare di essere sempre insieme. Quanto ride suo fratello insieme a lei! Quanto è bello suo fratello, il volto dai lineamenti delicati. Gli dice talvolta “quanto sei bello! Non era meglio che nascessi io così affascinante, visto che sono donna?” Poi gli scompiglia i capelli e lo abbraccia stretto stretto. E lui si lascia coccolare, si lascia prendere in giro. Abbracci lunghi, sinceri, belli, puliti, abbracci tra fratello e sorella, abbracci forti che devono bastare per gli interminabili giorni della settimana, per le ore ed i secondi, in cui delle persone che non c’entrano nulla con la loro vita, li tengono divisi senza pietà. Senza umanità. Che dolore lasciarsi la domenica sera, riportarlo insieme a sua madre in quell’orribile posto, in quella prigione dei desideri familiari. Che dolore stringerlo ancora, per l’ultima volta, vederlo incamminarsi, magro ed esile, per gli stenti a cui è sottoposto, verso il portone verde dell’istituto. Che dolore fingere sorrisi e saluti gioiosi, mentre dentro Maria vorrebbe solo decidere di farla finita con la vita. Però, quando torna a casa, in quella sua casa silenziosa senza la voce di suo fratello, quando si addormenta, quella è l’unica notte in cui non sogna mostri e, se si sveglia, si rigira nel letto, allunga la mano verso il letto del fratello assente e si riaddormenta al ricordo degli abbracci e delle frasi sussurrate: “Luca, un giorno andremo a vivere insieme. Vedrai, troveremo un lavoro, saremo felici, avremo tanti amici e saremo finalmente sempre insieme”: Luca: il primo periodo in casa famiglia per lui è stato terribile. Via il cellulare, che ci devi fare, non puoi chiamare. Via il computer, no ,no, con chi devi chattare? Via le uscite con e senza permesso. Le porte si chiudono a chiave, se vuoi uscire per andare a trovare degli amici o semplicemene per fare una passeggiata nel quartiere, non è possibile: potresti fuggire. Luca si trova in prigione. Perché solo una prigione può tenerti contro la tua volontà, altrimenti, se la porta fosse aperta, Luca avrebbe salutato tutti, arrivederci a mai più e sarebbe tornato a casa. Gli operatori sono molto giovani, non sono sposati, non hanno figli. Sono giovani, ma inflessibili. C’è un mondo in casa famiglia. Ci sono ragazzi di tutte le nazionalità, di tutti i tipi, ce ne sono alcuni che sanno usare bene i coltellini per taglieggiarti. Bisogna stare attenti in casa famiglia. Maria pensa a suo fratello: così ordinato, meticoloso nelle sue cose. Chissà quanto ha sofferto nel non poter avere un’intimità neanche rispetto ai sui oggetti personali. Luca non ama mangiare certi cibi, è stato sempre un poco schizzinoso. Ebbene lo hanno costretto a mangiare quello che passa il convento. Non mangi? Che problema c’è. Vai a letto senza cena. Non mangi quello che si trova nel piatto? E chi sei, il figlio del re? Per punizione, sei pregato di lasciare sul tavolo l’uovo di Pasqua che ti ha mandato tua madre. Il suo amato uovo di cioccolato di cui è così ghiotto. Maria non ha ragione di dubitare dei racconti del fratello: lui l’uovo non l’ha mangiato, se lo sono divisi tra loro gli operatori. Così per ogni cosa: se non ubbidisci, stai attento che ti leviamo gli spazi di libertà. E così Luca, tutto il suo disappunto l’ha riversato sulla scuola. Luca è una frana. Si è lasciato bocciare lo scorso anno e di nuovo lo sarà quest’anno se continua a non studiare. Non è che prima fosse un grande studioso, ma adesso era peggiorato sicuramente. Luca è disperato. Vuole lasciare la casa famiglia, vuole riappropriarsi della sua libertà, del diritto di frequentare i suoi amici, di vedere sua madre e sua sorella. Luca non può e ha pensato di morire. Luca vuole farla finita. Il suo è un grido di angoscia. Ma è anche una richiesta di aiuto: fate qualcosa per me, sembra dire. Maria ha il cuore stretto dall’ansia. Come può aiutare suo fratello? Perché la verità è che nessuno li ascolta. Perché le assistenti sociali non credono a sua madre, perché la considerano una donna che farebbe di tutto, anche usare i suoi figli, per far del male al suo ex marito? Possibile che non riescano ad uscire dai loro schemi e a guardare le persone con gli occhi dell’obiettività? Una nuvola ha coperto il sole, che non riesce più ad asciugare le lacrime sul suo bel volto. Maria comincia a sentire freddo, si stringe il golfino , tira su di naso. Fratello mio, devi vivere, ce la dobbiamo fare, abbi pazienza, sii coraggioso. Non può essere per sempre, non possono tenerti sempre rinchiuso come un cane senza diritti, come uno schiavo dello stato. Fratello mio resisti, non buttare la tua vita, non farti del male per farla pagare a chi ti fa del male. Fratello mio, combatti per te, per me, per nostra madre, che non ha potuto difenderci e che continua a lottare come una leonessa nonostante l’abbiano distrutta. Maria sente il desiderio di parlare con Luca, sente che c’è bisogno di guardare avanti, che Luca deve avere la prospettiva che la prigionia finirà e che troverà lei e sua madre ad attenderlo. Sale la scalinata e va verso il pullman che la riconduce a casa. C’è sua madre che l’aspetta, la sua mamma forte e bella. Pazienza per la lavatrice, si aggiusterà e si tirerà un pò la cinghia. Si, farà un bel sorriso a sua madre. Dai mamma che ce la faremo. Anzi, pensiamo a qualcosa di divertente da fare per il week end prossimo, quando verrà a casa Luca. “Luca, fratellino mio, coraggio ce la faremo “. Luca non ammazzarti, resisti.
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MariaRosaDeHellagen | Date: Sabato, 07/08/2010, 00:10 | Message # 53 |
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| LA FONTE: http://www.genitorisottratti.it/2010/07/comunicato-stampa-sit-in-del-26-luglio.html Comunicato Stampa: SIT IN del 26 Luglio TdM Bologna COMUNCIATO STAMPA Manifestazione di Bologna davanti al tribunale dei minorenni: è necessario riformare un sistema che non funziona più LA RESPONSABILITA' DIRETTA DELLE PERIZIE PSICHIATRICHE E PSICOLOGICHE Bologna. Circa cinquanta persone hanno manifestato davanti al tribunale di Bologna contro le sottrazioni ingiuste di minori sulla base di perizie psichiatriche e psicologiche soggettive e senza un reale accertamento dei fatti e delle prove. La maggior parte dei partecipanti erano mamme e papà che protestavano per gli abusi subiti. Durante la manifestazione, il Dott. Maurizio Millo, Presidente del Tribunale dei Minori, ha parlato con i manifestanti affermando che “qui si fanno le cose secondo la Legge", scatenando le reazioni delle mamme e papà presenti. In effetti, molti giudici e assistenti sociali cercano di lavorare nell’interesse dei bambini e di non prendere decisioni superficiali. È certamente vero che si dedicano con passione alla tutela dei minori e cercano di proteggere i bambini. Ma perché allora ci sono così tanti abusi. Secondo noi la vera causa sono le perizie psicologico-psichiatriche. Tutto il sistema è vittima di psicologi, psichiatri, consulenti che tramite valutazioni soggettive ed opinabili, spesso inducono il Tribunale dei minori a prendere provvedimenti drastici e drammatici. Come precisamente denunciato nella relazione del dottor Raspadori (uno psicologo di Trento che lavora da anni nel settore dei minori): “...il cronista giudiziario si accorge che questi ‘provvedimenti’ tanto drammatici si riferiscono a comportamenti che di per sé non sono reati, che sono diffusi nella maggior parte degli interni famigliari, ma che improvvisamente vengono classificati come altamente pericolosi, al punto da dover mettere in salvo il minore.” E la famiglia, nella maggioranza dei casi, è totalmente impotente di fronte a queste valutazioni psicologiche o psichiatriche. La gente comune è convinta che la sottrazione di minori sia dettata da oggettive condizioni di degrado. Si da per scontato che la decisione del giudice si basi su abusi gravi e oggettivi. Ma leggendo attentamente le sentenze si scopre che spesso la motivazione è di natura psicologica ed alquanto questionabile. Ed il primo punto della denuncia del dott. Raspadori tratta proprio della fantomatica «incapacità genitoriale»: “I procedimenti con cui si separano i bambini dalle madri ( o dai padri ndr) in nome dell’incapacità genitoriale, facendo risalire questa capacità/incapacità ad una caratteristica psicologica, ad un tratto di personalità cioè, sono un abuso anche scientifico. Non esiste in nessun manuale di psicologia o psichiatria la categoria o la sindrome di incapacità genitoriale. Non esiste l’incapacità genitoriale in quanto categoria psicologica AD EXCLUDENDUM. Gli atti a cui così frequentemente ricorre il Tribunale per i Minori di Trento, di affidamento a terzi (Servizi Sociali) di un minore è un’ipotesi che dovrebbe essere perseguita solo per gravissimi ed eccezionali motivi.” E perché le mamme e i papà non denunciano (o non denunciavano dato che finalmente iniziano a farlo) queste sentenze assurde? Il primo motivo è che non conoscono il perché della sottrazione e il secondo motivo è lo stigma sociale che temono di dover affrontare, come esemplarmente documentato dal dottor Raspadori: “La vita di un genitore viene, così, stravolta e negata nella sua identità, da un momento all’altro. Non ha con chi parlare, lui solo sa, non il perché, ma quanto gli è successo. Se esterna angoscia, rabbia, dolore, le persone attorno, i conoscenti, i colleghi, ascoltano con compatimento, certo, ma ognuno è portato a pensare ‘chissà cosa nasconde, chissà cosa ha combinato’. Meglio tacere, mimetizzarsi, sparire, che vivere lo stigma di ‘madre incapace’, incapace e pericolosa al punto che i giudici hanno dovuto mettere al sicuro i figli.” Secondo le stime del Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani, in Italia la percentuale di bambini sottratti per "inidoneità genitoriale" è di circa l'80%. Il dottor Raspadori parla addirittura del 95% per cento. Qui non si parla più di alcuni casi eccezionali. Qui si parla di un intero sistema degradato. In Italia i bambini sottratti in Italia sono circa 32.000 e in Trentino sono ben 355 ( http://blog.panorama.it/italia/2009/11/13/i-nostri-figli-portati-via-da-un-giudice/ ). Ormai nessuna famiglia è veramente al sicuro. Non pensiate che non potrebbe succedere anche a voi. Il caso di Basiglio (che vede imputate cinque persone che hanno permesso che due bambini -fratello e sorella- fossero strappati alla famiglia sulla base di un disegno osé imputato falsamente alla bambina) ci insegna che anche una famiglia perfettamente normale potrebbe vivere questo dramma. Ringraziamo le poche famiglie che, come quella di Basiglio, hanno avuto il coraggio di denunciare l’abuso subito e hanno riottenuto i loro bambini. È ora che tutte le famiglie escano allo scoperto per denunciare questi abusi. Non abbiate paura. Denunciate. Questo è un sistema che deve essere riformato completamente. Le perizie psicologiche-psichiatriche dovrebbero avere solo valore di opinioni e non essere considerate direttamente come “accertamento della verità”. Un bambino dovrebbe essere sottratto solo sulla base di fatti gravi ed accertati o solo dopo l’acquisizione di prove oggettive attendibili. Questa riforma sarà possibile solo quando la gente sarà consapevole del problema. Perciò denunciate, informate la gente, smascherate questi abusi, per il bene dei vostri e dei nostri figli. Silvio De Fanti Vice presidente Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani onlus www.ccdu.org info@ccdu.org
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dibattitopubbl | Date: Martedì, 22/02/2011, 18:46 | Message # 54 |
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| Con la roncola contro l'assistente sociale - Arrestato per tentato omicidio http://genova.repubblica.it/cronaca/2011/02/21/news/roncolate_all_assistente_sociale_arrestato_per_tentato_omicidio-12713091/ http://genova.repubblica.it/cronaca....2713091
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dibattitopubbl | Date: Mercoledì, 16/03/2011, 05:37 | Message # 55 |
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| http://www.crescoacasa.com/70-percento-minori-allontanati-senza-motivi-gravi http://www.crescoacasa.com/70-perc....i-gravi OLTRE IL 70% DEI MINORI ALLONTANATI SENZA MOTIVI GRAVI O ACCERTATI SOLO IN PIEMONTE OLTRE 3000 BAMBINI ORFANI CON GENITORI VIVI VIGNALE (PDL) PRESENTATO UN DOSSIER SUGLI ALLONTANAMENTI IN PIEMONTE. PRESENTATI COSTI, DATI E PROPOSTE PER PORTARE UNA RIVOLUZIONE COPERNICANA DELLE POLITICHE FAMIGLIARI. In Piemonte una donna è stata allontanata dalle proprie figlie perché ascoltava troppo Radio Maria e amava un cartone animato, Lady Oscar. La donna, si è rivolta spontaneamente ai servizi sociali per maltrattamenti da parte del marito, e dopo appena tre mesi dalla disposizione di inserimento in comunità con le figlie, il Tribunale dei minori, su consiglio dei Servizi Sociali, ha avviato l’iter per la messa in adozione delle figlie e l’allontanamento della madre. Questo è solo l’ennesimo caso di errori di un sistema oramai andato in corto circuito dove i servizi sociali hanno svolto una perizia repentina e provvisoria senza tenere conto dei fattori (violenza, drammi famigliari, difficoltà di approccio nell’inserimento, come rilevato dalle perizie psichiatriche) che hanno coinvolto madre e due bambine disponendone un allontanamento immotivato e senza cause accertate È oramai evidente che il recupero della genitorialità, inteso come azione di promozione e sostegno della famiglia, non sia oggi tra le priorità di intervento e azione del Tribunale dei Minorenni né dei servizi sociali. Solo nel 2009 Piemonte all’interno delle comunità erano presenti 1182 e 1532 erano in affidamento famigliare (quasi 3000 in tutto) . Questo ha comportato una spesa per l’ente pubblico di quasi 8 milioni di euro ( 430 euro al mese a famiglia) per gli affidamenti e di oltre 43 milioni di euro per l’inserimento in comunità (100 euro al giorno per ogni bambino). Se è evidente che dietro la torta di oltre 43 milioni di euro vi siano degli interessi economici di alcuni e si verificano casi in cui chi è chiamato a controllare lo stato dei minori in comunità è al tempo stesso consulente della comunità, il dato più grave è che ogni anno il 70% dei minori allontanati avrebbe potuto rimanere con i propri genitori. Infatti il 63% degli inserimenti in struttura è dovuto ad inadeguatezza/ incapacità genitoriale (40%), sospetti di abuso (10%), assenza di una rete famigliare adeguata o problemi giudiziari di uno o entrambi i genitori. Tutti motivi, che, con un’adeguata azione domiciliare dei servizi sociali avrebbero potuto esser evitati salvando così migliaia di minori di casi. Il dato è confermato dal 52% di casi di allontanamenti che in meno di un anno tornano in famiglia. Interrompere questa sequela di allontanamenti evitabili per la Regione Piemonte non avrebbe alcun costo, ma anzi comporterebbe un aumento delle assunzioni, una riduzione della spesa e la serenità per migliaia di famiglie. Calcolando infatti, con lo stesso costo di un minore inseguito in comunità si potrebbero assumere 2 operatori sociali in grado di seguire a domicilio ogni sospetto o caso di incapacità genitoriale 24 ore alla settimana. Questo significa che ogni anno, evitando l’allontanamento ad almeno 150 minori, la Regione risparmierebbe 5 milioni di euro assumendo contemporaneamente 220 operatori sociali. Per questo motivo abbiamo predisposto un disegno di legge che per la prima volta in Italia garantirà, nei casi di sospetti abusi o incapacità genitoriali, istituirà un Osservatorio regionale delle politiche famigliari, ente indipendente che potrà censire i singoli casi di allontanamento al fine di dare importanti contributi per una più corretta azione di tutela e sostegno alla famiglia. È infatti necessario invertire il passo e far si che la genitorialità non sia considerata una mera concessione statale che in ogni momento può essere revocata ma sia giudicata come parte integrante di una famiglia e fondamento per una crescita serena dei figli. Tratto dalla pagina di facebook del Consigliere regionale Gianluca Vignale
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dibattitopubbl | Date: Mercoledì, 16/03/2011, 06:16 | Message # 56 |
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| http://www.crescoacasa.com/documenti http://www.crescoacasa.com/documenti TRIBUNALE PER I MINORENNI: UNA GIUSTIZIA PRIVA DI CONFINI “dedicato al silenzio delle madri a cui il dolore toglie anche la dignità della parola” Premessa L’altro giorno la dott.ssa Santaniello, presidente del Tribunale dei Minori, nell’ambito di un’udienza in cui intervenivo ripetutamente affinché fossero definiti a priori dei criteri precisi, oggettivi intendo, per la valutazione di “un caso”, mi ha detto “Raspadori, lei si coinvolge troppo”. Eh già, è vero, e lo rivendico. Respingo l’idea di svolgere silenziosamente, da bravo scolaretto, il mio “compitino” di Consulente Tecnico di Parte (CPT), delineare cioè il profilo psicologico di un bambino o di un adulto, consegnarlo alla scadenza, farlo affluire assieme a mille altri atti di altri psicologi, psichiatri, assistenti sociali, educatori, avvocati, sul tavolo del giudice, senza chiedermi come è sorto “un caso”, perché proprio quel genitore è finito nel mirino dei tanti ruoli che girano attorno al Tribunale dei Minori, quali sono e che valore hanno i criteri con cui improvvisamente viene valutata la “capacità genitoriale” di una madre, e viene esclusa. Nel “piccolo” di un Tribunale per i Minori, io dico che, così come sono le procedure e i comportamenti di tanti personaggi che accettano di svolgere il proprio compito parcellizzato, rivive in pieno quella “banalità del male” che Hanna Arendt descrisse per i campi di concentramento, in cui ogni funzionario svolgeva burocraticamente e disciplinatamente il proprio “compitino” nell’ambito prescrittogli, al punto di perdere la coscienza del maggiore dramma che avveniva, e a cui lui era chiamato ad aggiungere “solo” un mattoncino, il proprio. Se nulla di peggio c’è di quando l’immacolatezza dell’infanzia viene violata, dobbiamo dirci però che oggi i casi di abusi e di violenze conclamate ad opera di genitori sui propri bambini riguardano meno del cinque per cento di quelli per cui il Tribunale per i Minori sancisce la perdita della potestà genitoriale ed il collocamento dei figli altrove. So bene, come tutti noi sappiamo, che la violenza non è solo fisica, ma quando ci addentriamo nel campo indefinito della psicologia, al di fuori cioè di fattispecie certe di reato, quando noi decidiamo di valutare modi, comportamenti, sentimenti, espressioni, collegate al carattere, a tratti di personalità, a stati d’animo, a tutto quell’insieme, cioè, spesso contraddittorio di ansie, paure, sicurezze, aspettative, gelosie, dipendenze, orgogli, che compongono la psiche umana, noi entriamo inevitabilmente nel campo della discrezionalità. La discrezionalità dei nostri valori, sentimenti, vissuti, visioni della vita, e molto più semplicemente del nostro modo di amare e di crescere i figli. E quando la discrezionalità delle valutazioni psicologiche si accompagna al potere di irrorare il massimo della pena, la perdita di tuo figlio e la negazione di te stessa, il rischio di passare dalla discrezionalità all’arbitrio è enorme, e foriero di danni e drammi di molto maggiori di quelli che astrattamente si dichiara di volere evitare. Dichiarare un genitore, ed in particolare una madre, “incapace” e sottrargli i figli, ed oggi, assai frequentemente, l’unico figlio, è lacerante ben più della galera, molto più vicino ad una pena di morte, specie e proprio per le modalità con cui questi provvedimenti, come vedremo, vengono attuati. Ed è più che lacerante per lo stesso figlio, quando è un bambino, perché lui non è alla ricerca del miglior modello di genitore, ma a quel genitore, così com’è, lui è attaccato. Quel genitore, ed in particolare quella madre, con le sue caratteristiche, è stata la sua costante. Di quella madre conosce le dolcezze e le sfuriate. Da quella madre ha imparato anche a difendersi, oserei dire, da quella madre sa cosa aspettarsi, ma sa anche che c’è. Perdere questa presenza concreta, di punto in bianco, perché un giudice o un assistente sociale o uno psichiatra decreta tra sé e sé, perché ad un bambino non viene detto e in ogni caso è un’astrazione che non può comprendere, che solo altrove c’è ciò che converrà al suo futuro, è più che una violenza, più che un trauma, è come precipitare un piccolo nel vuoto accompagnandolo con volti di adulti sconosciuti e sorridenti. Noi che, proprio qui in Trentino, all’epoca della guerra in Jugoslavia e poi in Cecenia, quando per generosa ma falsa coscienza sull’aiuto possibile da portare, comprendemmo, solo dopo, che non si possono separare i piccoli dalle madri, perché il benessere psichico di un bambino è maggiore tra le braccia materne pur sotto le bombe, come ci dicemmo allora, piuttosto che in una lacerante separazione, tutto questo, quotidianamente, psicologi/educatori/assistenti sociali, sembrano oggi dimenticarlo. In nome di un decisionismo tutto fondato sulla più vaga e incerta delle scienze, la psicologia, che diventa arrogante supponenza quando viene usata per giudicare e per punire e non per accompagnare ad una maggiore consapevolezza. Allora, del Tribunale per i Minori voglio dire le seguenti cose: 1) I procedimenti con cui si separano i bambini dalle madri in nome dell’incapacità genitoriale, facendo risalire questa capacità/incapacità ad una caratteristica psicologica, ad un tratto di personalità cioè, sono un abuso anche scientifico. Non esiste in nessun manuale di psicologia o psichiatria la categoria o la sindrome di incapacità genitoriale. Non esiste l’incapacità genitoriale in quanto categoria psicologica AD EXCLUDENDUM. Gli atti a cui così frequentemente ricorre il Tribunale per i Minori di Trento, di affidamento a terzi (Servizi Sociali) di un minore è una ipotesi che dovrebbe essere perseguita solo per gravissimi ed eccezionali motivi “La potestà genitoriale costituisce un ufficio di diritto privato, dice la letteratura giuridica, e il genitore, verso lo Stato e verso i terzi, h .un vero e proprio diritto soggettivo alla titolarità dell’ufficio e all’esercizio personale e discrezionale del medesimo, con l’unico limite…di indirizzarlo verso il soddisfacimento delle sole esigenze del minore. In altri termini, la titolarità della potestà genitoriale, oltre che un dovere ed officium, è anche e ad un tempo un insieme di poteri, dal contenuto personale e patrimoniale, talmente incisivi da assurgere al rango di diritto soggettivo; pertanto i provvedimenti del giudice, che su quel diritto possono incidere fortemente, hanno pur sempre uno spiccato carattere contenzioso e non di decisioni unilaterali”. I principi generali lasciano fuori i bisogni concreti del minore: è stato giustamente osservato che l’interesse del bambino è visto attraverso il mondo degli adulti, ed una tale ottica può essere drammaticamente deformante. Non ha senso perseguire la individuazione di una astratta idoneità genitoriale, dato che le conseguenze che se ne volessero trarre potrebbero benissimo non adeguarsi al caso che ci sta davanti. La “capacità genitoriale” è l’oggetto ricorrente nelle CTU (le perizie predisposte dal tribunale) Non pensate a chissà quali virtù debbano possedere i genitori adeguati e chissà quali pecche contraddistinguono quelli inidoei. Ormai una dichiarazione di inacapacità genitoriale la potete leggere ad occhi chiusi, tanto si sviluppa ripetitivamente dai presupposti ai passaggi diagnostici intermedi, fino alle conclusioni. Una madre di fronte al perito è in partenza una madre ferita, che non comprende perchè tutto questo sta succedendo, attraversata da dubbi, paure e sospetti e dalla certezza di doversi difendere, che tutto può essere usato a suo scapito. Da qui, regolare come un’equazione matematica, la prima diagnosi di sentimenti persecutori di stampo paranoide. Sicuramente nel passato della madre c’è qualche forte dolore rimosso che porta ad una elaborazione depressiva nella forma di comportamenti troppo accuditivi, protettivi o possessivi della madre nei confronti del proprio piccolo. E a questo punto non c’è scampo perchè se prevale una elaborazione rabbiosa, maniacale, narcisistica la madre può diventare pericolosa, e altrimenti i comportamenti troppo accuditivi, di stampo regressivo, vengono equiparati ad incapacità genitoriale di crescere i figli, di cogliere i loro reali bisogni, ovvero di inadeguatezza al ruolo materno. Tutto questo in nome della indiscutibile verità che l’equilibrata crescita psicologica di una persona è fondata sulla capacità di vivere relazioni oggettuali, ovvero la capacità di distinguere perfettamente sè dagli altri, di non essere attraversati da facili meccanismi di identificazioni o proiezioni, che inducono dipendenza o misconoscenza e negazione delle altrui caratteristiche, necessità, bisogni e desideri. Affermare che la madre ideale è una madre che sappia rapportarsi oggettualmente con il proprio figlio, che sappia in lui vedere una persona ben distinta da sè, a 2, 5, 8, 15, 25 anni, è altrettanto banale della presunzione “tutta materna” di conoscere perfettamente il proprio figliolo, anche quando questi ha 30 o 50 anni. Se fosse per questa incongruenza dovremmo affidare ai Servizi Sociali, ben più della metà dei nati. Ciò che reputo importante è che una madre sappia essere ben protettiva negli anni in cui il piccolo è completamente affidato a lei, ed essa deve sapere prevenire le possibilità di pericolo per il piccolo indifeso. Quando ce l’ha in pancia e per alcuni anni successivi ancora. Poi, può avvenire che lei lo consideri sempre il “suo bambino”, che sia più ansiosa e protettiva del dovuto, ma in ogni caso è la socializazzione che prende avvio con la scuola materna e poi le elementari che introduce il bambino a nuove relazioni.. E’ l’ingresso in scena di nuovi adulti significativi, a cominciare dalle maestre ma non solo, che portano a ridimensionare la magia infantile della mamma “la più buona e la più bella” e del papà “il più forte ed il più giusto”, e questo avviene comunque, anche se la mamma continua a ritenersi unica e insostituibile. La pubertà e l’adolescenza, poi, faranno il resto. Gli amori dell’adolescenza, i rapporti amicali, la scuola con il suo chiedere conto, formeranno definitivamente il nostro piccolo al rapporto con la realtà ed alla reciprocità con l’altro. Dimenticare questi principi della vita e della crescita, pretendere che una madre sia come una operatrice sociale o una psicologa, pretendere cioè di misurare e giudicare la qualità dell’amore materno e il modo di esprimere affettuosità da un lato, e quanta la capacità di asettico coinvolgimento operativo, senza tenere conto della naturale visceralità del rapporto, non solo rischia di far prendere solenni cantonate, ma purtroppo anche commettere ingiustizie, quando non le vogliamo chiamare crudeltà. A volte dovremmo riflettere che il genitore che a noi non piace è forse il miglior genitore accanto a cui può crescere un figlio. E che forse c’è un eccesso nella sostituzione di un genitore con l’assistente sociale. ********** Ancora sulle capacità genitoriali Ci sono due casi che possono sembrare assai diversi uno dall’altro, due bambini tolti alle rispettive madri, uno nel corso della prima infanzia, l’altro verso la fine delle scuole elementari. Le madri sono assai diverse, i gesti ed i comportamenti a cui danno vita sono assai diversi, eppure entrambe accumunate nel dovere dimostrare la propria adeguatezza genitoriale. Ebbene non è assolutamente vero che l’esame per la valutazione delle capacità genitoriali debba tradursi nei meandri di una perizia psichica, come se fosse l’equilibrato psichismo a generare i bambini ed il loro benessere. Sarebbe sufficiente invece, per comprendere se il percorso è stato fin lì adeguato, analizzare il comportamento del piccolo nelle relazioni con il suo mondo prevalente. Cosa intendo? Che per un piccolissimo ci sono le otto-nove ore quotidiane che lui trascorre al nido o alla scuola materna e per un bimbo più grandicello le ore a tempo pieno della scuola elementare. Quale osservatorio migliore per valutare con gli insegnanti lo sviluppo cognitivo, emotivo e del giudizio critico, la curiosità dei percorsi ed il coraggio, l’elaborazione positiva dell’aggressività e la capacità cooperativa, l’affermazione di sè ed il rispetto degli altri, la franchezza, la lealtà, la vivacità degli interessi, e via dicendo. Se un bambino, a seconda dell’età, e delle tappe dello sviluppo psichico previsto, risponde positivamente a canoni di normalità e non presenta particolari difficoltà e intoppo da indagare, allora è segno che la madre, o il padre, ma prevalentemente la madre, comunque sia portatrice dei propri vissuti psicologici, è una madre più che adeguata. La terribile equazione astratta “disturbo o tratto particolare di personalità = fattore di rischio = incapacità genitoriale” non ha senso, non risponde a nessuna verità, specie poi oggi che, ripeto, il bambino vive una forte socializzazione fin dai primissimi mesi di vita e una moltitudine di figure significative di riferimento. 2) Il Tribunale per i Minori in nome della sacra difesa dei diritti dei minori toglie qualsiasi diritto e garanzia agli adulti, ovvero ai genitori. La funzione inquirente e quella giudicante si somma nella stessa persona, il giudice è al contempo organo giudicante e portatore dell’interesse del minore. Non è super partes ma assume di fatto le vesti di difensore del minore, con la conseguenza che, in modo aprioristico e preconcetto, la voce del genitore viene disattesa e neppure ascoltata. Il punto di partenza è fare arrivare una segnalazione che appaia credibile, in cui si sbatte il mostro, la madre, in prima pagina: il Tribunale, con decreto “provvisorio e urgente”, non impugnabile da nessuno, sospende la potestà genitoriale e affida il minore ai servizi sociali. C’è un meccanismo, a mio parere perverso, per cui è talmente grave il primo provvedimento, la sottrazione del minore alla madre, che successivamente il Tribunale, seppur difronte all’emergere di una realtà diversa o in ogni caso non così allarmante quanto la denuncia iniziale aveva fatto credere, non ammette di essere stato tratto in inganno e si intestardisce a dare la parola e il potere di gestire il caso alle stesse assistenti sociali affidatarie dei bambini e, dopo l’urgenza quasi vitale del primo provvedimento, tutti i tempi si allungano. I genitori vengono ascoltati per la prima volta dopo mesi. La loro rabbia e la loro disperazione, i loro gesti a volte inconsulti, il loro contrapporsi al coacervo di figure mai considerate prima, le assistenti sociali, si trasformano in ulteriori relazioni negative a loro danno che affluiscono sul tavolo del giudice. Il giudice a questo punto nominerà un CTU (consulente tecnico d’ufficio) che, tempo 90 giorni più eventuali proroghe, svolgerà una perizia. A quel punto saranno trascorsi per lo meno otto/dieci mesi: più che sufficienti a stravolgere per sempre la vita di un bambino di due anni, e della madre. In tutto questo tempo la difesa non ha alcun potere, se non di produrre “memorie” che non ho mai visto essere tenute in alcuna considerazione. Mai, mai, che l’aver dimostrato che l’accusa iniziale era fondata ad arte su falsi o su insignificanti stereotipi, mai ho visto un giudice correre velocemente ai ripari, ammettere l’errore, rimediare. E’ il caso, gravissimo, di una giovanissima trentina che al momento del parto è stata raggiunta immotivatamente da una procedura di adottabilità del figlio: lei che partoriva chiedendo coscientemente un affido condiviso per il bimbo che momentaneamente non era in grado di mantenere, ma che era sua intenzione tenere. Il Tribunale senza interpellarla hanno dato avvio alla procedura di adottabilità. Questo ha voluto dire che il figlio le è stato sottratto alla nascita e non l’ha più visto. Dopo più di un mese si è potuta incontrare con il giudice. Il giudice ha compreso di essersi sbagliato, di aver sottovalutato quella ragazza. Ma invece di rimediare prontamente, in fondo era passato un mese appena, ha preferito mantenere integro l’aplomb del proprio potere e ha sentenziato “va bene, vorrà dire che faremo una CTU sulle tue capacità genitoriali”. In questo modo i mesi da uno sono diventati otto, e la ragazza rivedrà solo allora suo figlio. Addio fase primaria dell’attaccamento ! Addio giustizia per il minore ! Da ultimo : in Italia si discute tanto di garantismo. Al Tribunale per i Minori i genitori sono privi di qualsiasi diritto. Al punto che gli avvocati saltano come birilli, tanto sono sfiduciati dai loro clienti che non capiscono cosa accade, che non credono assolutamente possibile che non esista il diritto di parola. Mi meraviglio che l’Ordine degli Avvocati così pronto a battersi per la separazione delle carriere non dica nulla di un istituto dove gli avvocati, per quanto bravi e appassionati, sono zimbello. 3) Il potere delle assistenti sociali, vero braccio operativo del Tribunale dei Minori A volte addirittura sembra il contrario: che le assistenti siano la mente, e il Tribunale il braccio esecutivo. Sono loro quelle a cui viene affidato un figlio il giorno dell’allontanamento dal genitore. Sono loro quelle che decidono quando e come e dove il genitore potrà rivedere il figlio alla loro presenza. Sono loro, prima del giudice stesso che incontrano il genitore spodestato e gli altri attori della vicenda. Sono loro che nella loro prima relazione rilevano, con un uso spregiudicato della psicopatologia, gli stati di “disagio psicologico” vissuto dagli attori, quali sono quelli più lievi e quali quelli più importanti, quali quelli gestiti razionalmente e quali no, quali le ossessioni, quali quelli da diagnosticare più approfonditamente e quali da “curare”, quali quelli dannosi per il minore, e, sempre nella prima relazione quali i percorsi per la riabilitazione psicologica genitoriale. Il giudice riceve, e questi sono gli elementi nuovi in base ai quali dispone gli ulteriori provvedimenti. E’ evidente a chiunque che diventa fondamentale l’alleanza che si crea fin dalle prime battute tra gli attori della vicenda e gli assistenti sociali. Per alleanza intendo la simpatia, la disponibilità, la collaborazione, la non opposizione anzi la remissione. Le assistenti sociali nelle loro lunghissime relazioni sono veramente abili a coniugare in positivo o in negativo qualsiasi comportamento. Per esempio chiedere indicazioni sull’atteggiamento da tenere con il bambino, a seconda della simpatia o antipatia di cui godi può significare “mostrare consapevolezza e disponibilità all’aiuto e al cambiamento” oppure, viceversa “solitudine…stanchezza…insicurezza genitoriale”. 4) I provvedimenti del Tribunale per i Minori e i “media” Raramente sulla stampa nazionale, più frequentemente su quella locale, irrompe drammaticamente la notizia di provvedimenti del Tribunale dei Minori. Notizie che durano un giorno e che al più vedono nei giorni successivi lettere di sensibile sdegno e umana solidarietà. Notizie che sono gestite con la riservatezza dei nomi per il doppio motivo che c’è una privacy di un minore che va salvaguardata, e c’è uno stigma che colpisce il genitore oggetto del provvedimento di separazione dal minore. Ma quello che dobbiamo dirci è che gli stessi cronisti esperti giudiziari si muovono con estrema difficoltà di fronte a questi eventi, di cui non sono mai chiari i contorni, salvo nei rarissimi casi di violenze e abusi conclamati. Non sono chiare le fattispecie di reato, le prove, le procedure. Quanto un cronista giudiziario si muove agevolmente nei riferimenti ben codificati del Tribunale Ordinario, altrettanto è l’incertezza, il dubbio, la sfuggevolezza degli elementi che hanno dettato un provvedimento di separazione di un figlio dai genitori. Se per un cronista giudiziario è chiaro l’articolo del codice a cui si riferisce un reato, sa che cosa è un rinvio a giudizio, commenta la sentenza di condanna “tre anni, minimo erano due, massimo otto”, commenta le attenuanti concesse o rifiutate, non altrettanto avviene per il Tribunale dei Minori. Dove non ci sono condanne, non ci sono sentenze, ma “provvedimenti”, che però pesano come condanne, che colpiscono la sensibilità delle persone più della galera, che creano dolori laceranti rispetto a ciò che di più caro hai al mondo. Ed il cronista giudiziario si accorge che questi “provvedimenti” tanto drammatici si riferiscono a comportamenti che di per sé non sono reati, che sono diffusi nella maggior parte degli interni famigliari, ma che improvvisamente vengono classificati come altamente pericolosi, al punto da dover mettere in salvo il minore. Ed è tanto grande la discrezionalità di queste valutazioni che il cronista giudiziario non si raccapezza, e, dopo la notizia, molla. Anche perché a differenza di qualsiasi altra cronaca di indagini, a parte il “provvedimento” tutto il resto è astrattamente anonimo e motivato da valutazioni psicologiche soggettive prive di riscontri. Ma non pensate che per un genitore lo sconcerto di fronte ad un provvedimento del Tribunale per i Minori, sia inferiore, che cioè il suo sentire sia lo stesso di un mariuolo preso con le mani nel sacco, e che, se anche l’ha sempre fatta franca, era ben consapevole delle proprie illegalità. Tra i genitori si sa ci sono quelli più pacati e quelli più isterici, quelli che alzano più spesso la voce, che gridano, che danno scapaccioni, ed anche sonore “bussate”, che spesso “scaricano” la goccia che ha fatto traboccare il (loro) vaso, quelli che assolutamente sono subalterni ai capricci e ai pianti dei figli, quelli più possessivi, più ansiosi, quelli severi e rigorosi oltre misura (qual è la misura?), quelli che “viziano” troppo i loro pargoletti, quelli che rincarano la dose quando l’altro genitore sgrida i figli, quelli che li difendono contrapponendosi al coniuge (ahi ahi è sbagliatissimo, lo sanno tutti, ma avviene), quelli che lo lasciano impossessarsi del lettone “vai a dormire tu sul divano”( ahi, ahi, il triangolo perverso), quelli che usano tranquillamente lo sproloquio, i vaffa, le bestemmie…: improvvisamente, finiti attraverso mille vie in una “segnalazione” al Tribunale dei Minori, scoprono che quei comportamenti sono oggetto di pagine di valutazioni e che il loro figlio è sotto la potestà del Tribunale, loro monitorati, e da un momento all’altro la forza pubblica può intervenire per “mettere in salvo il figlio” da un genitore più che pericoloso. Voglio dire che ciò che ritenevate “normale” e in ogni caso appartenente alla diversa soggettività genitoriale, improvvisamente si scontra con la diversa soggettività di un giudice o di un’assistente sociale, che però hanno il potere di sancire quale sarà la sorte del vostro minore. 5) La solitudine dei genitori “espropriati” Il secondo motivo per cui ho convocato questo incontro è il totale isolamento e la totale solitudine del genitore a cui è stata tolta la potestà sui figli. Sei stata giudicata madre incapace, pericolosa per tuo figlio: il massimo della condanna sociale e personale. Il silenzio dei giornali, l’anonimato comunque, non è una difesa: è un’ulteriore condanna alla solitudine, all’impossibilità di dire le tue ragioni, di chiedere il perché. State attenti che il provvedimento viene deciso, ma non viene comunicato, men che meno discusso con il genitore. Un bambino di due anni e mezzo è stato portato via il 7 maggio, la madre ha incontrato per la prima un’assistente sociale il 28 maggio e ha incontrato per la prima volta il giudice il 22 giugno, e ha potuto rivedere per la prima volta il suo bambino, per un’ora, dalle 16 e 15 alle 17 e 15, l’otto luglio: lei che per i primi due anni e mezzo di vita di suo figlio non l’aveva mai lasciato, nemmeno per un giorno. La vita di un genitore viene, così, stravolta e negata nella sua identità, da un momento all’altro. Non ha con chi parlare, lui solo sa, non il perché, ma quanto gli è successo. Se esterna angoscia, rabbia, dolore, le persone attorno, i conoscenti, i colleghi, ascoltano con compatimento, certo, ma ognuno è portato a pensare “chissà cosa nasconde, chissà cosa ha combinato”. Meglio tacere, mimetizzarsi, sparire, che vivere lo stigma di “madre incapace”, incapace e pericolosa al punto che i giudici hanno dovuto mettere al sicuro i figli. Tutto questo perché il Tribunale per i Minori esiste ed agisce nella “esclusiva tutela del minore”, il “minore” e basta, non il figlio di una madre e di un padre, eventualmente da aiutare o da accompagnare in una genitorialità ritenuta carente, il “minore” il cui bene è qualcosa di astratto che prescinde dal contesto in cui è nato e cresciuto, il cui bene è un assunto posseduto solo dal giudice e dalle assistenti sociali: i genitori sono un optional da interpellare a tempo debito, da valutare in ub secondo tempo, a cui proporre al più dei non ben definiti “percorsi” in cui saranno monitorati e valutati dalle stesse assistenti sociali che già li hanno giudicati e puniti. Un genitore spodestato è solo, senza ragione, senza ascolto, e senza parole. 6) Dieci anni dopo Maria Rosa, così 10 anni fa il dirigente psicologo del Servizio territoriale “nel complesso la signora appare una madre adeguata…prevalentemente attenta agli aspetti fisici e concreti della relazione coi figli” la psichiatra chiamata ad una prima CTU “il test di Rorschach esclude la presenza di una struttura psicotica di personalità…è capace di una forte attenzione ai bisogni primari dei bambini, perché lei vi si identifica e proietta i propri bisogni insoddisfatti…” Nelle conclusioni esprime un giudizio negativo sulla famiglia affidataria e perora un collocamento in un’area neutra, “un istituto come il S.O.S.”, fase intermedia per permettere ai genitori di recuperare un modalità serena….ecc.ecc. E’ un caso di molti anni fa, in cui una madre fu messa sotto accusa da parte di tutto il clan famigliare del marito, e con il consenso delle assistenti sociali le furono tolti tre figli di cui un neonato che stava allattando. Lo riporto perché in esso appare quell’equazione tra capacità accuditive di una madre uguale a sintomo di grave disturbo di personalità. Ovvero la capacità accuditiva, se rilevata e valutata in eccesso, da elemento positivo si trasforma in negativo e di grave pericolo per i minori. La madre, con i suoi comportamenti prevalenti, darebbe risposta ai propri bisogni affettivi irrisolti, passando di volta in volta dagli accudimenti ai sentimenti di persecuzione, senza alcuna capacità di cogliere i bisogni oggettuali dei figli che stanno crescendo. Allora, fu pertanto svalutato il giudizio del dirigente psicologo che conosceva bene la situazione famigliare della signora e le conclusioni della psichiatra CTU vennero definite conclusioni “più emotive che lucide”. Tali conclusioni non soddisfacevano in realtà il sentimento e la valutazione che l’allora Presidente del Tribunale aveva espresso sul caso d’accordo con le Assistenti sociali, quella prima CTU fu rigettata e decisa una seconda CTU, che non doveva assolutamente verificare le capacità e le possibilità della madre ma unicamente il benessere dei bambini presso la famiglia affidataria. Questa verifica avvenne dopo oltre un anno che i tre bambini colà risiedevano e la famiglia affidataria riceveva dai servizi lauti compensi (risultano ben cinque milioni solo nei primi due mesi), La CTU, una professoressa di chiara fama, si adeguò alle richieste del Tribunale di verificare unicamente la bontà del collocamento e non i motivi per cui erano stati tolti alla madre. Il caso praticamente terminò lì. Ora sono passati più di otto anni, e quella triplice maternità di una donna che, a detta della prima CTU “il test di Rorschach mette in evidenza una certa ricchezza interiore e la presenza di buoine risorse intellettive, un adeguato senso di realtà e capacità di controllo degli impulsi”, è rimasta solo un ricordo tragico e lei, perennemente esautorata, via via travolta ed estraniata. Ancora, un secondo caso, sempre emblematico dell’abuso che si fa del concetto/categoria di “capacità genitoriale”. Quasi 10 anni orsono : Teresa Una donna ha il sospetto che il marito addotti pratiche ambigue, toccamenti di natura morbosa nei confronti del figlioletto di poco più di due anni. Siamo alla fine del 2001. Si confida, ne parla col parroco, col pediatra, si reca all’ospedale, le viene consigliato di rivolgersi al Servizio di Psicologia per l’infanzia, ha ben sei incontri durante l’anno successivo con la dott.ssa dirigente, la quale, insospettita da strane reazioni del bambino che confermerebbero i sospetti le consiglia di rivolgersi al Tribunale per i Minori. Quella esperta psicoterapeuta, non le dice “signora, lei ha delle fisime, si curi”, no, avvalla i sospetti della madre e la invita ad adire al Tribunale dei Minori. Siamo alla fine del 2002, e qui inizia la sua tragedia, perché, come io dico, il Tribunale dei Minori se lo conosci lo eviti. In rapida successione il Tribunale dispone l’affido del bambino ai Servizi sociali e colloca la donna e il bambino in una struttura protetta. La signora solo a questo punto comprende di non avere più potere, sente di essere sotto il giudizio delle assistenti sociali, che iniziano ad inviare relazioni al Tribunale “comportamento schivo, disturbato, non collaborativo, segni di confusione mentale –a volte chiama “capo” il direttore della struttura, a volte lo chiama “giudice”- diffidenza profonda….non coerenza nei pensieri e nelle azioni…relazione madre-bambino poco serena…non educativa”, e via scrivendo in un crescendo di note negative. Povera Teresa ! non cercava simpatia, e finiva sempre più nel tritacarne. Io feci notare al Tribunale che erano molto pregiudizievoli quelle relazioni, che la signora non era affatto paranoica ma che ogni tanto chiamava “giudice” il direttore non per sindrome di persecuzione, ma perché il benemerito direttore della struttura lei lo aveva conosciuto per la prima volta proprio ad una udienza del Tribunale dei Minori in qualità di Giudice Onorario a fianco del Presidente Agnoli. Viene nominata una prima CTU nella persona della dott.ssa Luisa Della Rosa di Milano, invero una luminare che è ben nota agli insegnanti di Trento per i suoi corsi di formazione. Questa prima CTU termina alla fine 2003, ma complessivamente non soddisfa il Presidente del Tribunale.Il figlio viene tolto alla madre e avviato al Villaggio SOS. La madre viene inviata al centro di salute mentale di Trento. Al termine del 2004 dopo otto colloqui diagnostici il lo psichiatra dott. Luca Re psichiatra certifica che “la signora non ha evidenziato patologie psichiatriche” . Viene nominata una seconda CTU, ancora la dott.ssa Della Rosa che conclude i lavori nella primavera del 2005 e scrive “nel corso degli incontri sono emersi elementi che fanno temere che il bambino possa essere stato oggetto di comportamenti pregiudizievoli nell’area della sessualità ad opera della figura paterna”. Poco importa, il Tribunale rimane convinto che sia la madre ad essere un pericolo per il figlio e alla fine del 2005 da mandato ad uno psichiatra locale per una terza CTU che termina a metà del 2006 con la diagnosi di grave disturbo paranoie di personalità “impedente la crescita psicologica del figlio a cui sa dare accudimento fisico e dolcezza simbiotica ma null’altro”. Alla fine del 2006, dopo che c’è stato anche un contraddittorio tra lo psichiatra e il sottoscritto, il Tribunale sancisce “l’assenza di attitudini genitoriali nella madre del minore assumendo come verità la diagnosi ultima dello psichiatra. L’elemento decisivo è stato una crisi nella capacità di auto controllo della madre giunta alla trentesima udienza di valutazione psichica, dopo cinque anni di un allucinante percorso che, iniziato su suggerimento di una psicologa del servizio pubblico in nome della difesa del figlio, si è tradotto in un autentico massacro della sua genitorialità. Termino con una frase tratta da una relazione psicologica della dott.ssa Sabina Grigolli dell’APSS “il suo atteggiamento oltre ad apparire sincero non può non far trapelare anche i sentimenti di paura e spavento rispetto ad una situazione che sembra esserle sfuggita di mano e di cui pare non conoscere le regole”. Siamo nel 2010, il piccolo va per gli 11 anni, nulla è cambiato ed oggi lei dice.” Non auguro a nessuno una storia come la mia, perché questa cosa toglie dignità alla vita” Giuseppe Raspadori – 20 luglio 2010
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dibattitopubbl | Date: Sabato, 09/04/2011, 01:26 | Message # 57 |
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| ARTICOLI ATTESTANTI CHE ASSISTENTI SOCIALI E TRIBUNALI SEQUESTRANO BAMBINI DALLE FAMILGIE POVERE, AL POSTO DI AIUTARLE COM'E' PREVISTO DALLA LEGGE (l'art. 1 L. 149/2001) http://www.cronacaqui.it/milano/12820_la-casa-non-ha-il-gas-gli-assistenti-sociali-gli-tolgono-i-bambini.html http://www.cronacaqui.it/milano....ni.html 22 Marzo 2011, ore 10:27 La casa non ha il gas. Gli assistenti sociali gli tolgono i bambini Prosegue incessantemente la battaglia dei coniugi cernuschesi Gerolamo e Maria Rotta per riavere a casa i propri figli. Quattro bambini di 14, 11, 8 e 6 anni che il Tribunale dei minori ha tolto loro tre anni fa su richiesta dei Servizi sociali del Comune. Ieri mattina, la coppia ha protestato davanti alla sede milanese dell'Aler, in viale Romagna, con tanto di cartelloni: " Vogliamo giustizia", "Vogliamo i nostri diritti". IL CALVARIO L'ultima notte tutti e sei insieme, i Rotta l'hanno passata il 20 luglio 2007. Quasi quattro anni fa. Da allora solo visite settimanali, tutti i martedì, in Piemonte, a Biella. E ogni volta sono pianti, disegni, pensierini e letterine da parte dei piccoli che vorrebbero riabbracciare i genitori in una casa vera. L'ultima poesia per mamma e papà l'hanno scritta sul retro di un foglio tagliato a forma di coppa: «Abbiamo pensato a un piccolo pensiero. Quella cosa (la coppa, ndr) vuol dire che vi vogliamo tanto bene e vi pensiamo sempre. Siete sempre nei nostri cuori: la miglior mamma e il miglior papà del mondo ». L'articolo di Alessandri Ferrari su CronacaQui in edicola * * * Trento. Rifiuta di abortire: le tolgono la neonata perché è troppo povera Polemiche per la decisione del Tribunale dei minori che ha dichiarato la piccola immediatamente adottabile http://www.ilgazzettino.it/articolo.php?id=118214&sez=NORDEST&ctc=40&ordine=desc http://www.ilgazzettino.it/articol....ne=desc TRENTO (9 settembre) - Subito dopo il parto la bambina le era stata sottratta su disposizione del Tribunale dei minori di Trento, nonostante lei avesse manifestato la volontà di tenerla, dopo che le era stato proposto l'aborto, anche a fronte di uno stipendio di 500 euro al mese. Ora lo stesso Tribunale dei minori ha dichiarato la bambina immediatamente adottabile: potrà cioè essere avviato subito un affidamento preadottivo, senza attendere il mese utile per l'impugnazione della sentenza. Il caso era stato sollevato fa dallo psicologo Giuseppe Raspadori, consulente di parte, che aveva parlato di «atto contro natura» da parte dei giudici che «avevano messo in dubbio la capacità genitoriale contrapponendo l'interesse della madre a quello del minore». Sconcerto viene espresso dall'avvocato della donna, Maristella Paiar, la quale ritiene che i giudici «abbiano avvalorato le inesatte informazioni del Servizio sociale che imputano alla mamma immaturità, povertà materiale ed emotiva e l'avvio della gravidanza come elemento di fragilità, colpa e incoscienza. La sentenza fraintende la consulenza che aveva invece evidenziato come la mamma non ha estremi di irrecuperabilità tali da negarle di essere una mamma sufficientemente capace, e grazie alla adesione ai programmi di sostegno dei servizi sembrano dimostrare una evoluzione positiva che indica la possibilità di intraprendere una relazione assistita con la figlià». I giudici non hanno inoltre accettato di concedere un anno di prova alla giovane madre chiesto dai consulenti. «Ora la donna sta vivendo questa decisisone dei giudici come profondamente ingiusta - aggiunge l'avvocato Paiar - È molto delusa e triste perchè non vede la sua bimba dal giorno in cui è nata e non ha potuto neppure avere notizie dirette dagli operatori che la curano per divieto imposto dal Servizio sociale. È però decisa a proseguire nei suoi sforzi per riavere la sua bambina che non vuole in nessun caso abbandonare». La difesa sta già predisponendo l'atto di appello. Sconcerto viene espresso dal presidente nazionale dell'Associazione avvocati matrimonialisti italiani, Gian Ettore Gassani, che parla di «provvedimento grave che reciderà per sempre i rapporti tra madre e figlia. La legge sancisce che lo stato di adottabilità di un minore debba essere considerato come l'ultima spiaggia di un lunghissimo e serissimo percorso, organizzato dal Tribunale al fine di recuperare ogni problematico rapporto tra i genitori ed i figli. Si ripropone con forza la necessità di rivedere gli orientamenti della giustizia minorile e le relative prassi». Giovedì 09 Settembre 2010 - 20:30 Ultimo aggiornamento: Domenica 26 Settembre - 22:54
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Amministratore | Date: Domenica, 08/05/2011, 01:36 | Message # 58 |
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| Un interesse superiore del minore ormai privo di qualsiasi contenuto reale http://www.dirittoeminori.it/pages/un-interesse-superiore-del-minore-ormai-privo-di-qualsiasi-contenuto-reale/ (http://www.dirittoeminori.it/pages....o-reale) “Sia le donne che gli uomini possono essere crudeli. L’unica cosa di cui un bambino ha davvero bisogno, i suoi genitori assieme sotto lo stesso tetto, viene minata dall’ideologia che dice di difendere i diritti delle donne.” avvertiva Erin Pizzey, fondatrice del primo centro antiviolenza per donne vittime di maltrattamenti ed esperta di tematiche legate alla violenza domestica. Parole forse inutili quelle della Pizzey, parole e appelli comunque inascoltati i suoi. Quanti crimini, quanti saccheggi, quanta ingiustizia, invece, sono stati perpetrati al riparo di questo slogan abusato – l’interesse superiore del minore appunto – nel corso di interi decenni avendolo ormai (o forse da sempre) svuotato di qualsiasi reale contenuto. Quante volte e per quanto tempo, invece, l’interesse vero dei bambini è stato la leva di battaglie di tutt’altro ordine e genere. A cominciare da quelle per i diritti femminili anni 70 dove i figli diventarono figli di una guerra senza luce e senza pietà nel naufragio di matrimoni iniziati e terminati spesso nel giro di pochi anni. Quelle che si consumano all’interno delle separazioni sono guerre ignobile e terribili, che raccontano la folle crudeltà di un sistema che attraverso la “giustizia” riesce a creare solo dolore e ingiustizia. Una vera cattiveria umana vissuta sulla pelle di adulti e bambini e sostenuta da un sistema folle come quello che nei nostri paesi dovrebbe garantire per prima cosa “giustizia” ai bambini, e che invece la prima cosa che regala loro è il conflitto e le relative tragedie. Ci sono tanti genitori che, a causa di questa logica folle, hanno perso ogni contatto con i propri figli. Casi nei quali si evidenzia tutta la paradossalità della nostra cultura – una cultura che vive nella logica di identificare nelle separazioni e nel conflitto la soluzione ai conflitti e alle separazioni. La nostra – in altri termini – è una cultura che considera normale il fare la guerra contro la guerra, o combattere la violenza con altre violenze: una logica della contrapposizione che implica solo la contrapposizione e la scissione come soluzioni alle contrapposizioni e alle scissioni. Una cultura che non punta mai ad accrescere e integrare ciò che appare separato e in conflitto. Ci sono figli che, in seguito alle lotte (spontanee ma piu’ spesso fomentate) fra i genitori, vengono portati per sempre in altri stati, bambini letteralmente rapiti ad un loro genitore, un genitore che oggi forse loro stessi non conoscono e non ricordano più, e che vivono all’estero, in terre assolutamente lontane. Moltissimi i bambini italiani cui viene reso impossibile per anni incontrare uno dei due genitori. Siamo una cultura che vive di leggi e sentenze, ma nessuno di noi vuole rispettarne davvero una, se non è quella che gli conviene. Impedire ad un figlio di frequentare l’altro genitore è un comportamento che in realtà crea una lesione profondissima dell’equilibrio di un bambino che sarà sempre un adulto amputato. Per contro il mancato pagamento dell’assegno di mantenimento, implica una violazione degli obblighi di assistenza familiare: per il nostro codice e la nostra magistratura, dunque, si accudisce un bambino solo dando i soldi. Poi, si può pure sparire, o fargli sparire un genitore, e non si commette reato. Sono tragedie disumane, queste, e ogni volta che un bambino è costretto a perdere un genitore muore un mondo. Ma noi viviamo in una cultura che non solo è indifferente a questo, ma che addirittura ne trae profitto: il contenzioso per l’affido dei figli genera decine di milioni di euro l’anno, e nessuno vuole rinunciarci: né le lobby professionali, né coloro che traggono altri profitti, più o meno indiretti, da tutto questo. Ci sono intere categorie che traggono potere e denaro dal permanere di questo clima di continua conflittualità nella nostra società. Non parlo solo degli avvocati, ma anche di chi si occupa di assistenza sociale, chi si occupa di perizie, chi ha case famiglie dove ospitare i bambini vittime del disagio genitoriale. Sono in tanti a guadagnare dalle tragedie che triturano il cuore dei bambini. Di fronte all’immane tragedia della realtà familiare occidentale c’è chi adesso è pronto a giurare che ciò che manca è il Padre interno, quindi la capacità di crescere e di non essere figli in accontentabili e privi di regole. Figli in accontentabili, viziati, incapaci di trovare un Senso e un Logos nell’esistenza capace di definirci attraverso limiti e non soltanto bisogni. Del resto gli stessi figli vengono ridotti a optional del passatempo, e buttati in un cassonetto se considerati un peso, un ostacolo, o anche i testimoni di una vita non goduta: la madre figlicida è sempre considerata incapace di intendere e volere, al contrario del padre figlicida che viene sempre considerato colpevole perchè capace di intendere e volere, proprio perché il figlio è considerato sempre più una cosa destinata solo ad allietare e gratificare un’esistenza. Il Padre è una figura fondamentale, presente, come lo è quella della Madre, archetipicamente nella psiche di tutti, una figura che ci guida nel mondo mediante regole senza le quali siamo persi, che ci dà la capacità di elaborare il dolore, che ci dà stima e forza in noi stessi, e ci regala la voglia, e la possibilità, di guardare in alto, e oltre, alla ricerca di nuovi domini e nuove dimensioni da affrontare. Perdere il Padre interno, ma anche quello esterno, vuole dire perdere il diritto alla vita, al confronto con l’esistenza, alla possibilità di vivere la propria autonomia come autonomia e non come desideri che qualcun altro ci deve soddisfare, lasciandoci alla nostra impotenza. Chi rispondera’ di tutto questo? Quando riusciremo a porre la parola fine al massacro? Le domande appaiono lecite. Le risposta, invece, ancora e nonostante tutto, tardano a venire.
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Amministratore | Date: Domenica, 08/05/2011, 10:01 | Message # 59 |
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Amministratore | Date: Domenica, 08/05/2011, 10:02 | Message # 60 |
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