Dibattito pubblico
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MALTRATTAMENTI e OMICIDI di DETENUTI nei CARCERI
dibattitopubblDate: Venerdì, 30/10/2009, 23:10 | Message # 1
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Visto il trionfo totale della malagiustizia e una quantità enorme di sbagli giudiziari, in carcere finiscono tanti cittadini innocenti. Ognuno può finire in carcere, anche senza avere commesso alcun reato, o dopo avere commesso un reato insignificante come rubare le mele o un etto di prosciuto in qualche supermercato. Spesso, persone vanno messe in detenzione preventiva, con lo scopo di indagini, solo perché qualche magistrato vuole godersi del proprio potere, o per antipatia verso cittadino accusato.

Al di là delle condizioni disumane generali, i detenuti devono subire maltrattamenti e abusi del personale dei carceri, e non hanno possibilità alcuna di difesa.

* * *

DATI MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, DIPARTIMENTO PENITENZIARIO: CARCERE: ICONA DELL'INGIUSTIZIA

La fonte: http://www.controtuttelemafie.it/testimonianze%20carceropoli.htm

Dall'analisi complessiva del "pianeta carcere", compiuta in questi anni dagli eletti Radicali con visite sistematiche negli Istituti di Pena, emerge la fotografia di una situazione di vero e proprio sfascio di legalità.

Popolazione detenuta in Italia è cresciuta egli ultimi dieci anni dell’80%. A fronte di spazi e strutture rimasti sostanzialmente invariati. E quindi sempre più invivibili. Ci sono detenuti stipati in posti in cui si fa una sadica economia dello spazio: a Poggioreale dovrebbero essere in 1308, ma ci stanno in più di 2.200. Per lo più stranieri. E le cose non vanno meglio a Regina Cœli, San Vittore e negli altri istituti “metropolitani”. Ci sono quelli che stanno in edifici vincolati dalla Sovrintendenza ai Beni Architettonici, in stabili costruiti nel ‘700 - ‘800, decadenti e privi di spazi si socialità, di aree verdi e di qualunque struttura sportiva. Posti in cui anche l’aria sembra vecchia. Ci sono quelli che stanno nelle carceri più nuove: quelle che hanno fatto la fortuna di progettisti e architetti che potremmo definire “sperimentali”. A Padova “Due Palazzi” la pavimentazione non è mai stata finita e pochi anni dopo l’inaugurazione è stato necessario rifare l’intero sistema idraulico in quanto completamente marcito. Ad Asti i consiglieri regionali radicali del Piemonte hanno denunciato che il carcere costruito nel 1990 non è mai stato allacciato alla rete idrica: l’acqua è prelevata grazie a dei pozzi artesiani da una falda molto calcarea che danneggia tubature e caldaie…quindi docce, celle e cibo freddi. A Catania non solo non fa freddo, ma non esiste neppure il problema dell’acqua, che non c’è. Semplicemente. Mentre a Vicenza le sbarre affondano in una zona paludosa, con fognature intasate, sangue di zanzare sulle pareti e pioggia in biblioteca. Poi ci sono quelli che vivono nelle cosiddette “carceri d’oro”, costate miliardi di lire ai contribuenti degli anni ’80, progettate per fronteggiare l’emergenza terrorista, ma costruite ed aperte con qualche anno di ritardo sulla tabella di marcia della Storia. La priorità è data alla sicurezza, a scapito della vivibilità. Lontane dai centri abitati e mal servite dai mezzi pubblici. Eppure tutte le carceri hanno qualcosa in comune: hanno tutte (o quasi) bagno e cucina nello stesso locale; cambio lenzuola ogni 15 giorni; cesso alla turca o water separato dagli sguardi e dalla vita degli altri da un muretto alto appena un metro e poi decadenza e decrepitudine.

Tutte le carceri pugliesi vanno chiuse, «sono fuori legge». È quanto denuncia il sindacato di polizia penitenziaria Sappe, alle luce delle visite effettuate negli istituti penitenziari della regione per verificare le condizioni di vita e di lavoro della Polizia Penitenziaria.

«La situazione di degrado delle condizioni igienico-sanitarie dovuta alla fatiscenza delle strutture carcerarie – si legge in una nota firmata da Federico Pilagatti, segretario regionale del Sappe – è stata aggravata dal grave sovraffollamento dei detenuti che ormai ha superato la popolazione detenuta prima dell’indulto, con circa 3600 detenuti, di cui 600 stranieri». Per questo motivo, il sindacato ha inviato alle Asl competenti una richiesta di intervento ai sensi dell’art.11 della legge 345/75 e successive modificazioni che prevede che «il medico provinciale (ora Asl) visiti almeno due volte l’anno gli istituti di prevenzione e di pena allo scopo di accertare lo stato igienico-sanitario, l’adeguatezza delle misure di profilassi contro le malattie infettive disposte dal servizio sanitario penitenziario e le condizioni igieniche e sanitarie dei ristretti negli istituti» e riferisca «sulle visite compiute e sui provvedimenti da adottare al ministero della sanità e a quello di grazia e giustizia informando i competenti uffici regionali e il magistrato di sorveglianza».

Se le cose «non cambieranno – continua la nota - interverrà la magistratura ordinaria a cui nei giorni scorsi abbiamo trasmesso per conoscenza una dettagliata relazione informando della situazione anche il magistrato di sorveglianza, l’ispettorato del lavoro, il presidente della regione, i presidenti delle province, i sindaci interessati». L'attuale situazione, infatti, secondo il sindacato, «oltre ad andare contro alcune leggi costituzionali ed ordinarie che dovrebbero tutelare i lavoratori nonché la popolazione detenuta, ne offende la dignità». Durante le sue visite nei penitenziari pugliesi, il Sappe afferma di aver trovato stanze di 1,5 x 3 metri che ospitano fino a 5 detenuti, stanze per 3 posti con 7 detenuti senza acqua, cubicoli stretti e maleodoranti con il bagno a vista, sezioni detentive in cui cadono pezzi di intonaco, muri scrostati, precaria assistenza sanitaria, mancanza di medicinali, cucine fuori legge, sezioni detentive scarsamente illuminate che emanano cattivi odori dovuti all’umidità, al fumo, al cibo, nonché detenuti affetti da diverse patologie, che vivono in maniera promiscua, mancando letti, materassi, lenzuola e coperte.

Stefano Cucchi, arrestato perché deteneva venti grammi di droga. Dopo una settimana in carcere è finito in ospedale, dove è spirato.

I familiari, quando gli è stato permesso, hanno trovato il corpo in condizioni spaventose. Il padre alla stampa parla di «una frattura alla mandibola, di un occhio rientrato in un’orbita, di costole rotte» e di «un volto nero come se fosse bruciato».

Purtroppo Stefano non è da solo a morire di carcere. Dai dati del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, elaborati dall’Associazione Contro Tutte le Mafie, risulta che negli ultimi 9 mesi ci sono stati 138 morti nelle carceri italiane, di cui 56 per suicidio.

Le condizioni inumane della vita carceraria, ovvero la consapevolezza di essere innocente, spinge chi, spesso è un povero cristo senza sponsor e senza difesa, a scegliere la via più breve verso la libertà. Tutto questo nell’indifferenza di chi addita in altri le proprie colpe o collusioni.

Sui network nazionali spesso si fanno battaglie per i canili lager, per difendere i diritti degli animali. Ma un’informazione foraggiata e politicizzata si dimentica di illuminare le nefandezze perpetrate dal sistema sugli umani. Così come non si capisce il silenzio o la diplomazia delle associazioni tematiche.

Gli ultimi dati ministeriali disponibili ci parlano di 64.595 detenuti, a fronte di una capienza sui 205 istituti di 43.186 unità. Ben 21.409 detenuti in più stipati uno sull’altro, come cavie.

Il dato allarmante, che mette all’indice il sistema giudiziario, è che solo il 48,5 % di questi ha subìto condanna (31.363). Il resto, si badi bene, è formato da persone presunte innocenti (33.232)!!

Ma un dato salta agli occhi. Se da un lato gli italiani in carcere presunti innocenti sono il 47 %, per gli stranieri il dato balza al 58 %.

Indigenza è sinonimo di difesa inadeguata, quindi il parallelismo: povero = colpevole.

Ai ben pensanti, giustizialisti e garantisti a senso unico, è bene rammentare un fatto: uno stato di diritto ad elevata civiltà giuridica deve pretendere “pena certa e riabilitativa in giusto processo”.

Solo così si può dare rispetto a quelle istituzioni che lo pretendono senza meritarlo.

"Abbiamo rischiato una rivolta perché il negro ha visto tutto. Un detenuto non si massacra in sezione, si massacra sotto...". Parole dal carcere di Castrogno a Teramo, parole registrate all'interno di uno degli uffici degli agenti di polizia penitenziaria. Frasi spaventose impresse in un nastro. Ora questo audio è nelle mani della Procura della Repubblica di Teramo che ha aperto un'inchiesta sulla vicenda. Sono parole che raccontano di un "pestaggio" ai danni di un detenuto, quasi come fosse la "prassi", un episodio che rientra nella "normalità" della gestione del penitenziario. Un concitato dialogo tra il comandante delle guardie del penitenziario e un agente che svelerebbe un gravissimo retroscena all'interno di un carcere già alle prese con carenze di organico e difficoltà strutturali.

Il nastro è stato recapitato al giornale locale La Città di Teramo, ed è scoppiata la bufera. Il plico era accompagnato da una lettera anonima.

In merito alla vicenda la deputata Radicale-Pd Rita Bernardini, membro della commissione Giustizia, ha presentato un'interrogazione al ministro Alfano.

Abusi e violenze sui detenuti, un dossier infinito…

Oltre al G8, i casi più eclatanti e "politici" sono il pestaggio nel carcere San Sebastiano di Sassari nel 2000, le botte e gli inni fascisti al Global forum di Napoli nel 2001. In entrambi i casi governava il centrosinistra. Federico Aldrovandi 17 anni, muore durante un controllo di polizia a Ferrara. Sotto processo ci sono quattro poliziotti. Aldo Bianzino, arrestato per possesso di marijuana, non uscirà vivo dal carcere di Perugia. L’inchiesta è stata archiviata. Stefano Cucchi, arrestato perché deteneva venti grammi di droga. Dopo una settimana in carcere è finito in ospedale, dove è spirato. I familiari, quando gli è stato permesso, hanno trovato il corpo in condizioni spaventose. Il padre alla stampa parla di «una frattura alla mandibola, di un occhio rientrato in un’orbita, di costole rotte» e di «un volto nero come se fosse bruciato».

Storie di pestaggi, di abusi, di violenze usate per estorcere notizie. Ma anche di soprusi su "diversi" e luogo di numerose morti "misteriose". Il carcere italiano è anche questo: la sospensione dello stato diritto avviene spesso.

Analizzando la situazione penitenziaria degli ultimi anni si ottiene un dossier infinito che evidenzia testimonianze, accertate, di "maltrattamenti" e casi di tortura. Quella tortura assente nel codice penale, considerata erroneamente dalla maggior parte della popolazione un affare lontano. Non è così. Il film della tortura in Italia passa per tre istantanee: il pestaggio contro i detenuti al carcere di San Sebastiano (Sassari) nel 2000, la repressione del movimento no global a Napoli, il 17 marzo 2001 e a Genova tra il 20 e 22 luglio dello stesso anno. Tutto senza soluzione di continuità tra governi di centrosinistra o centrodestra.

Lunga è la lista di persone che si sarebbero suicidate in carcere o morte per "cause naturali". Solo la testardaggine dei familiari o l’inchiesta di qualche pm hanno permesso di riaprire casi che hanno portato alla condanna di agenti di polizia penitenziaria. Qualche esempio. Il 4 febbraio 2008 un internato dell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario "Filippo Saporito" di Aversa muore "suicida" in circostanze ancora da definire. All’età di 17 anni gli era stata diagnosticata una "schizofrenia paranoidea". "Come fa un paziente schizofrenico - sostiene la madre - a impiccarsi con tutta tranquillità, di notte? Dove stavano le guardie?". Si attendono ancora gli sviluppi. Intanto ad Aversa i "suicidi" non si sono arrestati.

Uno dei casi più eclatanti è quello di Marcello Lonzi. L’11 luglio 2003 il giovane, 29 anni, viene trovato morto, coperto di sangue e con il volto tumefatto. Secondo l’autopsia la morte sarebbe avvenuta a seguito di arresto cardiaco, quindi per cause naturali. La madre, pensando a un violento pestaggio, sporge denuncia: "Ci sono i segni di vere e proprie vergate, striature viola sulla pelle gonfia e rialzata, ecchimosi che possono essere state fatte solo con un manganello. Non sono i segni di una caduta". Il caso è stato archiviato. Con tanti dubbi. Non molto differenti le circostanze della morte di Aldo Bianzino, non sopravvissuto alla prima notte di fermo per possesso di marijuana. Anche in questo caso l’inchiesta è stata archiviata.

Ma i casi raccolti dall’associazione Antigone sono tantissimi. La formula legale è sempre la stessa: "Gli accertamenti medico-legali hanno dimostrato che il decesso era avvenuto a seguito di violenze perpetrate da persone accanitesi contro di lui con calci, pugni e corpi contundenti, sì da procurare lesioni letali".

Episodi di "semplice" maltrattamento sono invece ancor più numerosi. Tra i soggetti più colpiti gli immigrati. "Mettiti in ginocchio, prega la Madonna e bacia la bandiera italiana", sono gli ordini diretti a B. M., detenuto marocchino, da un agente di polizia penitenziaria rinviato a giudizio per violenza privata. L’episodio risale al marzo 2006 nella casa circondariale di Nuoro. A Biella, all’interno del carcere, nel 2002 è stata trovata una "cella liscia" dove i detenuti sarebbero stati perquisiti e poi colpiti con violenti getti d’acqua sparati da un idrante. Nel fascicolo aperto dalla magistratura si parla di abusi e pestaggi, di omissioni e silenzi dei medici, di intimidazioni da parte degli agenti. In tutto vi sono a tutt’oggi cinquantanove persone indagate. Denunce analoghe a Palermo, Firenze, Forlì, Frosinone, Lecce e Milano. Qui, a San Vittore, O. R., meglio noto come Mohamed l’egiziano, considerato la "mente" dell’attentato dell’11 marzo a Madrid 2006, ha denunciato per maltrattamenti, abusi, torture e umiliazioni: come le richieste di "pregare per loro", "insulti a Dio, al Corano e all’Islam", oltre a minacce di "stupri alle donne musulmane".

In base alle convenzioni internazionali c’è però una differenza tra il "maltrattamento", anche grave, e la "tortura". "Sono questi tre elementi a distinguerli - spiega Mauro Palma, presidente del comitato europeo per la prevenzione della tortura - la gravissima sofferenza inflitta, la volontà di infliggerla e la finalizzazione". E a Genova e a Napoli c’era una volontà politica, una cabina di regia. "Durante le giornate genovesi non si tratta di abusi di una o più mele marce, bensì emerge un quadro in cui la struttura nel suo complesso si è caratterizzata in questo tipo di funzionamento", sostiene Palma. Le testimonianze gli danno ragione: dita intenzionalmente divaricate fino a determinare la rottura dei legamenti fino all’osso, persone ferite picchiate sulla ferita stessa e altri trattamenti inumani e degradanti inflitti ai manifestanti.

Una volontà di infliggere sofferenza motivata dal volere umiliare e punire la persona detenuta. Le situazioni a Napoli nel marzo 2001 (esecutivo Amato) sono state descritte con modalità analoghe: polizia e carabinieri caricano il corteo e trattengono 80 persone anche prelevandole dal pronto soccorso. Gli arrestati, condotti nella caserma Raniero, subiscono lesioni. Così come il sistematico pestaggio avvenuto il 3 aprile 2000 nel carcere di San Sebastiano a Sassari è una punizione collettiva ai detenuti che avevano "osato" protestare per la mancanza di viveri e acqua. "Tutto ciò mi fa dire che questi tre episodi vanno al di là dei pur gravissimi casi di pestaggi individuali", aggiunge Palma che poi conclude: "Anche se comunque non vanno sottovalutati, in quanto anch’essi indicativi di una cultura pericolosa".

Link di riscontro http://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_14.wp?selectedNode=0_2

http://www.radicali.it/view.php?id=7591

http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/GdM_dallapuglia_NOTIZIA_01.php?IDNotizia=216933&IDCategoria=11

http://www.repubblica.it/2009/08/sezioni/cronaca/carceri-affollamento/pestaggio-teramo/pestaggio-teramo.html

Il Manifesto, 24 marzo 2008

http://www.carceriemiliaromagna.it/wcm/carceriemiliaromagna/notizie/spena.htm

 
VisitatoreDate: Sabato, 31/10/2009, 18:22 | Message # 2
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Dati del 2009 raccolti dall' Osservatorio Sulla Repressione sui MORTI NEI CARCERI

http://www.facebook.com/inbox/readmessage.php?t=182054478904#/note.php?note_id=166053667438&ref=mf

Aziz, marocchino
34 anni
03 gennaio 2009
Suicidio
Spoleto

Salvatore Mignone
37 anni
04 gennaio 2009
Omicidio
Secondigliano (NA)

Edward Ugwoj Osuagwu
35 anni
17 gennaio 2009
Suicidio
Alessandria

Rocco Lo Presti
72 anni
24 gennaio 2009
Da accertare
Torino

Detenuto croato
37 anni
26 gennaio 2009
Suicidio
Poggioreale (NA)

Francesco Lo Bianco
28 anni
27 gennaio 2009
Da accertare
Ucciardone (PA)

M.B., detenuto italiano
60 anni
30 gennaio 2009
Suicidio
Sollicciano (FI)

Gaetano Sorice
38 anni
31 gennaio 2009
Overdose
Teramo (scarcerato)

Vincenzo Sepe
54 anni
01 marzo 2009
Suicidio
Bellizzi Irpino (AV)

Mohamed, marocchino
26 anni
06 marzo 2009
Suicidio
SM Maggiore (VE)

Leonardo Di Modugno
25 anni
08 marzo 2009
Suicidio
Foggia

Giuliano D., italiano
24 anni
08 marzo 2009
Suicidio
Velletri (RM)

Giancarlo Monni
35 anni
09 marzo 2009
Malattia
Cagliari

Detenuto italiano
37 anni
16 marzo 2009
Suicidio
Poggioreale (NA)

Jed Zarog
30 anni
17 marzo 2009
Suicidio
C.C. di Padova

Detenuto algerino
42 anni
19 marzo 2009
Da accertare
C.I.E. di Roma

Marcello Russo
38 anni
22 marzo 2009
Suicidio
Voghera (PV)

Francesco Esposito
27 anni
27 marzo 2009
Suicidio
Poggioreale (NA)

Carmelo Castro
20 anni
27 marzo 2009
Suicidio
Piazza Lanza (CT)

Gianclaudio Arbola
43 anni
31 marzo 2009
Suicidio
Marsala (TP)

Detenuto tunisino
28 anni
13 aprile 2009
Suicidio
Pisa

Andrei Zgonnikov
47 anni
16 aprile 2009
Suicidio
Salerno

Antonino Saladino
57 anni
20 aprile 2009
Suicidio
Viterbo

Daniele Topi
37 anni
21 aprile 2009
Suicidio
Rimini

Ihssane Fakhreddine
30 anni
24 aprile 2009
Da accertare
Firenze

Franco Fuschi
63 anni
26 aprile 2009
Suicidio
Alessandria

Graziano Iorio
41 anni
1 maggio 2009
Suicidio
Poggioreale (NA)

Ion Vassiliu
21 anni
1 maggio 2009
Suicidio
Pisa

Nabruka Mimuni
44 anni
7 maggio 2009
Suicidio
Roma (C.I.E.)

L.P., detenuto italiano
27 anni
15 maggio 2009
Da accertare
Campobasso

Detenuto marocchino
30 anni
15 maggio 2009
Da accertare
C.C. Padova

Detenuto marocchino
25 anni
19 maggio 2009
Suicidio
Bergamo
Samir Mesbah
36 anni
27 maggio 2009
Suicidio
Firenze

Detenuto italiano
40 anni
30 maggio 2009
Malattia
Terni

Vincenzo Nappo
43 anni
09 giugno 2009
Suicidio
Opg Aversa (CE)

Detenuto italiano
79 anni
09 giugno 2009
Malattia
Secondigliano (NA)

Antonio Chiaranza
32 anni
10 giugno 2009
Suicidio
Crotone

Anna Nuvoloni
40 anni
11 giugno 2009
Da accertare
Sollicciano (FI)

Charles Omofowan
32 anni
14 giugno 2009
Malattia
Lanciano (CH)

Rino Gerardi
38 anni
16 giugno 2009
Da accertare
Venezia S.M.M.

Detenuto marocchino
30 anni
18 giugno 2009
Suicidio
Brindisi (Caserma)

Detenuta italiana
35 anni
21 giugno 2009
Suicidio
Civitavecchia (Rm)

Detenuto indiano
30 anni
21 giugno 2009
Suicidio
Vercelli

Khalid Husayn
79 anni
21 giugno 2009
Malattia
Benevento

Detenuta italiana
28 anni
06 luglio 2009
Da accertare
Sollicciano (FI)

Dibe Rachid Salah
35 anni
12 luglio 2009
Suicidio
Imperia

Eugenio La Ferla
34 anni
13 luglio 2009
Suicidio
Alghero (SS)
Stefano Frapporti
50 anni
21 luglio 2009
Suicidio
Rovereto (TN)

Detenuto tunisino
19 anni
25 luglio 2009
Suicidio
I.P.M. di Bari

Gerardo D’Argenzio
42 anni
27 luglio 2009
Da accertare
Lecce

Vincenzo Marino
44 anni
28 luglio 2009
Da accertare
Rebibbia (RM)

Emilio Angelini
45 anni
31 luglio 2009
Suicidio
Livorno

Antonio Virelli
24 anni
31 luglio 2009
Suicidio
Reggio Calabria

Francesco Mastrogiovanni
58 anni
04 agosto 2009
Da accertare
Salerno (in TSO)

Giacomo M., italiano
40 anni
05 agosto 2009
Suicidio
Parma

Vincenzo, italiano
45 anni
10 agosto 2009
Malattia
Rebibbia (RM)

Stefano, italiano
51 anni
10 agosto 2009
Malattia
Rebibbia (RM)

Salah Ben Moamed
28 anni
11 agosto 2009
Da accertare
Ascoli

Luca Campanale
28 anni
12 agosto 2009
Suicidio
San Vittore (MI)

Adriano Zanin
55 anni
18 agosto 2009
Malattia
Treviso

Fabio T., italiano
46 anni
18 agosto 2009
Suicidio
Frosinone

Carlo Esposito
41 anni
01 settembre 2009
Malattia
Torino

Sami Mbarka Ben Gargi
41 anni
05 settembre 2009
Suicidio
Pavia

Cole Abib
32 anni
08 settembre 2009
Suicidio
Teramo

Detenuto cileno
19 anni
10 settembre 2009
Suicidio
Castrovillari (Cs)

Detenuto italiano
44 anni
11 settembre 2009
Suicidio
Ucciardone (Pa)

Fersi Walid
30 anni
12 settembre 2009
Suicidio
Prato

Rosario Vollaro
38 anni
12 settembre 2009
Suicidio
Lecce

Antonino Patafi
89 anni
19 settembre 2009
Malattia
Roma (det. dom.)

Nevio Porreca
55 anni
19 settembre 2009
Malattia
Opera (Mi)

Detenuto italiano
40 anni
26 settembre 2009
Suicidio
Firenze

C.N., detenuto italiano
39 anni
27 settembre 2009
Suicidio
Castrovillari (Cs)

Daniele Salvatori
26 anni
28 settembre 2009
Da accertare
Sulmona (Aq)

Roberto Capri
31 anni
04 ottobre 2009
Suicidio
Poggioreale (Na)

Gennaro Cerbone
41 anni
11 ottobre 2009
Malattia
Lanciano (Ch)

Elio O., detenuto italiano
35 anni
13 ottobre 2009
Da accertare
Frosinone

Detenuto romeno
24 anni
17 ottobre 2009
Suicidio
Tolmezzo (Ud)

Stefano Cucchi
31 anni
22 ottobre 2009
Da accertare
Regina Coeli (Rm)

Rahmoni Wissem
30 anni
26 ottobre 2009
Malattia
Isernia

Francesco Gozzi
52 anni
27 ottobre 2009
Suicidio
Parma

Marcello Calì
50 anni
28 ottobre 2009
Malattia
Poggioreale (Na)

 
dibattitopubblDate: Lunedì, 12/04/2010, 21:31 | Message # 3
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(ANSA) - ROMA, 9 APR - Sono 54 i detenuti morti nelle carceri italiane dall'inizio del 2010. Lo dice l'Associazione 'Ristretti Orizzonti''. L'ultima morte c'e' stata ieri sera nel supercarcere di Sulmona, in Abruzzo. Dei 54 decessi, 17 sono suicidi. L'anno scorso, ricorda l'associazione, sono morte in carcere 175 persone (72 suicidi) e dal 2000 ad oggi i decessi sono stati 1.651 (578 i suicidi). ''Sono numeri impressionanti'' rilevano dall'Associazione www.ansa.it
 
MariaRosaDeHellagenDate: Martedì, 13/04/2010, 14:53 | Message # 4
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SFASCIO TOTALE
Leggete un comunicato stampa di una vittima dei giudici italiani, messo in detenzione senza un processo regolare e senza prove a carico. Può capitare a chiunque...

Giuseppe Fontana
Giuseppe Fontana April 13, 2010 at 3:12am
Oggetto: CARI AMICI E COMPAGNI 13/04/2010
CARI AMICI E COMPAGNI 13/04/2010

Vi comunico che il Magistrato di sorveglianza di Palermo Dott. Pietro Cavarretta, lo stesso che venne durante il mio sciopero della fame/sete a raccogliere la mia protesta, mi ha concesso tre giorni di permesso premio in barba alla punizione della tenutaria del Kattiverio Pagliarelliano, ma credendomi ancora detenuto al Pagliarelli non mi ha concesso gli ulteriori due giorni per il viaggio previsti per legge.
Praticamente la direttrice del “Pagliarelli” ha omesso d’informare il magistrato di sorveglianza di Palermo della mia partenza.
E così giorno tre Aprile l’ufficiale dell’ufficio matricola di Nuoro inaspettatamente mi comunicava la concessione dei tre giorni di permesso premio a partire dal 04/04/2010 dicendomi che non avevo i due giorni in più per il viaggio e che ha provato a contattare il magistrato di Nuoro per la concessione ma che non era riuscito a trovarla. a questo punto ho accettato lo stesso, consapevole della sfacchinata e dello stipendio di risorse, soprattutto di mio fratello che costretto a venirmi a prendere avrebbe dovuto mollare tutto, perché tenevo tanto a tranquillizzare con la mia presenza, in un giorno di “festa”, mia madre che non si dava pace per il mio trasferimento- cosa che sono riuscito a fare anche raccontandole l’ennesima utile bugia.
Non vi dico le difficoltà a trovare i posti in aereo in questi giorni di festa che alla fine abbiamo trovato a caro prezzo facendo diversi scali e subendo lunghe ore di ritardo, come all’andata Olbia-Roma-Palermo.... sono uscito alle 13:30 dal carcere sono arrivato a casa alle 04:00 del mattino ! insomma una vera e propria sfacchinata, però ho tranquillizzato mia madre e ho potuto abbracciare una meravigliosa creatura, l’amore mio.
Mentre ero a casa abbiamo provato a contattare il magistrato di Palermo per farci concedere i due giorni in più per il viaggio, il magistrato di Palermo non sapeva del mio trasferimento ! comunque non mi ha potuto concedere i due giorni, in quanto egli a questo punto non è più competente responsabile- allora abbiamo telefonicamente contattato il magistrato di Nuoro spiegando la situazione ma anche lei, la Dott.ssa Adriana carta, poteva far nulla, in quanto non avendo ancora il mio fascicolo non poteva decidere niente.
E così sono stato per tre giorni senza magistrato di sorveglianza responsabile della mia vita !
tutto ciò perché la direzione del “Pagliarelli” non ha trasmesso al magistrato responsabile, COME DETTA LA LEGGE, il mio avvenuto trasferimento.
Traetene voi le conclusioni riflettendo su quest’ennesimo comportamento da parte di rappresentanti della giustizia e della legalità....
intanto mi conforta il fatto che il magistrato di Palermo mi abbia concesso un permesso premio, anche se per pochi giorni, ignorando la punizione inflittami dalla direttrice del “Pagliarelli”.
questo per ora è tutto, ora vado a nanna non dormo da quattro giorni.
vi terrò informati

Peppe

http://www.facebook.com/group.php?gid=90349347799

Gruppo di sostegno per Peppe Fontana

Leggete la sua incredibile storia ma soprattutto i suoi scritti sul sito http:// www.prigionierodistato.it per rendervi conto di come funziona la GIUSTIZIA in questo Paese. Dopo una lunga detenzione che l'ha sfibrato ma non annientato Peppe Fontana avrebbe tutto il diritto di poter godere almeno del beneficio dei domiciliari o del differimento della pena. Ha la sola colpa di non essere un intruppato ma uno spirito libero e anarchico che l'ottusità delle istituzioni non è riuscito a piegare. Peppe Fontana è stato indegnamente accomunato ai brutti ceffi e pendagli da forca della Mafia, con un processo - anzi, due diversi processi - pasticciatissimo e incongruente. Ci chiediamo come sia potuta passare in giudicato una sentenza di condanna senza la dovuta motivazione. Peppe - che ci onora della sua amicizia - è in fitta corrispondenza con noi e spesso collabora al nostro giornale on line, con contributi di pensiero inestimabili, altamente introspettivi, densi della sua illuminata Consapevolezza. Profondo cultore della Storia della sua "Sicilia Libera" ha prodotto una interessante saggistica sull'evoluzione del fenomeno mafioso collegato alle fluttuazioni politiche in Italia ed a quelle massoniche internazionali: materiale di gran pregio che meriterebbe gli scaffali delle biblioteche universitarie. La grettezza di diffidenti toghe in carriera, terrorizzate dall'ingestibilità del libero pensiero umano, chiuse ad ogni afflato con l'Immenso Giudice celeste, hanno sotterrato questa bandiera di Libertà ch'è Peppe Fontana nel fondo di una cella del carcere duro, perchè egli non sia più in grado di mortificarli e di piegarli a confrontarsi con la loro immagine allo specchio. Ciò ch'è singolare e che vogliamo sappiano i Tribunali è che - a parte i suoi amici o estimatori, anche alcuni criminali giudicati "spietati" e severamente condannati, non troppo avvezzi alle ciance che hanno avuto occasione di conoscere in carcere Peppe Fontana, ci stanno scrivendo spontaneamente per prenderne le difese e per perorare la sua causa, senza chiedere nulla per se stessi; alcuni ci hanno scritto pagine davvero commoventi, descrivendo Peppe Fontana... e pensare che Peppe sia riuscito silenziosamente, con la sua sola intima essenza, a suscitare in questa categoria di "uomini duri" dei sentimenti di ammirazione e di solidarietà, è opera che nessun programma di rieducazione in carcere le istituzioni sapranno fare!
PER CONTATTARE PEPPE:
e-mail : info@prigionierodistato.it
posta ordinaria : Giuseppe Fontana - via Bachelet, 2 90129 - Palermo

 
MariaRosaDeHellagenDate: Martedì, 13/04/2010, 15:24 | Message # 5
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Esposto - reclamo dei detenuti/prigionieri degli istituti penitenziari d'Italia:
http://www.prigionierodistato.it/Blog_cronaca/Voci/2009/11/2_Esposto.html .
 
MariaRosaDeHellagenDate: Martedì, 13/04/2010, 17:06 | Message # 6
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"Mio figlio è stato arrestato il 19 giugno 2008 a Cattolica.

E da quel giorno io non l’ho più né potuto vedere né sentire e mi è stato arrestato e poi quando l’ho potuto rivedere non lo auguro a nessuna mamma, come l’ho rivisto!
Mio figlio era stato arrestato per un’ipotesi di reato e...ra in custodia cautelare. lo dice il nome stesso, custodia!
Mio figlio me lo dovevano ridare in piedi, così come l’avevano prelevato.
Invece da appena arrestato tutto si è complicato, nulla è più stato normale, mi è stato detto che era stato arrestato e tratto nel carcere di Rimini e solo al giorno dopo spostato al carcere di Sollicciano (FI) perché doveva essere interrogato dai magistrati.
Primo passo non vero: mio figlio non è mai stato a Rimini. Mio figlio è stato arrestato e il suo primo ingresso in carcere l’ha fatto soltanto a Sollicciano, alle 19:45, arrestato a Cattolica, chiamato dalla madre del titolare dell’azienda per la quale cui mio figlio lavorava perché era stato arrestato suo figlio la sera prima.
Quindi gli aveva chiesto se per favore andava dall’avvocato per vedere cos’era successo.
Mio figlio, in perfetta buona fede, senza tentare di fuggire ma andando direttamente da questo avvocato a Cattolica, quand’è sceso ed è uscito dalla porta è stato arrestato.
Da quel momento non ha avuto più contatti con la famiglia. Nel verbale d’ingresso al carcere di Sollicciano si legge che il ragazzo dichiara di avere l’avvocato, di aver fatto la telefonata alla famiglia, ma io non ho ricevuto nessuna telefonata da Sollicciano, e si dichiara che per qualunque evenienza o necessità si doveva avvisare la mamma.
Cioè me.
Perché io non sono stata avvisata? Io sono venuta a saperlo solamente il giorno dopo.
Mi è stato detto che era stato trasferito. Va bene, cominciano le telefonate per farmi pressione per cercare di farmi cambiare avvocato.
Ho cercato di sapere chi era l’avvocato dell’azienda, per vedere che cosa stesse succedendo, perché su di me in quel momento è crollato il mondo addosso! Mi sfuggiva tutto. Allora ho telefonato all’avvocato aziendale Marcolini, il quale mi aveva detto che Niki era stato arrestato ma nemmeno lui sapeva niente. Era necessario aspettare l’interrogatorio per sapere di che cosa fosse accusato.
Io volevo salire a San Marino poiché io vivo ad Avezzano, ma l’avvocato mi ha detto: “No signora, tanto non lo può vedere non ci può nemmeno parlare perché ci sono tre giorni di isolamento”. Quindi soltanto lunedì mattina quando sarà interrogato, sapremo di cosa è accusato.
Nel frattempo si facevano pressioni per il cambio dell’avvocato, io ho insistito dicendo “Perché?”
Quindi la domenica non ce la facevo più, salgo allo studio di questo avvocato, parliamo e gli ventilo il fatto che forse era stato inviato a Niki un telegramma nel quale lo si invitava a cambiare avvocato. Marcolini mi ha detto di non preoccuparmi perché ai detenuti in isolamento non vengono recapitati nemmeno i telegrammi.
Perché invece il telegramma gli è stato dato? Telegramma che io ho potuto vedere soltanto pochi giorni fa (novembre 2008 n.d.r.) su cui c’è scritto: “Devi nominare l’avvocato tal..”
Devi! Era un ordine. Ebbene mio figlio durante quei tre giorni ha cambiato avvocato, nominando quello indicato sul telegramma. Marcolini nel frattempo era stato ricusato.
Durante l’interrogatorio scende questo nuovo avvocato e mi dice che Niki in quel momento si doveva avvalere della facoltà di non rispondere come hanno fatto gli altri, però sta parlando.
Gli avvocati che avevo portato io se ne vanno, io resto lì fuori ad aspettare, dopo un po’ vedo il blindato della polizia che si muove per andare a riprendere mio figlio, e io ho rincorso il blindato.
Lo volevo vedere mio figlio, noi ci capivamo anche solo con lo sguardo, gli volevo dire Niki non ti preoccupare io sto qua. Ma loro dal blindato mi hanno allontanato con una violenza inutile. Mi dicevano: “S’allontani senno arrestiamo pure lei, deve stare ad almeno venti metri di distanza dal blindato” ho visto uscire mio figlio, lui si è girato verso di me e loro gli hanno girato la testa dall’altro lato.
Chi avevano arrestato? Un ragazzo di 26 anni incensurato! Non aveva mai avuto problemi con la giustizia.
Mai! Era la prima volta!
Che succedeva di male se mi guardava? E’ stato l’ultimo sguardo che abbiamo avuto.
Dopo di ché ho aspettato questo nuovo avvocato, era una donna, e le ho detto: “Ma che ha detto Niki? Che è successo?” Lei mi ha risposto: “Niki ha voluto parlare dicendo, io voglio collaborare perché da qui io voglio uscire. Quindi io l’ho lasciato parlare.
Io le ho chiesto come stanno le cose? Lei mi ha risposto: “signora io devo studiare il caso ho avuto l’incarico soltanto l’altro giorno…” esattamente quello che mi avevano anticipato gli avvocati aziendali con i quali avevo parlato io. Chiaramente lei non poteva sapere…
Io poi avevo anche dei panni da portare nel carcere, chiaramente Niki non aveva con sé niente.
Io ho di nuovo pregato l’avvocatessa e le ho detto: “veda se riesco a parlargli un solo minuto, anche davanti a voi, a me non importa ho anche i panni”. L’avvocato si attiva ma in realtà vengo a sapere che anche per i panni servono 48 ore. In un supercarcere. Perché la mia domanda è: perché mio figlio è stato portato in un supercarcere?
Primo ingresso, un ragazzo incensurato.
Mio figlio non si sarebbe suicidato e meno che mai senza lasciarmi niente di scritto.
Qui non quadra niente!
In un’inchiesta così grande i gestori di telefonia che ruolo hanno avuto in tutta questa storia? Perché non sono nominati? Nella custodia cautelare sono nominati.
Oltre ai siti internet, lavoro che mio figlio faceva benissimo, era stato messo anche nei rapporti coi gestori di telefonia. Ma perché anche sui giornali non sono mai usciti? E perché non è stata chiesta la rogatoria a San Marino? Allora io vado nella casa di un ladro, lo arresto però io non cerco nell’appartamento la refurtiva. Vi sembra normale? La rogatoria serviva per acquisire i computer per capire quello che realmente succedeva. Perché non è stata fatta? Dopo venti giorni dal decesso ho mandato mio marito e mio cognato per parlare col titolare dell’appartamento nel quale viveva mio figlio a San Marino. Ebbene l’appartamento era stato completamente svuotato. Non c’era più nemmeno un calzino di mio figlio. Io non ho potuto nemmeno sentire il profumo di mio figlio.
Allora chi ha avuto interesse a svuotare l’appartamento? Le diciassette persone che sono state arrestate per le quali la posizione si poteva appesantire? O chi invece ancora temeva di finire in manette per ciò che mio figlio custodiva dentro quei computer?
Scomparsi con tutto! Tutto!
Io non ho più neanche le chiavi di casa mia.
Come faccio a difenderlo? Come faccio a capire cos’è successo se io non ho più niente? Come faccio?
Aiutatemi, io non ce la faccio! Chi ha inviato il telegramma e chi è andato a rubare è manovalanza lo capiamo?
Con pochi soldi si possono far fare queste cose.
Io voglio capire chi ha dato l’ordine di cambiare l’avvocato a mio figlio. Chi ha dato l’ordine di ripulire l’appartamento. Io voglio sapere chi c’è dietro! Non ci possiamo continuare a nascondere dietro ai mostri parlando di nomi.
Ci sono intercettazioni telefoniche?
Allora la telefonata che parte da un numero e arriva ad un altro sono due persone che parlano. Se io e lei parliamo perché vengo arrestata soltanto io?
Però questi nomi eccellenti a metà luglio stavano ancora al loro lavoro a fare quello che facevano prima.
Mio figlio dal 24 giugno sta sotto due metri di terra.
Il dottor Franco Corleone, garante dei detenuti del carcere di Sollicciano, ha dichiarato in un’intervista rilasciata a Repubblica, che lui aveva parlato col direttore del carcere, il quale ha detto che mio figlio, dopo il passeggio - perché qui è importante sapere le ore – i passeggio sono dalle nove e mezza alle dieci e mezza.
Mio figlio aveva usufruito di quest’ora d’aria e dopo, secondo la versione ufficiale del suicidio, è rientrato nel bagno e si sarebbe impiccato. Nell’intervista, Franco Corleone, ha aggiunto: “Sa, Niki aveva anche dato dei segni di cedimento psicologico perché aveva cambiato avvocato”
Non era un cenno di cedimento caro dottor Franco Corleone, gli hanno ordinato di cambiare avvocato.
Perché lui non l’avrebbe cambiato. Il dottor Franco Corleone, col direttore del carcere di che cosa ha parlato? Perché l’autopsia ha stabilito che il decesso è avvenuto alle 10. I soccorsi del 118 sono stati chiamati alle 11:15.
Allora lo potevate salvare? Si poteva salvare? Credetemi! Non coincide nulla! Nei verbali che mi ha ridato il carcere con un’archiviazione, mi chiedo, come si fa ad archiviare una cosa che non quadra in niente?
Mio figlio il giorno prima della morte aveva chiesto di essere messo in una cella con detenuti italiani, possibilmente non violenti. Cosa significa? Che ci teneva alla sua vita o no? Secondo me ci teneva senno avrebbe detto: “Mettetemi con chi volete” so io cosa avrebbe voluto fare se avesse voluto suicidarsi. I verbali dei due compagni di cella di Niki non quadrano. Uno chiede all’altro: “Niki dov’è? Niki è andato ai passeggi” Nella deposizione dell’altro detenuto alla stessa domanda risponde “Niki è in bagno a lavare i panni”. Mi chiedo dov’era Niki? Inoltre c’è anche un verbale di un agente di custodia cautelare in cui dice: “Niki discorreva con me, era molto sereno. Mi diceva quando mi interrogheranno di nuovo?” Secondo l’agente questo colloquio avvenne alle 10. Ora del decesso. Mi chiedo: quando ci ha parlato questo agente con mio figlio? E dove perché non è specificato? Io vi prego giornalisti. Non date notizie idiote che sentiamo tutti i giorni in televisione, fate i giornalisti seri. Mettetecela la testa dentro a quelle carceri. Io leggendo “Informa carcere” ho letto che durante all’ora d’aria succede di tutto perché è il momento in cui tutte le celle sono aperte in cui un detenuto può andare in un’altra cella.
Mio figlio doveva essere custodito.
Chi l’ha custodito?
"Mio figlio è stato arrestato il 19 giugno 2008 a Cattolica.

E da quel giorno io non l’ho più né potuto vedere né sentire e mi è stato arrestato e poi quando l’ho potuto rivedere non lo auguro a nessuna mamma, come l’ho rivisto!
Mio figlio era stato arrestato per un’ipotesi di reato era in custodia cautelare. lo dice il nome stesso, custodia!
Mio figlio me lo dovevano ridare in piedi, così come l’avevano prelevato.
Invece da appena arrestato tutto si è complicato, nulla è più stato...

Sito Web: http://nikiaprilegatti.blogspot.com/

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MariaRosaDeHellagenDate: Martedì, 13/04/2010, 17:15 | Message # 7
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Luca Grisorio:

Voglio testimoniare una vicenda che ho vissuto in prima persona, dato che mi trovavo detenuto nel giugno 2000 presso la III^ Casa Circondariale di Rebibbia, Istituto considerato da tutti un hotel a 5 stelle in quanto è di recente costruzione e molto confortevole in quanto non vi è mai stato sovraffollamento e si hanno servizi igienici con tutti i crismi con bagno antibagno e doppio lavandino dotati di acqua calda lo stesso per i bidè!
Questo istituto è stato costruito per ospitare i detenuti in semilibertà e successivamente ha ospitato al primo piano l'istituto a custodia attenuata per il trattamento delle tossicodipendenze e alcolismo.
Vi è un campo da calcetto regolamentare in erba sintetica, campo da tennis, gazebo con aiuole per ospitare i colloqui con i famigliari e una palestra in sezione molto ben organizzata e dotata di impianto stereo, lavatoi separati per lavare la propria biancheria doccecon acqua calda continua e ben pulite, una biblioteca, una sala teatro, una sala musica e vari laboratori tra cui serigrafia e mosaico e corso di informatica. Un refettorio con cucina professionale da ristorante, tutti i detenuti lavorano e sono retribuiti meglio degli altri istituti.
Inoltre le finestre scorrevoli con infissi in alluminio e doppio vetro termico.
Le celle vengono aperte alle 07.30 e chiuse alle ore 22.30 e in tale orario si può andare ai corsi 4 ore al giorno ai passeggi che si svolgono snell'area verde dotata di tutte quelle comodità e impianti sportivi.... Mostra tutto
Voi vi chiederetè se sono un bugiardo o sto parlando della Svezia, famosa per le comodità delle proprie carceri, ma è tutto vero fino all'ultima affermazione, anzi ho dimenticato che in stanza si hanno convettori ad aria calda per l'inverno regolabili a proprio piacimento!
Bene tralasciamo le altre comodità che non ho citato, come quella che è rarissimo che in una cella ci siano più di 2 persone, di solito se ce n'è una a 3 è perchè lo hanno espressamente richiesto gli occupanti in quanto amici.
Allora arrivo in questo istituto e trovo al nostro piano (2°) al 1° c'è un'infermeria molto curata, una sezione (11 celle) vuota in quanto il Comandante ci aveva chiesto di spostarci tutti in una in quanto sarebbe arrivato un detenuto particolare!
Dato che in quel periodo eravamo sotto numero non abbiamo fatto nessuna obiezione, rimanendo in ogni caso basiti per la richiesta e domandandoci chi sarebbe mai stato questo personaggio così importante!
Beh radio carcere non ci mette molto a scoprire chi fosse:
GIOVANNI LEMBO!
Azz ci informammo e scoprimmo che era vice procuratore nazionale antimafia a Messina!
Ci siamo detti: finalmente anche loro non sono più intoccabili!
Comunque fatto sta che in un pomeriggio fu incaricato l'agente addetto alla M.O.F. (Manutenzione Ordinaria Fabbricati) di installare SUBITO una doccia con piatto al posto del bidè!
Poche ore di lavoro e tutto fu installato!
Gli portavamo i pranzi e le cene prese a caso dal nostro vitto dall'agente che lo piantonava 24/24 (avevano paura di qualche gesto inconsulto, a torto quello stava da Dio!).
Non gli era possibile fare socialità con noi e il passeggio lo faceva di solito con un agente o qualche ispettore....
Un bel giorno gli concessero gli arresti domiciliari e quando ancora le traduzioni in aereo erano un miraggio lui la ottenne!
Il Comandante lo sentii più volte urlare in matricola affinchè il biglietto aereo fosse pronto al più presto!
Spesso non era in cella ed era nell'ufficio del Comandante ed un giorno abbiamo visto arrivare champaghe (ve lo immaginate in un carcere) e venne portato nell'ufficio del Comandante in cui c'era Lembo e il Comandante, e talvolta qualche ispettore o sovrintendente!.
Ecco questo è il trattamento riservato a un Giudice quando viene arrestato, si trova il modo di rendergli la detenzione una vacanza asserendo che il suo trasferimento in quell'istituto era dettato per motivi di sicurezza e incolumità della sua persona.
Figuratevi che nemeno 3 anni prima scapparono da quell'istituto 3 detenuti segando le sbarre (di ferro dolce) con una piccola lama di segheto da traforo e mentre si è al campo di calcetto chiunque voglia far male ad un detenuto lo può fare indisturbato in quanto il muro di cinta e facilmente eludibile ad un ordigno lanciato anche a mano u con una fionda rudimentale, in questo modo si sono visti ben altri tipi di lanci!
Ma se non si vuol perdere tempo si sale su un terrazzo delle palazzine di fronte e con un fucile si può uccidere un detenuto girando la testa, in quanto distano solo 80 Mt e sono più alte del muro di cinta, figuratevi noi d'estate ci guardavamo le ragazze che prendevano il sole sui balconi! Eh si l'astinenza non è una bella cosa :-)
Quindi le motivazioni asserite per tradurlo in quell'istituto non stanno in piedi.
Racconto questa storia perchè io ho avuto la fortuna di andarci dopo una miriade di colloqui con psicologi ed educatori, lui invec) e non so cosa abbia fatto per esserci arrivato, dato che non aveva nessuna dipendenza da sostanze!
Ora (almeno fino al 2005, ed è così dalla fine del 1999 il 3° piano è vuoto in quanto la semilibertà è stata riportata alla Casa di Reclusione) ed i detenuti in altri istituti stanno soffrendo come sardine per il sovraffollamento, ma il DAP non l'ha mai riaperta (fino a che ci sono stato io 2005) e non capisco le ragioni reali, anche se loro asseriscono per mancanza di operatori.
Ve ne dico un'altra che non ha che vedere col personaggio ma con la struttura: sono stati fabbricati ex novo alcune officine costate miliardi (certi) ultimate nel 1999 o giù di li e mai messe in opera, pare per errore della grande porta che dovrebbe accogliere i macchinari!
I nostri soldi marciscono e loro se ne fregano!
Darebbero con opportune convenzioni (previste anche dalla legge denominata "Smuraglia") dar lavoro a tutti i detenuti che non si occupano delle pulizie dell'istituto e sarebbe anche una fonte di guadagno per l'Amministrazione ma tutto tace!
Io andai via (libero) il 2002 e ci ritornai nel 2005 e tutto era ancora così!
Un giorno recandomi all'ufficio Comando il mio sguardo si posò su una bacheca apposta di fronte tale ufficio e riportava i ringraziamenti al Comandanteed a tutto il personale per il trattamento offerto a GIOVANNI LEMBO, era firmata non ricordo il nome ma era un procuratore e se non erro conteneva anche quelli del suo legale!
Certo dopo quello che ha passato in quell'istituto poverino ci voleva proprio!
Ho appreso da questo articolo che è stato condannato in via definitiva quindi ora è un pregiudicato come tutti noi, e dovrebbe essere trattato come tale in ogni occasione, ma sono certo che chi segue le vicende di quel caso sa come e dove ora se la sta godendo.
Considerate che c'era un agente di messina considerato da noi e dai colleghi un po pazzarello che un giorno mi disse: come riesco ad ottenere il trasferimento a Messina o da quelle parti denuncio tutto in quanto ho assistiti a cose che un detenuto normale non potrebbe e non dovrebbe mai fare in carcere e soprattutto con l'appoggio e la connivenza di chi lo conduce.
Comunque avevano mano libera in quanto il vecchio direttore reggente fu trasferito ad altro istituto e veniva diretto da una vice direttrice molto giovane e sulla carta er direttore un'altra direttrice che si insediò ufficialmente dopo la sua scarcerazione e ance se considerata da tutti molto ferrea sono certo che avrebbe dovuto subire questa vicenda e comunque i direttori è raro che si trattengano (in quell'istituto) oltre le 15.30 dopodichè nesuno può supervisionare se non il comandante e i suoi sottoposti.
Ecco l'Italia delle due Giustizie quella per i detenuti comuni e quella dei detenuti eccellenti e potenti, tutti credevano che dato che aveva ottenuto gli arresti domiciliari sarebbe stato assolto, erroneamente, e forse pensavano che un giorno avrebbe potuto restituire i favori in qualche modo....immginate voi io non lo so, so solo che tutti gli agenti erano accondiscendenti e servili verso di lui.

 
dibattitopubblDate: Martedì, 13/04/2010, 20:31 | Message # 8
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GIUSTIZIA PER MARCELLO LONZI...MORTO PER "CAUSE NATURALI"

Mio figlio è morto a 29 anni nel carcere di Livorno l'11 luglio del 2003. Dopo il decesso il corpo di Marcello presentava numerose ferite ed ecchimosi come è facile constatare dalle fotografie facilmente reperibili su internet. Nonostante questo il referto dell'autopsia indicava che mio figlio era morto per "cause naturali".

Marcello Lonzi muore l'11 luglio 2003 nel carcere di Livorno
il medico legale dichiara che è morto per "cause naturali"

La madre di Marcello Lonzi non crede alla spiegazione che viene data riguardo alla morte del figlio e si batte con tutte le forze per ottenere un supplemento di indagine: il "caso" è dapprima archiviato, ma nell'agosto 2006 l'inchiesta è riaperta e viene disposta una nuova autopsia.
Abbiamo raccolto un'ampia documentazione al riguardo e la pubblichiamo nella speranza che su questa vicenda non scenda in silenzio e che si trovino persone disposte a cercare tutta la verità.
Abbiamo deciso di non pubblicare le fotografie del corpo di Marcello sul pavimento della cella e durante l'autopsia per rispetto alla sua dignità ed al dolore dei famigliari. Se qualcuno volesse vederle, per approfondire la conoscenza del caso, possiamo inviargliele in posta elettronica. Fatene richiesta alla mail redazione@ristretti.it

Sito Web:http://www.ristretti.it/areestudio/disagio/lonzi/index.htm
Livorno, Italy

http://www.facebook.com/group.php?gid=107031239328772&ref=search&sid=1239211685.3895680305..1

Alcune foto possono essere visionate qui: http://www.facebook.com/group.php?gid=107031239328772&ref=search&sid=1239211685.3895680305..1&v=info#!/photo_search.php?oid=107031239328772&view=all

 
MariaRosaDeHellagenDate: Sabato, 01/05/2010, 03:38 | Message # 9
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Maltrattamenti in carcere -Teramo : "I detenuti si massacrano sotto"

http://www.youtube.com/watch?v=GTksn7gOKms&feature=player_embedded

 
dibattitopubblDate: Giovedì, 17/03/2011, 04:45 | Message # 10
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Massa: 49enne ritrovato morto in cella, i famigliari dei detenuti scrivono “trattati come bestie”

http://www.articolo21.org/7780/editoriale/massa-49enne-ritrovato-morto-in-cella-i.html
http://www.articolo21.org/7780....-i.html

Enzo Di Marco, 49 anni, detenuto nella Casa Circondariale di Massa, si è sentito male durante la notte di giovedì scorso. I compagni di cella se ne sono accorti soltanto la mattina dopo e hanno dato l’allarme, ma era troppo tardi per prestargli qualsiasi soccorso. Probabilmente la morte è stata causata da un infarto, anche se bisognerà attendere gli esiti degli esami tossicologici e istologici, disposti dal magistrato, per avere una risposta certa.

Di Marco è il ventinovesimo detenuto che muore nelle carceri italiane da inizio anno e, se l’ipotesi dell’arresto cardiocircolatorio venisse confermata, sarebbe il decimo ucciso da un “infarto”, tra cui tre ragazzi non ancora trentenni. Altri 11 detenuti sono morti suicidi, i rimanenti per sospette overdose di droghe o di farmaci, tranne due, che avevano 66 e 75 anni e sono deceduti per “cause naturali” legate a patologie da tempo diagnosticate. Nel complesso soltanto 3 dei 29 detenuti morti avevano più di 50 anni.

Verrebbe spontaneo pensare all’esistenza di un “fattore ambientale”, cioè che la carcerazione (soprattutto nelle attuali condizioni di estremo sovraffollamento) provochi l’insorgenza di nuove patologie, anche in detenuti giovani, e aggravi quelle preesistenti.

Al riguardo è emblematica questa lettera dei familiari dei detenuti di Massa riportata dal quotidiano “Il Tirreno” e precedente alla morte di Enzo Di Marco:

Scriviamo questa lettera perché vorremmo esprimervi alcune nostre perplessità sulla Casa circondariale di Massa. Attualmente si trova in uno stato di sovraffollamento assurdo, una situazione disumana. Detenuti costretti a dormire per terra e in condizioni igieniche poco sicure. Anche se tutte queste persone hanno sbagliato, stanno pagando e non è giusto non rendere pubblica questa situazione. Vengono trattati come bestie. I giornali nazionali non parlano mai del carcere di Massa e delle condizioni in cui vivono i detenuti. Non è giusto che vivano come animali.

Facciamo appello alle istituzioni affinché non chiudano gli occhi sul carcere di Massa, ma aiutino i carcerati a vivere con dignità la loro pena. La soluzione forse sarebbe quella di abolire alcune leggi che hanno pesato moltissimo sulle carceri italiane. Una su tutte potrebbe essere quella sull’immigrazione”.

Nella Casa Circondariale di Massa ci sono 62 celle, divise in 3 sezioni detentive. In ogni cella dovrebbero trovare posto 2 detenuti, ma per i noti problemi di sovraffollamento la “capienza ufficiale” dell’Istituto è stata portata a 175 posti, quindi aggiungendo una terza branda per cella. Attualmente la situazione è drammatica, perché i detenuti presenti sono oltre 260 (esattamente erano 266, all’ultima rilevazione, effettuata a inizio anno). Non ci sono brande per tutti e, anche se ci fossero, nelle celle non c’è lo spazio per montarle, quindi i detenuti sono costretti a dormire su materassi a terra.

*di Osservatorio permanente sulle morti in carcere

 
dibattitopubblDate: Giovedì, 17/03/2011, 04:55 | Message # 11
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Rapporto denuncia sulle carceri italiane: celle come “loculi”

http://www.mtvnews.it/2-news/rapporto-denuncia-sulle-carceri-italiane-celle-come-loculi/ (http://www.mtvnews.it/2-news....-loculi)

Milano, 15 lug. (Apcom) - Celle che potrebbero essere definite "loculi", dove lo spazio a disposizione di ciascun detenuto è, nei casi più estremi, di appena due metri quadrati, come nel carcere di Pistoia o in quello di San Vittore a Milano. A denunciare le disumane condizioni di vita dei detenuti italiani sono le associazioni "A Buon Diritto" e "Antigone", che oggi hanno presentato un report redatto dopo che una loro delegazione, accompagnata da rappresentanti istituzionali, ha visitato alcuni tra gli istituti penitenziari più affollati d'Italia, nelle settimane tra il 21 giugno e il 2 luglio 2010. A parlare sono i numeri: nel carcere di Pistoia, capienza 74 unità, ci sono 140 detenuti e le celle al piano terra, con un superficie di 6 mq servizi esclusi, ospitano 3 persone ciascuna, mentre al primo piano sono dislocate celle piu grandi, di 18 mq, in origine destinate ad ospitare ognuna 3 detenuti: ne contengono 6 e dispongono di due letti a castello a tre piani.

Record nel carcere di Milano-San Vittore, la cui capienza è di 712 detenuti (ve ne starebbero 900 ma al momento due bracci sono inagibili) e ve ne sono più del doppio: 1.600. Di questi, 110 donne, 112 detenuti in trattamento psichiatrico, 120 giovani adulti. Nella sezione dei nuovi arrivati le celle sono di 9 mq escluso il bagno ed erano presenti 5 o 6 detenuti. Malissimo anche il carcere di Poggioreale a Napoli: ci sono 2.710 detenuti anzichè i regolamentari 1.347. A Padova, capienza regolamentare 98 unità, ci sono 250 detenuti e nella cella di 10,5 mq, pensata come singola, vi erano 3 persone, in quella di 18,5 mq, pensata per 4, se ne trovavano 8 e in quella di 23,5 mq, pensata per 5, ve ne erano 10-11.

A Rebibbia, carcere femminile di Roma, ci sono 390 detenute a fronte delle 281 unità regolamentari, a Sulmone 444 invece che 270, al Regina Coeli di Roma ci sono 1.073 invece dei regolamentari 640. Poco meglio nel carcere di Capanne a Perugia, la cui capienza regolamentare è fissata in 352 unita e c'erano 569 detenuti, le celle singole tutte occupate da almeno due detenuti e, in una cinquantina di casi, vi si trovavano anche 3 detenuti uno dei quali costretto a servirsi di un materasso a terra. A Bologna, con una capienza di 452 unita, si trovavano 1.158 detenuti.

"In carcere non si rispettano le leggi - è l'appello delle due associazioni - Quasi niente, nelle carceri, è come dovrebbe essere, funziona come dovrebbe funzionare, rispetta il dettato delle norme che dovrebbero regolare la vita penitenziaria. È trascorso quasi un anno dalla sentenza della Corte europea dei Diritti umani che ha condannato l'Italia per aver detenuto persone in meno di tre metri quadri. Una violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea, un'ipotesi di tortura o trattamento inumano o degradante". "Noi - spiegano - ci riteniamo da oggi in vertenza contro le istituzioni. Utilizzeremo ogni strumento legale a disposizione per far sì che lo Stato paghi il prezzo della propria illegalità".

http://www.abuondiritto.it/

http://www.associazioneantigone.it/

Attualità e Cronaca, News

 
MariaRosaDeHellagenDate: Giovedì, 24/03/2011, 06:09 | Message # 12
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http://www.dalpaesedeibalocchi.com/2009/04/pedofilo-violentato-a-san-vittore-dai-detenuti-violentato-per-3-giorni-il-carcere-i-carcerati-e-i-secondini-saranno-i-responsabili/
(http://www.dalpaesedeibalocchi.com/2009....> )

Nuovi aggiornamenti sulla vicenda riferita alla violenza sessuale che è stata inferta al pedofilo che si trova nel carcere di San Vittore per scontare la pena per aver, a sua volta, abusato un bambino. Sembra che sia iniziato con un gioco sessuale tra detenuti e che sia degenerato in violenza sessuale durata 3 giorni, senza che le guardie carcerarie siano intervenute. A pagare saranno i detenuti che hanno violentato il pedofilo, le guardie carcerarie e il carcere stesso.

Lucignolo

Pedofilo «punito», condannati i secondini
di Luca Fazzo

Brutalizzato per giorni dai compagni di cella, uno dei due agenti lo aveva trovato ferito: «Sono affari vostri…». La Corte d’Appello gli riconosce un risarcimento di 100mila euro

Un clic sull’inferno. San Vittore, sesto raggio, secondo piano: è il reparto «protetti», un carcere dentro il carcere, la sezione di chi risponde di delitti che per la morale dei detenuti comuni sono più infamanti di una strage. È il reparto dei crimini sessuali. Qui, per tre giorni di fila, nell’ottobre 2001, un giovane uomo accusato di pedofilia è stato brutalizzato dai compagni di cella. Ieri una sentenza della Corte d’appello di Milano gli riconosce un risarcimento di centomila euro. A versarlo saranno il ministero della Giustizia, che non ha saputo tutelare la sicurezza del detenuto, e i due agenti di polizia penitenziaria che in quei giorni avevano la responsabilità di quel gruppo di celle.
Non è stata la prima e non sarà l’ultima storia di violenza nella sezione protetti. Isolati dal mondo, i violentatori veri o presunti gestiscono una loro quotidianità fatta – inevitabilmente – anche di sessualità. Una parte di loro, quelli già condannati in appello, tra un po’ verranno spostati in una sezione del nuovo carcere di Bollate, dove si tenterà per loro una qualche forma di recupero. Ma per gli altri la destinazione continuerà ad essere il secondo piano del sesto raggio, con i suoi riti e le sue violenze.
I due detenuti che devastarono il giovane compagno di cella sono già stati condannati. La sentenza di ieri punta il dito contro chi doveva vigilare e non l’ha fatto. Nel processo penale gli agenti finiti sotto indagine erano stati assolti, anche perché l’indagine interna aveva rafforzato la tesi che le violenze fossero state il punto di approdo di un gioco erotico iniziato di comune accordo, e degenerato nel corso della notte. Ma la sentenza civile, nei confronti di due degli agenti va invece giù pesante: «Ove da parte di uno dei secondini si fosse intervenuto, si sarebbe certamente interrotto l’iter di violenze cui l’appellante si trovava a essere sottoposto e esse non sarebbero montate in un crescendo parossistico fino alla tragica scoperta del corpo esanime dello stesso». «Sono affari vostri», avrebbe detto uno dei due agenti quando si era trovato di fronte al volto tumefatto dalle botte del detenuto.
«La vicenda è incredibile – dice il difensore della vittima, Marco Marzari – perché che possa sparire per tre giorni dal circuito carcerario una persona detenuta senza che nessuno degli addetti preposti alla sua tutela se ne accorga, desta inquietudine in una Paese democratico e avanzato come l’Italia». Il provveditore regionale alle carceri, Luigi Pagano, che all’epoca dei fatti era direttore di San Vittore: «Dobbiamo ricordare che questi fatti accaddero in una situazione di sovraffollamento terribile, in cui di notte due o tre agenti dovevano vigilare su un reparto dove arrivammo ad avere centocinquanta detenuti, il triplo della capienza. Sfido chiunque in un contesto del genere a garantire il controllo permanente di quel che accade cella per cella».

Dal Il Giornale

http://www.dalpaesedeibalocchi.com/2009/04/san-vittore-detenuto-pedofilo-sodomizzato-e-ferito-da-altri-detenuti-le-guardie-pagheranno-100mila-euro-per-aver-taciuto/ (http://www.dalpaesedeibalocchi.com/2009....> )

Questo è quando si oltrepassa il limite……..so che molti di voi non la penseranno come me, ma io sinceramente in tutta coscienza non me la sento di condannare un pedofilo a subire quello che gli è successo a questo detenuto a San Vittore, nel carcere Milanese.

Il detenuto che si trova in carcere con una condanna pesante, quella infamante della pedofilia, è stato sodomizzato e picchiato da altri detenuti, e a pagare le conseguenze del gesto estremo sono state le guardie carcerarie, perché colpevoli di sapere quello che accadeva, ma di non essere intervenuti. Si sa….in carcere la vita di chi commette atti “infamanti” è dura, ma in questo caso, per me, si è oltrepassato il limite, perché scendere sullo stesso “loro” piano non nobilita nessuno e ci fa perdere di vista quel poco di civiltà che è rimasta.

Lucignolo

MILANO – Due agenti della polizia penitenziaria sono stati condannati a risarcire 100 mila euro a un uomo che, quando nel 2001 si trovava detenuto nel carcere milanese di San Vittore per violenza sessuale nei confronti di un minore, venne sodomizzato, picchiato e minacciato da altri carcerati, senza che gli agenti intervenissero per aiutarlo. Lo ha deciso la prima sezione civile della Corte d’appello di Milano.

LA RICOSTRUZIONE – I fatti risalgono all’ottobre 2001, quando l’uomo si trovava nel sesto raggio del carcere di San Vittore, perchè arrestato per una presunta violenza sessuale su un minore. I due compagni di cella lo costrinsero a ingerire una sostanza nauseante e l’uomo si sentì male. Chiese aiuto all’agente che piantonava la cella, che non gli diede retta. Il detenuto venne poi picchiato dagli altri con una caffettiera e, nonostante il mattino seguente fosse coperto di ematomi in viso, un altro agente, quello addetto alla consegna della posta, gli rispose «sono affari vostri» e si rifiutò di accompagnarlo in infermeria. Nel giudizio penale, in primo grado, i due agenti erano stati condannati, ma poi in appello erano stati assolti. La Cassazione, infine, aveva annullato la sentenza di secondo grado. Il giudice civile oggi ha deciso sul risarcimento.

(Corriere della Sera)

 
dibattitopubblDate: Venerdì, 08/04/2011, 22:10 | Message # 13
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Morto in cella dopo il pestaggio - l'ipotesi è di istigazione al suicidio

Il ragazzo che in passato aveva testimoniato contro nove agenti penitenziari è morto poco dopo le 13 in Rianimazione. Perquisito il carcere di Bari. L'ipotesi di reato è istigazione al suicidio.Il giorno prima le botte, poi era stato messo in isolamento. I parlamentari del Pd: "Fare chiarezza"
di MARA CHIARELLI

http://bari.repubblica.it/cronaca/2011/04/07/news/suicida_in_cella_dubbi_dei_medici_la_procura_picchiato_dalle_guardie-14603694/
http://bari.repubblica.it/cronaca....4603694

È morto poco dopo le 13 dopo una lunga agonia Carlo Saturno, il giovane detenuto trovato appeso a un lenzuolo dagli agenti del carcere di Bari. La Procura di Bari vuole sapere con certezza quello che è accaduto in cella: nel fascicolo coordinato dai pm Isabella Ginefra e Pasquale Drago, c'è anche un episodio avvenuto il giorno prima della tragedia e relativo a un pestaggio da parte della polizia penitenziaria.

Nel pomeriggio di oggi sono scattate le perquisizioni nel carcere di Bari da parte della polizia giudiziaria su disposizione della Procura. La polizia giudiziaria sta acquisendo fascicoli e documentazione utili a ricostruire i giorni precedenti a quello che sembra essere un suicidio. Dopo la morte, la Procura ha modificato l'iscrizione del fascicolo d'inchiesta che fino a ieri era a "modello 45", cioè senza indagati nè ipotesi di reato. L'ipotesi di reato ora è per istigazione al suicidio contro ignoti. E' stata disposta l'autopsia e nelle prossime ore sarà affidato l'incarico ad un medico legale.

Da fonti giudiziarie si apprende, inoltre, che il giorno precedente al presunto suicidio, Saturno era stato arrestato in carcere, dove era detenuto per furto, in seguito ad una colluttazione con alcuni agenti di polizia penitenziaria. Nei giorni successivi, durante il coma, l'arresto era stato convalidato dal gip per i reati di resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale.

Nei giorni scorsi, i medici che lo stavano seguendo nel reparto di Rianimazione del Policlinico di Bari hanno manifestato qualche dubbio sul fatto che Carlo sia morto per asfissia dovuta al cappio del lenzuolo, da lui stesso annodato. Ma una perizia disposta dalla Procura ed eseguita dal medico legale Francesco Introna, ha stabilito che i segni intorno al collo sarebbero compatibili sia con un salto nel vuoto che con un eventuale strangolamento da parte di altri.

Le indagini non tralasciano alcun elemento, come l'episodio avvenuto il 29 marzo, quando il giovane reagì male alla comunicazione del cambio di padiglione, aggredendo un agente e ferendolo a una mano, e venendo a sua volta picchiato. A seguito di quella lite, Carlo fu messo in cella di isolamento, dove il 30 marzo si è impiccato.

A seguire il suo caso sarà ora l'avvocato Tania Rizzo, del foro di Lecce, che ha già assistito la famiglia Saturno nel processo contro nove agenti di polizia penitenziaria accusati di lesioni all'interno del carcere minorile di Lecce quando Carlo Saturno aveva solo 16 anni. "Adesso verificheremo quanto accaduto", annuncia, ma non si sbilancia in ipotesi e accuse. "Provvederemo subito a chiedere esternazioni ufficiali alla direzione del carcere di Bari e ci costituiremo nel procedimento che la Procura ha già aperto per poter seguire meglio le indagini".

L'associazione Antigone per i diritti dei detenuti intanto ieri ha fatto sapere alla famiglia Saturno che sosterrà a livello nazionale il caso. Il presidente Patrizio Gonnella aveva chiesto negli scorsi giorni un'inchiesta amministrativa e giudiziaria per accertare "quali siano state le cause del suicidio, se vi siano responsabilità dirette o indirette da parte di coloro che lo avevano in custodia, se vi è un nesso con il processo a Lecce".

Oggi intanto il caso sta suscitando numerose reazioni. Un'interrogazione parlamentare è stata rivolta al ministro della Giustizia Alfano dal parlamentare del Pd Dario Ginefra "perché vengano chiarite tutte le circostanze ed ogni eventuali responsabilità delle autorità competenti". Annunciano un'interrogazione anche i senatori del Pd Roberto Della Seta e Francesco Ferrante: "Vogliamo chiarezza, vogliamo sapere cosa succede all'interno delle carceri italiane. Non è possibile assistere impotenti ogni giorno al suicidio di detenuti, spesso giovani, che avvengono in circostanze poco chiare. Chiediamo che sia avviata un'indagine amministrativa e giudiziaria che chiarisca le cause del suicidio e accerti le responsabilità di quanti avevano in custodia Carlo Saturno".

* * *

BARI, 22ENNE COME CUCCHI: "UCCISO DAGLI AGENTI"


http://www.leggo.it/articolo.php?id=115478
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BARI - Era detenuto per un furto ed è stato trovato impiccato ad un lenzuolo nella sua cella nel carcere di Bari: Carlo Saturno, di Manduria (Taranto), è morto oggi a 22 anni, dopo una settimana di coma nella rianimazione del Policlinco di Bari. Sulla sua fine la procura di Bari ha aperto una inchiesta (al momento senza indagati) per istigazione al suicidio, mentre la famiglia chiede a gran voce chiarezza con la sorella Anna che, in una intervista, si dice certa che il giovane sia stato picchiato in carcere e che la morte sia stata provocata dai maltrattamenti subiti da parte della polizia penitenziaria. Una tesi che, però, non ha trovato sinora riscontri nei primi accertamenti in quanto sul corpo del ragazzo non ci sarebbe alcun segno recente di lesioni provocate da terzi. L'unico segno è quello lasciato dalla stretta del lenzuolo attorno al collo. I pm Pasquale Drago e Isabella Ginefra hanno disposto oggi una perquisizione nel carcere con l'acquisizione di documenti relativi alla detenzione per ricostruire i giorni precedenti al suicidio del giovane avvenuto il 30 marzo scorso. Nei prossimi giorni sarà eseguita l'autopsia.

La storia carceraria del giovane, cominciata da minorenne, non era stata tranquilla e, a quanto si è appreso da fonti giudiziarie, il giorno precedente a quello che allo stato appare un suicidio, Saturno era stato arrestato in carcere, dove era detenuto per furto, in seguito ad una colluttazione con alcuni agenti di polizia penitenziaria. Nei giorni successivi, quando il ragazzo era in coma e tenuto in vita dalle macchine nel reparto di rianimazione, l'arresto era stato convalidato dal gip per i reati di resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale. Ma già sei anni fa, a soli 16 anni, Saturno aveva avuto il coraggio di denunciare presunte violenze fisiche e psicologiche subite nel carcere minorile di Lecce. Il processo, nel quale sono imputati nove agenti del carcere minorile per violenze nei confronti di tre detenuti, è cominciato due anni fa ma finirà in un nulla di fatto perchè dopo numerosi rinvii è ormai prossimo alla prescrizione. Il capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, Franco Ionta, ha disposto un'inchiesta amministrativa per fare «massima chiarezza» sulla vicenda. Chiarezza viene chiesta anche da alcuni senatori del Pd e da deputato democratico Dario Ginefra che sulla vicenda ha presentato una interrogazione al ministro della Giustizia, Angelino Alfano. Il presidente dell'associazione Antigone, Patrizio Gonnella annuncia, infine, che il caso di Carlo Saturno sar… segnalato alle autorit… sovranazionali e che «sulla vicenda del processo alle guardie penitenziarie, in cui il giovane era parte lesa, rinviato a dopo la prescrizione dei reati, Š pronto un esposto al Csm».

VENDOLA INCONTRA I PARENTI Il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, ha incontrato questa sera nel reparto di rianimazione del Policlinico di Bari i parenti di Carlo Saturno, il giovane di 22 anni di Manduria trovato impiccato una settimana fa nella sua cella nel carcere di Bari e morto oggi in ospedale. «Ho ascoltato i dubbi dei familiari su come sia andata la vicenda - ha raccontato all'Ansa dopo l'incontro - e ho raccolto una richiesta corale che sia fatta piena luce sugli ultimi giorni di vita e sulle ultime ore del giovane». «Ho detto loro che devono avere fiducia nella giustizia - ha aggiunto - che è in corso un accertamento fatto con vigore dalle autorità competenti e che bisogna avere la pazienza di attendere l'esame autoptico». A prescindere dall'accertamento in corso, però, Vendola sottolinea che «anche l'ipotesi del suicidio avanza come un grido d'accusa nei confronti di un sistema penitenziario che si mostra disastrosamente incapace di rispettare il precetto costituzionale della umanità della pena e del reinserimento del detenuto». Siamo di fronte, ha aggiunto, «a galere sovraffollate in cui ogni giorno si consumano indicibili sequenze di autlesionismo e violenza, vengono battuti tutti i record storici di fenomeni di suicidio e anche gli agenti di polizia penitenziaria vivono e lavorano in condizioni di insopportabile stress». «Penso che le istituzioni debbano essere vicine a chiunque chieda verità e giustizia con atteggiamenti di responsabilità - ha proseguito - noi non possiamo che affidarci al corso della giustizia e vigilare perchè nessun dettaglio venga oscurato».

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http://it.peacereporter.net/articolo/27761/Prigione+mortale
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04/04/2011

La prigione mortale del diritto

Ventidue anni, in carcere già dai sedici, si impicca e ora è in condizioni disperate. Vittima delle violenze del personale del minorile di Lecce dal 2003 al 2005, aveva trovato il coraggio di presentarsi come parte lesa. Depresso. Abbandonato

La sessantaduesima morte suicida in carcere dall'inizio dell'anno sarà Carlo Saturno, originario dell'ormai nota Manduria. Si è impiccato giovedì scorso nel carcere di Bari. Ora è al Policlinico del capoluogo pugliese in condizioni disperate, attaccato alle macchine, encefalogramma piatto.
Ventidue anni, Saturno era stato arrestato per furto in minore età, poi condannato e trasportato al minorile di Lecce. Aveva sedici anni, quando divenne una delle vittime di una squadra interna fra polizia penitenziaria e altro personale del minorile, che abusarono di lui e altri due detenuti. Una storia denunciata da Alberto Maritati, già sottosegretario alla Giustizia nel governo Prodi, con un esposto che portò all'apertura dell'inchiesta e, nel 2010, al rinvio a giudizio per gli accusati. Saturno era una delle parti civili.

Il giovane aveva trovato il coraggio di presentarsi come parte lesa nel processo, che vede come imputati l'ispettore Gianfranco Verri, il suo vice Giovanni Leuzzi e altri sette: Ettore Delli Noci, Vincenzo Pulimeno, Alfredo De Matteis, Emanuele Croce, Antonio Giovanni Leo, Fernando Musca, Fabrizio De Giorgi. Per tutti le accuse sono di abusi su minori e violenze. Secondo quanto riportano le cronache raccolte da Ristretti orizzonti, all'interno della struttura si sarebbe creata, dal 2003 al 2005, una sorta di associazione finalizzata a sopprimere con la violenza qualsiasi cenno di dissenso, non solo dei reclusi, ma anche del personale operante all'interno della stessa. Un vero e proprio inferno in cui a farne le spese sono stati i giovani detenuti, vittime di violenze e abusi di ogni genere. Le testimonianze raccolte parlano di ragazzini denudati e pestati in cella, fino a "far uscire sangue da entrambe le orecchie" o "spezzare tre denti". I familiari e l'avvocata del giovane hanno dichiarato nelle scorse ore che nelle ultime udienze Saturno appariva in crisi depressiva e con sbalzi di umore.

L'allarme suicidi nelle carceri pugliesi era stato lanciato proprio in questi giorni dal sindacato autonomo della polizia penitenziaria, Osapp. Tre i tentativi di suicidio negli ultimi cinque giorni. Il problema , ormai cronico, si chiama sovraffollamento. Lo stesso sindacato ha denunciato i numeri del sovraffollamento: Bari dovrebbe mantenere una capienza regolamentare di 296 posti letto. Un tetto che però viene sforato puntualmente: attualmente il carcere ospita 606 detenuti. Più del doppio della soglia massima prevista. In Puglia nelle 15 strutture penitenziarie i posti regolamentari sono 2.528 ma ad oggi i reclusi risultano essere complessivamente 4.445.

Il governo cosa fa? Il piano carceri annunciato con grande pompa dal ministro Alfano si sta rivelando l'ennesimo episodio della politica dell'annuncio. Anche senza affrontare la bontà delle linee generali che parlavano di amento dell'edilizia penitenziaria e di un intervento massiccio del privato, il problema risiede nell'impoverimento finanziario rispetto ai fondi necessari per attuare il piano in questione.

Luigi Morsello, ispettore generale dell'Amministrazione penitenziaria, afferma che «si è partiti con 49 padiglioni e 18 edifici, per approdare a 11 nuovi penitenziari e 20 padiglioni. I posti letto da realizzare sono scesi da 21.709 a 9-10mila. I fondi si sono ridotti da 600 a 200 milioni di euro, dei quali 50 a carico del ministero della Giustizia e 150 della cassa delle Ammende». Soldi che in realtà dovrebbero essere destinati alle attività per i detenuti. E nemmeno le tanto attese assunzioni per nuovo personale verranno rispettate. Rita Bernardini, dei Radicali, ha scritto al ministro della Giustizia: " Si legga la sentenza della Corte Costituzionale tedesca che ha obbligato le autorità penitenziarie del Paese a rilasciare un detenuto qualora non siano in grado di assicurare una prigionia rispettosa dei diritti umani fondamentali. E in Germania non c'è sovraffollamento visto che i detenuti occupano il 90 per cento dello spazio a disposizione... in Italia siamo al 150 per cento!".

 
dibattitopubblDate: Giovedì, 12/05/2011, 20:37 | Message # 14
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AmministratoreDate: Sabato, 14/05/2011, 22:36 | Message # 15
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http://www.innocentievasioni.net/index.php?option=com_content&view=article&id=982:suicida-in-cella-dubbi-dei-medici-la-procura-picchiato-dalle-guardie&catid=57:e-la-stampa-bellezza

Suicida in cella, dubbi dei medici. La Procura: picchiato dalle guardie

È in fin di vita Carlo Saturno, il giovane detenuto trovato appeso a un lenzuolo dagli agenti del carcere di Bari: a sei giorni dal suo presunto tentativo di suicidarsi, l'encefalogramma registra "residui di attività elettrica", e la famiglia è stata avvertita del precipitare delle sue condizioni. E ora la Procura di Bari vuole sapere con certezza quello che è accaduto in cella: nel fascicolo coordinato dai pm Isabella Ginefra e Pasquale Drago, c'è anche un episodio avvenuto il giorno prima della tragedia e relativo a un pestaggio da parte della polizia penitenziaria.
Nei giorni scorsi, i medici che lo stavano seguendo nel reparto di Rianimazione del Policlinico di Bari hanno manifestato qualche dubbio sul fatto che Carlo sia in fin di vita per asfissia dovuta al cappio del lenzuolo, da lui stesso annodato. Ma una perizia disposta dalla Procura ed eseguita dal medico legale Francesco Introna, ha stabilito che i segni intorno al collo sarebbero compatibili sia con un salto nel vuoto che con un eventuale strangolamento da parte di altri.
Le indagini non tralasciano alcun elemento, come l'episodio avvenuto il 29 marzo, quando il giovane reagì male alla comunicazione del cambio di padiglione, aggredendo un agente e ferendolo a una mano, e venendo a sua volta picchiato. A seguito di quella lite, Carlo fu messo in cella di isolamento, dove il 30 marzo si sarebbe impiccato.
A seguire il suo caso sarà ora l'avvocato Tania Rizzo, del foro di Lecce, che ha già assistito la famiglia Saturno nel processo contro nove agenti di polizia penitenziaria accusati di lesioni all'interno del carcere minorile di Lecce quando Carlo Saturno aveva solo 16 anni. "Adesso verificheremo quanto accaduto", annuncia, ma non si sbilancia in ipotesi e accuse. "Provvederemo subito a chiedere esternazioni ufficiali alla direzione del carcere di Bari e ci costituiremo nel procedimento che la Procura ha già aperto per poter seguire meglio le indagini".
L'associazione Antigone per i diritti dei detenuti intanto ieri ha fatto sapere alla famiglia Saturno che sosterrà a livello nazionale il caso. Il presidente Patrizio Gonnella aveva chiesto negli scorsi giorni un'inchiesta amministrativa e giudiziaria per accertare "quali siano state le cause del suicidio, se vi siano responsabilità dirette o indirette da parte di coloro che lo avevano in custodia, se vi è un nesso con il processo a Lecce".
Oggi intanto il caso sta suscitando numerose reazioni. Un'interrogazione parlamentare è stata rivolta al ministro della Giustizia Alfano dal parlamentare del Pd Dario Ginefra "perché vengano chiarite tutte le circostanze ed ogni eventuali responsabilità delle autorità competenti". Annunciano un'interrogazione anche i senatori del Pd Roberto Della Seta e Francesco Ferrante: "Vogliamo chiarezza, vogliamo sapere cosa succede all'interno delle carceri italiane. Non è possibile assistere impotenti ogni giorno al suicidio di detenuti, spesso giovani, che avvengono in circostanze poco chiare. Chiediamo che sia avviata un'indagine amministrativa e giudiziaria che chiarisca le cause del suicidio e accerti le responsabilità di quanti avevano in custodia Carlo Saturno".

La Repubblica 7 aprile 2011
Mara Chiarelli
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MariaRosaDeHellagenDate: Domenica, 29/05/2011, 21:31 | Message # 16
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http://www.padovanews.it/notizie-di-padova-e-provincia/cronaca/97334-muore-un-detenuto-di-40-anni-nel-carcere-di-padova

Tratto da http://www.volontariatoggi.info

Muore un detenuto di 40 anni nel carcere di Padova

Mercoledì 25 Maggio 2011

In due anni è l’ottavo detenuto che muore in quella che è considerata una delle “migliori” carceri d’Italia. Si chiamava Walter Bonifacio, classe 1971, originario del veneziano. Ieri pomeriggio è morto nella cella della Casa di Reclusione di Padova che condivideva con due altri detenuti. Dalle poche notizie trapelate, secondo Ristretti Orizzonti, sembra che l’uomo abbia inalato del gas e poi sia caduto, sbattendo violentemente la testa. Si tratta di circostanze che finora non hanno trovato conferma da parte dell’istituzione penitenziaria: l’unica certezza è che un altro detenuto va ad allungare la lista delle “vittime” del carcere. Sono già 68 dall’inizio del 2011: 24 si sono uccisi, i rimanenti sono morti per “malattia” (gli ultimi due casi a Viterbo e Pisa) o per cause “da accertare” (sono oltre 20 le inchieste aperte su altrettanti decessi). Walter Bonifacio è l’ottavo detenuto morto dall’inizio del 2010 nella Casa di Reclusione di Padova, considerata uno dei migliori istituti di pena del Paese. Le carceri italiane negli stessi 500 giorni hanno “visto” la morte di oltre 250 detenuti (184 nel 2010 e 68 nei primi mesi del 2011).
 
dibattitopubblDate: Venerdì, 03/06/2011, 04:01 | Message # 17
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Valter Vecellio
Giustizia, carcere, Satyagraha. Quello che non ci fanno conoscere


01-06-2011

I giornali di oggi dedicano ancora largo spazio – ed è inevitabile che sia così – alle conseguenze e agli sviluppi del voto di domenica e lunedì; e in particolare alle dichiarazioni di Silvio Berlusconi, il duello con Giulio Tremonti, le mille polemiche all’interno del PdL in cui ci si perde. In questo spazio però credo sia opportuno richiamare la nostra attenzione su questioni, come quella della giustizia e delle carceri, e l’iniziativa in corso di Marco Pannella, di cui i giornali mostrano di essere poco o nulla interessati.

Ci sono delle eccezioni. La rivista “Confronti”, per esempio, il mensile che fa capo alle chiese evangeliche. Nel numero di giugno pubblica una lunga intervista a Marco Pannella, “Le ragioni del Satyagraha”; potete trovare l’intervista anticipata su “Notizie Radicali”, e naturalmente ringraziamo “Confronti” per averci consentito di riprodurla. Un altro interessante articolo che trovate su “Notizie Radicali” è quello del professor Michele Ainis, “Galere piene, così non va”, originariamente pubblicato su “L’Espresso”. Ainis tra le altre cose ci ricorda che due leggi, quella sugli immigrati Bossi-Fini e quella sulla droga Fini-Giovanardi alimentano il sovraffollamento nelle carceri per due terzi; che andrebbero rafforzate le misure alternative al carcere: sono calate del 75 per cento rispetto al 2005. Un programma riformatore non può prescindere da tutto ciò.

La situazione incivile delle carceri viene denunciata anche dall’Unione delle Camere Penali che aderisce allo sciopero della fame intrapreso da Pannella. Inizia il presidente Valerio Spigarelli, e, a staffetta, l’iniziativa coinvolgerà ogni giorno tutti i componenti di Giunta. Chissà se arriverà mai il giorno in cui anche i vertici dell’Associazione Nazionale dei Magistrati prenderanno simili iniziative.

Nelle carceri intanto si continua a morire. L’altro giorno sono morti tre detenuti, uno era appena stato arrestato. Un altro, presunto camorrista, aspettava il processo d’appello. L’ultimo era dentro, anche lui in custodia cautelare, per l’omicidio della moglie. Eugenio Sarno, segretario della UIL Penitenziaria ci ricorda che il “carcere, a dispetto dell’immaginario collettivo, non è un luogo sicuro né controllato. Un collega deve occuparsi anche di due o tre sezioni per volta, in certe fasce orarie deve garantire più servizi. Viene a mancare anche la sorveglianza visiva”; e aggiunge: “Andrà sempre peggio. Il Governo, dichiarato due anni fa lo stato di emergenza, ha tagliato i fondi del 60 per cento”.

Giovanni Salamone, provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria della Liguria osserva che “il 40 per cento delle presenze carcerarie attuali sono persone in attesa di giudizio. E ci sono anche tante persone per le quali probabilmente, la pena della reclusione è superiore rispetto al reato commesso”; e cita quello che definisce “un clamoroso esempio di ritardo che riguarda la nuova casa circondariale di Savona che non sappiamo quando e se riusciremo ad avere tuttavia siamo costretti a riempire di persone un edificio inqualificabile e costringere il nostro personale a lavorarvi dentro”.

Valter Vecellio
Giornalista professionista, attualmente lavora in RAI. Dirige il giornale telematico «Notizie Radicali», è iscritto al Partito Radicale dal 1972, è stato componente del Comitato Nazionale, della Direzione, della Segreteria Nazionale.

Il Sappe, uno dei sindacati della polizia penitenziaria, annuncia che non parteciperà alle feste del corpo per protesta, contro un’amministrazione assente e una politica asfittica che non fa nulla per migliorare le condizioni delle carceri e della polizia penitenziaria”. E gli agenti della polizia penitenziaria alla casa circondariale di Asti hanno proclamato lo stato di agitazione permanente. Denunciano il “grave malessere che attanaglia il personale di polizia sempre più massacrato nel quotidiano da carichi di lavoro che non hanno precedenti”. L’organico prevede 267 agenti, sono meno della metà 126, con tutte le conseguenze immaginabili.

Prima di concludere una notizia che viene dalla Cina. Jampa Pelsang un monaco tibetano, è morto. E’ stato 15 anni in prigione per essersi opposto alla “campagna di rieducazione” ordinata dalle autorità cinesi nel maggio 1996 in Tibet, quando le autorità di Pechino lanciarono la prima campagna di rieducazione, proibendo in tutti i monasteri le fotografie del Dalai Lama – divieto che persiste – e impedendo le preghiere, per costringere in monaci a partecipare a incontri di indottrinamento. I monaci protestarono, arrivò l’esercito nei monasteri che stroncò con la violenza ogni protesta. Jampa e decine di altri monaci furono arrestati. 32 furono condannati a pene tra uno e 15 anni di carcere, gli altri mandati ai lavori forzati. Jampa, ritenuto tra i leader delle proteste, fu condannato a 15 anni. Con Jampa fu condannato Tenzin, anche lui morto poco tempo dopo il rilascio. Un terzo monaco, Wangchuk, condannato a 10 anni, è morto nel carcere, colpito con arma da fuoco da una guardia durante una protesta pacifica. Questa la situazione, questi i fatti (anche se non ce li fanno conoscere).

va.vecellio@gmail.com

http://notizie.radicali.it/articolo/2011-06-01/editoriale-direttore/giustizia-carcere-satyagraha-quello-che-non-ci-fanno-conosc
 
dibattitopubblDate: Venerdì, 03/06/2011, 04:03 | Message # 18
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Rita Bernardini
«Le carceri scoppiano, è piena emergenza»


31-05-2011

Il sito di Silvio Scaglia pubblica un’intervista a Rita Bernardini. I temi trattati giustizia, carceri, satyagraha di Marco Pannella.

L’On. Rita Bernardini, deputato radicale, è la “globe trotter” delle carceri italiane. In questi giorni, poi, ha continue richieste da detenuti, parenti di detenuti, associazioni di volontari impegnati sul territorio, rappresentanze di agenti di custodia. E lei si muove come una trottola: stamane a Rebibbia (Roma), l’altro ieri a l’Ucciardone (Palermo), Noto e Siracusa. Domenica sarà a Rieti, la settimana prossima a Spoleto e Padova. Su quel che accade, cioè migliaia di detenuti in sciopero della fame, non fa sconti e giri di parole: «Siamo di fronte ad uno Stato illegale, delinquente e recidivo».

On. Bernardini, sono parole grosse….
Lo so, ma è il minimo che si possa dire: i maltrattamenti e le torture fisiche e psicologiche sono all’ordine del giorno, va avanti così da anni. C’è stata una breve pausa, ma risale all’indulto, da allora è stato sempre peggio. Gli ultimi dati sono un triste record per la storia della Repubblica: oltre 68mila detenuti a fronte di 44mila posti regolamentari. Poi ci sarebbe molto da dire su come vengono calcolati quei 44mila posti. A Catania, per esempio, ho potuto verificare che c’è un’intera sezione chiusa, ma non per questo si dice che c’è meno capienza…

Un passo indietro, che succede nelle carceri?
Succede che migliaia di detenuti, in decine di carceri, da settimane rifiutano il vitto e fanno la “battitura”, cioè protestano picchiando le stoviglie sulle sbarre. Un rumore infernale, per denunciare l’inferno in cui vivono. Tutto è partito da Marco Pannella che 39 giorni fa ha iniziato uno sciopero della fame per lanciare un messaggio chiaro: l’unica soluzione al sovraffollamento e all’illegalità delle carceri italiane è un’amnistia. Altre strade non se ne vedono. Anche i famigliari dei detenuti stanno aderendo “a turno” a questa forma di protesta non violenta: sono in sciopero della fame 305 parenti di detenuti del carcere di Fuorni a Salerno, 121 a Rebibbia, 142 a Poggioreale, 67 a Velletri. In totale ne abbiamo contati 832.
Cosa ha potuto osservare girando in questi giorni le carceri d’Italia?
Sto rilevando un fenomeno grave e preoccupante. È in corso uno “sfollamento” dagli istituti del Nord a quelli del Sud; è un fatto che riguarda soprattutto i detenuti extracomunitari. Ho incontrato gente veramente abbandonata. A parte le difficoltà ovvie di essere stranieri perdono completamente ogni contatto, non hanno avvocati con cui poter parlare, molti non conoscono nemmeno la loro posizione giudiziaria. Sono lì, in galera, e non sanno cosa li aspetta, vivono sospesi, ignorando cosa potrà succedergli. Poi c’è la questione, gravissima, degli agenti di custodia.
Cioè?
Siamo di fronte a organici palesemente sottodimensionati, una carenza che si estende ad educatori e psicologi. In particolare, però, sono gli agenti a vivere situazioni al limite della sopportazione. A Siracusa, ad esempio, ho visto un solo agente per 150 detenuti, uno solo per una intera sezione; il risultato è che a malapena si riescono a garantire le ore d’aria; per il resto tutto il giorno in cella a non fare nulla. Del resto, il numero di suicidi fra il personale penitenziario non è mai stato così alto. Insomma, non si ammazzano solo i detenuti. C’è altro da dire?
Tra le altre cose, c’è una sua interpellanza in Parlamento sulla situazione sanitaria del carcere di Opera, ai bordi di Milano. Qualche risposta?
Martedì prossimo (31 maggio, ndr.), dovrebbe venire in aula un rappresentante del ministro Alfano a rispondere. Il punto è che al carcere di Opera si è data la patente di centro clinico senza che sia davvero tale. Ho potuto verificare con i miei occhi che ci sono persone con gravi patologie, magari costretti a letto per 24 ore, senza cure adeguate. Un tema che la Direzione del carcere ha presente, ma su cui può fare ben poco. Non è un caso che anche ad Opera ci siano 605 detenuti in sciopero della fame, da una settimana.

http://notizie.radicali.it/articolo/2011-05-31/intervista/le-carceri-scoppiano-piena-emergenza
 
dibattitopubblDate: Venerdì, 03/06/2011, 04:05 | Message # 19
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Michele Ainis
Galere piene così non va bene

01-06-2011

Il sovraffollamento delle carceri ha raggiunto livelli indecorosi. Non servono rimedi estremi o miracoli edilizi, ma norme più temperate sugli immigrati e sulla droga. E in conclusione, depenalizzare. E’ quanto scrive il costituzionalista Michele Ainis su “L’Espresso” nella sua rubrica “Legge e libertà”.
Sull’emergenza carceraria sono finite le parole, le abbiamo spese tutte. D’altronde quando un’emergenza dura tutto l’anno, quando peggiora di anno in anno, perché parlarne, sarebbe come lamentarsi della pioggia. Restano le parole della Costituzione: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità”. Con questa formula icastica la carta del 1947 scolpisce un principio di civiltà giuridica, o forse di civiltà senza aggettivi, giacchè per misurarla – disse una volta Gladstone – basta visitare le galere di ogni stato. Peccato che in Italia la Costituzione non sia una cosa seria…e allora meglio far parlare i numeri, meglio l’eloquenza fredda delle cifre.

Il tasso di sovraffollamento ha toccato il 149 per cento, un picco mai raggiunto prima. Peggio di noi, in Europa, soltanto cipro e Bulgaria. Significa 22mila detenuti in più dei posti letto. Significa che nessuno ha uno spazio di 7 metri quadrati, come promettono – di nuovo – le parole della legge. Significa che il 41 bis, il carcere duro, non castiga 690 supercriminali (un altro record),ma in realtà l’intera popolazione carceraria. Di qui la sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo, che ci ha condannato per il reato di tortura. Da qui le proteste che divampano dentro i penitenziari (6.626 detenuti in sciopero della fame nel 2010). Ma da qui inoltre i suicidi (55 l’anno scorso, già 23 quest’anno), i tentati suicidi (1.137), gli atti di autolesionismo (5.703). Per forza, quando devi metterti in fila per dormire, quando a Poggioreale, per fare un solo esempio, le celle restano chiuse a chiave 22 ore al giorno.

Questa sciagurata condizione tradisce un’altra garanzia costituzionale. la funzione rieducativi delle pene. Difficile applicarla, quando sull’assistenza psicologica lo Stato spende 8 centesimi al giorno per ogni detenuto, e sulle attività culturali 11 centesimi. Quando la spesa giornaliera pro capite cala dal 2007 e nel frattempo la polizia penitenziaria è sotto organico (a Caltagirone, per carenza di personale, hanno dovuto chiudere l’infermeria). E infatti il 67 per cento dei detenuti italiani torna a delinquere di nuovo. Chi sono? Immigrati e tossicodipendenti: insieme sommano i due terzi della popolazione carceraria. Svuotando così un’altra promessa dei costituenti. quella dell’eguaglianza. Ma non c’è eguaglianza se la giustizia si accanisce sui più deboli, mentre 170mila processi l’anno vanno in prescrizione, per chi ha quattrini da offrire agli avvocati.

Eppure il ministro Maroni si compiace dell’efficienza del sistema repressivo, dimostrata per l’appunto dall’onda umana che trabocca nelle celle (10mila nuovi detenuti dall’inizio della legislatura). E allora metteteci in galera tutti, così sarete ancora più efficienti. Eppure il ministro Alfano mena vanto perché il suo governo, a differenza del governo Prodi, non ha concesso amnistie. Dimenticando che nel 2006 quel provvedimento fu votato anche da Forza Italia, e quindi da lui stesso. Ma l’amnistia è diventata ormai un tabù, fa perdere voti. Non osano parlarne neppure i politici cattolici, quelli che nel 2002 applaudirono papa Wojtyla in Parlamento, mentre chiedeva un gesto di clemenza per decongestionare carceri meno affollate di quanto siano adesso. I nostri parlamentari si limitano a votare mozioni generiche e impotenti, con il 18 maggio scorso. Giusto per lavarsi la coscienza.

Ma dopotutto non c’è bisogno di rimedi estremi. E non basteranno i miracoli edilizi, come il “piano carceri” (ha aggiunto fin qui 1.265 posti, mentre i detenuti aumentavano del doppio). Semmai basterebbe smetterla di tendere i bicipiti, correggendo una legislazione feroce e improvvisata, che incrudelisce per inseguire l’ultima emozione collettiva. Basterebbe temperare le leggi sugli immigrati e sulla droga, che alimentano il sovraffollamento per due terzi. Rafforzare le misure alternative al carcere (sono calate del 75 per cento rispetto al 2005). E in conclusione depenalizzare, dato che a quanto pare abbiamo in circolo 35mila fattispecie di reato. Cifra ufficiosa, però mai smentita ufficialmente. Magari potremmo cominciare da lì: chiedendo al governo di contare i reati, anziché i detenuti.

http://notizie.radicali.it/articolo/2011-06-01/editoriale/galere-piene-cos-non-va-bene
 
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