http://www.controtuttelemafie.it/testimonianze%20avvocatopoli.htm ABILITAZIONE TRUFFA
CONCORSOPOLI FORENSE
PRESENTATA L’ENNESIMA DENUNCIA PENALE E UNA INTERROGAZIONE PARLAMENTARE: TUTTO INSABBIATO.
L’On. Alfredo Mantovano, sottosegretario al Ministero dell’Interno, ha presentato una denuncia penale per le “anomalie” della prova scritta del concorso forense 2008. Inoltre, ha presentato una interrogazione parlamentare al Ministro della Giustizia, chiedendo l’annullamento della prova scritta della sessione 2007-2008, così come è successo all’Università di Bari e Catanzaro per le prove di accesso alla facoltà di Medicina.
Questo si evince dal sito della Associazione Contro Tutte le Mafie, www.controtuttelemafie.it o www.ingiustizia.info , al link GIUSTIZIA - CONCORSOPOLI FORENSE, che pubblica l’inchiesta svolta dal suo presidente, dr Antonio Giangrande.
Gli atti presentati da Alfredo Mantovano, che ha svolto funzioni di magistrato, contengono precise accuse: le tracce delle prove scritte erano già conosciute giorni prima l’inizio del giorno d’esame.
Tenuto conto che per identica situazione, in occasione del concorso di accesso alla facoltà di medicina, l’Università di Bari e altri Atenei hanno annullato la prova scritta, il suddetto sottosegretario ha chiesto l’annullamento al Ministro della Giustizia per il concorso forense, sessione 2007 – 2008.
Pare che l’anomalia fosse prassi, ma tutto è stato insabbiato. Come sempre per le denunce analoghe.
La Procura competente non ha predisposto il sequestro dei compiti, né il Ministero della Giustizia ha annullato l’esame.
Ogni anno in Italia circa 30.000 (trentamila) candidati sono bocciati ingiustamente all’esame di avvocato. Spesso, lo sono per anni, condannati all’indigenza e alla disoccupazione.
Il Presidente Antonio Giangrande puntualizza: "I dati di fatto sono incontestabili. Le anomalie concorsuali colpiscono tutta la penisola: la Giustizia Amministrativa da sempre rileva compiti non corretti, ma dichiarati tali; giudizi opinabili; commissioni illegittime.
La stessa Autorità antitrust, solleva il problema della limitazione all'accesso in un concorso a numero aperto.
Non vi sono adeguati ricorsi al TAR per impedimento alla visione dei compiti, per onerosità e per inutilità dei ricorsi, dati i tempi delle nuove sessioni. Gli scritti si svolgono a dicembre di ogni anno e le commissioni procrastinano la conoscenza dei risultati il più tardi possibile. Prima i risultati delle prove uscivano ad aprile, da un paio d’anni li rendono in estate. Il rilascio delle copie dei compiti in settembre-ottobre porta i Tar a fissare la prima udienza a fine novembre. Troppo tardi per non scegliere di rifare l’esame a dicembre”.
Il Presidente Antonio Giangrande puntualizza: “Da 10 anni combatto la battaglia per riformare il concorso truccato di abilitazione forense. Da 10 anni mi impediscono di abilitarmi. Il prossimo esame lo farò con mio figlio accanto”.
Presidente Dr Antonio Giangrande – ASSOCIAZIONE CONTRO TUTTE LE MAFIE
COPIATE, DIVENTERETE AVVOCATI
Al concorso erano 2.585, fecero tutti lo stesso compito. Ora la prescrizione: l'inchiesta finisce nel nulla
Sale nel cielo di Catanzaro un grido d'esultanza: «Giustizia: prrrr!». Ve lo ricordate l'esame per aspiranti avvocati denunciato dal Corriere dove tutti (tranne sei ingenui) fecero riga per riga lo stesso compito? Tutti prescritti: 2.585 su 2.585. Così che quei bravi giovanotti finiti sotto inchiesta potranno dedicarsi senza più ambasce alla materia cui con tanta passione decisero di votarsi: la legge. Indecente, ma previsto. Una candidata che si era lasciata andare in confidenze - «entrò un commissario e cominciò a dettare. Lentamente» - dopo l'esplosione dello scandalo, definito dal presidente dell'Ordine forense Giuseppe Jannello «forse eclatante», ne era sicura: «Non ci possono fare niente».
«Non ci possono fare niente - diceva la ragazza -, perché siamo troppi, in questa storia. Per mettere nei guai noi dovrebbero mettere nei guai un sacco di giudici e commissari. Gli conviene?». Scommessa vinta. Riassunto? Per diventare avvocato occorre prendere la laurea in giurisprudenza, iscriversi all’albo dei praticanti procuratori, fare due anni di pratica nello studio di un avvocato, frequentare le aule di giustizia per «imparare il mestiere», portare prova di queste frequentazioni facendosi timbrare via via dai cancellieri un libretto e infine passare l’esame di Stato, indetto anno dopo anno nelle sedi regionali delle corti d’Appello.
Esame non facile. Almeno in alcune sedi. Soprattutto al Nord dove qua e là sono stati toccati picchi del 94% di respinti. A Catanzaro no. Per anni, l’esame per diventare avvocato è stato anzi un affare per mezza città: alberghi pieni, ristoranti affollati, villaggi sulla costa che offrivano il trattamento completo: vitto, alloggio e pulmino per raggiungere la sede di esame.
Ovvio: nessuno è mai stato storicamente di manica larga come la commissione di esame catanzarese. Al punto che perfino dopo l’esplosione dello scandalo, nel 2000, furono promosse nella città calabrese tante toghe quante in Piemonte, Val D’Aosta, Veneto, Trentino, Alto Adige, Emilia Romagna, Marche, Sardegna, Liguria, Umbria e Molise messi insieme. E gli arrivi hanno continuato ad essere massicci anche in questi primi anni del Terzo Millennio. Eppure, l’inchiesta sulla terza prova scritta del 1997 pareva davvero aver fatto scoppiare un bubbone tale da rendere impossibile un ritorno all’andazzo precedente. Saltò fuori infatti che su 2.301 partecipanti, quelli che certamente non avevano copiato erano stati in 6. Lo 0,13% di onesti contro un 99,87% di furbi.
Un’inchiesta facile, dal punto di vista dei documenti. I temi erano così identici l’uno all’altro che moltissimi riportavano la parola «precisamente» corretta con una barretta sulla «p» iniziale: «recisamente». Come se qualcuno si fosse corretto dettando la giusta soluzione del tema. La grande difficoltà era sui numeri: già è difficile processare un imputato, in Italia.
Figuratevi 2.295.
I giovani magistrati protagonisti dell’indagine, Luigi De Magistris (poi trasferito a Napoli) e Federica Baccaglini (poi trasferita a Padova), una soluzione l’avevano individuata: un bel decreto penale. Cioè una sentenza che colpisse gli imputati (diventati man mano 2.585) almeno con una multa di 3 milioni e mezzo di lire ciascuno. Ipotesi respinta dal capo dell’ufficio Gip Antonio Baudi: troppo poco. Bene, rispose il pm delegato al caso appena gli fu possibile riprendere la palla in mano (dopo mesi e mesi perduti): raddoppiamo a 7 milioni e mezzo. Troppi, rispose questa volta Baudi rimandando tutto indietro.
E via così, col processo che veniva spostato a Messina perché c’entravano altri magistrati e poi tornava a Catanzaro e poi si infognava in 2.585 pratiche e 2.585 ricorsi e 2.585 cavilli e 2.585 eccezioni... E intanto passavano le settimane, i mesi, gli anni... Ed eccoli là: tutti a casa. Immacolati. E neppure vergognosetti, potete scommetterci, per la figuraccia. Così fan tutti... O no?
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2005/07_Luglio/10/avvocati.shtml