Dibattito pubblico
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MALAGIUSTIZIA - PARLIAMONE
dibattitopubblDate: Martedì, 30/03/2010, 14:57 | Message # 31
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Segue una lettera della dr.ssa Eva Polak inviata il lunedì 29 marzo 2010 ad un pubblico ministero di Pistoia a causa dei trattamenti ingiusti, paragonabili con vera persecuzione, e diniego del diritto alla difesa.
Si ricorda che, essendo il pubblico ministero un pubblico ufficiale, la dr.ssa Polak ha il diritto alla prova della verità del dichiarato in caso della querela. Tutte le parole usate dalla dottoressa si trovano nel dizionario italiano e hanno il significato preciso.

PM che MENTE

Da:
dott.evapolak@virgilio.it
A:
emiliano.raganella@giustizia.it, alessandro.buzzegoli@giustizia.it, alessandro.bognoli@giustizia.it , alessandro.buzzegoli@giustizia.it, matteo.zanobini@giustizia.it, raffaele.damora@giustizia.it, urp.quest.pt@pecps.poliziadistato.it, prefetto.pref_pistoia@interno.it, beniamino.deidda@giustizia.it

Al PM, dott. Emiliano Raganella, Procura della Repubblica di Pistoia.
Proc. Pen. RG 1076/09

Ho ricevuto la citazione a giudizio Da Lei emessa in rispetto dei “termini ragionevoli”.
Vorrei sapere quali atti di indagini Lei ha svolto nel mio interesse, ai sensi dell'art. 358 c.p.p.? Mi sembra nulla! Non ci vuole proprio indagare quando c'è la possibilità di processare la Polak!
Infruttuosamente, presentavo istanza di essere sentita, la Polak non ha alcun diritto né se è Parte offesa, quanto meno imputata.
Ma Lei ha assunto informazioni opportune in merito che la mia dichiarazione di reddito presentata nell'anno 2008, dalla ditta chi mi aveva assunto con un contratto di progetto, relativo all'anno 2007, dovesse indicare il reddito dell'anno 2006?
Lei ha le prove che io avrei presentato la domanda n. 73680 del 11.12.2008 fosse esistente?
Se tutto questo fosse vero, Lei mi deve rinviare in giudizio anche per aver omesso la dichiarazione dei redditi per l'anno 2009, che dovrebbe riferirsi al reddito relativo all'anno 2007.
Poi, mi deve rinviare a giudizio per le false autocertificazioni presentate per la domanda del gratuito patrocinio nella quale ho dichiarato un reddito ZERO, quindi veniva rigettata dal dott. Zanobini perché lo stesso mi ha attribuito un reddito maggiore del limite di legge scaturente dalla mia attività di “prostituzione” da lui presunto alla quale ha dato un appellativo più presentabile in un atto giuridico, quale “regalie”.
Quindi, nella domanda successiva, lo stesso mi ha istigata e provocata ad autocertificare un reddito inesistente € 1000, per ottenere il gratuito patrocinio. Nemmeno questo era sufficiente perché dopo aver passato la pratica al GIP Alessandro Buzzegoli, grande maestro della delinquenza di aggiustamento dei processi, ha condiviso le istruzioni fornite dallo Zanobini presumendo un reddito obbligatorio per due persone in Italia, valutato sopra il limite di legge.
Ambedue si vendicano su di me per le mie querele fatte nei loro confronti per i vari procediemnti aggiustati e non sono soddisfatti che queste erano tutte imboscate dalla Procura di Genova, nel registro da atti non costituenti reato o a carico di Ignoti magistrati, mentre per quelle di loro stanno procedendo urgentemente?
Quindi, in Italia tutti hanno un reddito prestabilito, e nessuno può ottenere il gratuito patrocinio.
Per piacere, mi risparmi di prendermi per i fondelli evocando che posso ottenere il gratuito patrocinio' e richiamando indagini mai svolte?

La Polak non può ottenere nulla, non può avvalersi alcun diritto di legge perché è una fuori legge. Anche gli assassini hanno diritto alla difesa, ma la Polak NON. Lei non è un PM, ma è un delinquente, un Vigliacco Persecutore, che usa la toga per vendicarsi su di me, naturalmente perché Lei non è in grado di determinarsi autonomamente perché deve soccombere agli ordini arrivati da altri nella speranza di migliore carriera.

Lei quali indagini avrebbe concluso?
Lei lo sa che il suo obiettivo doveva esser quello di emergere la verità dai fatti e non di creare reati appositamente per punire me?
LEI E' UN MENTITORE HABITUE'! LEI HA AVUTO LA FACCIA TOSTA DI MENTIRE A VERBALE NELLA CAUSA CIVILE RG 4305/02 essendo CONSAPEVOLE DI MENTIRE!

Le allego gli atti a dimostrazione di quanto mentiva. Il Giudice Covini non ha voluto verbalizzare che io gli riferivo che Lei il 7.10.2008, ha presentato querela nei miei confronti e non l'ha denunciato per il falso, nonostante che gli ho poi prodotto la documentazione su di quanto mentiva.
Però, si che il Covini ha denunciato me, ma ciò nonostante continua a procedere. Vada a costituirsi anche Lei nel proc. Pen. 1393/10 iscritto a mio carico, perché anche Lei sarebbe calunniato, esattamente come il Covini, m ain realtà siete Voi altri i miei calunnianti.

Lei ha dichiarato il falso ai suoi superiori nella richiesta di astensione che “non era accolta” secondo le Sue Menzogne. Guardi bene gli atti! Li avrei falsificati io?
Le allego anche la conclusione delle indagini di Genova, RG 13841/08, nel quale Lei è parte offesa dopo che ero già iscritto a registro a Pistoia e ciò nonostante è lei l'assegnatario di tutti i procedimenti a mio carico. Si era offerto Lei come volontario, dopo che tutti i magistrati della Procura si erano astenuti fittiziamente dai procedimenti che mi vedono per parte, ma continuate a procedere? Adfdirittura il dott. Dell'Anno anche nel procedimento che era sostituito da un suo sostituto procuratore (sic!).
Nemmeno a Genova devono indagare su di me, ma rispettano il termini ragionevole quando si tratta di parti offese magistrati.
Però, le mie querele a Suo carico erano tutte imboscate da atti non costituenti reato. E' bella giustizia gestita da Voi altri!
Mi sono resa conto quante Menzogne sono riportate anche negli altri atti da Lei gestiti. Mi processi subito, perché il suo capo mi deve vedere dietro le sbarre velocemente affinché mi possa formattare con elettroshock, caso mai per farmi suicidare per coprire le Sue porcherie.
Come mai Lei non ha proceduto nei miei confronti per il reato di calunnia per la mia querela calunniosa presentata a carico del dott. Morini?
Lui non ha diritto ad essere risarcito? Questo diritto è riservato solo a Voi magistrati?
La Polak risponde anche nei confronti del dottor Morini. O non si fa perché altrimenti escono le sue Porcherie che ha considerato il reato di truffa subita in lunghi anni, approfittandosi di me in ogni senso della parola, per un investimento?
Perché i soldi non erano i suoi? Perché solo alcuni degli assegni falsi erano indagati? Gli altri erano più “scottanti”?
Tutti soldi che guadagnava il dottor Morini, esente tasse, a mio danno. Lo sa che la falsità degli altri assegni si era emersa dal dibattimento RG 1376/01 celebrato un anno prima che Lei chiedeva l'archiviazione e con tanta Disonesta e Delinquenzialità, il GIP Roberto Tredici l'ha concesso?
Lei nulla sapeva del procedimento RG 1376/01 in corso? Come mai Lei non si era astenuto dal proc. 2643/01, mentre si asteneva dal proc. RG 2644/05 a carico della moglie del Morini?
Ma si era poi scordato dell'astensione nell'udienza civile. Sa perché? Lei aveva ragione, era Lei ad imboscare il procedimento, ma si era avvalso della testa di legno Garofalo.
E la moglie del dottor Morini non ha diritto ad essere risarcita per la mia querela calunniosa?
Poi, che ne dice Lei del proc. RG 392/07 da Lei gestito iscritto a registro due anni dopo la mia querela del 2005 e proceduto ora a reati prescritti?
Vogliamo ancora parlare di rispetto dei termini ragionevoli? Sì, quando l'imputata è la Polak. Finalmente potete incastrarla con la manipolazione degli atti, dei fatti, come in tutti gli altri procedimenti nati con Menzogne, Diffamazione, Falso, servendosi degli agenti sottomessi a Voi che scrivono le relazioni a Vs uso e comodo.
E Lei mi ha fatto fare l'interrogazione nel proc. 2277/09 a mio carico dal maresciallo De Servi che faceva parte del sodalizio criminale del processo truffa RG 1690/01 celebrato a mio carico? Lei ancora mentiva che ho chiesto io ad essere interrogata. Io ho chiesto di essere sentita per altri procedimenti, che lei non me l'ha concesso.
Rilegga la mia istanza bene. Ha visto che non ho firmato il verbale? La ragione è che il maresciallo non ha voluto mettere quello che io dichiaravo.
E a chi lo devo denunciare? A Voi altri che incestinate immediatamente le mie querele?
Per impedirmi di difendermi Mi nominate un avvocato con studio di Pistoia da dove sono sconfinata per 3 anni? Con cosa pagherò l'avvocato? Interviene Lei presso la Prefettura di rilasciarmi l'autorizzazione per l'attività di prostituzione che mi attribuite a seguito del mio nominativo?
Lei faccia quello che vuole! Vendicatevi di me come volete, avete la legge in mano e sapete bene approfittandosi del Vostro status. Siete protetti fino ai massimi livelli dell'Ingiustizia. Voi altri con quello non purificate la Vostra anima ben macchiata.
Lei avrebbe tanto bisogno di una visita mentale per stabilire se fosse veramente in grado di assolvere la funzione nell'amministrazione della giustizia, ma prima di tutto, dovrebbe valutare se lasciare la toga visto quali sono i principi da Lei applicati, in assoluto diniego dell'imparzialità, terzietà, probità, lealtà.
Io non sono colpevole di nulla, mai ho commesso dei reati, siete Voi altri gli unici colpevoli, istigatori, provocatori che mi fate un pesante stalking, mobbing, affinché io sbagli e sia esclusa dalla società.
Voi commettete consapevolmente dei reati nel non rispettare le norme di legge, negandomi ogni diritto. Lei dovrebbe sedersi sul banco degli imputati assieme ai suoi compagni di merenda se non godesse della protezione corporativa dalla Procura consanguinea.
Lei è un mentitore nato, perché MENTE SAPENDO DI MENTIRE!
Processatemi pure come volete, tanto il Questore che serve i Vs interessi non mi autorizza nemmeno a partecipare al processo.
Chi sarà il mio giudice? Uno di Pistoia che tutti fanno parte del sodalizio criminale che avete creato dal lontano 1996 per fottere la Polak, assieme agli organi di supervisione perché non h amai smesso di gridare al vento le Vostre Porcherie mostruose.
Mi avete già tolto tutto, ora volete togliere anche il mio cervello? Io continuo ad essere una persona libera che Voi mai lo sarete perché siete diventati ricattabili non sol dai noti delinquenti, ma dai loro avvocati, dai Vostri protettori.
Non sarebbe il caso di farmi arrestare subito e pensarci nei sotterranei della Questura o in galera, con lo stesso risultato del povero ragazzo romeno di recente deceduto nella caserma dei carabinieri di Montecatini, senza che ne fossero dei colpevoli?
Questa è la democrazia, dove la condanna a morte è reale, ma è celata sotto altro appellativo, come in qualsiasi delle peggiori dittature, per combattere chi non vuole soccombere al Vostro Falso.
Io sono venuta su troppo male a causa dei miei genitori e Voi altri mi volete imporre i Vostri attributi che è contro la mia educazione.
Sarebbe il caso, forse, di formattare Voi altri, affinché smettiate di fare i Dittatori onnipotenti, e sottrarvi dalle Potere delle Forze Maligne che Vi dominano.
Qualsiasi cosa succeda a me ed alla mia famiglia ne sarete responsabili Voi altri e solo ci sarà che si azionerà in nome mio.
Mi ero scordata, che negli altri procedimenti mi deve contestare anche la resistenza alla forza pubblica, perché resistevo al mio arresto fisicamente anche subendo ogni male che mi facevano gli agenti che sanno bene come umiliare, deridere una donna nella speranza di maggiori benefici.
Ne sono vari testimoni, ha solo da cercarli. Uno sicuramente rintracciabile, in relazione dell'ultimo episodio del 22.1.2010 accaduto davanti al giudice di pace, una giornalista del quotidiano La Nazione, un fotografo la cui presenza ha indotto gli agenti a mollare la “preda”. Si può rintracciare anche la signora che ha cercato di aiutarmi che poi avrà chiamato i giornalisti.
Gli altri sono tutti i testimoni suoi, da formare adeguatamente e dichiarano tutto quello che fa comodo all'Accusa. Può intervenire di assegnare il PM avv. Federica Zollo che è abbastanza accanita e il suo risarcimento danni sta già per essere portata a termine a Genova nel processo a mio carico?
Per gli altri episodi ci sono tanti testimoni, basta indagare. Mi contesti tutto quello che vuole, terrorismo, associazione mafiosa, prostituzione, omicidi, commercio di sostanze stupefacenti, riprenda anche lo spionaggio politico e militare, tutte le mie querele calunniose dal 1994, ingiurie, oltraggio ai magistrati, vilipendio, omicidi, sequestro di persone, usura, estorsione, false testimonianze, falso in atti pubblici, sulla Polak sta tutto e non ci vogliono nemmeno le prove, basta la Sua parola. Non manchi di far mettere un bell'articolo sui giornali come vengono combattuti i veri criminali dagli Onesti magistrati pistoiesi, in tempi di record, il cui Onore maggiore è MENTIRE.
Dott. Eva Polak
Ps. sarebbe il caso di provvedere per la mia espulsione dall'Italia dopo che ero già defraudata di Tutto dagli Vs amici Noti e Potenti delinquenti e Delegittimata in Tutto dagli Onesti magistrati come Lei? O sarà meglio in una barra, o nello stato completo di deficienza? Provveda Lei secondo la Sua coscienza.
Nella speranza che il dottor Vincenzo Carbone che mi ha conosciuto personalmente nel Salone della Giustizia di Rimini voglia prendere atto di quello che mi sta succedendo, se posso richiamare la sua affermazione secondo la quale si sarebbe dispiaciuto per quello cha mi sta accadendo (se erano poi vere queste frasi perché la certezza non posso avere, visto cosa mi sta succedendo ultimamente, sotto gli occhi di tutta l'Italia che fa ancora l'orecchio da mercante).
Aggiungo alcuni atti a dimostrazione che i personaggi privilegiati hanno diritto ad essere sentiti dal PM indagante anche nei procedimenti non costituenti reato, ma lo stesso diritto ad Eva Polak è negato!

 
MariaRosaDeHellagenDate: Martedì, 13/04/2010, 15:28 | Message # 32
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MADAME GIUSTIZIA ALGIDA DIVA IRRAGGIUNGIBILE

di NINO MANDALA'

Poniamoci delle domande

http://blog.libero.it/lavocedimegaride/8536133.html
(http://blog.libero.it/lavocedimegaride/8536133.html)

Il pianeta giustizia in Italia è attraversato da storture vecchie e nuove di cui proviamo ad abbozzare un elenco senza alcuna pretesa di una analisi che le spieghi ma limitandoci ad una denuncia che prende mestamente atto dell’ineluttabilità di esse.
C’è da chiedersi perché:
_ uomini dal passato oscuro e dalle inspiegabili fulminee carriere possono sedersi in tutta tranquillità sul pulpito di una pretesa superiorità morale e da lì con manichea intransigenza stilare liste di proscrizione, disegnare croci di Adenauer collocando da un lato i buoni e dall’altro i cattivi, trascinare sul banco degli imputati i cattivi, istruire processi ed emettere sentenze di condanna che anticipano quelle dei tribunali;
_ a causa della carcerazione preventiva gli imputati sono costretti all’espiazione di buona parte della pena edittale prima che si concludano i tre gradi di giudizio;
_ la presunzione di innocenza si è nei fatti ribaltata in presunzione di colpevolezza e l’imputato ha l’onere di dimostrare la propria innocenza più di quanto l’accusa di provarne la colpevolezza;
_ dichiarazioni di pentiti non riscontrate da supporti esterni diventano prove per il solo fatto che convergono con altre dichiarazioni parimenti non riscontrate;
_ in un sistema che prevede l’istituto del processo accusatorio si è conservato il principio di un’unica carriera che rende sodali giudici e procuratori e questi ultimi possono imperversare prima e durante il processo grazie ad un potere senza equivalente responsabilità che non sia quella accertata da controlli di casta. E ancora l’obbligatorietà dell’azione penale si è in effetti tramutata in discrezionalità;
_ l’enorme potere della magistratura ubbidisce esclusivamente ad un organo di autocontrollo che non risponde ad altri che a sé stesso con buona pace del bilanciamento dei poteri;
_ le morti in carcere per pestaggi e suicidi continuano a verificarsi con cadenza sinistramente regolare nell’indifferenza dell’opinione pubblica e senza che si individui alcuna responsabilità;
_ uomini investiti da uragani giudiziari restano colpevoli nell’immaginario collettivo, triturati nel frullatore mediatico, distrutti nel fisico e nello spirito, destabilizzati nell’immagine e nel patrimonio per decenni prima di conoscere la loro sorte;
_ figli incolpevoli, strappati dalla detenzione al rapporto con i padri, subiscono la crudeltà di norme ciniche che li relegano nel recinto degli affetti negati, imponendo loro lontananze incolmabili e divieti disumani;
_ uomini che hanno pagato il conto delle loro colpe sono, all’atto della scarcerazione, catapultati senza ammortizzatori in una società ostile che li respinge negando loro qualsiasi prospettiva che non sia quella di tornare a delinquere e quanti in carcere ci restano a vita diventano patetici residui della loro originaria umanità, sciagurati depositari di un disperato incoscio che li condurrà all’appuntamento con il suicidio;
Sono domande alle quali si può provare a dare una risposta esaminando lo stato di salute della stampa e della politica. Nella sua biografia “La fine è il mio inizio” Tiziano Terzani definisce il giornalismo “il quarto potere, la stampa e i mezzi di informazione che controllano il giudiziario, l’esecutivo e il legislativo diventano la voce della gente che non può parlare.” E Pulitzer nel suo libro “Sul giornalismo” dice :” Un giornalista è la vedetta sul ponte di comando della nave, non agisce in base al proprio reddito né ai profitti del proprietario. Resta al suo posto per vigilare sulla sicurezza e il benessere dei lettori che confidano in lui.”
Vi pare che alcuni cronisti giudiziari che velinano i bollettini dei P.M. rispondano a questi requisiti o non piuttosto che abbiano abdicato alla loro indipendenza “facendo della bassa macelleria perché più sangue scorre più copie si vendono”(Ostellino) e “mettendo fango nelle pale del ventilatore a caccia di notizie sulle debolezze, le miserie, le pruderie” (Bertolaso) di uomini di cui non è ancora dimostrata alcuna responsabilità penale?
Nel panorama di un giornalismo distratto e orientato, vorace e crudele, latita la figura della “vedetta sul ponte di comando della nave che vigila sul benessere dei lettori che confidano in lui” e invece prolifera la figura del giornalista protagonista che ha a cuore il proprio benessere e la notorietà da conquistare ad ogni costo, anche a costo di patti scellerati e posizioni di subalternità.
La politica è l’altra grande malata del nostro sistema incapace com’è di dare risposte ai problemi del Paese e invece efficientissima nel dare l’assalto alle risorse dello Stato garantendosi prebende che la decenza dovrebbe scoraggiare e ponendosi sotto ricatto, nuda in tutta la sua debolezza, protagonista poco credibile nella dialettica istituzionale.

 
MariaRosaDeHellagenDate: Martedì, 13/04/2010, 16:55 | Message # 33
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CASO TRANI: FUNERALI ALLA GIUSTIZIA

lunedì 15 marzo 2010

http://ilblogdiangelojannone.blogspot.com/2010/03/non-e-una-difesa-di-berlusconi-voglio.html

Non e' una difesa di Berlusconi, voglio che sia chiaro, Su di lui, a parte l'epiteto utilizzato, una volta tanto mi trovo d'accordo con Grillo, quando parla di.... ingenuita': dopo tante intercettazioni ancora ci casca.
L'ANM di Bari, difende il sostituto Ruggero, titolare dell'ennesimo, anomalo fascicolo processuale, definendolo magistrato che "pur gode di generale altissima stima" Scrive La Repubblica oggi
Di chi? Di quale parte politica?
Perche' puzza di politico da lontano questa inchiesta, e di tipico esempio di circuito mediatico giudiziario, criticato sinanche da Felice Casson.
Parte da un indagine per Usura, con una denuncia di un finanziere.
A finire sotto controllo i telefoni dei responsabili di American Express Italia.
Stanchi delle notizie stampa, che sicuramente stavano procurando danni, a torto o a ragione", decidono di muoversi verso l''AGCOM. Innocenzi, Componente dell'Autority viene sentito come teste - (frattanto dell'usura e' stata dimenticata?)- ma non convince. Lo si iscrive per il reato di favoreggiamento personale. Il reato non prevede le intercettazioni telefoniche. Ma che si fa? E vai! Sicuramente da un alto personaggio come Innocenzi, qualcosa di buono, in questa pesca a strascico, saltera' fuori.
Il resto e' storia nota. Le telefonate portano a tutt'altro.
Concussione?: le mie modeste nozioni di diritto penale, mi dicono che si tratta di un ipotesi semplicemente ridicola. Non esiste un pubblico Ufficiale che puo' concuterne altri.
Si potrebbe parlare di abuso d'ufficio al più'. In realtà sfoghi di un premier stanco di essere offeso dalla TV di Stato. E' questione di punti di vista. Ma in questo caso non si sarebbero potute utilizzare le intercettazioni. E se non si utilizzano processualmente, l'uscita sulla stampa - lo scoop del giornale di Travaglio, di fatto organo di informazione dell'IDV- sarebbe stata ancora meno giustificabile.
Ma come dice il Giornale " e se intercettassimo i magistrati?" Gia'. Quante trame, quanti commenti politici, salterebbero fuori? Questa e' una guerra asimettrica. Combattuta ad armi improprie. Quanti di voi non esprimono commenti duri al telefono. E allora? Siamo tutti criminali? Io ho sentito magistrati dire di fronte ad un caffè che bisogna fermare questa deriva didattoriale. Ed in passato ho assistito a telefonate di aggiornamento di altri magistrati di Magistratura Democratica chiamare Violante per aggiornarlo sulle indagini in corso. Eravamo ai primi '90. Gli obiettivi politici erano altri.
Il risultato? questo ennesima non inchiesta, non reati danneggia la Giustizia vera, quella di cui i cittadini hanno bisogno. Anche quelli di Trani, dove vivono i miei, vittime di soprusi ogni giorno.
Chi è il buono? chi è il cattivo?
Ovviamente a manifestare davanti al Tribunale di Trani chi c'è oggi? L'IDV. Ecco fatto.

 
MariaRosaDeHellagenDate: Martedì, 13/04/2010, 17:19 | Message # 34
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I SEGRETI DI DE MAGISTRIS

Postato il Giovedì, 01 aprile @ 08:51:02 CDT di carlo
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=6913

DI BUBBA

La storia più recente di Luigi De Magistris è nota: magistrato alla procura di Catanzaro, ha svolto indagini sul malaffare dei colletti bianchi, politici, magistrati, pubblici ufficiali e imprenditori. Gli tolgono le inchieste, il ministro della Giustizia insorge, il Csm lo punisce, entra in politica col sostegno di Santoro Travaglio Grillo e Di Pietro, e viene eletto con quasi mezzo milione di preferenze.

I giudizi sulla sua carriera di magistrato sono due e contrapposti: bravo e onesto, secondo la stampa a lui vicina; pessimo e incompetente secondo i giornali berlusconiani, in particolare secondo Filippo Facci.

La sua vicenda non è sicuramente risolta, e neppure si può dire che sia del tutto chiara. Le forze in campo sono divise in due schieramenti: il primo sventola sentenze e atti giudiziari favorevoli a De Magistris per sostenere che aveva ragione e che è stato vittima di un complotto; gli altri, viceversa, brandiscono la sentenza del Csm e atti ufficiali del Consiglio giudiziario di Catanzaro per sostenere il contrario.

E' la verità attraverso le sentenze: e uno non sa a quale sentenza credere.Ecco perchè forse è prematuro dare un giudizio definitivo su di lui. Tanto più che un capitolo della sua storia è stato completamente rimosso e occultato dai suoi sostenitori: una delle sue inchieste precedenti al terzetto ormai famoso di Why Not, Poseidone e Toghe Lucane.

E' il "caso Reggio" di cui nessuno parla, una inchiesta che creò una vittima eccellente: l'avvocato Ugo Colonna.

Chi è Ugo Colonna?

Ugo Colonna è un penalista siciliano che ha mosso accuse piuttosto infamanti all'onorevole De Magistris, contenute in una lettera da lui inviata a Beppe Grillo. Sono accuse però che non si possono ignorare - vista la autorevolezza di chi le ha formulate.Infatti, contrariamente a quanto starete pensando, l'avvocato Colonna non è l'ennesimo servo di Berlusconi che butta fango addosso a chi si oppone al suo padrone di Arcore. No, egli è una persona universalmente stimata per le sue battaglie, sia a destra che a sinistra. Difende (o meglio difendeva) collaboratori di giustizia e ha denunciato più volte molto coraggiosamente la mafia, tanto che l'hanno messo sotto scorta. L'ex presidente Ciampi l'ha definito "l'Ambrosoli del sud".Ha fama di persona retta e integerrima.Tra i suoi tanti estimatori, ho scelto, per voi, uno dei più apprezzati e considerati giornalisti italiani: Marco Travaglio.

Su "l'Unità" del 30 agosto 2007, a pag. 26, veniva pubblicata una risposta di Travaglio ad una lettera dell' allora presidente della commissione parlamentare antimafia, Francesco Forgione. Nell' articolo ("Quegli attacchi all'Antimafia"), Travaglio protestava per la mancata nomina di Colonna a consulente dell' organo istituzionale, scrivendo che l'avvocato era stato l' "artefice di meritorie battaglie contro la mafia e la 'ndrangheta" e che sarebbe stato una scelta "di grande valore" per la commissione.Forgione motivava la decisione di escluderlo dall' incarico perchè era sotto processo per calunnia. Al che, Travaglio replicava che Colonna era il bersaglio di alcune "denunce persecutorie" per le sue battaglie antimafia. Nel libro "Mani sporche", a pag. 735, aggiungeva che gli autori di queste denunce "persecutorie" nei confronti dell' avvocato erano due "tizi" che tra l'altro erano stati "arrestati per mafia e corruzione".
Credo che questo possa bastare come referenze: un elogio più difesa da parte del grande Travaglio. Datato 2007.Ebbene: ci credereste che la persona che vi ho appena descritto venne arrestata, nel 2004, proprio da Luigi De Magistris?

Un avvocato contro la mafia

Ma partiamo dall'inizio. Nel 1997 Ugo Colonna scopre che alcuni magistrati di Messina (e, forse, anche di Reggio Calabria) favorivano la mafia: pilotavano i processi, manovravano i pentiti e commettevano tutta una serie di illeciti per favorire Cosa Nostra.Colonna denuncia tutto e tutti alla procura di Catania, e si aprirà così un processo denominato "caso Sparacio", dal nome del falso "pentito" che quei magistrati gestivano.Il procuratore antimafia Giovanni Lembo e il gip Marcello Mondello, operanti a Messina, arrestati nel 2000, vengono processati. Nel 2008 sono condannati in primo grado a 5 anni il primo per favoreggiamento alla mafia, e 7 anni il secondo per concorso esterno in associazione mafiosa. Un grande scandalo italiano, e molto poco conosciuto.("Black out sul Caso Messina", di Norma Ferrara, 14.02.2008)

I magistrati di Reggio Calabria si salvano invece da conseguenze penali. In particolare, la posizione del pm Francesco Mollace viene archiviata sùbito perchè non si ha la prova che dietro all'illecito da lui commesso ("fatto isolato") ci fosse l'intenzione di favorire la mafia (1).

Però, durante l'istruttoria a Catania, successiva alla archiviazione, ulteriori gravi elementi vengono fuori sul conto dei magistrati reggini. Fatti non solo documentali, ma anche e soprattutto dichiarazioni di altri magistrati, e dei collaboratori di giustizia che raccontano di presunti abusi del pm Mollace.Ad esempio, spiega Colonna, il mafioso "pentito" Giuseppe Chiofalo chiamava pesantemente in causa il dottor Mollace, accusandolo di averlo favorito mentre egli, con false dichiarazioni, screditava i "pentiti" che accusavano Marcello Dell'Utri. (1)

Ebbene, questo e molti altri fatti gravissimi che non trovavano spazio sulla stampa nazionale, Ugo Colonna si premura di divulgarli affidandosi all'unico giornale che voleva pubblicarli: "il Dibattito" del giornalista Francesco Gangemi. Un periodico dai toni un po' pecorelliani (2), ma in mancanza d' altro ci si accontenta.Oltre a riportare le trascrizioni delle udienze del processo, e le interpellanze parlamentari di alcuni politici, il giornale ospitava anche interviste dell'avv. Colonna, che a Catania era testimone dell' accusa e parte civile (perchè calunniato da alcuni pentiti).

L'arresto

Il 9 novembre 2004, alle 5 del mattino (2), alcuni funzionari della Squadra Mobile di Reggio Calabria vengono a prenderlo, a Torino. In manette, lo portano a Catanzaro dove, per errore (non si sa quanto involontario), gli agenti scrivono che l'imputato (Colonna Ugo) è accusato di mafia, ai sensi dell'art. 416 bis, e pertanto lo separano dagli altri co-imputati e lo mettono nella sezione del carcere occupata dai mafiosi, senza segnalare il fatto che lui è sotto scorta e minacciato dalla mafia. (1)Durante l'ora d'aria non esce, rimane in cella. Fortunatamente riesce a spiegarsi col direttore della casa circondariale, che risolve il problema. E questa è solo una delle tante umiliazioni che subisce. Lamenterà anche tutta una serie di irregolarità nelle indagini che lo hanno riguardato. (2)Dopo nove giorni viene finalmente scarcerato. (1)

Ma perchè è finito in carcere?

Caso Reggio

"io vengo arrestato non per [aver detto - ndr] fatti falsi, calunniosi. Io vengo arrestato perchè li ho detti" (1)(Ugo Colonna, aprile 2005)
Colonna finisce in manette in maniera del tutto inaspettata e inaudita.Mentre lui si occupa del processo di Catania e ne divulga i fatti, la procura di Reggio Calabria mette sotto indagine sia lui che il giornalista Gangemi, disponendo intercettazioni e altre attività di polizia giudiziaria, espletate dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria. (3)Raccolgono poi tutte le emergenze in un fascicolo che viene inviato a Catanzaro. E, infine, i magistrati reggini Francesco Mollace e Vincenzo Macrì si recano loro stessi dal pm De Magistris per denunciare Colonna come un malfattore. (1)
E' così che si apre il "caso Reggio", l' inchiesta dimenticata di De Magistris. Nel novembre del 2004 scattano gli arresti: oltre a Ugo Colonna e al giornalista de "il Dibattito", vengono arrestati avvocati e politici. Una parlamentare, Angela Napoli, rea di aver fatto delle interpellanze al Governo, viene iscritta nel registro degli indagati.

Gli arrestati e gli indagati sono accusati di "violenza o minaccia a corpo giudiziario" e di "associazione mafiosa".

La sacrosanta cronaca giudiziaria che facevano Colonna e il giornalista Gangemi si trasforma - nell'ordinanza di custodia cautelare emessa nei loro confronti dal gip Antonio Baudi su richiesta del procuratore Mariano Lombardi, dell’aggiunto Mario Spagnuolo e del sostituto Luigi De Magistris - in:

“ un sistematico quanto virulento, programma di aggressione, di marca mafiosa, sapientemente orchestrato attraverso il periodico ‘Il Dibattito’, allo scopo di delegittimare e destabilizzare l’ordine giudiziario nel Distretto di Reggio Calabria e di rinsaldare e consolidare nel tempo la pressione sociale e profittatoria della ‘Ndrangheta operante nel reggino”. (3)
Insomma, secondo De Magistris e soci, "il Dibattito" era un giornale in mano alla 'ndrangheta, sfruttato dall' organizzazione criminale per minacciare, infangare, influenzare, condizionare, disunire e neutralizzare i coraggiosi magistrati antimafia che stavano infliggendo colpi mortali ai malavitosi. Attraverso le campagne stampa del periodico mafioso, la cosca avrebbe tentato di aggiustare i processi che la riguardavano.
Per avere un metro di paragone:poco tempo fa è uscita la notizia che Mario Mori sarebbe indagato a Palermo proprio per lo stesso tipo di reato contestato a Colonna: "violenza o minaccia a corpo politico o giudiziario". Un reato grave, con pene da 1 a 7 anni di reclusione.Il generale, come sapete, è invischiato in storie di presunti ricatti della mafia allo Stato e ai politici, da realizzare attraverso le stragi degli anni '90, le trattative ecc. Tutto quell' inferno che più o meno è stato descritto dalla stampa.

Colonna, invece, aveva solo passato a un giornalista i dischetti con le udienze pubbliche di un processo in corso a Catania. E rilasciato alcune interviste.Tutto qui. I pm di Catanzaro (De Magistris e Spagnuolo), invece, lo accusano di una aggressione mafiosa contro la procura reggina, dapprima solo come "professionista utilizzato"(1) dal gruppo criminale, fino a promuoverlo poi, dice Colonna, a "regista"(1) dell'operazione.E meno male che il giudice per le indagini preliminari non era "superficiale", altrimenti lo avrebbero accusato pure di associazione mafiosa. Parola del gip Baudi:

"se fossi stato più superficiale, le avrei potuto contestare pure la mafia. Proprio come mi avevano richiesto i pm. No, l’ho arrestata solo per quei titoloni a effetto sul Dibattito…" (4)
Le accuse contro Colonna non stanno in piedi. Verrà rilasciato dopo nove giorni, anche grazie alle proteste della società civile: si mobilitano infatti magistrati e politici di destra e di sinistra per chiederne la scarcerazione.
Il tribunale del riesame da' torto ai pm di Catanzaro (5), ai quali viene spiegato che il fatto che ha commesso Colonna "non è reato", almeno non il reato di "violenza e minaccia"; al massimo la diffamazione, ma nessuno gli ha contestato quest' ultimo reato, poichè i fatti da lui divulgati erano veri.Ma i pm fanno ricorso in Cassazione, e naturalmente lo perdono. Solo allora - siamo nel gennaio del 2006 - si decidono ad archiviare, dopo più di un anno di calvario per Colonna.

Tutte le persone coinvolte nell'inchiesta, incluso il giornalista Gangemi, verranno assolte con formula piena, oppure archiviate. Anche se De Magistris, in aula, sosteneva "l'assoluta fondatezza dell'impianto accusatorio" basato su "elementi di prova incontrovertibili". (6)

Tutti si chiedono il perchè di questi accadimenti, e la cosa a cui tutti pensano è che si sia trattato di una imboscata giudiziaria. Il coinvolgimento di Colonna nell'inchiesta di De Magistris, totalmente infondato, ha sortito infatti l'effetto di screditare lui e le sue denunce al processo di Catania contro quei magistrati dell'antimafia che saranno dopo anni condannati, oltre che di impedirgli di testimoniare contro di loro.I giornalisti Pensavalli e Gugliotta di IMGPress.it non temono di affermare che Colonna è stato arrestato con un "pretesto". (7) Su questa vicenda hanno anche scritto un libro, che Peter Gomez definisce "un'opera da leggere tutta di un fiato quasi fosse un legal thriller". (8)

Colonna, dal canto suo, si rende conto di essere un incubo per i corrotti, un elemento da "sopprimere", anche fisicamente. Ma ucciderlo avrebbe significato dare legittimità alle sue denunce: per questo andava ucciso moralmente. (1)Riguardo al suo arresto, lui parla proprio: di un tentativo, da parte dei magistrati coinvolti a Catania, di "disinnescare" la fonte d'accusa principale (lui stesso)(2); e di giudici che hanno "interferito" con quel processo catanese.

Ma chi sono questi Macrì e Mollace, giudici di Reggio, che lo avevano accusato? Secondo Colonna sono gli amici di Giovanni Lembo, quello che era sotto processo a Catania:

"Giovanni Lembo è un magistrato collega di stanza di Vincenzo Macrì, sostituto procuratore antimafia a Reggio Calabria [oggi vice procuratore nazionale antimafia - ndr], ed è stato arrestato e processato per falsi e abusi e per calunnia ai miei danni. Io mi sono costituito parte civile dinanzi al tribunale di Catania che lo ha processato assieme al falso "pentito" Sparacio che lui ha gestito assieme a Vincenzo Macrì e al pm Francesco Mollace. Sono proprio Macrì e Mollace che mi hanno denunciato ai magistrati di Catanzaro De Magistris e Spagnuolo, che mi hanno arrestato. Assieme a me, che difendevo dei imputati innocenti, hanno arrestato i giornalisti di Reggio Calabria e hanno chiuso il giornale, e hanno avvisato di reato un deputato della Casa della Libertà, allora sottosegretario alla Giustizia, e una sua collega [Angela Napoli, oggi amica di De Magistris - ndr], anch'essa deputata della Cdl e membro della commissione antimafia: le accuse sono tutte cadute e la mastodontica inchiesta, costata lagrime e sangue e un mucchio di soldi dello Stato, è stata archiviata...".(9)
Riassumendo: I giudici di Messina, Lembo e Mondello, sono processati a Catania per mafia. Al processo, però, i "pentiti" accusano di pesanti responsabilità anche diversi magistrati di Reggio Calabria, tra i quali c'è Francesco Mollace. Enzo Macrì è invece accusato da Colonna di aver favorito il falso "pentito" Sparacio anche dopo che questi era stato scoperto.Questi due giudici, secondo Ugo Colonna, i quali temevano quel processo che stava scoperchiando anni di collusioni della magistratura, decidono di fare qualcosa per salvarsi, e cioè di far arrestare l'avvocato con un' accusa infamante, senza che quella accusa venisse verificata dai procuratori di Catanzaro: e Colonna, dopo l'arresto, finisce sulla stampa, indicato come un personaggio vicino alla 'ndrangheta, o quantomeno alleato con essa. (10) Delegittimato, infangato.E dietro alle accuse su di lui ci sono proprio Macrì e Mollace, quegli stessi magistrati che lui aveva denunciato sia alla magistratura che alla stampa.
E De Magistris, uno dei pm che lo arrestò, come si colloca in questa storia?

Uguale per tutti. Quasi.

Sono tante le persone che hanno reagito con sdegno all'arresto di Ugo Colonna, che lo hanno difeso, che hanno vissuto con inquitudine le sue vicende, e che lo hanno sostenuto. Ci sono magistrati come Giovanni Battista Scidà e Nicolò Marino, giornalisti come Guido Ruotolo (fratello di Sandro) e quelli di "censurati.it", politici come Nichi Vendola, e associazioni antimafia. (11)Ma anzichè mettere insieme tutte le loro testimonianze, o menzionare i loro atti di concreto supporto all 'avvocato, ho deciso invece di citare il caso di incredibile incoerenza dei magistrati del blog "Uguale per tutti" (toghe.blogspot.com), anche loro solidali con Colonna, ma in un modo tutto particolare.

Questo noto sito, che è gestito da operatori del diritto di tendenze progressiste, è stato tra i più decisi sotenitori di Luigi De Magistris. Hanno trattato il suo caso con decine di articoli, hanno sbugiardato i suoi detrattori, hanno garantito sulla sua onestà e sulle sue ragioni.A novembre si è tenuto un convegno promosso da De Magistris (12). Seduto di fianco a lui dietro al bancone c'era il suo "amico" personale Felice Lima, giudice a Catania, uno dei magistrati del blog "Uguale per tutti". Dopo essere stato presentato con affetto da De Magistris, Lima ha preso la parola, e nel suo discorso ha garantito su De Magistris, prendendosi la responsabilità, davanti ad un folto pubblico, di affermare che la punizione disciplinare del Csm contro l'ex giudice di Catanzaro era ingiusta e del tutto infondata.
Ma questa irriducibile difesa dell'ex magistrato, ora politico, non impedisce loro di apprezzare anche Ugo Colonna.

Il 23 gennaio 2008, sul loro blog, veniva pubblicato un post a difesa di De Magistris, il quale era appena stato definito "cattivo giudice" da un membro del Csm, l'organo giudiziario che a breve doveva decidere se punirlo o no.I bloggers con la toga, quindi, per spiegare ai denigratori del pm di Catanzaro cosa è realmente un "cattivo giudice" , scelsero di parlare dei magistrati Lembo e Mondello di Messina, quelli denunciati da Colonna e appena condannati per mafia. Quei due erano gli esempi negativi da contrapporre al nobile De Magistris.E scrivevano:

Nell’articolo di Marco si parla di un altro uomo impegnato in tante difficili battaglie, che per quelle ha pagato e paga “prezzi pesanti”: l’avv. Ugo Colonna. Le vicende di Marco e dell’avv. Colonna ci sembrano emblematiche del fatto che non possiamo tirarci indietro e non possiamo credere di essere gli unici a pagare, per la giustizia e la verità, prezzo troppo cari.
A sèguito di questa premessa, riportavano un pezzo di Marco Benanti, giornalista, che raccontava il processo dei due magistrati, conclusosi con le condanne.E' un articolo che il giornalista ha scritto proprio per il loro blog, ricevendo anche sentiti ringraziamenti. Ma per quanto mi riguarda, resta inspiegabile come possano i magistrati di quel sito condividere e non dissociarsi da quanto è scritto ad un certo punto nell'articolo di Benanti da loro pubblicato. Il brano in questione riguarda i "prezzi" che Colonna ha pagato per le sue battaglie:
Ha pagato Colonna: nel novembre del 2004 venne arrestato dalla Procura di Catanzaro con un capo d’imputazione inverosimile. L’ accusa era di avere usato violenza al corpo giudiziario, reato per cui dal 1945 non era mai stato condannato nessuno. In particolare fu accusato di avere delegittimato con le sue denunzie due giudici, Enzo Macrì e Francesco Mollace.
E come finì?

Scarcerato dopo nove giorni. Si mobilitò l’intero arco istituzionale da Centaro di Forza Italia a Vendola di Rifondazione: lo stesso Carlo Azeglio Ciampi, che già nel 2000 lo aveva definito “l’Ambrosoli del Sud”, si espresse a suo favore.

Alla fine, la Cassazione gli ha dato ragione e i Pm di Catanzaro hanno chiesto finalmente l’archiviazione.

Totalmente estraneo, quindi, Colonna a simili incredibili accuse: questo atto di vile aggressione è stato ricordato anche dalla Pubblica Accusa nel processo di Catania. Il PM Fanara ha parlato, al riguardo, di un elemento di inquinamento probatorio.

Incredibile, dicevo. In un post che parte difendendo De Magistris, si arriva a parlare di un arresto e di una inchiesta, compiuti da lui medesimo insieme ad un collega, definendoli "atto di vile aggressione". E gli autori del blog (perchè la colpa non è del giornalista Benanti) omettono di dire che, in questo caso, Procura di Catanzaro = Luigi De Magistris + collega.

Ho mandato un commento alla redazione del sito per richiamarli alla coerenza. Non l'hanno pubblicato con la scusa che era "diffamatorio", il che mi sorprende perchè, in sostanza, io non facevo altro che dare un volto a quella generica definizione di "Procura di Catanzaro" che avrebbe commesso un "atto di vile aggressione" (parole loro, non mie). Quindi, semmai, sono loro che hanno diffamato De Magistris, non io.

Ma non solo censurano il commento. Quando insisto si rifiutano di rispondermi, e soprattutto di rispondersi. Dopo avermi preso un po' in giro, il Felice Lima del convegno con De Magistris mi scrive che: "Io, comunque, non sono in competizione, non voglio dimostrare niente a nessuno, non chiedo niente a nessuno, non obbligo nessuno a darmi ragione né a venire qui a perdere il suo tempo."

E chiusa la storia. Nessuna risposta nel merito. "Noi non siamo in competizione. Ho da fare".Facile risolvere così i problemi: siamo solidali con Colonna, ma Colonna è stato arrestato da De Magistris? Basta non fare il suo nome e siamo a posto. Tanto chi se ne accorge?

Comunque loro garantiscono su De Magistris. Allora mi fido.

Caro Beppe Grillo...

Nell'Aprile del 2005 Ugo Colonna era andato a vedere uno spettacolo di Beppe Grillo. Nei giorni seguenti, parlando della sua disavventura catanzarese ai microfoni di Radio Radicale, si lasciava andare a questa considerazione: "probabilmente, lo stesso Beppe Grillo, [...] se io raccontassi questa vicenda, direbbe: "ma roba da pazzi!" ". (1)

Non poteva immaginare, allora, che nel 2009 Beppe Grillo avrebbe cooptato De Magistris nel suo movimento politico, che lo avrebbe candidato come indipendente nelle liste dell' Italia dei Valori, e che si sarebbe occupato personalmente della sua campagna elettorale, procacciandogli una valanga di voti e facendolo onorevole a Strasburgo.

Ma forse Grillo non conosceva la sua storia. Così, nel luglio del 2009, a elezioni già terminate, Ugo Colonna scrive una lettera al comico genovese, nella quale spiega perchè, secondo lui, l'ex magistrato e Sonia Alfano (ma a noi, adesso, interessa solo il primo dei due) non siano del tutto meritevoli della fiducia che è stata loro accreditata.Nel testo si apprende anche che De Magistris avrebbe goduto di "speciali impunità".Ecco una parte della missiva:

"[...]- l’on. de Magistris – lungi dall’immagine accreditata di Magistrato scomodo per il potere corrotto - da Pm catanzarese ha interferito in processi che altra autorità giudiziaria (Catania) da anni stava svolgendo, a carico di soggetti e magistrati poi condannati per mafia, indagando chi nell’altra sede aveva denunziato, con ipotesi accusatorie così inconsistenti e velleitarie che in breve hanno condotto a totale archiviazione, proscioglimenti e assoluzioni. Non ha esitato, sempre nello stesso procedimento, a mettere il bavaglio alla stampa che del processo catanese dava notizia, ottenendo anche – fatto per quanto mi consta unico in Italia – il sequestro di un giornale e richiedendo la custodia in carcere per chi dava pubblicità con interviste o facendo pubblicare i verbali delle pubbliche udienze, anche su quel giornale, del processo presso il Tribunale di Catania a carico di notabili, tutti poi condannati. E’ anche facile documentare che su tali poco edificanti vicende l’ex PM ha ricevuto “speciali impunità”. Con quale coerenza e credibilità oggi, da parlamentare, Luigi de Magistris parla di libertà di informazione e di indipendenza della magistratura? Certo, come lei dice, abbiamo un Ministro dell’Interno condannato per lesioni ad un agente della Polizia di Stato, ma non potrà non convenire che, coerentemente, affidare l’interlocuzione sui temi della libertà di stampa o sull’indipendenza della magistratura al dottor de Magistris è come affidare l’ospedale Bambin Gesù di Roma o il Gaslini di Genova ad Erode! Anche altri soggetti, che operano nel settore della giustizia o gente comune, certamente sono a conoscenza di queste condotte, poco compatibili con l’immagine di “volti nuovi e puliti” che è stata attribuita mediaticamente all’on. Alfano ed all’on. de Magistris. Costoro che sanno, tuttavia, scelgono di stare in silenzio forse perché pensano che sia inutile o peggio rischioso esporsi, criticando chi è supportato da così ampio e incondizionato consenso, unificato sotto il vessillo della lotta alla mafia. Io, all’opposto, ritengo che non sia giusto tacere e sia doveroso denunziare, anche se poco o forse nulla cambierà. Le chiedo di pubblicare la presente lettera e se ritiene posso fornire per la pubblicazione nel suo blog, onde sottoporli al giudizio dei suoi lettori, dati più precisi sulla scorta dei quali comprendere analiticamente le mie precedenti affermazioni, estremamente sintetiche. Sono certo che il suo blog non si sottrarrà dalla diffusione di dati e notizie che riguardano la correttezza e la lealtà dei parlamentari eletti, in modo da accrescere l’informazione dei suoi lettori. Solo in esito alla conoscenza di dati oggettivi, evitando proclami, slogan o offese personali, ognuno potrà formarsi una corretta opinione. In attesa le invio cordiali saluti.UGO COLONNAMessina, 22 luglio 2009"
Beppe Grillo si sottrae. Non esattamente la reazione che si era immaginato Colonna. La lettera non solo non viene pubblicata, ma nemmeno riceve una risposta in privato. Silenzio assoluto.
Un quantomeno discutibile concetto di democrazia, trasparenza e libero confronto quello del capo-popolo genovese.

Segue nel posto successivo

 
MariaRosaDeHellagenDate: Martedì, 13/04/2010, 17:20 | Message # 35
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Paete II de I SEGRETI DI DE MAGISTRIS

CONCLUSIONI

De Magistris ha una rete di persone e gruppi che lo sostengono in politica, i quali hanno efficacemente silenziato le accuse di Colonna, e si rifiutano per qualche motivo di considerarle, benchè - vi ho dimostrato - il Colonna sia una persona piuttosto autorevole.

Questa rete di persone ha venduto alla gente un prodotto esaltandone i pregi, e nascondendone i difetti. Ma vi pare giusto? Come ci si può fidare di loro se fanno questo? Almeno dire che non si è d'accordo con Colonna... invece zitti.

Ma dunque, vediamo quali sarebbero questi difetti, sperando di farmi interprete fedele del pensiero di Ugo Colonna, ma, in caso non vi riuscissi, sappiate che i difetti del prodotto che elencherò sono quelli che io ho ritenuto tali:

Primo punto:De Magistris ha arrestato una persona innocente con delle accuse inconsistenti, e, consentitemi, farneticanti, stando a quanto dice Colonna. E già questo contrasta con l'immagine di magistrato bravo e professionalmente competente che ebbi una volta di lui. Il primo fatto grave è che non si accorge della infondatezza delle sue accuse, arrecando grave danno all'accusato.

Dopo la bocciatura del riesame, insiste ancora, facendo ricorso in Cassazione, anche se non ci sono i presupposti. Solo dopo la bocciatura anche in quest'ultima sede si decide ad archiviare.

Secondo punto:secondo Colonna, le accuse formulate contro di lui dai magistrati reggini celavano il disegno di delegittimarlo onde "disinnescare" il processo catanese (tra l'altro, per il breve periodo della custodia cautelare, Colonna non ha potuto testimoniare in tribunale contro i corrotti).Se fosse vero, fin qui la colpa sarebbe tutta di Mollace e di Macrì che lo hanno denunciato.

Ma il loro presunto piano non sarebbe andato in porto se i pm di Catanzaro non avessero posto in essere gli arresti, sicuramente evitabili nel caso di Colonna.Dunque, a proprosito della sua "indipendenza" - messa in dubbio dall'avvocato nella lettera a Grillo: perchè De Magistris asseconda i piani dei magistrati di Reggio Calabria? Ne era ignaro, o era in combutta con loro? Era manovrato consapevole o inconsapevole? O non era manovrato ed è stata una sua iniziativa condivisa coi colleghi? Insomma, è stato depistato o ha agito d'intesa? O semplicemente si è accodato supinamente alle decisioni dei suoi due colleghi?Ma anche se Colonna concedeva che l' avesse fatto in buonafede, pur dimostrando negligenza (1), il dubbio, francamente, potrebbe rimanere.

Infatti, credo che un magistrato indipendente avrebbe rimediato al suo errore. Invece di insistere in Cassazione, avrebbe disposto l'archiviazione. E avrebbe fatto subito chiarezza sul caso, invece che lasciare tutto in "un alveo di fumo nero" per mesi (1), per usare una espressione di Ugo Colonna.
Ricordo che la sua iniziativa giudiziaria è descritta sul blog "Uguale per tutti" come un "atto di vile aggressione".
Non è chiaro poi, dalla lettera di Colonna, se De Magistris abbia "interferito" in altro modo col processo a Catania.

Terzo punto:L'ex pm, nel 2004, fa sequestrare un giornale che sarà dissequestrato solo nel 2009, dopo la sentenza di assoluzione "perchè il fatto non sussiste" (13).Un caso senza precedenti in Italia, dice Colonna.Un giornalista viene incarcerato.
E la libertà di informazione tanto decantata?

Quarto punto:Dopo il suo arresto, Colonna, durante i colloqui coi pm, espone a De Magistris e colleghi tutte "le numerose condotte non lecite commesse anche dai magistrati MOLLACE e MACRI’ i quali, a mio giudizio, avevano contribuito al mantenimento in vita della potente organizzazione mafiosa messinese attraverso l’adozione di provvedimenti di natura giudiziaria. Gli [al gip - ndr]avevo indicato i procedimenti aggiustati presso la DDA di Reggio Calabria dal dr. MOLLACE, nonché gli atti attraverso cui il dr. MACRI’ favoriva il falso pentito Sparacio." (14)

Tra l'altro, Vincenzo Macrì aveva dichiarato ai pm di Catanzaro di non essersi mai occupato del falso "pentito" Sparacio: ma fu sbugiardato dai documenti esibiti da Colonna. (1) Anche "Dibattito news" (sempre del giornalista Gangemi) ha pubblicato alcuni verbali:

(Pubblicati su "Dibattito news" del gennaio 2009, a pag. 12)
Dunque, De Magistris aveva tutta una serie di elementi a favore di Colonna e a discapito dei giudici reggini.A questo punto, credo di interpretare correttamente il pensiero di Colonna quando ritiene che De Magistris non sia stato un "magistrato scomodo per il potere corrotto": se l'avvocato avesse ragione ad individuare il "potere corrotto" nella parte di magistratura da lui denunciata, perchè De Magistris, messo a conoscenza di tutte queste cose, non ha fatto nulla contro quei magistrati ? .E, come lui, anche il Csm e la commissione antimafia non hanno agìto, come se quei magistrati denunciati da Colonna avessero una "immunità" speciale.Tutto quello che Colonna espose a De Magistris è stato come "acqua sul marmo. Dopo quegli interrogatori, la tanta documentazione depositata e memorie i signori magistrati hanno proceduto alla richiesta di archiviazione nei miei confronti e di altri coindagati, oggi la sentenza di assoluzione per gli altri. I dottori Enzo MACRI’ e Franco [sic] MOLLACE continuano a fare i magistrati, il dottor De Magistris è divenuto parlamentare e il dottor Spagnuolo ora è Procuratore Capo. In questa situazione solo l’opinione pubblica più avvertita riesce a comprendere." (14)

Quinto punto: Colonna dice che De Magistris ha goduto di "speciali impunità" per quello che ha fatto. Purtroppo non ha specificato quali e da parte di chi. Ma è una affermazione piuttosto pesante, che aggrava la reputazione di De Magistris. E che rende ancora meno credibile la sua immagine pubblica di magistrato "indipendente".

De Magistris ha avuto la possibilità di replicare alla lettera di Ugo Colonna, ma non mi risulta che ciò sia mai avvenuto. Più volte gli è stato chiesto di commentare, ma nulla. Io però sono curioso di conoscere la sua versione dei fatti, seguita magari da precisazioni e approfondimenti da parte di Colonna. Penso che Colonna dimostri notevole coraggio ad esporsi così pubblicamente, e che De Magistris ne dimostri poco trincerandosi nel suo silenzio, e in quello dei suoi "amici": come quei magistrati sul cui blog si legge che le accuse a Colonna e l'arresto furono un "atto di vile aggressione", senza specificare chi fosse l'autore di quell'atto. Lo dico perchè quel mezzo milione di persone che ha scritto il suo nome nella scheda elettorale forse non sapeva nulla di questa storia, e invece era suo diritto sapere. Almeno dopo, ma neanche allora.

APPENDICE: documenti a confronto

Adesso che conoscete meglio l'oggetto della denuncia di Colonna, vi chiedo di rivalutare, secondo lo vostra sensibilità soggettiva, i seguenti fatti:

1) Bruno Arcuri, magistrato di Catanzaro, nella relazione del giugno 2008 per il Consiglio giudiziario della sua corte d'Appello, espresse parere negativo per l'avanzamento di carriera di De Magistris.La procura di Salerno, sostenuta da Travaglio e company, lo accusò di averlo fatto per delegittimare l'ex pm. (15)

Ora vi chiedo di leggere alcuni passi di quella relazione, riportati da Filippo Facci su "il Giornale", e di decidere voi stessi se quelle parole, riferite al periodo 2002-2008, siano fango o se invece trovino una sorta di conferma nella storia di Colonna:

«Prendendo possesso del mio ufficio di Procuratore generale, iniziavo la mia esperienza in Calabria con vivo interesse per il dr. De Magistris dopo aver letto di lui sulla stampa e averlo visto in televisione. Fui subito colpito dalle notizie che andavo apprendendo presso i colleghi tutti: i procedimenti da lui istruiti, di grande impatto sociale perché istruiti contro i cosiddetti colletti bianchi, erano quasi tutti abortiti con provvedimenti di archiviazione, con sentenze di non doversi procedere e con sentenze ampiamente assolutorie. Voci che mi stupirono perché in contrasto con la rappresentazione che ne davano i media»
«una serie numerosissima di insuccessi «anomalia dei provvedimenti adottati »«procedimenti infausti »«omessa indicazione dei reati e delle fonti di prova»«perseverava nell’adozione di provvedimenti immotivati malgrado i continui insuccessi».

«Di fronte a una tale patologia, forse unica nel panorama delle iniziative di un pm, a meno di configurare una magistratura disattenta se non collusa con centri di potere criminale (come ha configurato De Magistris con esternazioni mediatiche) non si sfugge a un’alternativa secca: o le persone indagate sono tutte esenti da responsabilità penali, o i giudici di Catanzaro sono tutti non professionalmente idonei se non corrotti».

«Il dato certo è che il dr. De Magistris è del tutto inadeguato, sul piano professionale e sul piano dell’equilibrio e sul piano dei diritti delle persone solo sospettate di reato, a svolgere quantomeno le funzioni di pm».

«Le tesi accusatorie sono cadute spesso per errori evitabili edevidenziati dall’organo giudicante »

«Sono emersi rilievi negativi per l’anomalia di molti provvedimenti adottati. I procedimenti di rilevante impatto sociale hanno trovato clamorose smentite»

«Il rapporto statistico indagini/giudizio lascia emergere un’anomalia, poiché numerosi procedimenti non hanno condotto a nessuna fondatezza. Non solo: nei provvedimenti si configurano violazioni manifeste di legge (addirittura diritti costituzionali), ovvero si radicano prassi senza alcun fondamento normativo, come in materia di intercettazioni»

«Giudizio finale negativo. Le voci capacità e preparazione presentano profili di evidente deficit»

«gravi vizio lacune; tecniche di indagine discutibili; procedimenti fondati su ipotesi accusatorie che non hanno trovato conferma, attività carente dal punto di vista dell’approfondimento e della preparazione».

2) Angela Napoli (Alleanza Nazionale) era la vice presidente della commissione parlamentare antimafia quando fu indagata da De Magistris. Lei disse che la sua iscrizione fu un "atto dovuto".Oggi partecipa spesso a incontri e convegni insieme all'onorevole De Magistris. Vanno d'accordo insomma.
Qualcuno le chiese, qualche anno fa, perchè si accompagnasse al suo ex inquisitore (che l'aveva prosciolta nel gennaio 2006). Ecco domanda e risposta, dal suo blog:

mildareveno:
"Onorevole Napoli, lei ha partecipato a un convegno sulla stampa in cui era presente anche De Magistris. Perché non gli ha ricordato la vicenda giudiziaria che ha coinvolto il giornale "Il Dibattito", l'avvocato Ugo Colonna e lei personalmente?"28 ottobre 2007 21.40

Angela Napoli:

"Gentile Mildareveno, fermo restando che ho conosciuto personalmente il Procuratore De Magistris proprio nell'occasione del convegno da Lei richiamato e che la conoscenza si è limitata ad una stretta di mano all'inizio e alla fine dell'incontro, non vedo perchè avrei dovuto ricordare a De Magistris il "caso Reggio". Infatti, è stato corretta la mia iscrizione nel registro degli indagati, pur non avendo responsabilità alcuna se non quella di aver esplicitato una mia attività parlamentare; l'errore grave lo ha prodotto il Gip Baudi (oggi tutore di Loiero nella qualità di sottosegretario regionale alla legalità), poichè ha inserito le intercettazioni telefoniche,che riguardavano scambi notizie relative ad una mia interrogazione parlamentare,senza la dovuta autorizzazione della Camera dei Deputati,nell'ordinanza di custodia cautelare di uno dei cinque arrestati per quel caso. Come vede, quando non si ha nulla da temere e si sa di avere la coscienza tranquilla, si lasciano andare avanti senza interferenze tutte le inchieste, anche se fatte dal Procuratore De Magistris. on. Angela Napoli" 29 ottobre 2007 08.54

Perchè avrebbe dovuto ricordargli il "caso Reggio"? Forse perchè nel 2005 parlava così:
"... io vi invito a meditare su questo "caso Reggio", e a trovare le forme di parlarne, di farne delle denunzie ufficiali, di non fare cadere tutto nel dimenticatoio. Perchè guardate che su questo "Caso Reggio" c'è una volontà sotterranea che è la stessa volontà che ha portato alla operazione eclatante così come è apparsa, e quella stessa volontà che in questo momento sta mettendo tutto a tacere. Non può tacere! Non può finire così! Chi ha sbagliato, una volta per tutte, deve pagare, perchè solo così noi faremo giusitizia. E la faremo non per noi, che siamo coinvolti, ma per i tanti e numerosissimi cittadini che nella nostra terra hanno bisogno di vera, di vera giustizia, per i cittadini italiani e per i meridionali in particolare. (2)"
Se Ugo Colonna ha ritenuto di ricordarlo, forse c'era una ragione. Ad ogni modo, Massimo Bordin ha commentato così il comportamento apparentemente contraddittorio della sig.ra Napoli:
"[...]Per di più De magistris sembra essere parte e non estraneo alle faide interne alla magistratura calabrese, l'inchiesta su Angela napoli ne è un chiaro segnale. Che poi l'on. di AN oggi per suoi motivi ritenga utile sostenere il pm, non è nemmeno una novità nella dinamica dei rapporti giustizia politica." (link)
E chiudo citando Travaglio, che parla delle ultime vicende da magistrato di De Magistris, quelle note a tutti:
"Innocente. Capito? Innocente. Secondo la Procura di Salerno, che ha ricevuto per tre anni una raffica di denunce da parte dei suoi superiori e di suoi indagati, Luigi de Magistris non ha fatto nulla di illecito. Va archiviato perché s'è comportato sempre correttamente. Mai fughe di notizie, mai passato carte segrete a giornalisti, mai perseguitato né calunniato nessuno, mai abusato del suo ufficio. Semmai erano i suoi superiori a commettere contro di lui i reati che addossavano a lui. [...] In un paese normale, ammesso e non concesso che queste vergogne possano accadere, ci sarebbe la fila sotto casa del magistrato per chiedergli scusa. Ma, nel paese della vergogna, non si scusa nessuno. " (16)
"Il tempo, dice il proverbio, è galantuomo. E aiuta a distinguere i galantuomini dai mascalzoni. Due galantuomini, Clementina Forleo e Luigi De Magistris, vengono attaccati, perseguitati, infangati da una campagna politico-mediatica che avrebbe stroncato un bisonte. Ma non si sono lasciati abbattere. Hanno risposto colpo su colpo nelle «sedi competenti». Ora in quelle sedi la verità comincia a emergere. A Salerno, dove De Magistris ha denunciato i superiori per le fughe di notizie che poi venivano attribuite a lui, le indagini sarebbero a buon punto: non è lontano il giorno in cui chi l’ha condannato al Csm dovrà vergognarsi e chiedergli scusa." (17)

Sarà anche come dice Travaglio, non so.Ma De Magistris ha mai chiesto scusa a Ugo Colonna?:

"... io trovo questo, per uno stato democratico, una cosa sconvolgente" (Ugo Colonna, commentando una delle accuse che gli avevano fatto, aprile 2005)(1)

Note:
(1) Radio Radicale, 22 aprile 2005, "Il ruolo della magistratura calabrese nella lotta alla 'ndrangheta"

(2) Radio Radicale, 11 febbraio 2005, "Verità in manette"

(3) Antimafia duemila, "Il verminaio di Reggio Calabria". Articolo visibile solo per gli abbonati, ma si può leggere nella "copia cache" della pagina.

(4) Brano tratto dall' interrogatorio di garanzia di Ugo Colonna davanti al gip Antonio Baudi, riportato nell' articolo della nota 14.

(5) "L' ex deputato Matacena torna libero", Corriere della Sera:"L' avvocato Colonna era accusato di violenza o minaccia a corpo giudiziario. Un' accusa che il Tribunale del riesame ha considerato insussistente, ritenendo «legittime» le notizie fornite dal penalista al giornalista Gangemi."

(6) "Pressioni DDA Reggio: Sarà depositata entro lunedì la sentenza del Tribunale del riesame", 26 novembre 2004, qui.

(7) http://www.ateneonline-aol.it/060515vlad2.php

(8) http://www.ateneonline-aol.it/060515vlad.php

(9) Virgolettato attribuito a Ugo Colonna, citato in "La Giustizia in Calabria maleodorante verminaio" di Lino Jannuzzi, 15 ottobre 2007, su "ilcircolo.it". Fino a poco tempo fa l'articolo era on-line. Oggi se ne trova una traccia a questi link: link1 link2 link3.

(10) La stampa rilancia le accuse su scala nazionale, e con titoloni sensazionali:

a) "Ecco come la cupola comandava a Reggio" (Corriere).
b) "Sarebbe Colonna a riferire di una spaccatura interna alla Dda e a ideare insieme al Gangemi un piano per “aggredire il dottore Vincenzo Macrì”: “pianificare un attacco anche al procuratore nazionale Dott. Vigna”. Il tutto grazie a documenti “esplosivi” in suo possesso". (3)

(11) "Società civile contro l'arresto dell'avv. Ugo Colonna", terrelibere.org:

"Alcuni rappresentanti di associazioni anti-mafia di Catania hanno invitato tutti i cittadini a partecipare alle prossime udienze del cosiddetto processo Lembo a Catania, sui “presunti” aggiustamenti dei pentiti messinesi ordito da magistrati e imprenditori mafiosi della città dello Stretto. “Per la prima volta l`avvocato Ugo Colonna non potrà testimoniare”, scrivono nel loro accorato appello. “Colonna si trova in carcere per aver "minacciato" l`autorità giudiziaria. Sapete perché? Perché ha denunciato illegalità e ingiustizie (e collusioni di parte della magistratura) attraverso i media. Un "delitto di opinione" punito con il carcere. In tutta la storia del nostro bel paese, questo provvedimento è stato applicato soltanto 4 o 5 volte. Ora lo hanno tirato fuori per colpire, delegittimare e umiliare una delle poche persone oneste che io conosco e che ha avuto il coraggio di prendere posizione contro un sistema di potere corrotto e perverso."
(12) Radio Radicale, 6 novembre 2009, ""Questione morale e istituzioni.Etica e poteri. Quale Italia in Europa?"

(13) http://www5.melitoonline.it/index.php/home/layout/set/print/Regionale/Cronaca/Catanzaro-Il-Caso-Reggio-tutti-assolti-ma-ha-vinto-l-art.-21-della-Costituzione

(14) "La dichiarazione dell'Avv. Ugo Colonna" di Ugo Colonna, su "Dibattito news" del giugno 2009, pag. 2.

(15) Dalla ordinanza della sezione disciplinare del Csm contro i magistrati di Salerno e Catanzaro:

"Il 3 dicembre 2008 il Comitato di Presidenza del Consiglio superiore trasmetteva gli atti acquisiti ai titolari dell’azione disciplinare. Sempre il 3 dicembre il Consiglio giudiziario della Corte di appello di Catanzaro esprimeva all’unanimità “preoccupazione per l’iniziativa presa dal Procuratore della Repubblica di Salerno”, che aveva ritenuto di “incriminare”, nell’ambito del predetto atto di perquisizione e sequestro, il Procuratore generale di Catanzaro, dott. Iannelli ed il Presidente di sezione del Tribunale di Catanzaro, dott. Bruno Arcuri, “per il parere negativo formulato dal Consiglio in ordine alla nomina del dottor Luigi De Magistris a magistrato di appello”."
(16) "Il coniglio superiore" di Marco Travaglio, su "l'Unità" del 6 giugno 2008, pag. 4.)

(17) "E chiedere scusa?" di Marco Travaglio, su "l'Unità" del 2 aprile 2008, pag. 8)

 
dibattitopubblDate: Martedì, 13/04/2010, 20:24 | Message # 36
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CONDANNATO !

Oggetto : procedimento penale N° xxxx R.G. a carico di Di Mucci Giovanni, conclusosi il 31-3-2010.
Mi preme sottolineare che nella esposizione dei fatti , rapportati solamente a titolo puramente informativo e null'altro, relativi a quanto in oggetto mi attengo : “ SCRUPOLOSAMENTE “ ai verbali delle udienze tenutesi presso il TRIBUNALE astenendomi da qualsiasi commento !

IMPUTATO : GIOVANNI DI MUCCI .
REATO ADDEBBITATOMI : danneggiamento di un’autovettura!

PARTE LESA : CAIO !
TESTIMONI DELLA PARTE LESA : SEMPRONIO e COMPANY !

PRIMA UDIENZA PRESSO IL TRIBUNALE
In data xxxxxx dinanzi al Giudice si è spontaneamente presentata la Sig.ra CAIO (parte offesa) che SOTTO GIURAMENTO ha dichiarato quanto segue:
1- Non ho assistito ad alcun danneggiamento della mia autovettura da parte del Di Mucci Giovanni !
2- Il danneggiamento mi è stato riferito dai SS.ri SEMPRONIO e COMPANY .
3- Gli stessi mi hanno riferito che il danneggiamento è stato procurato con una bastone !

SECONDA UDIENZA PRESSO IL TRIBUNALE
Nella deposizione contenuta nel verbale del xxxx i testi della parte “ OFFESA “ Sig.ri SEMPRONIO E COMPANY sotto giuramento hanno TESTUALMENTE dichiarato di :
1- “ non aver visto “ alcun bastone nelle mani di Gianni Di Mucci !
2- “ non aver assolutamente ASSISTITO “ ad alcun danneggiamento da parte di Gianni Di Mucci nei confronti dell’autovettura della Sig.ra CAIO !

TERZA ED ULTIMA UDIENZA PRESSO IL TRIBUNALE
nella mia deposizione del 31-3-2010 resa dinanzi al Giudice ho argomentato con risposte alle sole domande del mio avvocato di fiducia (il Pubblico Ministero si E’ ASTENUTO dal rivolgermi ALCUNA domanda in merito ). Il mio legale dopo aver ancora una volta ribadito la mia “ TOTALE ESTRANEITA’ “al reato contestatomi ne esponeva la seguente motivazione :
1- il Sig. Giovanni Di Mucci non è stato visto dalla " SIGNORA CAIO " DANNEGGIARE LA SUA AUTOVETTURA ; RIFERISCE SOLAMENTE CIO’ CHE LE ERA STATO RIFERITO DA SEMPRONIO è COMPANYl ;
2- i SIGG. ri SEMPRONIO e COMPANY hanno GIURATO DI :
- NON AVER VISTO ALCUN BASTONE NELLE MANI DEL SIG. GIOVANNI DI MUCCI ;
- NON AVER ASSOLUTAMENTE VISTO IL SIG. GIOVANNI DI MUCCI DANEGGIARE L’AUTOVETTURA DELLA "SIGNORA CAIO ".

IL “ GIUDICE “ dopo essersi riunito in camera di consiglio mi ha : CONDANNATO ad UN MESE di RECLUSIONE con pena tradotta in PENA PECUNIARIA .!
Siamo in attesa di conoscerne le motivazioni !
CON OSSERVANZA.

Oggetto : procedimento penale N° xxxx R.G. a carico di Di Mucci Giovanni, conclusosi il 31-3-2010.
Mi preme sottolineare che nella esposizione dei fatti , rapportati solamente a titolo puramente informativo e null'altro, relativi a quanto in oggetto mi attengo : “ SCRUPOLOSAMENTE “ ai verbali delle udienze tenutesi presso il TRIBUNALE astenendomi da qualsiasi commento !

IMPUTATO : GIOVANNI DI MUCCI .
REATO ADDEBBITATOMI : danneggiamento di un’autovettura!

PARTE LESA : CAIO...
Informazioni di contatto
E-mail:gianni-d@hotmail.it
Posizione geografica: Mario Calascibetta, 6
Notizie recenti: IMPUTATO condannato in PRIMO GRADO !

INFO : 328-7560059 wind ! 0881- 740720 fisso !

Fonte: http://www.facebook.com/photo.php?pid=30600198&o=all&op=1&view=all&subj=182569801582&aid=-1&id=1239211685&fbid=1248243206406

 
MariaRosaDeHellagenDate: Venerdì, 23/04/2010, 17:02 | Message # 37
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"GIUSTIZIA SARA' FATTA", AUTORE SCONOSCIUTO, diffuso in rete

SPERATE CHE IO ABBIA GIUSTIZIA
SPERATE E SUPPLICATE DI ESSERE CONDANNATI
SPERATE CHE QUALCUNO FACCIA IN MODO DI FARMI PASSARE PER MATTO
SPERATE CHE QUALCUNO MI TOLGA DI MEZZO
SPERATE CHE QUALCUNO MI TOLGA DI MEZZO FACENDOLO PASSARE PER SUICIDIO
SPERATE IN QUALCHE GRAZIA DIVINA
PERCHE'
NEL CASO IN CUI NON ACCADA UNA DELLE OPZIONI SOPRA STANTE
SPERATE DI TROVARE UN BUCO SULLA TERRA DOVE NASCONDERVI
MI FARO' 30 ANNI A VOSTRE SPESE IN QUANTO MI AVETE TOLTO TUTTO
SEMPRE CHE QUALCUNO RIUSCIRA' A CONDANNARMI
SEMPRE CHE QUALCUNO RIUSCIRA' A TROVARVI
NON MI FARO' DEL MALE DALLA DISPERAZIONE
FARO' DEL MALE A CHI MI HA FATTO DEL MALE
QUANDO FINISCE IL TEMPO PER IL QUALE LA GIUSTIZIA DOVREBBE FARE IL SUO CORSO
INIZIA IL TEMPO PER IL QUALE GIUSTIZIA SARA' FATTA ARBITRARIAMENTE
POI NON DITE "POVERINO E' PAZZO O DISPERATO"
SEMPRE CHE SI RIESCA A PROVARE L'AUTORE DEL GESTO
DALLA GIUSTIZIA SONO TRATTATO DA ANIMALE E SE GIUSTIZIA NON SARA' FATTA
L'ANIMALE SI FARA' GIUSTIZIA (LA DIFESA SARA' PARI ALL'OFFESA)
MI TRATTATE DA FANTASMA E UN FANTASMA FARA' GIUSTIZIA PER ME
MI TRATTERETE DA PAZZO E UN PAZZO FARA' GIUSTIZIA PER ME
SE NON AVRO' GIUSTIZIA CON LE BUONE MANIERE
CI SARA' GIUSTIZIA CON LE CATTIVE MANIERE
IN UN MODO O IN UN ALTRA AVRO' GIUSTIZIA
IL TEMPO PASSA E PENSATE DI LOGORARMI LA VITA CON L'INDIFFERENZA
PERSANDO CHE MI FACCIA PRENDERE DALLA DEPRESSIONE E DALLA DISPERAZIONE PER NON AVER NULLA E PER NON POTER DAR NULLA ALLA MIA FAMIGLIA
INVECE CIO' MI RENDE PIU' FORTE E RABBIOSO MA ESSENDO SEMPRE CALMO E LUCIDO
PENSATE A UN CINGHIALE IN UN ANGOLO SENZA VIA D'USCITA E CON IL CACCIATORE CHE GLI PUNTA UN FUCILE ADDOSSO
NEL MOMENTO IN CUI IL TEMPO CESSERA' PER AVERE GIUSTIZIA PENSATE AL CINGHIALE
E ALLORA CI SARANNO 2 OPZIONI
O IO O VOI
INIZIATE A CARICARE IL FUCILE E NON FATEVI TROVARE IMPREPARATI
AL CINGHIALE NON PIACE COLPIRE ALLE SPALLE
SI SENTIREBBE SENZA PALLE
VI FAREBBE GIRARE VI GUARDEREBBE NEGLI OCCHI SENTIREBBE LA PUZZA DELLE VOSTRE FECI
E VI LASCEREBBE NELLA MERDA SENZA NEANCHE TOCCARVI IN QUANTO GLI FATE SCHIFO E VI FAREBBE MARCIRE NELLA MERDA ASPETTANDO CHE LENTAMENTE LA MERDA SI UNISCA A VOI DIVENTANDO UN TUTT'UNO E ALLA FINE SI SCUSEREBBE CON LA MERDA PER AVERLA MESSA A CONTATTO CON VOI.

 
MariaRosaDeHellagenDate: Mercoledì, 28/04/2010, 18:25 | Message # 38
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Video

IN ALCUNE ZONE DEL SUD ITALIA VIGE UN CODICE CIVILE E PENALE DIVERSO CHE ALTROVE - l'ha annunciato il Ministro Calderoli, il 25 aprile 2010, ai giornalisti de "Il Mattino"

http://www.youtube.com/watch?v=VA-Ubs9zkX4

 
MariaRosaDeHellagenDate: Sabato, 01/05/2010, 03:29 | Message # 39
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La fonte: http://www.controtuttelemafie.it/testimonianze%20ingiustiziopoli.htm

NIENTE RISARCIMENTO PER L'INGIUSTA IMPUTAZIONE

La Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione (Sent. 13 marzo 2008 n. 11251/08) ha stabilito che non ha diritto al risarcimento dei danni il cittadino che è stato ingiustamente imputato poi assolto.
I Giudici del Palazzaccio hanno infatti precisato che "in tema di danni provocati dall'attività giudiziaria, l'ordinamento vigente prevede la riparazione del danno, patrimoniale e non patrimoniale, patito per: a) custodia cautelare ingiusta (art. 314 c.p.p.); b) irragionevole durata del processo (legge 24.3.2001 n. 89, c.d. legge Pinto); c) condanna ingiusta accertata in sede di revisione, ovverosia errore giudiziario (art. 643 c.p.p.)". Aggiunge poi la Corte che "non prevede invece alcun indennizzo per una imputazione ingiusta, cioè per una imputazione rivelatasi infondata a seguito di sentenza di assoluzione. Così come ovviamente non consente di duplicare, in sedi processuali diverse, la riparazione dello stesso danno".

(IN)GIUSTIZIA: 4 MILIONI E MEZZO GLI ITALIANI VITTIME DI ERRORI GIUDIZIARI

EURISPES: 4 MILIONI E MEZZO DI ITALIANI VITTIME DI ERRORI GIUDIZIARI NEGLI ULTIMI 50 ANNI

Secondo un calcolo compiuto dall’Eurispes nell’arco degli ultimi cinquant’anni sarebbero 4 milioni gli italiani vittime di svarioni giudiziari: dichiarati colpevoli, arrestati e solo dopo un tempo più o meno lungo, rilasciati perché innocenti. Un dato che al ministero dl Giustizia non confermano, e che è stato ricavato da un’analisi delle sentenze e delle scarcerazioni per ingiusta detenzione nel corso di cinque decenni.

Dal dopoguerra al 2003 quattro milioni di persone sono state vittime di errori giudiziari o ingiusta detenzione o prosciolti perché il fatto non sussiste. Questo enorme numero è già vicino ai quattro milioni e mezzo, se esteso al tempo odierno. Per quantità si tratta dell’intera popolazione di Toscana e Umbria assieme. Ci si arriva con un’interpretazione ampia ma corretta di "errore giudiziario", che in senso stretto si verifica quando, dopo i tre gradi di giudizio, un condannato viene riconosciuto innocente in seguito a un nuovo processo, detto di revisione.

Sui giornali si parla di storie di uomini detenuti per molti anni ma innocenti. Gente del sud, dove l’errore giudiziario è più frequente del doppio rispetto al resto d’Italia (statistica evinta dai risarcimenti, riconosciuti nel 54% dei casi da giudici delle procure del Meridione). Ma la macchina della giustizia s’inceppa a ogni curva della penisola: i dati "freschi" dell’ultimo rapporto Eurispes sul processo penale diagnosticano una crisi strutturale del sistema: il 75% dei procedimenti fissati per il dibattimento vengono rinviati. Così si dilata il tempo d’attesa per la giustizia, producendo un altro pericolo per la tenuta dello Stato di diritto: in carcere abitano più presunti innocenti che detenuti condannati con pena definitiva. Per la Costituzione, la presunzione d’innocenza accompagna l’imputato fino alla sentenza definitiva.

Secondo un rapporto del ministero della Giustizia, su 53 mila detenuti complessivi 16.740 sono in attesa del primo giudizio, 9.600 dell’appello, 3.200 del giudizio della Cassazione: il totale di questa popolazione carceraria "sospesa" è assai maggiore dei 22 mila detenuti perché condannati in via definitiva. "Quando si è chiusi dentro per cose che non hai mai fatto, il tempo ti mangia lo stomaco. Provi a fare una vita normale, ma ci vuole forza. Sai di essere innocente, e aspetti convinto che prima o poi qualcosa accada".

Dal ‘92 c’è la possibilità per gli innocenti ritenuti colpevoli e poi rimessi in libertà, di chiedere e ottenere un risarcimento per ingiusta detenzione. Ogni tanto lo Stato paga: il ministero dell’Economia conteggia in 213 milioni di euro i soldi sborsati nel periodo 2004-2007 per risarcire le vittime di errore giudiziario e per custodia cautelare ingiusta (il grosso del malloppo). I risarciti sono 3.600: il 90% italiani, il 10% stranieri, perché si difende chi può.

L’uomo innocente ha una speranza da coltivare, che il tempo consuma giorno dopo giorno come il moccolo di una candela. E se la storia dell'errore giudiziario potrà essere risarcita in sede civile, questo finale è vietato a chi è ingiustamente incolpato e poi prosciolto. Nel nostro ordinamento non esiste una norma che "indennizza l’ingiusta imputazione. Al contrario andrà risarcito chi è stato detenuto per errore, anche nel caso di custodia cautelare". Lo ha confermato la sentenza della Cassazione del 13 marzo 2008, sollecitata dalla richiesta di risarcimento di un professionista accusato di bancarotta fraudolenta e poi assolto. Nel "giro" si seppe dell’incriminazione, e gli affari del tizio andarono in malora.

Fonte: L’Unità, 5 gennaio 2009

http://www.giustiziagiusta.info/index.php?option=com_content&task=view&id=2771&Itemid=29

http://www.ristretti.it/areestudio/giuridici/studi/eurispes.htm

 
MariaRosaDeHellagenDate: Sabato, 01/05/2010, 03:34 | Message # 40
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La fonte: http://www.controtuttelemafie.it/testimonianze%20magistropoli.htm

MAGISTROPOLI IN ITALIA

Giorgio Napolitano il 27 aprile 2010 parla da garante dell'autonomia e indipendenza della magistratura, nella sua doppia veste di presidente della Repubblica e del Csm, evidenziando nel suo intervento tutti gli abusi e le omissioni di un apparato elevato a casta impunita, composto, però, da semplici funzionari dello Stato: «La magistratura non può sottrarsi a una seria riflessione critica su se stessa, ma deve proporsi le necessarie autocorrezioni, rifuggendo da visioni autoreferenziali. Non vanno assecondate chiusure corporative, dissimulate insufficienze professionali, tollerati casi di inerzia o cattiva conduzione degli uffici. Fare attenzione a non cedere a esposizioni mediatiche o a sentirsi investiti di missioni improprie ed esorbitanti oppure a indulgere ad atteggiamenti impropriamente protagonistici e personalistici, che possono offuscare e mettere in discussione l'imparzialità dei singoli magistrati, dell'ufficio giudiziario cui appartengono, della magistratura in generale».

I Papponi in Toga. L’appetito dell’ultracasta. I giudici del CSM sono 27 e ci costavano 29 milioni di euro l’anno. Ne hanno chiesti al governo 35 milioni. Far tintinnare le manette conviene, così da un’inchiesta di “Libero”.

L’unico a tirare la cinghia è il suo presidente, Giorgio Napolitano, che per la prima volta nella storia ha ridotto la spesa per il Quirinale. L’esempio del Capo dello Stato non ha contagiato però Nicola Mancino e i giudici che lo affiancano nell’organo di autogoverno della magistratura. Non hanno alcuna intenzione di mettersi a dieta, anzi. Dopo avere sfondato già nel 2008 e nel 2009 le previsioni di spesa costringendo il Tesoro a mettere una pezza da due milioni di euro, ora mettono le mani avanti chiedendo al Governo ben 35,3 milioni di euro contro i 28,6 previsti nel bilancio pubblico.

La cifra poi lieviterebbe di un altro milione e mezzo nel biennio successivo e sarebbe davvero difficile spiegare perché tutte le amministrazioni dello Stato debbono contrarre la spesa pubblica e i giudici no. Anche se raramente una richiesta che arriva dalle toghe viene cestinata da chi la riceve. Un po’ come ha raccontato l’ex democristiano (poi passato al Pdl), Giuseppe Gargani in un suo libro ricordando l’approvazione parlamentare delle due leggi del 1966 e del 1973 che stabilivano gli scatti automatici di carriera e di portafoglio dei magistrati: «Molti di noi, tra i quali Francesco Cossiga, erano contrari agli automatismi. Fummo convocati dal capogruppo Flaminio Piccoli che, furioso, ci disse: “Se questa legge non passa, quelli ci arrestano tutti”. E la legge passò». Il costo del Csm riguarda un numero assai più ristretto di magistrati: quelli eletti in consiglio e quelli segretari contabili, ma anche lì la politica non si è mai permessa brutti scherzi. Anche il rigidissimo ministero del Tesoro, poi divenuto ministero dell’Economia, ha chiuso spesso almeno un occhio sui bilanci del Csm, che quasi mai hanno rispettato le previsioni iniziali, sfondando ogni capitolo di spesa, compreso quello tenuto in assai considerazione degli stipendi dei magistrati lì eletti.

È accaduto anche con il documento contabile ufficiale: quello relativo al 2008 e pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il 14 ottobre 2009. Nicola Mancino & c avevano in budget 5,9 milioni di euro alla voce “spese per compensi e altri assegni ai componenti del Csm”, e cioè le sole indennità e rimborsi spese per i membri togati e non togati del consiglio superiore.
Quel tetto di spesa è stato sfondato di 318.776 euro, e a consuntivo se ne sono pagati 6 milioni e 272 mila euro. Cifra assai simile a quella che spende l’organo di autogoverno della magistratura per la formazione delle toghe. Una voce fra le meno sondate e che porta a pagare le spese di convegni come quello che sui processi in tv (con gettoni di presenza essenziali pagati a Giovanni Floris o Aldo Grasso) o come quello con protagonisti non troppo diversi (di scena ancora Floris) su come tenere riservate le indagini durante l’istruttoria: sono sicuramente i giornalisti gli esperti della materia.


http://www.libero-news.it/news/384141/I_papponi_in_toga.html

 
MariaRosaDeHellagenDate: Sabato, 01/05/2010, 03:36 | Message # 41
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EXIT - LA CASTA DEI MAGISTRATI

http://www.youtube.com/watch?v=OQQDM6ksoVM&feature=player_embedded

 
dibattitopubblDate: Sabato, 29/05/2010, 01:49 | Message # 42
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LETTERA AL CSM DI UN MAGISTRATO CORAGGIOSO

Da: http://www.lavocedirobinhood.it/Articolo.asp?id=172&titolo=LETTERA%20AL%20CSM%20DI%20UN%20MAGISTRATO%20CORAGGIOSO ( http://www.lavocedirobinhood.it/Articolo.asp?id=172&titolo=LETTERA%20AL%20CSM%20DI%20UN%20MAGISTRATO%20CORAGGIOSO )

di Gabriella Nuzzi (Magistrato)

Quale il "sistema" di cui si sente così orgogliosamente rappresentante e garante.

Un "sistema" che non è in grado di assicurare l'osservanza minima delle regole del vivere civile, l'applicazione e l'esecuzione delle pene?

Un "sistema" in cui vana è resa anche l'affermazione giurisdizionale dei fondamentali diritti dell'essere umano; ove le istanze dei più deboli sono oppresse e calpestato il dolore di chi ancora piange le vittime di sangue?

Un "sistema" in cui l'impegno e il sacrificio silente dei singoli è schiacciato dal peso di una macchina infernale, dagli ingranaggi vetusti ed ormai irrimediabilmente inceppati?

Un "sistema" asservito agli interessi del potere, nel quale è più conveniente rinchiudere la verità in polverosi cassetti e continuare a costellare la carriera di brillanti successi?

Mi dica, Signor Presidente, quali sarebbero gli anticorpi che esso è in grado di generare? Punizioni esemplari a chi è ligio e coraggioso e impunità a chi palesemente delinque?

E quali i virus?

E mi spieghi, ancora, quale sarebbe "il modello di magistrato adeguato al ruolo costituzionale e alla rilevanza degli interessi coinvolti dall'esercizio della giurisdizione" che l'Associazione intenderebbe promuovere?

Ora, il "sistema" che io vedo non è affatto in grado di saper funzionare.

Al contrario, esso è malato, moribondo, affetto da un cancro incurabile, che lo condurrà inesorabilmente alla morte.

E io non voglio farne parte, perché sono viva e voglio costruire qualcosa di buono per i nostri figli.

Ho giurato fedeltà al solo Ordine Giudiziario e allo Stato della Repubblica Italiana.

La repentina violenza con la quale, in risposta ad un gradimento politico, si è sommariamente decisa la privazione delle funzioni inquirenti e l'allontanamento da inchieste in pieno svolgimento nei confronti di Magistrati che hanno solo adempiuto ai propri doveri, rende, francamente, assai sconcertanti i vostri stanchi e vuoti proclami, ormai recitati solo a voi stessi, come in uno specchio spaccato.

Mentre siete distratti dalla visione di qualche accattivante miraggio, faccio un fischio e vi dico che qui sono in gioco i principi dell'autonomia e dell'indipendenza della Giurisdizione.

Non gli orticelli privati.

Non vale mai la pena calpestare e lasciar calpestare la dignità degli esseri umani.

Per quanto mi riguarda, so che saprò adempiere con la stessa forza, onestà e professionalità anche funzioni diverse da quelle che mi sono state ingiustamente strappate, nel rispetto assoluto, come sempre, dei principi costituzionali, primo tra tutti quello per cui la Legge deve essere eguale per deboli e potenti.

So di avere accanto le coscienze forti e pure di chi ancora oggi, nonostante tutto, crede e combatte quotidianamente per l'affermazione della legalità.

Ed è per essa che continuerò sempre ad amare ed onorare profondamente questo lavoro.

Signor Presidente, continui a rappresentare se stesso e questa Associazione.

Io preferisco rappresentarmi da sola.

Dott.ssa Gabriella NUZZI (Magistrato)

Riflessioni tecniche sull'ordinanza cautelare del C.S.M.
nei confronti dei magistrati di Salerno

di Giuliano Castiglia (Giudice del Tribunale di Termini Imerese)

Da circa tre settimane conosciamo le motivazioni dell'ordinanza del 19 gennaio (data della pronuncia) - 4 febbraio (data del deposito) 2009 con la quale la Sezione disciplinare del C.S.M. ha cautelativamente sospeso dalle funzioni il Procuratore della Repubblica di Salerno Luigi Apicella e trasferito ad altra sede i sostituti procuratori di Salerno Nuzzi e Verasani, il Procuratore generale di Catanzaro Iannelli e il sostituto procuratore generale di Catanzaro Garbati, rigettando le domande di trasferimento di altri due magistrati catanzaresi.

Personalmente, sin dall'inizio, le iniziative che organi istituzionali e la stessa magistratura associata hanno intrapreso nei confronti dei magistrati di Salerno protagonisti di quella che si è voluta far passare come guerra tra le Procure di Salerno e Catanzaro non mi hanno affatto convinto per tante ragioni.

Ho atteso la motivazione dell'ordinanza del 19 gennaio 2009 per verificare se qualcosa mi sfuggisse ma devo dire che essa, lungi dal dissipare dubbi e timori, li ha acuiti.

E ciò per il semplice motivo che, a mio avviso, sul piano strettamente tecnico, tanto con riferimento all'approccio generale che ai singoli passaggi logici in cui si snoda, detta motivazione si presenta tutt'altro che convincente.

Non è mia intenzione santificare i pubblici ministeri di Salerno.

Anzi, dico subito questo: il famoso atto di più di 1400 pagine è stato redatto secondo una tecnica che a me non piace affatto; di più, ho la netta impressione che alcuni passaggi dell'atto risultino oggettivamente causa di ingiusto danno per alcuni dei soggetti che, pur apparendo del tutto estranei al procedimento, ivi sono stati, anche indirettamente e/o non espressamente, tirati in ballo.

A mio avviso, però, il problema che tutti, a partire dalla Sezione disciplinare una volta investita della questione, avrebbero dovuto porsi non era questo.

Non è compito del C.S.M. sindacare la tecnica di redazione e la congruità e pertinenza della motivazione dei provvedimenti giudiziari mentre i terzi ingiustamente danneggiati da tali provvedimenti possono attivare le previste forme di tutela giurisdizionale e, se lesione di diritti effettivamente c'è stata, ottenerne il dovuto riconoscimento.

In ogni caso, ora che è intervenuta la decisione del C.S.M., l'interrogativo che dobbiamo porci è se il comportamento tenuto dai pubblici ministeri salernitani, in un sistema ormai formalmente fondato sulla tipicità dell'illecito disciplinare dei magistrati, integra o meno una delle fattispecie di illecito espressamente previste e se c'erano i presupposti per l'adozione dei provvedimenti cautelari che sono stati adottati; dobbiamo chiederci, ancor prima, se il procedimento seguito dalla Sezione disciplinare per pervenire alle decisioni adottate sia stato rispettoso delle garanzie che l'ordinamento riconosce a chi è coinvolto in una causa e, in particolare, ai magistrati sottoposti a giudizio disciplinare.

A mio avviso, l'iter procedimentale seguito dalla Sezione disciplinare; l'approccio generale dalla stessa adottato rispetto all'accertamento della sussistenza - sia pure a livello proprio della fase cautelare - delle violazioni oggetto dell'incolpazione, tutto incentrato sul carattere eclatante dei fatti giudicati e disattento al profilo della loro riconducibilità alle fattispecie di illecito disciplinare tipicamente previste dalla legge; il costante vaglio di pertinenza dei dati inseriti nel corpo motivazionale; e, infine, le specifiche conclusioni alle quali la Sezione è pervenuta, sollevano diverse e gravi perplessità.

Tali perplessità, oltre a fare seriamente dubitare della regolarità della procedura seguita nel caso di specie e della giustezza delle decisioni adottate, suscitano più generali preoccupanti considerazioni; da un lato, sul rischio di indebite interferenze del giudice disciplinare sul merito delle iniziative e dei provvedimenti giudiziari e, dall'altro, sul deficit di garanzie di cui oggi di fatto dispone il magistrato sottoposto al giudizio disciplinare.

Pur avendo in questi giorni riflettuto sui diversi aspetti sopra menzionati, qui sono in grado di proporre, grazie anche ad una fastidiosa influenza che da vari giorni mi costringe a casa, considerazioni che riguardano solo l'aspetto procedurale e, in particolare, le due questioni della ricusazione e della pubblicità dell'udienza.

Mi riservo, lavoro e famiglia permettendo, di tornare in un futuro non troppo lontano sugli altri aspetti della vicenda.

RICUSAZIONE

Un momento significativo dell'iter procedimentale che ha preceduto la decisione di merito del 19.1.2009, è rappresentato dal provvedimento del 10.1.2009 con il quale è stata rigettata la ricusazione avanzata dal dr Apicella nei confronti di alcuni componenti della Sezione disciplinare del C.S.M., sia effettivi che supplenti.

Su tale istanza si è pronunciato un Collegio in composizione diversa da quello chiamato a decidere sul merito.

Peraltro, da quanto ho letto, non è chiaro, a parte Presidente e Relatore, da chi questo secondo Collegio fosse composto. Ricordo, in proposito, che l'art. 6 comma 5 della legge n. 195 del 1958, prevede che "sulla ricusazione di un componente della sezione disciplinare, decide la stessa sezione, previa sostituzione del componente ricusato con il supplente corrispondente".

Per comodità indicherò il Collegio che ha deciso sull'istanza di ricusazione come Collegio B, in contrapposizione al Collegio che poi, con l'ordinanza del 19.1.2009, ha deciso sul merito e che indicherò come Collegio A.

Per tutti i ricusati l'istanza era fondata ai sensi dell'art. 36 lett. c) del codice di procedura penale e, per alcuni, anche ai sensi dell'art. 36 lett. a) del codice.

Il Collegio cool affronta separatamente i due profili di ricusazione e li ritiene entrambi manifestamente infondati.

Ogni addetto ai lavori sa che l'art. 36 lett. a) c.p.p. prevede l'obbligo di astensione del giudice - con la correlativa facoltà delle parti di ricusarlo prevista dall'art. 37 c.p.p. - che abbia interesse nel procedimento.

E sa anche che da sempre si ritiene che, tra l'altro, sussista un interesse nel procedimento quando:

- il giudice si presenti come danneggiato dal comportamento che è chiamato a valutare;

- dall'esito del procedimento il giudice possa ricavare un vantaggio, anche solo di natura morale.

Il provvedimento del 10.1.2009 esclude che nel caso di cui ci occupiamo ricorresse una di queste due ipotesi.

Bene, l'affermazione che i componenti ricusati non potessero essere considerati danneggiati dal comportamento sottoposto al loro giudizio è supportata esclusivamente dalla seguente affermazione: i ricusati non "potrebbero essere qualificati come danneggiati dal comportamento contestato che non costituisce reato, ma un illecito amministrativo".

Ora, poiché dobbiamo escludere che siamo di fronte ad una frase buttata lì tanto perché qualcosa doveva pure essere scritta, dobbiamo sforzarci di dare un senso a tale affermazione.

E l'unico senso possibile senso è il seguente: i componenti della Sezione disciplinare ricusati dal dr Apicella non possono essere qualificati come danneggiati dal comportamento contestato perché soltanto i comportamenti costituenti reato possono danneggiare qualcuno e qui, invece, siamo di fronte non ad un reato ma ad un semplice illecito amministrativo.

Così intesa, nell'unico modo possibile, è palese che siamo di fronte ad una affermazione totalmente infondata e dalle implicazioni paradossali.

Non è affatto vero, infatti, che solo i reati producono danno. E non credo valga la pena, sul punto, di insistere ulteriormente, bastando rimandare ad una lettura degli artt. 2043 e 2059 del codice civile.

In altri termini, è "arcipacifico" che possono essere causa di danno comportamenti non costituenti reato come gli illeciti civili, gli illeciti amministrativi o, addirittura, comportamenti del tutto leciti.

Che poi, se quanto affermato dal Collegio B fosse vero, non si spiegherebbe come il Collegio A della stessa Sezione disciplinare, con l'ordinanza del 19.1.2009, abbia potuto ritenere il comportamento dei magistrati di Salerno causa di danno nei confronti di un numero assai significativo di soggetti; a meno che il Collegio A non abbia in cuor suo già accertato, contrariamente a quanto affermato dal Collegio B per rigettare la ricusazione, che detto comportamento è reato.

L'altro profilo della ricusazione ai sensi della lett. a) dell'art. 36 c.p.p., attinente al possibile vantaggio dei ricusati dall'esito del procedimento, era collegato al fatto che una delle accuse (Capo D) mosse ai magistrati di Salerno, tra cui il ricusante, era quella di avere "fatto propria, nella motivazione del decreto di perquisizione de quo, una congerie di impressioni soggettive, di accuse allusive e di giudizi sostanzialmente denigratori riguardo a decisioni giurisdizionali già assunte dalla Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura".

Nell'ottica del ricusante, dunque, il ragionamento era questo: siccome ciò di cui sono accusato è ritenuto denigratorio, tra gli altri, dei componenti della Sezione disciplinare del C.S.M. che hanno deciso il trasferimento del dr De Magistris, una decisione che qualificasse come violazione disciplinare la mia condotta recherebbe un evidente vantaggio, almeno sul piano morale, a tali componenti della Sezione disciplinare; pertanto, i componenti della Sezione disciplinare che hanno deciso il trasferimento del dr. De Magistris, chiamati ora a decidere sulla mia condotta asseritamente denigratoria della loro decisione, devono astenersi; e siccome non si astengono, li ricuso.

Ebbene, l'argomentazione utilizzata dal Collegio B per ritenere manifestamente infondata, anche sotto questo profilo, l'istanza di ricusazione è questa e soltanto questa: "è ben vero che in detto capo di incolpazione si afferma che i pubblici ministeri di Salerno "hanno fatto propri" giudizi formulati dal dr De Magistris nei confronti di una pluralità di magistrati che si sono occupati delle sue vicende, ma tale affermazione è da intendersi nel senso che detti pubblici ministeri hanno ritenuto rilevante la esposizione di tali rilievi e non anche che ne hanno ritenuto la fondatezza (ché, altrimenti, anche per i giudici disciplinari avrebbero provveduto ad iniziative processuali analoghe a quelle adottate nei confronti di altri magistrati)".

Che dire? A me risulta davvero difficile cogliere la razionalità dell'affermazione appena riportata.

Dunque, i pubblici ministeri di Salerno avrebbero ritenuto rilevante quanto detto dal dr. De Magistris e l'avrebbero riportato nel decreto ma non l'avrebbero ritenuto fondato.

In sostanza, quindi, si dice che i pubblici ministeri di Salerno non hanno creduto al dr. De Magistris.

Questo non solo in assenza di ogni elemento significativo in tal senso ma addirittura in un contesto che lascia supporre l'esatto contrario.

"Ché, altrimenti - dice però il Collegio B -, anche per i giudici disciplinari avrebbero provveduto ad iniziative processuali analoghe a quelle adottate nei confronti di altri magistrati".

Insomma, sembrerebbe che qui si dica che i pubblici ministeri salernitani non hanno creduto al dr De Magistris perché altrimenti avrebbero iscritto nel registro delle notizie di reato anche i componenti delle Sezione disciplinare del C.S.M., avrebbero ordinato perquisizioni nei loro uffici di Palazzo dei Marescialli e nelle loro abitazioni e avrebbero sequestrato gli atti del procedimento disciplinare nei confronti di De Magistris. Ma vi pare?

Invero in quell'affermazione si torna alla visione "panpenalistica" delle relazioni umane per cui denigrare qualcuno implica ritenerlo responsabile di reati.

E in quest'ottica, ovviamente, pare che un magistrato soggetto a procedimento disciplinare potrà pretendere l'astensione di un componente della Sezione disciplinare solo quando la contestazione ha ad oggetto l'adozione di un atto giudiziario in diretto pregiudizio di quel componente, da una perquisizione a salire.

Per completare il quadro della precarietà assoluta dell'argomentazione utilizzata in questo caso dal Collegio B, si deve ancora aggiungere che se si leggono le pagine da 43 a 47 dell'ordinanza del 19.1.2009 con la quale il Collegio A ha cautelativamente sospeso Apicella e trasferito Verasani e Nuzzi, della sottile distinzione tra il "fare proprio" ed il "ritenere rilevante" non c'è più traccia e, in buona sostanza, il comportamento dei tre viene ritenuto gravemente scorretto per avere recepito, facendole proprie, le dichiarazioni di De Magistris.

L'altra ragione posta a fondamento della dichiarazione di ricusazione era quella fondata sulla lett. c) dell'art. 36 c.p.p..

Tale disposizione prevede che "il giudice ha l'obbligo di astenersi - e può quindi essere ricusato - se ha manifestato il suo parere sull'oggetto del procedimento fuori dell'esercizio delle funzioni giudiziarie".

E' un dato di fatto che risulta dalla stessa ordinanza del 19.1.2009 che alcuni componenti della Sezione disciplinare chiamata a decidere si erano già pronunciati sui comportamenti oggetto delle incolpazioni nella procedura amministrativa volta al trasferimento per incompatibilità ambientale in seno alla Prima Commissione del C.S.M..

L'ottica del ricusante era dunque la seguente: siccome vi siete occupati del caso nell'esercizio di funzioni amministrative, non ve ne potete ora occupare in sede di giurisdizione disciplinare; e siccome non vi astenete, vi ricuso.

Il Collegio B ha risposto in questo modo: "di tutta evidenza è altresì la manifesta infondatezza dell'ulteriore motivo di ricusazione dedotto ai sensi dell'art. 36, comma primo, lett. c, c.p.p.".

Le ragioni di tale risposta si esauriscono nelle due seguenti affermazioni:

- "Difatti occorre tener conto della natura giurisdizionale e non amministrativa della sezione disciplinare, la quale viene costituita sulla base di criteri predeterminati fissati direttamente dalla legge".

- "Inoltre è la stessa Costituzione che, all'art. 105, prevede per i componenti del C.S.M. la possibilità di cumulare le funzioni amministrative con quelle giurisdizionali anche con riferimento allo stesso fatto ed allo stesso magistrato".

Va subito detto che la seconda delle due affermazioni, come tutti possono apprezzare leggendo l'art. 105 Cost., è totalmente infondata.

L'art. 105 Cost. neppure prevede una giurisdizione del CSM, limitandosi a prevedere tra le competenze dell'organo di autogoverno l'adozione dei provvedimenti (non delle sentenze) disciplinari nei riguardi dei magistrati.

La creazione del CSM come giudice disciplinare è opera della legge ordinaria.

Mi sia consentita, a questo proposito, una breve digressione. Non credo sia necessario essere un costituzionalista per intendere il senso delle parole "spettano al CSM, secondo le norme dell'ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni ed i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati" (art. 105 Cost.).

A me pare indubitabile che l'art. 105 Cost. faccia riferimento ad un CSM come organo di amministrazione al quale, in quanto tale, naturalmente competono le assunzioni, le assegnazioni ed i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati.

La riserva costituzionale al CSM di tali attribuzioni, ovviamente, nell'ottica del legislatore costituente, era finalizzata ad evitare che al legislatore ordinario potesse venire in mente di assegnare detti compiti al Ministro della Giustizia.

Ora, se quanto ho detto è corretto, è inevitabile dubitare della legittimità costituzionale dell'assetto normativo predisposto dal legislatore ordinario già nella misura in cui fa del CSM il giudice disciplinare dei magistrati e, inoltre, del modo in cui lo fa.

A me pare evidente il contrasto di tale assetto normativo, tra l'altro, con l'art. 102 Cost., che fa divieto di istituire giudici speciali, e con l'art. 24 Cost., che riconosce a tutti il diritto di agire in giudizio a tutela dei propri diritti ed interessi legittimi.

Ma, se si raffronta la condizione dei magistrati a quella di tutti gli altri pubblici impiegati, evidente mi pare anche la violazione dell'art. 3 Cost.

Ed invero, con il sistema attuale, la situazione dei magistrati risulta all'evidenza assai meno garantita rispetto a quella di tutti gli altri pubblici impiegati.

Tra costoro, infatti, quelli non contrattualizzati, di fronte a provvedimenti disciplinari adottati dall'amministrazione di appartenenza, possono ricorrere al T.A.R.. e poi, se del caso, al Consiglio di Stato; sia T.A.R. che C.d.S. sono giudici anche del fatto.

In questi casi, quindi, l'interessato dispone di due istanze giurisdizionali che valutano la fondatezza in fatto del provvedimento adottato dall'amministrazione di appartenenza.

La situazione dei pubblici impiegati non contrattualizzati è ancora più garantita.

Di fronte al provvedimento disciplinare, infatti, possono ricorrere al Tribunale; poi, se del caso, alla Corte di Appello; e possono infine adire, per motivi di legittimità, la Corte di cassazione.

I magistrati, invece, sono giudicati dalla Sezione disciplinare del C.S.M. e, a fronte di tale decisione, se sfavorevole, possono solo fare ricorso in Cassazione per motivi di legittimità.

Tornando alla decisione del Collegio B sulla ricusazione, rispetto l'affermazione secondo cui "è la stessa Costituzione che, all'art. 105, prevede per i componenti del C.S.M. la possibilità di cumulare le funzioni amministrative con quelle giurisdizionali anche con riferimento allo stesso fatto ed allo stesso magistrato", ribadisco che l'unica cosa che può dirsi è che tale affermazione ha un contenuto semplicemente non vero.

L'altro argomento addotto a sostegno della ritenuta manifesta infondatezza della ricusazione, anche ai sensi dell'art. 36 lett. c), è quello della natura giurisdizionale e non amministrativa della Sezione disciplinare e della sua costituzione sulla base di criteri fissati dalla legge.

Devo riconoscere che, nel provvedimento in esame, questo è l'unico passaggio che mi sembra sensato.

Sensato perché all'argomento in questione si attaglia il richiamo operato dal Collegio B ai precedenti delle Sezioni Unite della Corte di cassazione: "la Corte di Cassazione - si legge nel provvedimento - ha costantemente ritenuto la piena compatibilità fra le funzioni di giudice della sezione disciplinare e di quelle di componente dell'assemblea plenaria del C.S.M. e delle relative commissioni referenti, escludendo altresì qualsiasi contrasto con i principi costituzionali posti a tutela del diritto di difesa e della giurisdizione".

In effetti, l'idea che l'avere in precedenza esercitato funzioni amministrative in seno al C.S.M. sui medesimi fatti portati all'attenzione della Sezione disciplinare non imponga al componente di tale Sezione l'obbligo di astenersi risulta in linea con la giurisprudenza della Corte di Cassazione.

Basti dire, infatti, che Cass. civ., Sez. Un., n. 27172 del 2006 (Pres. Nicastro, est. Luccioli) - la più recente tra le pronunce richiamate nel provvedimento in esame - testualmente afferma: "In tema di procedimento disciplinare a carico di magistrati, la natura giurisdizionale e non amministrativa della Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura e la sua composizione secondo criteri fissati direttamente dalla legge escludono la sussistenza di ragioni di incompatibilità, e quindi di astensione, nell'ipotesi in cui siano chiamati a farne parte componenti che abbiano già espresso il loro parere sui medesimi fatti oggetto dell'incolpazione nell'esercizio dell'attività amministrativa dell'organo di autogoverno".

Sul punto, dunque, la pronuncia del Collegio B si colloca nel solco di un consolidato filone giurisprudenziale. Nondimeno l'argomento sul quale si fonda mi sembra alquanto precario.

Tutti in Italia sono soggetti ad un giudice naturale precostituito per legge.

Gli istituti dell'astensione e della ricusazione non sono incompatibili con questo principio; anzi, nella misura in cui il giudice che si è astenuto o è stato ricusato con successo, viene sostituito secondo regole anch'esse predeterminate, ne sono una diretta esplicazione, finalizzata anche a rendere effettivo un altro principio costituzionale, quello di imparzialità del giudice, da diversi anni ormai costituzionalizzato anche formalmente.

Perché mai il fatto che la composizione della sezione disciplinare sia stabilita secondo criteri fissati direttamente dalla legge dovrebbe escludere la sussistenza di ragioni di incompatibilità, e quindi di astensione, per quei componenti che si siano pronunciati sui medesimi fatti nell'esercizio dell'attività amministrativa del Consiglio?

Il nesso di consequenzialità logica tra l'essere la composizione della Sezione disciplinare stabilita secondo criteri legali e l'inesistenza di un dovere di astensione del componente che si sia occupato della medesima questione nell'esercizio delle funzioni amministrative del Consiglio, con conseguente sostanziale disapplicazione dell'art. 36 lett. c) c.p.p., davvero mi sfugge.

L'unico dato che può trarsi della legge è che non vi è incompatibilità tra il far parte della Sezione disciplinare ed il far parte di altre Commissioni del Consiglio ma da ciò non può trarsi l'ulteriore conclusione che il consigliere che si pronuncia su un fatto nell'esercizio di funzioni amministrative nell'ambito di una delle Commissioni del C.S.M. non soggiace al disposto dell'art. 36 c.p.p..

In sintesi, quindi, anche per il motivo fondato sulla lett. c) dell'art. 36 c.p.p., gli argomenti impiegati per rigettare la ricusazione si presentano per certi versi deboli e per altri totalmente infondati.

Prima di chiudere l'argomento, però, mi sembra il caso di aggiungere qualche considerazione in positivo, a sostegno della fondatezza del motivo di ricusazione.

Non credo si possa dubitare del fatto che il giudice espressosi sullo specifico oggetto della causa in veste diversa da quella di giudice della medesima causa non può essere considerato imparziale. E non per niente c'è l'art. 36 lett. c) c.p.p., della cui ragionevolezza mai nessuno ha dubitato.

Ora, la stessa Corte di Cassazione ha ripetutamente affermato il seguente principio: "A seguito della modifica dell'art. 111 della Costituzione, operata dall'art. 1 della legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2, che ha sancito in modo solenne il principio dell'imparzialità del giudice, adeguando il sistema processuale al fondamentale precetto dell'art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, l'esigenza di far decidere la controversia da un giudice imparziale non costituisce più soltanto una questione amministrativa relativa all'organizzazione degli uffici giudiziari, che dà luogo ad un procedimento incidentale definito con un provvedimento di natura ordinatoria, bensì rappresenta un diritto soggettivo della persona, non solo pieno ed assoluto, ma anche fondamentale ed insopprimibile, in quanto riconosciuto dalla Costituzione e dalla menzionata Convenzione internazionale, con riferimento a qualunque tipo di processo" (ho qui riportato la massima di Cass. civ., Sez. I, n. 4297 del 2002, ma ce ne sono diverse altre di identico tenore).

Domando, c'è una ragione per la quale questo diritto soggettivo della persona, non solo pieno ed assoluto, ma anche fondamentale ed insopprimibile non debba essere riconosciuto ai magistrati nel processo (disciplinare) a loro carico?

Può mettersi in dubbio che la risposta a tale domanda sia no, una ragione non c'è?

PUBBLICITA' DELL'UDIENZA

L'ordinanza del 19 gennaio che ha deciso per la sospensione di Apicella, per il trasferimento di Verasani, Nuzzi, Iannelli e Garbati nonché, infine, per il rigetto delle altre richieste, prima di entrare nel merito delle accuse mosse ai colleghi, affronta alcune questioni di rito presentatesi nell'iter procedurale.

L'indisponibilità degli atti rende in gran parte impossibile l'esame critico di questi aspetti della decisione.

Credo, tuttavia, che almeno la questione della pubblicità dell'udienza, tutta in diritto, si presti ad essere compiutamente valutata.

La Sezione disciplinare ha ritenuto che il principio di pubblicità dell'udienza non trova applicazione nella fase cautelare del procedimento disciplinare e che in tale fase l'udienza si deve svolgere a porte chiuse.

La mia valutazione su queste conclusioni è fortemente negativa.

L'art. 18 del d.lgs. 109 del 2006 (disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati, delle relative sanzioni e della procedura per la loro applicabilità), rubricato "discussione nel giudizio disciplinare", stabilisce al comma 2 che "l'udienza è pubblica".
Analoga disposizione non è dettata dal d.lgs. 109/06 con specifico riferimento al procedimento cautelare. Relativamente all'ipotesi di "sospensione cautelare facoltativa", l'art. 22 comma 2 si limita a prevedere che la Sezione disciplinare del C.S.M. "provvede dopo aver sentito l'interessato o dopo aver constatato la sua mancata presentazione".

Di fronte a tale corpo normativo, la Sezione disciplinare ha sposato la tesi secondo cui nel procedimento cautelare a carico di magistrati, "atteso il difetto di una previsione in tal senso nelle norme che regolano il procedimento stesso", "deve escludersi l'obbligo della pubblicità delle udienze" ed ha ritenuto che, trovando applicazione l'art. 127 c.p.p. in materia di procedimento in camera di consiglio, si applichi il comma 6 di tale articolo, il quale stabilisce che "l'udienza si svolge senza la presenza del pubblico".

La Sezione, dunque, ha dichiarato di confermare i provvedimenti adottati all'udienza camerale del 19.1.2009 "con i quali si è negata prima al dott. Apicella e poi ai dottori Verasani e Nuzzi la richiesta di pubblicità dell'udienza" (ord. 19.1-4.2/2009, pag. 12).

Ciò che mi lascia fortemente perplesso, innanzi tutto, è il modo con il quale l'ordinanza della Sezione disciplinare risolve la questione attinente all'invocato precetto dell'art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, secondo cui ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata, tra l'altro, "pubblicamente".
L'ordinanza liquida il tema dicendo che l'art. 6 C.E.D.U. non è invocabile perché la C.E.D.U., "nell'affermare l'esigenza di pubblicità del processo, pone solo un principio di comportamento per il legislatore nazionale".
Di fronte a tale affermazione si resta quasi basiti già per il fatto che risulta in radicale contrasto con i precedenti della Sezione disciplinare (già con la Sentenza 5.7.1985 la Sez. disc. affermava il principio della diretta applicabilità dell'art. 6 C.E.D.U. nel procedimento disciplinare a carico dei magistrati).
Ma si resta esterrefatti quando, nelle pagine 35 e ss. della stessa ordinanza dei 19.1-4.2/2009, si registra che la Sezione disciplinare, nel valutare la motivazione del noto provvedimento, la giudica in contrasto con l'art. 6 C.E.D.U., facendo quindi diretta applicazione - peraltro sbagliata (l'art. 6 C.E.D.U. non disciplina la motivazione dei provvedimenti giudiziari) - nell'ordinamento interno dello Stato italiano di tale articolo della Convenzione.
Con il che si registra una inspiegabile ed insanabile contraddittorietà della motivazione.
Nei passaggi motivazionali dello stesso provvedimento, infatti, l'art. 6 C.E.D.U. è considerato in un caso solo "un principio di comportamento per il legislatore" e in un altro una diretta fonte di diritti e doveri nell'ordinamento interno dello Stato.
In particolare, allorché invocato dagli incolpati quale fonte del loro diritto alla pubblicità dell'udienza, l'art. 6 C.E.D.U. viene ridotto a "principio di comportamento per il legislatore"; quando invece si tratta di valutare se la condotta degli incolpati è o meno legale l'art. 6 assurge a fonte precettiva diretta.
In ogni caso, qualche riflessione sull'argomentazione impiegata per ritenere non invocabile l'art. 6 C.E.D.U. quale fonte diretta del diritto alla pubblicità dell'udienza è opportuno svolgerla.
Dire che l'art. 6 C.E.D.U., "nell'affermare l'esigenza di pubblicità del processo, pone solo un principio di comportamento per il legislatore nazionale", è una affermazione di assoluta retroguardia.
Essa oblitera tutta l'evoluzione dottrinale e giurisprudenziale - senz'altro travagliata ma inesorabile - in materia di efficacia delle norme C.E.D.U. negli ordinamenti interni degli Stati ad essa aderenti.
Evoluzione nella quale si sono registrate tappe come, a titolo meramente esemplificativo, quella segnata da Cass. civ., Sez. I, n. 9411 del 2006, secondo la quale "il giudice italiano, chiamato ad applicare la legge, è tenuto ad interpretarla in modo conforme alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo"; o come Cass. civ., Sez. I, n. 7923 del 2005, la quale afferma che "le norme della Convenzione costituiscono fonte di diritti ed obblighi per tutti i soggetti" e, con specifico riferimento tra l'altro proprio all'art. 6, che "le disposizioni della Convenzione costituiscono norme precettive per quanto direttamente risulta dal loro contenuto"; o ancora come Cass. civ., Sez. Un., n. 28507 del 2005, la quale, nel ribadire "il principio che il fatto costitutivo" del diritto all'equa riparazione per l'irragionevole durata del processo "coincide con la violazione della norma contenuta nell'art. 6 della convenzione, di immediata rilevanza nel diritto interno", rileva come la Corte avesse già in passato "espressamente riconosciuto la natura sovraordinata alle norme della Convenzione sancendo l'obbligo per il giudice di disapplicare la norma interna in contrasto con la norma pattizia dotata di immediata precettività nel caso concreto (Cass. 19 luglio 2002, n. 10542)".
Ma c'era ancora un precedente delle Sezioni Unite della Cassazione - ricordato proprio da Sez. Un., n. 28507/05 - con la quale la Sezione disciplinare non poteva non confrontarsi. Si tratta di un precedente con il quale le Sezioni Unite riconoscono alle norme della Convenzione efficacia abrogante di una disposizione interna e si dà il caso che si tratti proprio della norma sulla non pubblicità delle udienze nei procedimenti disciplinari nei confronti di magistrati allora prevista dall'art. 34 comma 2 del r.d.l. 31 maggio 1946, n. 511.
La sentenza è la n. 7662 del 10 luglio 1991, la cui massima recita come segue: "L'art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, resa esecutiva con legge 4 agosto 1955 n. 848, ove prevede la pubblicità delle udienze, trova applicazione anche nei procedimenti disciplinari a carico di magistrati, e, quindi, implica l'abrogazione dell'art. 34 secondo comma del R.D.L. 31 maggio 1946 n. 511, nella parte in cui dispone che la discussione sulle incolpazioni si svolga "a porte chiuse" (salva restando la possibilità di una deroga a detta pubblicità, nel caso concreto, quando sussistano specifiche esigenze che la richiedano)".
Vero è che, di recente, la Corte costituzionale, con le sentenze n. 348 e 349 del 2007 si è pronunciata in senso contrario alla diretta disapplicazione da parte del giudice della norma interna recisamente contraria alla C.E.D.U. ma ha anche affermato che in questo caso il giudice deve sollevare questione di legittimità costituzionale per violazione dell'art. 117 Cost..
Ma soprattutto, in una questione nella quale il precetto era tutt'altro che definito e lo spazio per un'interpretazione conforme - riconosciuta come doverosa anche dalla Corte costituzionale nelle due suddette sentenze - assai ampio, la sbrigativa affermazione secondo cui "l'esigenza di pubblicità del processo" sancita dalla C.E.D.U. "pone solo un principio di comportamento per il legislatore nazionale", a fronte dei precedenti che ho richiamato e dei precedenti contrari della stessa Sezione disciplinare, a mio avviso ha il tocco, come ho detto, di una campana di assoluta retroguardia.
Ma oltre a quanto detto sin qui, sulla questione c'è un'altra cosa da segnalare.
La legge istitutiva del Consiglio Superiore, la n. 195 del 1958, all'art. 6 comma 6 (aggiunto dall'art. 1 della legge n. 74 del 1990), stabilisce quanto segue: "Dinanzi alla sezione disciplinare il dibattito si svolge in pubblica udienza; se i fatti oggetto dell'incolpazione non riguardano l'esercizio della funzione giudiziaria ovvero se ricorrono esigenze di tutela del diritto dei terzi o esigenze di tutela della credibilità della funzione giudiziaria con riferimento ai fatti contestati e all'ufficio che l'incolpato occupa, la sezione disciplinare può disporre, su richiesta di una delle parti, che il dibattito si svolga a porte chiuse".
E qui non si fa distinzione tra procedimento ordinario e cautelare: "Dinanzi alla sezione disciplinare il dibattito si svolge in pubblica udienza".
Perché questa norma non è stata presa in considerazione ed applicata?

La norma non mi risulta espressamente abrogata dalla nuova procedura introdotta con il d.lgs. n. 109/06, e non vedo perché avrebbe dovuto esserlo, e di certo escluderei che ci siano i presupposti per ritenerla implicitamente abrogata ai sensi dell'art. 15 delle preleggi.

In ogni caso, se così è stato ritenuto, una parola al riguardo doveva pure essere spesa.

Vorrei dire, infine, che la dissertazione sulla pubblicità dell'udienza è niente affatto accademica.

Basti tenere presente, a prescindere da altre considerazioni, che se accettiamo l'idea che l'udienza deve essere pubblica, il non consentire che ciò accada comporta la nullità dell'attività che viene svolta a porte chiuse.

Ed infatti, l'art. 471 comma 1 c.p.p., che fa parte delle norme sul dibattimento penale espressamente richiamate dall'art. 18 comma 4 del d.lgs. n. 109/06 in materia di procedimento disciplinare, stabilisce che "l'udienza è pubblica a pena di nullità".

di Giuliano Castiglia (Giudice del Tribunale di Termini Imerese)Da: http://toghe.blogspot.com/

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dibattitopubblDate: Sabato, 29/05/2010, 01:59 | Message # 43
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NUOVO ORDINE MASSONICO E CONTROLLO DELLA MAGISTRATURA. LA DENUNCIA DI LUIGI DE MAGISTRIS

di Klaus Davi

La fonte: http://www.lavocedirobinhood.it/Articolo.asp?id=174&titolo=NUOVO%20ORDINE%20MASSONICO%20E%20CONTROLLO%20DELLA%20
MAGISTRATURA.%20LA%20DENUNCIA%20DI%20LUIGI%20DE%20MAGISTRIS

( http://www.lavocedirobinhood.it/Articol....ISTRIS )

Insieme a noi, lo aveva già inascoltatamente denunciato l'ex Procuratore Capo di Palmi Agostino Cordova, nel 1992, prima di venire messo a tacere dal Governo di centro-sinistra di D'Alema, quando gli impedirono militarmente di sequestare gli elenchi degli iscritti alla massoneria, presso la sede del Grande Oriente d'Italia, a Villa Medici del Vascello, a Roma, in cui avremmo forse trovato i nomi di illustri ministri, alte cariche dello Stato, alte gerarchie delle Forze di Polizia e dell'Arma dei Carabinieri, alti magistrati, industriali, oltre ai soliti avvocati, professori universitari, giornalisti, faccendieri e malavitosi. L'esistenza di questo "nuovo" ordine massonico (che tanto nuovo non è), capace di controllare la magistratura e l'alternarsi dei governi di centro-destra e centro-sinistra, viene oggi autorevolmente riproposta dall'ex P.M. Luigi De Magistris che, negli ultimi giorni, abbiamo appreso essersi candidato, da indipendente, nell'Italia dei Valori, dopo le dimissioni dalla magistratura. In molti avrebbero forse preferito che De Magistris continuasse la sua battaglia all'interno della magistratura. Altri che fondasse un movimento completamente nuovo, fatto da persone pulite, fuori dai giochi e dagli schemi tradizionali della politica. Comunque sia, al di là della scelta personale di lasciare la magistratura e degli schieramenti politiici, come abbiamo sempre sostenuto, noi riponiamo fiducia nelle singole persone e il nostro giudizio è commisurato sulla base di ciò che fanno e non di quello che dicono. A nostro avviso, nel triste palcoscenico della politica, Luigi De Magistris è una persona nuova degna di tutta la nostra stima, in quanto ha dimostrato grande integrità morale e determinazione, pagando di persona un alto prezzo per il suo amore verso la Vera Giustizia. Qui di seguito proponiamo quindi, oltre all'intervista di Klaus Davi, un intervento firmato di pugno dall'ex P.M. Luigi De Magistris, rilasciata a Beppe Grillo, riservandoci di proporre nei prossimi giorni un'esclusiva intervista sui grandi temi dei poteri forti e delle deviazioni del sistema, rilasciata alla Voce di Robin Hood (N.d.R.).

«Per il 60% - 70% il Piano di Rinascita democratica è stato già applicato, anzi lo stanno migliorando nella loro ottica, lo stanno rendendo contemporaneo».

Queste le testuali parole di Luigi De Magistris a Klaus Davi per il programma web Klauscondicio visibile su YouTube.

Il magistrato che avviò l'inchiesta "Why not" aggiunge con tono pacato e non senza preoccupazione: «Ho sempre pensato che la mia vita fosse in pericolo. Gli altri hanno sempre sottovalutato questo aspetto ma da anni sono convinto di essere in pericolo».

De Magistris confida poi: «Tengo da sempre un diario, un'abitudine che ho consolidato negli ultimi anni». Una bozza di appunti per un lavoro che un giorno avrà altra forma: «Penso che scriverò un libro sul mio diario. Assolutamente».

La mente corre all'agenda di Paolo Borsellino, a quell'annotare con precisione ogni spesa avuta. Questo per l'agenda blue; della rossa, dopo la strage, non se ne seppe più niente. «Tenere un diario è un'abitudine sacrosanta per un magistrato. Io continuo a farlo. Il diario principale ce l'ho in testa, nel mio cervello. Quelli più importanti li ho consegnati alla procura di Salerno, quindi la Procura di Salerno è depositaria degli aspetti d'interesse per la magistratura penale, tutto ciò che interessa la magistratura penale io l'ho consegnato all'autorità giudiziaria. Per il resto, ho diari che riguardano riflessioni sulla vita quotidiana di ogni giorno. I miei diari hanno ad oggetto soprattutto fatti penalmente rilevanti. Poi, all'interno di fatti penalmente rilevanti, ho descritto anche riflessioni che riguardano comunque aspetti di gestione illegale della cosa pubblica». Una riflessione non scevra di considerazioni morali: «Credo che siamo in piena P2 sotto il profilo di alcuni passaggi, come il controllo della Magistratura. «Constato che chi ha negli ultimi tempi, non solo io ma anche altri, fatto investigazioni delicate sul tema delle collusioni interne alle istituzioni e, soprattutto, dove il collante è stato quello dei poteri occulti, non credo che abbia avuto un grosso ausilio da parte di chi dovrebbe istituzionalmente stare vicino». Nemmeno la magistratura, come istituzione democratica è esule da rapporti con la massoneria. «Il Consiglio Superiore della Magistratura nel passato, se pur in casi simbolici ed isolati, è intervenuto su magistrati iscritti alla P2. Però non entrava con il bisturi nel sistema». Licio Gelli, fondatore e capo della loggia P2 in una recente intervista spiegava che «in Calabria la massoneria è forte e può darsi che sia infiltrata un pò da tutte le parti, anche nella magistratura», De Magistris replica: «Se lo certifica Licio Gelli, allora...». "Insieme ai miei piu' stretti collaboratori attraverso la ricostruzione dei finanziamenti pubblici in Calabria, avevamo scoperto, in modo esattamente preciso, quella che con gergo giornalistico si potrebbe anche definire la nuova P2". Il riferimento alla loggia massonica di Licio Gelli si spiega perche' l'indagine Why Not, che gli e' stata tolta un anno fa dalla procura di Catanzaro, riguardava "la gestione del denaro pubblico e di alcuni pezzi delle istituzioni attraverso il tramite dei poteri occulti". "Questo - scandisce il magistrato - e' il cuore del problema e non voglio dire altro. Perche' fatti, nomi, documenti, li ho consegnati". "Non ho fatto un uso mai particolarmente impegnativo delle intercettazioni telefoniche", assicura De Magistris che ricorda: "nell'inchiesta Why Not io non ho fatto nemmeno una intercettazione telefonica. Nell'inchiesta Poseidone ne ho fatte pochissime. Nell'inchiesta toghe lucane, se non vado errato anche li' non ho fatto nessuna intercettazione telefonica. Ho utilizzato strumenti investigativi che hanno dato molto fastidio agli indagati di questi procedimenti. Che si tratta in particolare degli accertamenti bancari, accertamenti patrimoniali. Traffico dei flussi telematici e delle tracce, degli incroci telefonici, le sommarie informazioni testimoniali, l'esame dei documenti. Le indagini tradizionali". L'ex pm di Catanzaro definisce infine "curiosa" la vicenda dell'archivio Genchi anche per il fatto che se ne parla proprio a ridosso della riforma delle intercettazioni. "Sto vedendo - dice - una serie di coincidenze un po' strane". Alla domanda: che fine faranno le sue indagini De Magistris risponde che va chiesto alla Procura di Catanzaro e conclude: "La mia testimonianza, i miei documenti, il mio sapere doveroso l'ho consegnato all'Autorita' giudiziaria di Salerno. Prendo atto che sono stati fermati i magistrati che stavano conducendo questa indagine".

www.amantea.net

De Magistris a Bruxelles (dal Blog di Beppe Grillo)

di Luigi De Magistris

Luigi De Magistris si candida da indipendente in Europa con l'Italia dei Valori. E' un'ottima notizia, secondo Beppe Grillo.

A Bruxelles c'è la testa del serpente. I finanziamenti da 9 miliardi all'anno che finiscono, quasi tutti, a tre regioni italiane: Campania, Calabria e Sicilia. Soldi che rafforzano la criminalità organizzata e una gestione criminale della politica. Miliardi che inquinano la vita del Paese invece di permetterne lo sviluppo. Molti sanno e tutti tacciono. Chi denuncia, come ha fatto De Magistris, viene isolato e calunniato. In Europa sarà una voce forte e pulita. Il blog lo sosterrà.
Loro non sia arrenderanno mai (ma gli conviene?). Noi neppure.

"Sono contentissimo di fare questo video e voglio ringraziare Beppe Grillo, del quale ormai mi sento amico e condivido tantissime cose che egli sta facendo da anni per questo Paese su temi molto sensibili, sui quali cercherò brevemente di soffermarmi.
Quello più importante che è poi culminato nelle ultime manifestazioni straordinarie dei vari V-day, ricordo ad esempio l'intervento che feci anche io, durante la manifestazione straordinaria di Torino. Io non so quanti partiti politici tradizionali, soprattutto i due schieramenti più forti, il Pdl e il Pd riescano a portare in piazza come ha fatto Beppe, quindi, come dicevo la cosa più importante, a mio avviso, è il concetto di democrazia partecipativa, che è fondamentale.
La politica è fatta di partecipazione, la politica con la P maiuscola, non sono comitati di affari che devono gestire il denaro pubblico per interessi propri, ma la politica dev'essere rappresent ata da alcuni che devono portare le esigenze di tutti.
La democrazia partecipativa è il luogo assembleare, il protagonismo del popolo è uno degli aspetti più importanti e Beppe non lo ha fatto in modo populistico come dicono alcuni o come anti politica, ma se il luogo della politica per eccellenza, dove si fanno parlare le persone che altrimenti sono state emarginate nella società civile economisti, ambientalisti, lavoratori, sindacalisti, sacerdoti, magistrati, (come lui mi ha consentito di fare e io gliene sarò sempre grato) su temi fondamentali della vita di ognuno.
Io mi soffermerò oggi in questo breve saluto e in questo breve ringraziamento che faccio a Beppe, con la certezza che saprò portare, qualora dovessi essere eletto, ma anche se non sarò eletto, tutto il mio entusiasmo e tutta la passione su temi che ci vedono molto vicini. Soprattutto mi voglio soffermare su due temi che reputo fondamentali: uno è quello dell'ambiente. Io sono convinto che la ricchezza di un Paese e anche l'impresa, il lavoro e il progresso si fondino su un nuovo modo di fare ambientalismo. Quello soprattutto di puntare sulle energie rinnovabili e soprattutto sul rispetto assoluto della natura, che non è solo un bene dell'Italia, ma un bene di tutto il mondo, il mondo sarà destinato a scomparire se non si ha la capacità di superare questa fase di gravissima crisi economica che si fonda soprattutto su una gestione scellerata delle risorse energetiche e delle risorse naturali.
In questo Beppe è stato uno dei primi. Io ricordo quando da ragazzo seguivo i suoi spettacoli, ambiente ed economia viaggiavano strettamente l'uno correlato all'altro.
Attraverso l'utilizzo giusto delle risorse naturali e attraverso l'energia alternativa e i metodi e i messaggi che ci dà Beppe, io sono convinto che non solo vivremo meglio tutti, ci sarà un rispetto della natura una salvaguardia dell'ambiente, ma anche più lavoro per tutti e sopratutto più lavoro per i giovani.
Il secondo punto che ricordo con grandissimo entusiasmo, io ebbi anche qualche perplessità a partecipare e fui molto criticato dai miei colleghi magistrati dell'epoca, la partecipazione a Strasburgo con Beppe Grillo e Marco Travaglio. Innanzitutto ricordo il viaggio bellissimo che facemmo in macchina dall'Italia tutti e tre, cominciammo a confrontarci soprattutto su un tema che è centrale in Italia e non solo in Italia: quello della gestione dei finanziamenti pubblici. Il controllo illegale che il sistema castale politico di questo paese, sta facendo e ha fatto sulla gestione del denaro pubblico, a discapito della gran parte dei cittadini e arricchendone solo alcuni, rendendo il nostro paese sempre più vicino a quello di alcune realtà sudamericane e mediorientali e non certo proprie di un paese occidentale.
Il tema del finanziamento pubblico è centrale perché è lì che si corrode la democrazia. In Europa io credo che dobbiamo portare persone credibili, non persone che hanno contribuito in questi anni a dissipare, a sperperare e ad arricchire comitati di affari nell'immane flusso di denaro che è giunto in Italia. Portare persone competenti ed oneste in grado non di interrompere il flusso del denaro pubblico che può servire, in qualche modo, ad aiutare le realtà più difficili anche se io sono dell'avviso che non si deve favorire l'assistenzialismo fine a sé stesso, dev'essere un modo proprio per favorire l'impresa diversa come dicevamo prima, ad esempio un nuovo modo di fare ambiente, un nuovo modo di fare economia, soprattutto aiutando i giovani svincolandoli da cappe della casta politica e della criminalità organizzata.
Sono convinto, da tempo, soprattutto per il lavoro svolto come magistrato, che proprio attraverso la gestione illegale del denaro pubblico è cresciuta non solo la criminalità mafiosa di tipo tradizionale, ma anche la criminalità dei colletti bianchi.
Il denaro pubblico in gran parte viene gestito da comitati d'affari che decidono a chi dare i soldi, a quale società dare i soldi, a chi affidare gli appalti, a chi affidare i progetti, a chi affidare i subappalti, chi assumere in queste società nel fare sia i progetti che i lavori e quindi condizionando il voto. Oggi si ha un'occasione importante grazie ad Antonio Di Pietro e a Italia dei Valori, cioè coinvolgere persone della società civile, anche con sensibilità diverse a costruire una casa comune in cui i protagonisti non sono solo le persone che spero verranno elette, ma tutti quanti insieme che potremo dare un contributo a migliorare veramente non solo l'Italia ma l'Europa a vivere nel benessere e nella salvaguardia di tutti, della natura e del nostro paese in particolare. Grazie ed un abbraccio a Beppe."

Luigi De Magistris

 
Eugenio_TravaglioDate: Venerdì, 04/03/2011, 20:30 | Message # 44
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É SOLO MALAGIUSTIZIA O ANCHE MAFIA GIUDIZIARIA?

http://www.facebook.com/topic.php?uid=118158150841&topic=11212 http://www.facebook.com/topic.php?uid=118158150841&topic=11212

Otello
Ricevo da Eva Polak, di Montecatini Terme (PT) dott.evapolak@virgilio.it

e vi chiedo: se le cose che si affermano in questo pesante scritto sono vere, come dobbiamo comportarci? Dobbiamo star sempre zitti, tanto non è affar nostro?

Appello dell'autore del sito mafiaspa.ch a PIETRO PALAU GIOVANNETTI.

Mi rivolgo a lei come gestore del sito www.mafiaspa.ch. Mi rivolgo a lei ed alla sua associazione anche a nome di un'altra vittima della mafia italiana che perseguita i cittadini "venuti male" cioè onesti, che sono stati costretti, a denunciare prima (e vista l'inutilità dello strumento querela e delle evidentissime collusioni della Giustizia con le mafie) a pubblicare la natura bestiale (e socialmente pericolosa persino dal lato psichiatrico) di certi magistrati, di certe forze dell’ordine (che sono della stessa pasta, ignoranza e bestialità di molti criminali che circolano impuniti e protetti da Caritas, Ordine degli Avvocati e Procure)ed amministratori locali ed anche di associazioni religiose che tutelano e proteggono fior di criminali (italiani altolocati e extracomunitari spacciatori e socialmente pericolosi) con i nostri soldi ed a nostro danno. Come le ben sa, la mafia in Italia controlla tutte le istituzioni, lo stato e l'economia e pochi si sottraggono a questa egemonia (se lo fanno, finiscono rovinati come EVA POLAK, ed il sottoscritto e tantissimi altri che dovrebbero finalmente avere il coraggio di uscire dall'anonimato ed unirsi a noi). Le chiedo (io non ho alcun potere ne possibilità concrete di difendermi dalle persecuzioni di cui sono vittima), di esaminare e prendersi carico del caso di EVA POLAK che mi risulta già averla contattata. La invito a fornirle il supporto per il riesame dei processi di cui è falsamente parte imputata e di segnalare (lei ha sicuramente più influenza ed esperienza di quanta ne ho io) a TUTTE LE CORTI DI GIUSTIZIA ED UMANITARIE il caso. Le chiedo un supporto anche per me in quanto sono vittima da anni di alcuni magistrati della Procura di Milano (Aprile, Pradella, Colacicco, Siciliano, etc...) che dal 1994 ed in misura ancora più feroce dal 1998 sino ad oggi (la situazione attuale è divenuta a dir poco drammatica a partire dal 2007) monitorano ogni mio spostamento, ogni mio luogo di lavoro, i miei datori di lavoro,ogni mia frequentazione, i numeri cellulari, posta elettronica. A quanto sopra poi si aggiungono strani casi di vicinato (non è fantapolitica, è l'Italia della maniacalità dei mafiosi che avendo la coscienza marcia attivano ogni persecuzione possibile) culminati con minacce senza motivi e "strani" vicini di casa appartenenti al mondo della mafiaspa di cui sono vittima (spacciatori di droghe protetti da fior di PM e magistrati). Il tutto nacque da una denuncia presentata contro una cooperativa di solidarietà (lavoro nero, inaffidabilità operativa, abusi psicologici). In diverse occasioni hanno cercato di farmi passare per visionario (Procedimenti per TSO psichiatrici coatti) (come negli anni 1998-2001 dove un PM, Aprile della Procura di Milano, ordinò l'infrazione del mio appartamento, avvenuta tramite una falsa chiamata ai vigili del fuoco… qualcuno segnalò che mi ero suicidato col gas, mentre ero fuori a lavorare…fece collocare intercettatori ambientali). Egli fece affittare due appartamenti sfitti posti nelle immediate vicinanze al mio (uno di questi era stato appena acquistato su commissione da un sospetto affiliato di Cosa Nostra il quale gestiva attività commerciali di dubbio finanziamento).Tali immobili vennero occupati da (io non saprei come definirli meglio) avanzi di galera che operavano, oltremodo con i servizi sociali del Comune di Milano e che erano anche titolari di Cooperative multiservizi e da due avvocati che poi rividi anni dopo, guarda caso, in una causa di lavoro (questi personaggi, ed i PM Aprile, Colacicco, Siciliano, Pradella e molti altri, da oltre un decennio contattano i datori di lavoro presso quale opero consulenza e/o attività di informatico, disseminando ogni genere di discredito onde innescare controversie, mobbing, licenziamenti e cause di lavoro!. I processi per le aggressioni e le intimidazioni e le molestie di anno in anno, di abitazione in abitazione, succedutesi negli anni hanno fatto fallire molti procedimenti giudiziari che io avviai contro questi perfetti sconosciuti che mi rendevano la vita impossibile ovunque risiedevo. La Procura di Milano (che la letteratura dell'antimafia "non allineata" annovera come tra le peggiori del mondo e non solo d'Italia) protegge . Faccio presente che tale procura esercita sospetti contatti di favoreggiamento con differenti mafie il che rende la posizione di questa procura gravissima. Tali PM hanno, rispettivamente manipolato e corrotto i PM delle Procure di Lodi e successivamente di Pavia. Qui parliamo (Procura di Lodi) di processi in base all'articolo 73 Cpp Comma 80, detenzione e spaccio di stupefacenti e incriminazioni di associazione per delinquere e turbativa immobiliare. Non parliamo poi di Pavia... Non credo di esagerare sostenendo che le procure mafiose gestiscono dossier sui cittadini che hanno la sola colpa di non godere di protezioni politiche e clientelari come il restante 90% della “cittadinanza italiana”. Copie di questi fascicoli (che non costituiscono atti giudiziari) vengono distribuite in altre procure ed il gioco è fatto. Vuole un esempio?. Quando lavorai presso la Strade Spa (2003-05) questa aveva un enorme faldone con mio nome e cognome. Quando feci causa all’azienda mi trovai come legale di controparte una delle persone “sconosciute” collocate in un immobile attiguo al mio (nel 1999-2001) dal succitato magistrato compiacente, ora avvocato giuslavorista. Ma come è piccolo il mondo!. Credo di non dirle nulla di nuovo che Lei già conosce da 60 anni. Come anche lei conosce bene (essendo anche lei vittima ed avendo anche lei assaporato i "ferri" delle magistrature corrotte) ci fanno passare pervisionari ma in realtà siamo vittime delle loro persecuzioni maniacali. La vera natura delle istituzioni italiane (magistrati, sindaci, imprenditori, politici, forze dell'ordine, avvocati, cooperative) emerge in tutta la sua bestialità, criminalità, ignoranza e corporativismo proprio quando un semplice ed innocuo cittadino subisce un reato, subisce un licenziamento illegittimo, subisce mobbing, subisce truffe, subisce minacce e violenze da parte di criminali (assoldati dalla magistratura) italiani e extracomunitari assoldati come "scagnozzi" per effettuare spedizioni punitive (a volte queste spedizioni sono addirittura commissionate alle forze dell'ordine). Come Lei potrà scoprire leggendo questo sito, attualmente sono perseguitato da un Sindaco di un piccolo centro del pavese, dove la sicurezza e la legalità non sono minimamente garantite e dove tutte le persone coinvolte (proprietari immobiliari e rumeni e rom, tutti dediti all'illecito) sanno di godere di impunità giudiziarie. Infatti in questo centro esiste un rigido controllo territoriale di cittadini italiani imprenditori edili ed il caporalato rumeno. Chi acquista ignaro un immobile in quel territorio diviene oggetto di minacce, molestie, intimidazioni ed aggressioni. Se presenta querele alla Procura di Pavia, queste vengono occultate e/o archiviate e le controparti procedono alla controquerela che invece viene portata sino in fondo. Se si pubblica qualsiasi riferimento al degrado, all'illegalità ed anche alle gravi responsabilità dell'amministrazione di Pieve Porto Morone, viene controquerelato per diffamazione con falsi corpi di reato (mai pubblicati e di cui potrei anche sospettare la manipolazione informatica delle "prove"). Delle mie disavventure iniziate nel lontano 1994 (all'età di 28 anni... si le bestie della Procura di Milano temono anche un ventenne... tanto sono marci i PM e gli imprenditori e cooperative collusi) mi vennero fatte presenti le prosecuzioni il giorno 20 Marzo 2009 quando in occasione di una audizione (non udienza) in fase di indagine preliminare, il Gip Erminio Rizzi e l'avvocato di controparte (Poliziotto comunale e sindaco di Pieve Porto Morone, ANGELO COBIANCHI-Lega-Nord) inscenarono una illecita inquisizione nella quale io venni descritto come una persona già nota alla Procura di Milano (preciso che io non ho mai subito processi ne condanne... ma semmai presentai varie querele per i motivi sopra esposti) e di Lodi, minacciando che anche tali procure sarebbero intervenute per ulteriori procedimenti e condanne a mio carico a cui si aggiungevano ulteriori procedimenti che sarebbero stati avviati dal questore di Milano e dal Prefetto di Pavia. L'avvocato di controparte scalzò il Gip Erminio Rizzi (la cosa era voluta ed il Gip lasciò fare... se applicassimo la legge tale gip sarebbe radiato dall'ordine) e dettò la procedura di accusa alla segretaria del Gip chiedendo l'avvio dei procedimenti a mio carico. Come se non bastasse, un PM compiacente fece come “Alice nel paese delle meraviglie” invertendo i numeri di procedimento dei due fascicoli (furono TATASCIORE e COBIANCHI ad essere denunciati dal sottoscritto). Per magia io divenni parte imputata e non più offesa. Rendo anche noto il fatto che in Pieve Porto Morone il malcontento, la paura e le critiche sono diffusissime e chi può scappa (riescono a rivendere solo i proprietari i ville, immobili non destinabili al caporalato rumeno... ovviamente a prezzi stracciati). Chi compra il loro silenzio? QUALCUNO LI FERMI! Ho speso 2000 euro per impugnare la Cirami e chiedere lo spostamento dei procedimenti (che verranno rigettati da il Presidente della Corte del Tribunale). Sono precario (attualmente disoccupato), possiedo un immobile in Pieve Porto Morone (una modesta casa semi-indipendente) da cui sono fuggito per i continui atti di vandalismo, intimidazioni e aggressioni (tutte archiviate e/o distrutte dalla Procura di Pavia) e non posso rivendere l'immobile in quanto esiste un cartello tra compratori pievesi e agenzie immobiliari che impedisce a coloro che non fanno parte di quella che io non esito a definire associazione a delinquere di matrice mafiosa, di rivendere ed anche di affittare. Non appena ho affittato l'immobile (credo di essere l'unico proprietario ad aver ceduto l'immobile con regolare contratto) sono partite altre persecuzioni giudiziarie per inesistenti violazioni amministrative. L'unica cosa che sono riuscito ad ottenere in questa vomitevole vicenda è l'apertura di un fascicolo di indagine (dalla Procura di Brescia) a carico di tutti gli "attori" di Pieve Porto Morone e Procura di Pavia. Tuttavia anche questa Procura non dimostra l'intenzione di procedere avendo registrato le mie querele come esposto (modello 45) che svincola i magistrati dal procedere contro le barbarie di Pieve Porto Morone. EVA POLAK e CLAUDIO LARGHI attendono una sua risposta. QUALCUNO FERMI QUESTI CRIMINALI! Non ne possiamo più di loro e dell’odio che essi hanno verso i cittadini onesti che loro schiavizzano e vessano (cercando oltremodo di impossessarsi dei loro beni come avvenuto con EVA POLAK e come stanno cercando di fare anche con me). Noi non abbiamo il potere ed i mezzi per difenderci da questo inferno!

 
dibattitopubblDate: Mercoledì, 16/03/2011, 04:56 | Message # 45
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Se il magistrato crede di essere Dio in terra
di Marcello Veneziani

Il magistrato non è Dio in terra. Non è infallibile, non è onnisciente né onnipotente, né neutrale. Il problema vero della Giustizia è di natura teologica

Ridurrei l’intera riforma della giusti­zia a un solo articolo: il magistrato non è Dio in terra. Non è infallibile, non è onnisciente né onnipotente, non è al di sopra del bene e del male, non è neutra­le, non è depositario unico e autorizzato della Verità, non può entrare dappertut­to e occuparsi di ogni cosa in cielo, in ter­ra e in ogni luogo. Perché il problema vero della Giusti­zia è di natura teologica. Da quando dila­g­a l’ateismo e non crediamo più alla Veri­tà Unica e Assoluta, da quando non fun­zionano più neanche i surrogati teologi­ci, ovvero le ideologie, abbiamo lasciato il ruolo di Dio al Magistrato. Lui stabili­sce i confini della vita e della morte, occu­pandosi di bioetica ed eutanasia. Lui de­cide la sorte di famiglie, minori, adozio­ni.

Lui stabilisce quali reati perseguire e quali no, di quali occuparsi e quali far marcire negli anni. Lui decreta se il politi­camente scorretto è perseguibile a nor­ma di legge oppure no, giudizi storici in­clusi. Lui impone se devi cedere o no la casa di tua proprietà e i tuoi leciti guada­gni alla tua ex moglie, e decide se tutela­re i tuoi diritti elementari o se adottare una giustizia compensativa e distributi­va, fondata sul principio egualitario che devi dare per la sola ragione che guada­gni di più. Lui entra nella vita privata e decide quando la sessualità è reato e quando invece è libera privacy. Lui deci­de i palinsesti, reintegra i giornalisti, in­dica cosa devono fare e di fatto decide la linea editoriale dei tg. Lui può forzare e reinterpretare le leggi e di fatto modifi­carle attraverso le sentenze.

Lui può ro­vesciare i verdetti della volontà popola­re. Lui è il Supplente di Dio e può inter­cettare e sputtanare anche la vita più inti­ma. Lui non paga se sbaglia. Ma che Lui non sia Dio in terra non c’è bisogno di dimostrarlo attraverso complicate pro­ve teologiche, ne basta una empirica: se il 90% dei reati resta impunito, se i tempi d’attesa di giudizio restano così lunghi, se il tasso di errore è così elevato, insom­ma se la Giustizia fa così schifo, vuol dire che non è nelle mani di Dio ma nella mi­gliore delle ipotesi di comuni mortali. Anzi a volte ometti, discesi dal verbo omettere.

 
dibattitopubblDate: Mercoledì, 16/03/2011, 05:19 | Message # 46
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Sesso per soldi col minore? Il giudice fa carriera

di Gian Marco Chiocci

Berlusconi viene messo alla gogna per chiacchiere intercettate. Ma qualche anno fa un magistrato milanese sorpreso nel bagno di un cinema con un ragazzino di 14 anni è stato trattato con i guanti bianchi. E alla fine è stato pure promosso in Cassazione

http://www.ilgiornale.it/interni/sesso_soldi_minore_se_e_giudice_fa_carriera/19-01-2011/articolo-id=500346-page=0-comments=1
http://www.ilgiornale.it/interni....ments=1

Giudice del tribunale di Milano sorpreso a fare sesso con un quattordicenne nella toilette di un cinema: assolto perché tre anni prima aveva sbattuto la testa. No, non c’è niente da ridere. Di questi tempi, con un premier indagato a Milano per sfruttamento della prostituzione minorile senza che vi siano agli atti prove certe di un suo rapporto intimo con una diciassettenne, occorre ripensare a certe storture della giustizia. Ecco perché alcuni componenti del Csm hanno sentito il bisogno di rispolverare al Giornale una storiaccia a luci rosse su un magistrato milanese sporcaccione. Gli atti dei tre gradi di giudizio del processo a carico di un ex giudice di corte d’appello e gli approfondimenti svolti dal giornalista Stefano Livadiotti (nel libro scritto nel 2009 «Magistrati l’ultracasta») e prim’ancora dall’ex parlamentare radicale Mauro Mellini (nel pamphlet «il golpe dei giudici») ci consegnano uno spaccato indecente della casta in toga. La vicenda si sviluppa lungo un quarto di secolo, partendo dalla metà degli anni Settanta. La toga in questione si ritrova in un cinema di periferia della Capitale. Per sua sfortuna, in sala, tra gli spettatori, c’è un poliziotto fuori servizio che si precipita nella toilette quando sente urlare «zozzone, zozzone». Era successo che la «maschera» aveva sorpreso il giudice e il ragazzino chiusi in bagno. Quest’ultimo, preso a verbale, confermerà le avances dell’adescatore che, a suo dire, si era avvicinato alla sua sedia, gli aveva sfiorato i genitali riuscendo successivamente a convincerlo a procedere oltre in bagno, in cambio di denaro. E qui, stando al processo, si sarebbe consumato un rapporto orale. Il giudice finisce dritto in cella. Nega ogni addebito ma finisce alla sbarra per atti osceni e corruzione di minore. Contestualmente la Disciplinare del Csm che lo sospende dalle funzioni. La condanna, a sorpresa, è però di lieve entità: un anno appena. «Atteso lo stato del costume» l’approccio sessuale viene considerato dai giudici solo «contrario alla pubblica decenza». In appello il reato diventa «atti osceni». Ma poiché - scrive Livadiotti - il primo «approccio col ragazzino è avvenuto nella penombra e l’atto sessuale si è poi consumato nel chiuso del gabinetto» i giudicanti del giudice imputato arrivano a sostenere che «il fatto non costituisce reato». Il Nostro viene condannato ad appena 4 mesi, ma la Cassazione lo premierà ancor di più annullando la sentenza «senza rinvio», limitatamente al delitto di corruzione di minorenne «a seguito dell’estinzione del reato in virtù di sopravvenuta amnistia». Il Csm si adegua alla Supreme Corte revocando la sospensione dal servizio. Ma la sezione Disciplinare, guidata dal numero due di Palazzo dei marescialli, Vincenzo Conso, è pronta al miracolo. Durante l’istruttoria si fa presente che il medico curante del giudice ha sostenuto di aver sottoposto la toga imputata a intense terapie... tre anni prima «a causa di un trauma cranico riportato per il violento urto del capo contro l’architrave di una bassa porta. Si trattava di ferite trasversali da taglio all’alta regione frontale» dice il sanitario. Tre anni prima? E che c’entra con quanto avvenuto tre anni dopo? Non è chiaro nemmeno perché sia stato chiamato a testimoniare un notaio la cui sorella era stata la dolce metà del giudice: «Il loro fidanzamento è stato ineccepibile dal punto di vista morale». Per i più che comprensivi componenti del Csm, infatti, «ciò che colpisce e stupisce, in questa dolorosa vicenda, è che l’episodio si staglia isolato ed estraneo nel lungo volgere di un’intere esistenza fatta di disciplina morale, studi severi, impegno professionale». Isolato ed estraneo. Per cui le spiegazioni di quel rapporto orale sono due: un raptus o una devianza sessuale. Si propende per la prima ipotesi, anche perché, prendendo a prestito quanto riferito dagli psichiatri, «l’episodio in esame non solo costituisce l’unico del genere ma esso, anzi, ponendosi in contrasto con le direttive abituali della personalità, è da riferirsi a quei fatti morbosi psichici» che iniziati tre anni prima «si trovano in piena produttività» tre anni dopo. Traducendo: la vecchia botta in testa, con un ritardo di oltre mille giorni, è stata fatale. «Ha svolto un ruolo di graduale incentivazione delle dinamiche conflittuali latenti nella personalità - osserva il Csm - fino all’organizzazione della sindrome nell’episodio de quo». Il giudice è diventato scemo in ritardo e solo per un po’, perché è subito tornato normale. «Proprio l’alta drammaticità delle conseguenze scatenatesi del fatto, unita alle ulteriori cure e al lungo distacco dai fattori contingenti e condizionanti - prosegue il Csm - hanno favorito il completo recupero della personalità nella norma, com’è testimoniato dai successivi 8 anni di rinnovata irreprensibilità». S’è trattato di un banale incidente di percorso. L’imputato può tornare a giudicare? Certo. Perché «trattasi di episodio morboso transitorio che ha compromesso per breve periodo la capacità di volere, senza lasciare tracce ulteriori sul complesso della personalità». Il giudice sporcaccione va assolto. Non è punibile, udite udite, perché ha agito «in stato di transeunte incapacità di volere al momento del fatto». Transeunte. Dopodiché è tornato sano come prima, ha ripreso servizio, e stando a quanto racconta l’ex radicale Mellini «è stato valutato positivamente per la promozione a consigliere di Cassazione conseguendo però tale qualifica con un ritardo di molti anni». Ciò ha comportato un cumulo di scatti d’anzianità sullo stipendio di consigliere d’appello. E per il «principio del trascinamento» il giudice si è ritrovato «a portarsi dietro, nella nuova qualifica, lo stipendio più elevato precedentemente goduto grazie a tali scatti e a essere quindi pagato più di tutti i suoi colleghi promossi in tempi normali. Questi ultimi, grazie al principio del galleggiamento, hanno ottenuto un adeguamento della loro retribuzione al livello goduto dal giudice». Fatti due conti, l’onere per lo Stato di questo «marchingegno» ha sfiorato i 35 milioni di euro di oggi. Tanto è costato l’incontro nel wc, transeunte parlando.

 
dibattitopubblDate: Giovedì, 17/03/2011, 04:13 | Message # 47
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http://www.errorigiudiziari.com/pag_opinione.php?id=1021
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Questa magistratura è intoccabile: i suoi errori ci costano 400milioni

La Casta, com’è stata chiamata quella dei magistrati, difende se stessa con la giustizia «domestica» e corporativa. Quella del Csm, dove si celebrano i processi promossi dai titolari dell’azione disciplinare: il ministro della Giustizia e il Procuratore generale della Cassazione.

Nell’ultimo decennio in Italia la media dei magistrati colpiti dalla rimozione dall’ordine giudiziario per gravi illeciti disciplinari, è di 1,3 ogni anno. Tra il 2000 e il 2007 la sanzione più grave è stata applicata 6 volte, nel triennio 2008-2010 ha riguardato 7 toghe. Nel 2008 le sanzioni disciplinari di vario grado hanno colpito meno dello 0,5 per cento dei magistrati.

Per il Pg della Suprema Corte Vitaliano Esposito, che ne ha parlato all’inaugurazione dell’anno giudiziario, qualcosa sta cambiando. Ma rimane il fatto che l’altissimo numero degli esposti di privati cittadini, dice l’alto magistrato, «è la testimonianza più evidente dell’insoddisfazione, largamente diffusa, per il “servizio giustizia”». Delle 1.382 denunce arrivate lo scorso anno alla Procura generale ne risultano 573 di privati, anche se per Esposito in realtà sono molti di più per un errore di classificazione.

Le cause intentate dai cittadini vittime di ingiusta detenzione o errori giudiziari, negli ultimi 10 anni sono costate allo Stato italiano circa 400 milioni di euro.

A questa insoddisfazione dei cittadini, secondo il Pg, «non si può sempre ovviare con lo strumento disciplinare, concepito dal legislatore come rimedio specifico per reprimere situazioni di grave patologia comportamentale dei magistrati». Esposito sottolinea che ci sono «altri strumenti» nell’ordinamento per contrastare i comportamenti colpevoli dei magistrati.

Il problema è che leggi come quella sulla responsabilità civile delle toghe, rimangono lettera morta. E i dati della Commissione europea per l’efficacia della giustizia dicono che nella classifica della severità delle sanzioni applicate ai suoi membri, la magistratura italiana si trova al sesto posto fra i Paesi del Consiglio d’Europa.

Spesso non solo giudici e pm non pagano per inchieste basate sul nulla, violazioni dei criteri di competenza, dispendiose e spettacolari azioni che portano dopo anni ad archiviazioni, ma neppure questo ha riflessi sulla loro carriera politica, come dimostrano tanti casi di promozioni e normale scalata nella carriera malgrado curricula fortemente macchiati.

Nella recente riforma dell’ordinamento giudiziario si pone fine all’automatismo e si introducono le valutazioni periodiche di professionalità e produttività, ma il sistema è ben lontano dall’essere a regime. Ci vorrebbero, tra l’altro, gli standard di produttività delle toghe previste dalla legge. Per il settore civile, però, è partita in grave ritardo questo mese solo la prima sperimentazione in tre città (Bologna, Firenze e Caltanissetta), mentre per il penale siamo in alto mare.

Il Pg della Cassazione spiega che da due anni trasmette al Csm fascicoli da archiviare perché non sono stati individuati comportamenti illeciti, che però evidenziano «vistose cadute di professionalità, non solo tecnica», perché se ne tenga conto nella progressione di carriera e per l’attribuzione di incarichi direttivi. Ma è il Csm a decidere e la forza delle correnti a Palazzo de’ Marescialli è sempre forte.

Quello dei ritardi nel deposito delle sentenze è un problema enorme. Ed Esposito denuncia: «Non siamo più in grado neanche di pagare gli indennizzi dovuti per la violazione dei canoni di un giusto e celere processo (legge Pinto, ndr.». La Corte europea di Strasburgo ci ha condannato per 475 casi di ritardi nel pagamento dei risarcimenti: si è passati da quasi 4 milioni di euro del 2002 agli 81 del 2008, di cui ben 36,5 non ancora pagati. Esposito richiama i capi degli uffici giudiziari, chiede controlli maggiori per velocizzare i tempi della giustizia e smaltire l’arretrato che soffoca i tribunali. Ma sono richiami che sentiamo ogni anno e quasi sempre rimangono inascoltati.

(fonte: Anna Maria Greco, il Giornale , 30 gennaio 2011)

 
MariaRosaDeHellagenDate: Venerdì, 25/03/2011, 22:39 | Message # 48
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http://archiviostorico.corriere.it/2007/giugno/22/Malagiustizia_indagine_degli_avvocati_co_10_070622035.shtml

Oggi i rappresentanti della Camera Penale romana consegnano il dossier al ministro Clemente Mastella
Malagiustizia, l' indagine degli avvocati

Cause interminabili: sotto accusa le assenze dei giudici e le notifiche errate

Un agguerrito gruppo di legali romani - 35 avvocati e 15 praticanti - è entrato per cinque giorni consecutivi tra aprile e maggio nella caverna buia della giustizia italiana. Simili a speleologi gli avvocati hanno puntato le loro torce dentro il Tribunale di Roma, su 1.632 processi in corso in quei cinque giorni (per il 96% con un giudice monocratico), un buon campione per cercare di capire la mala-giustizia, tra lungaggini dei processi, ritardi, cattivo funzionamento. Ne è nato un check-up, il primo nella storia delle nostre istituzioni giudiziarie, curato dalla Camera penale di Roma e messo a punto dai ricercatori dell' Eurispes col sostegno della Fondazione Enzo Tortora, che finalmente dà un volto ai tanti perché di ritardi e irregolarità. Un check-up che questa mattina alle 10 sarà presentato al ministro di grazia e giustizia Clemente Mastella dal presidente della Camera Penale, Gian Domenico Caiazza, e dal suo vice Francesco Petrelli. Non sarà una visita di pura cortesia. I penalisti chiederanno quanto meno di rimettere in sesto l' ufficio centrale notifiche, sufficientemente antidiluviano e disastrato, e di indagare sui troppi forfait dei giudici. Due delle piaghe evidenziate dallo studio. Per celebrare un processo, a Roma, occorre passare per un' inchiesta che dura in media circa tre anni. Questo il primo dato. Il secondo, una volta iniziato il processo, riguarda la durata media di un' udienza: 32 minuti (col rito collegiale), 12 (col monocratico). La parte più oscura arriva subito dopo e riguarda i rinvii, quando il presidente sfogliando un' agenda pronuncia la fatidica frase: «Si rinvia al...». Ecco, il tempo medio di un rinvio è di 152 giorni per un processo con giudice monocratico, 134 per quello con un collegio giudicante. Insomma, quattro-cinque mesi per la successiva udienza che con probabilità sarà ulteriormente rinviata. Ma intanto quante sono le udienze che vanno a sentenza e quante invece vengono rinviate? Il 70% delle udienze subisce un rinvio, solo il 28% va a sentenza, poco più dell' 1% si conclude con gli atti restituiti al Pm. Insomma, tre quarti delle udienze spostano dunque più in là la mole impressionante dei 24 mila processi penali romani e dei 373 mila processi civili. Perché? Il 36% viene rinviato nella fase preliminare della udienza. Tra le molteplici ragioni dei rinvii spiccano «assenza del giudice» (9%), irregolarità delle notifiche (13%), assenza dei testi citati dal Pm (12%). Ancora peggio per la fase dibattimentale: lì l' assenza dei testi richiesti dal Pm pesa per il 29% con l' aggiunta di un altro 10% per omessa o irregolare citazione dei testi dell' accusa. Conclusione della ricerca? «Il 42,6% dei processi fissati per lo svolgimento in istruttoria dibattimentale viene rinviato senza lo svolgimento di alcuna attività...». Anomalia su anomalia, ecco infine spuntare le istanze di indennizzo per la violazione dei termini ragionevoli di processo. A Roma sono aumentate in tre anni del 476%. Nel primo semestre 2006 erano 3175 a Roma, contro le 17 di Milano. Processi rinviati 70% *** Il 70% delle udienze processuali si conclude con un rinvio a un' udienza successiva. Il 28% delle udienze va invece a sentenza. Poco più dell' 1% si conclude infine con la restituzione degli atti al pubblico ministero *** 152 giorni *** Sono in media 152 i giorni di rinvio tra un' udienza e l' altra di fronte di un processo con un giudice monocratico. Davanti a un collegio giudicante i giorni di rinvio si riducono invece a 134 *** 3.175 indennizzi *** A Roma sono aumentate in tre anni le istanze di indennizzo per un ragionevole processo hanno ricevuto un' impennata del 476%. Nel primo semestre 2006 ne sono state registrate 3.175, contro le 17 di Milano RAPPORTO EURISPES Tribunali e cittadini. Trentacinque avvocati e quindici praticanti hanno scandagliato per cinque giorni il sistema della giustizia a Roma. I risultati saranno inviati in via Arenula, all' attenzione del ministro Mastella

Brogi Paolo

Pagina 7
(22 giugno 2007) - Corriere della Sera

 
MariaRosaDeHellagenDate: Sabato, 26/03/2011, 04:05 | Message # 49
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Video della denuncia verbale presentata da Luigi Iovino in Corte di Appello, sala delle Conferenze, il 26.10-2010 - Presente Luca Palamara ed altri magistrati e avvocati. - La denuncia è stata presentata a nome del Comitato Spontaneo Cittadini Contro la Malagiustizia

https://www.youtube.com/watch?v=uGvOC9MqFbs&feature=related

 
MariaRosaDeHellagenDate: Giovedì, 07/04/2011, 07:45 | Message # 50
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http://www.youtube.com/watch?v=VYhx06cRsIo

Al salone della Giustizia del 3 dicembre scorso, il presidente della Corte di Cassazione Vincenzo Carbone e altri componeni, si trovarono ad ascoltare grida di allarme e richieste di aiuto di cittadini vessati dal modo criminale in cui la giustizia viene amministrata da molti, troppi criminali, in un a"GOmorra Giudiziaria" che sembra non poter avere fine...
Sembrava veramente l'inizio di un dalogo ma poi, finito il "SALONE" solamente parole di circostanza tra politici e magistrati...
Hanno fatto come Totò in quel fil dove sott la giacca aveva una camicia finta... hanno speso qualche milione di euro per mostrarsi in televisione con i vestiti buoni..., ma, in fondo, sono degli straccioni dell'anima... NESSUNO ESCLUSO!!!

 
dibattitopubblDate: Sabato, 09/04/2011, 01:12 | Message # 51
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Suprema Corte della Ingiustizia, la Cassazione - ROMA


http://www.youtube.com/watch?v=Ly_GrVB-m4s&feature=related

L'edificio della Suprema Corte della Cassazione, sito in Piazza Cavour - 00193 Roma Tel. 06/68831, rispecchia fedelmente l'ingiustizia che si svolge nel suo interno da parte dei magistrati, quali i migliori stipendiati dello Stato, certamente NON per NON rispettare le norme di legge alla quale hanno giurato fedeltà, ma solo su carta. Si trova pure la Procura Generale della Repubblica presso la Corte Suprema di Cassazione, segreteria penale 06 6889 7056 ‎e segreteria disciplinare 06 68897055, Piazza Cavour, 1, 00193 Roma (attualmente diretta dal dott. Vitaliano Esposito) che offre copertura non solo ai Poteri forti, ma pure ai magistrati che rifiutano dolosamente e colposamente il loro ufficio ed emettono atti contrari alla legge, alla loro funzione pubblica.
"...In Italia la Corte Suprema di Cassazione è al vertice della giurisdizione ordinaria; tra le principali funzioni che le sono attribuite dalla legge fondamentale sull'ordinamento giudiziario del 30 gennaio 1941 n. 12 (art. 65) vi è quella di assicurare "l'esatta osservanza e l'uniforme interpretazione della legge... Una delle caratteristiche fondamentali della sua missione essenzialmente nomofilattica ed unificatrice, finalizzata ad assicurare la certezza nell'interpretazione della legge...Secondo l'articolo 111 della Costituzione ogni cittadino può ricorrere alla Corte di Cassazione per violazione di legge contro qualunque provvedimento dell'autorità giudiziaria, senza dover esperire alcun appello in materia civile o penale, o contro qualunque provvedimento che limiti la libertà personale..."- MA QUANDO MAI? Chi ha reso pubbliche queste frasi vuote avrebbe da riscriverle adeguandole alla verità dei fatti e leggere certi atti antigiuridici che emettono certi magistrati della Cassazione che posso mettere a disposizione degli interessati su espressa richiesta
dott.evapolak@yahoo.it

 
dibattitopubblDate: Sabato, 09/04/2011, 01:17 | Message # 52
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Mandato di cattura per il procuratore della Repubblica di Genova

http://www.youtube.com/watch?v=bef46PkREK0

Mi rivolgo al Popolo sovrano affinché voglia firmare urgentemente il mandato di cattura internazionale del procuratore della Repubblica di Genova, dott. Francesco Lalla domiciliato presso la Procura della Repubblica16121 Genova (GE), piazza Portoria 1 tel: 010 5692787 fax: 010 5692616, e dei suoi complici. Per i maggior dettagli vds video
"Procuratore generale di Genova evade dall'arresto",http://www.youtube.com/watch?v=9ZmCL6YL5rI
quelli rintracciabili inserendo la sigla "evapollak" e "epmct",
http://liguria.indymedia.org/node/6563
http://liguria.indymedia.org/node/6298
http://piemonte.indymedia.org/article/9998?&condense_comments=false#comme...

Detti soggetti che devono essere arrestati per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, art. 416-bis c.p., e riduzione in schiavitù, art. 600 c.p. dai caschi blu da richiamare dall'Afganistan perché le Forze dell'Ordine pubblico italiane rifiutano tale dovere a danno del Popolo italiano che paga il loro stipendio.
dott.evapolak@virgilio.it

 
dibattitopubblDate: Sabato, 09/04/2011, 01:48 | Message # 53
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TRIBUNALE DI PARMA il palazzo delle ingiustizie
Inserito da Anonimo il 14 Marzo, 2011 - 22:56

TRIBUNALE DI PARMA ...il palazzo delle in.. ...giustizie

Quello che sta accadendo negli ultimi tempi presso la sezione lavoro del tribunale di Parma,sarebbe degno del copione di un film dal titolo ALLO SCANDALO!!...anzi,alla vergogna.

Ma di film non si tratta,i copioni recitati purtroppo appartengono a scene di vita quotidiana e non a sequenze cinematografiche ,che potrebbero comunque interessare qualche regista per denunciare nefande vicende dal sapore di “amici degli amici”.

Per far capire ai nostri lettori di che cosa si tratta è bene raccontare in fila uno per uno alcuni episodi che si sono verificati ultimamente alla sezione lavoro di Parma,tant'e che addirittura alcune sigle sindacali sono addirittura arrivate a manifestare il 10 dicembre scorso tutto il loro sdegno davanti al palazzo delle ingiustizie per denunciare una situazione più che drammatica.

E' bene precisare una cosa. Fin quando si tratta di controversie giudiziarie di lavoro tra dipendenti e piccoli imprenditori,la battaglia

si combatte ad armi pari,spesso il lavoratore che ingiustamente ha subito un torto vede garantirsi i propri diritti.

Ma quando si tratta di colossi come BANCHE,AZIENDE PUBBLICHE DI TRASPORTO OD OSPEDALIERE,allora la musica cambia; anche i soprusi più eloquenti le vessazioni subite i licenziamenti ingiustificati,quelli svaniscono per mezzo di sentenze preconfezionate su misura a chi si batte contro il circolo dei potenti.

Una più che evidente connivenza tra magistrati e avvocati della lobby massonica che hanno come al solito la meglio sui poveri disgraziati,i quali vogliono fare valere i propri diritti nelle cosi dette “sedi appropriate”.

Sono alcuni casi che hanno suscitato sdegno ma sopratutto preoccupazione,come quelli che stiamo per raccontarvi.

Autore di quanto accaduto il giovane magistrato presso la sezione lavoro in forza da due anni circa.

Nel 2008,un lavoratore viene licenziato dalla più importante vetreria della nostra città,in merito a delazioni fatte da un suo collega di lavoro.

Ci sono tutti i presupposti per reintegrare il lavoratore, poiché sotto vari aspetti il licenziamento è illegittimo secondo varie sentenze delle sezioni unite della cassazione.

Ma si sa,a farla da padrone è sempre il potente,ed il giudice di fronte ad una situazione più che evidente di licenziamento improprio,decide di non reintegrare il lavoratore,ma di “riassumerlo” senza fargli vedere nemmeno l'ombra di un centesimo di euro,sia per i danni subiti che per i 24 mesi circa trascorsi senza stipendio.

L'anno successivo nel 2009,una lavoratrice in stato di gravidanza viene licenziata dalla cooperativa per la quale lavora senza alcuna motivazione.

Viene esperito il tentativo di conciliazione presso l'ispettorato del lavoro,ma nulla da fare,bisogna per forza adire alle vie giudiziarie.

Anche in questo caso,la cooperativa è una famosa politicizzata,ed il giudice riceve ordini ben precisi: il licenziamento da nullo diventa quasi legale a tutti gli effetti per la povera dipendente che si trova ad aspettare un figlio,senza uno stipendio.

Ma altri casi “PIU' PESANTI” si sono verificati ultimamente con il ritorno del ex presidente al tribunale di Parma.

Sono le vicende che riguardano diversi lavoratori della locale azienda di trasporto pubblico di parma: LA TEP.

Diversi dipendenti soggetti a sanzioni disciplinari per lo più infondate,si sono ritrovati a difendersi a proprie spese, perchè le attuali sigle in azienda si hanno rifiutato di farlo in quanto avevano deciso di non “pestare i piedi all'elefante”.

La cosa più eclatante però,e che ne ha dell'incredibile, è che quando gli stessi hanno deciso di propendere per la via legale,si sono trovati come legale della controparte,un avvocato che manco a dirlo era il fiduciario della sigla sindacale alla quale erano iscritti.

Il massone (ben conosciuto in città) sarebbe il protagonista di una serie di susseguirsi di episodi a dir poco vergognosi e di una tale gravità inaudita.

Sarebbe riuscito infatti nel corso degli anni a fare rigettare tutti i ricorsi che riguardavano licenziamenti ingiustificati,sanzioni disciplinari ecc:,ribaltando il giudizio a proprio favore,non certo per sua bravura, ma per intercessione dei piani alti del tribunale addirittura facendo condannare anche diversi lavoratori a 4000 euro di spese,al fine di intimidirli con un messaggio più evidente:”Guai se fate ancora causa”.

E così il segretario provinciale di una sigla sindacale di base nel settore traporto pubblico,dopo l'esposto al CSM,sarebbe stato convocato dallo stesso presso gli uffici di piazza indipendenza a Roma

Ora il magistrato rischia il provvedimento di sospensione cautelare,infatti secondo la sua denuncia avrebbe percepito da fonti attendibili,lauti compensi al fine di rigettare tutti i ricorsi di un'azienda di trasporto pubblico,dall'avvocato della controparte che peraltro sarebbe il fiduciario di una sigla sindacale(CGIL)

Su questa triste vicenda alcuni ricorrenti sembra che abbiano informato sia il consiglio giudiziario che il CSM.

Speriamo che tali organi possano fare luce su queste incredibili ma a dir poco vergognose vicende.

Nelle settimane scorse la voce di Parma ha pubblicato anche l'interrogazione inoltrata dal deputato del PDL Domenico Scilipoti,il quale ha chiesto che venga fatta in brevi tempi un'ispezione presso il tribunale di Parma.

Noi tutti ci auguriamo che possa essere fatta PIAZZA PULITA al più presto, segno che

un tribunale tra i più discussi d'italia,già al centro delle attenzioni per il caso Crac Parmalat e Verona Calcio,viola continuamente non solo i diritti dei lavoratori,ma anche i principi di costituzionalità e la dignità umana.

 
dibattitopubblDate: Sabato, 09/04/2011, 01:51 | Message # 54
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procuratore della repubblica di genova dichiarato in arresto
Inserito da Anonimo il 12 Novembre, 2010 - 21:03

Oggi, sono venuti a raggiungermi a Genova P.B. da Modena e C.L. (autore del sito www.mafiaspa.ch) da Pavia, per testimoniare, perché volevo avvalermi dell'articolo 383 C.p.p. nella mia qualità di pubblico ufficiale ai sensi e per gli effetti dell'articolo 357 C.P. per dichiarare in arresto il Procuratore Generale di Genova, dott. Luciano Di Noto, il Procuratore della Repubblica di Genova, dott. Francesco Lalla, i procuratori aggiunti dott. Romeo Morisani, dott. Vincenzo Calia, dott. Francesco Cozzi, i G.I.P. dott. Roberto Fenizia, dott. Roberto Fucigna, dott. Franca Borzone per i reati di cui all'art. 416-bis e 600 C.P..
Ci siamo recati nell'ufficio del dott. Di Noto, al dodicesimo piano e mi sono fatta annunciare dal segretario.
E' uscito immediatamente il dott. Di Noto per andare altrove e io l'ho dichiarato in arresto pronunciando le frasi di rito, ma lui è scappato e si è rifiugiato in un'altra stanza. IL PROCURATORE GENERALE DI GENOVA, LUCIANO DI NOTO, SI E' EVASO ALL'ARRESTO!!!
Il personale della Procura generale ha chiesto l'intervento dei Carabinieri addetti alla sicurezza, invece io ho chiamato il 112, 113, 118 chiedendo di inviare una pattuglia sul luogo. Il 118, la Guardia di Finanza, si è dichiarato incompetente subito. Le mie chiamate fatte alle Forze dell'Ordine pubblico sono state annullate dagli agenti intervenuti.
Ho confermato le mie intenzioni agli agenti del tribunale, a un maresciallo e a un agente, ma loro ci hanno invitati di recarsi nell'ufficio del pian terreno, invece di procedere per l'arresto che per loro è obbligatorio ai sensi dell'art. 380 c.p.p..
Gli Agenti hanno cercato di convincermi che io fossi nel torto. Ci hanno identificati, hanno ordinato di acquisire i Nostri certificati penali.
Reiteratamente, ho chiesto di verbalizzare l'accaduto, ma il maresciallo replicava che lui non avesse tale mansione.
Ci siamo recati al Commissariato di P.S. della Questura, in Piazza Matteotti 2, ma gli agenti in servizio non volevano prendere la denuncia evocando che i fatti non costituiscono reato e loro devono fare una preventiva valutazione in merito delle denunce.
Siamo tornati alla Procura della Repubblica per presentare una denuncia orale ai sensi dell'articolo 333 comma 2 c.p.p. al magistrato di turno che era il dott. Massimo Terrile che ha imboscato già alcune mie querele da atti non costituenti reato o a carico di "Ignoti" magistrati.
Il dott. Terrile ha rifiutato il suo ufficio, di ricevere la denuncia con l'espediente che lui non sarebbe il mio dattilografo, invitando di recarmi alla Questura e, praticamente, mi ha fatto allontanare da due agenti della Polizia giudiziaria i quali ci tenevano sotto l'occhio mentre siamo stati in Procura.
Siamo tornati presso la Questura e l'agente in servizio, su indicazioni del vice-commissario che si è presentato personalmente alla chiamata dell'agente, ha ricevuto la denuncia sull'accaduto.
Ho tentato ben tre volte l'arresto. Ho dichiarato in arresto il giudice di pace di Pistoia, avv. Chiara Guazzelli, durante un'udienza, che mi ha fatto allontanare dall'aula, ma poi fuori sono stata arrestata con false accuse, estranee alla dichiarazione di arresto della Guazzelli.
Ho cercato di dichiare in arresto anche il consiglio dei giudici della Settima sezione penale della Cassazione, il 6 ottobre 2010, con la testimonianza di P.B. di Modena, ma anche quella volta me l'hanno impedito gli agenti in servizio presso la Cassazione.
Credo che questa azione forte dimostra l'ennesima volta con quali elementi abbiamo a che fare e che loro dispongono su tutti, hanno l'appoggio pieno delle Forze dell'Ordine pubblico le quali vengono da loro usate per i loro interessi personali.
Non possimo proprio avvalerci di un Nostro diritto di legge quando le Nostre contropparti sono i magistrati.
Mi sono studiata bene la normativa, esistono non solo gli indizi, ma anche le prove certe sulla colpevolezza di questi Signori che giacciono nei loro uffici. Non avrei alcun obbligo di legge di produrle nel momento dell'arresto perché sarebbe il compito degli indaganti a verificare la colpevolezza o meno degli arrestati.
Credo che l'unico modo di cambiare il sistema attuale sia proprio questo, ma ovviamente avremmo bisogno di persone coraggiose, decise, non di chiacchiere.
Avrei voluto vedere cosa sarebbe successo se invece di tre saremmo stati una decina, una ventina. Non a caso, gli agenti hanno rifiutato di verbalizzare l'accaduto, com'è successo altrettanto presso la Suprema Corte della Cassazione.
Ormai sappiamo tutti che stiamo combattendo un Mostro che si fa chiamare Giustizia gestita da giustizieri che non si vergognano a farsi chiamare magistrati. Dobbiamo agire con lo stesso metodo di loro, altrimenti non arriviamo a nessuna parte. Le manifestazioni, le denunce a nulla servono, loro si divertono come NON riusciamo ad organizzarci.
Non ho più nulla da perdere, mi è rimasta solo la vita della quale si sono appropriati. Li affronto direttamente e NON ho nessuna paura di questi giustizieri perché alla mia parte c'è la VERITA', mentre loro vivono di Menzogna.
Il problema non ho più io, ma ce l'hanno loro perché sono loro che commettono dei reati gravissimi violando il contratto di lavoro che hanno stipulato con lo Stato che si fida di loro ciecamente senza accorgersi che questi soggetti si medesimano nello stesso Stato.
Appena avrò modo d caricare il video, renderò immortale l'evento in Youtube dedicandolo al Reo illustre EVASO.

Evita

 
AmministratoreDate: Domenica, 08/05/2011, 02:05 | Message # 55
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Tratto da https://www.facebook.com/note.php?saved&¬e_id=10150115844113653

DA QUALCHE TEMPO SI SENTE SPESSO RIPETERE, E PURE CON ENFASI, CHE ''... LE CONCLUSIONI DELLA MAGISTRATURA SONO LA VERITA’ ...''.

Invece la mia, per carità, piccola e da profano di Diritto, ma ventennale esperienza in trincea giudiziaria e… mafiosa, mi obbliga a dovere prendere consapevolezza che a depistare le indagini, a fuorviare i fatti, ad alterare i periodi e a non dire la verità, è pure certa Magistratura.

Anzi, ritengo di potere affermare sempre nel mio caso, parafrasando anche la didascalia di una sentenza, e rifacendomi alle doviziose prove documentali sempre vanamente prodotte, che nella mia vicenda una certa Magistratura non dice la verità, continua a non dirla, così favorendo le innumerevoli attività politico mafiose che hanno decretato il fallimento della società che amministravo per farla risorgere in capo a soggetti politici, per fini elettorali, clientelari ed a vantaggio di terzi.

I due fatti che seguono sono al riguardo eloquenti, e si noti bene, si parla di fatti successivi ad attentati definiti di matrice mafiosa.

Il primo è inerente un dispositivo di un GIP che dichiarando espressamente di avere esperito delle indagini, spostò arbitrariamente in avanti la data storica degli attentati da me subiti, così da un lato implicitamente colpevolizzandomi dello stato di difficoltà economica della ditta e dall’altro così favorendo la posizione del curatore della società fallita, noto politico ed avvocato, che aveva dichiarato che gli attentati erano avvenuti alcuni anni dopo la data storica.

E la novità che ho recentemente scoperto tramite internet (e che come cittadino di una Nazione cosiddetta civile, mi ha amareggiato ancora di più) è stato scoprire che il Magistrato in questione è ‘’Presidente di Sezione ANM. Superfluo aggiungere che in dieci anni non sono più riuscito a trovare un Magistrato che volesse rivedere la ‘’prepotente’’ menzogna di quel dispositivo.

Il secondo riguarda l’ennesima dimostrazione di come la Magistratura, per agevolare una controparte, pur trattandosi, ripeto, di fatti seguenti ad attentati di matrice mafiosa, per non dire il vero è arrivato persino a negare la veridicità non solo dei fatti ma addirittura degli atti rilasciati dalle Poste Italiane.

Infine un inciso.

Nel secondo episodio richiamo sostanzialmente l’operato di un Assessore Regionale. E’ lo stesso per il quale l’Ufficio del PM e del GIP del Tribunale di Messina scrivevano in un altro procedimento essere irreperibile (ne avevo parlato in ‘’malagiustizia 2° capitolo). Qualcuno mi ha chiesto chi fosse. Per mia scelta, anche opportuna e a tutela pure della mia famiglia, non faccio nomi, ma vi lascio una traccia: ‘’festeggiò con mortadella e vino’’. E giusto una Magistratura che non dice la verità può scrivere che era irreperibile.

Il primo fatto:

Il 1 febbraio 2000, l’avvocato, noto amministrativista e politico, nominato curatore della società che precedentemente amministravo, presentò una denuncia al mio indirizzo nella quel scrisse tra l’altro, che “Il fallimento è stato originato da un grave stato di insolvenza della STAT s.r.l. … tale situazione, vigente già dal 1995, si è progressivamente aggravata anche a fronte di una serie di attentati e di incendi, di presunta matrice mafiosa …”.

Essendo stato il sottoscritto, in quegli anni in causa, tra il ‘90 ed il ’96, il legale rappresentante della società, ero stato sostanzialmente colpevolizzato di essere la causa del dissesto della ditta.

Conseguentemente, a tutela della mia persona ed onorabilità, presentai presso la medesima Procura di Messina, in data 10 agosto 2000, regolare contro-denuncia contro il predetto curatore-avvocato.

Ebbene, nel proc. N. 7572/2000, l’Ufficio del PM di Messina, nel cui fascicolo non ho visto elementi di indagine, ne ha richiesto l’archiviazione “per l'infondatezza della notizia criminis” in quanto le affermazioni del Curatore sarebbero state riscontrate in una consulenza tecnica di un CTU datata 12 ottobre 2000 a sua volta contenuta in un altro procedimento, il n. 2636/2000 R.G.N.R., nella quale però si trattava di tutt’altri argomenti, ed anzi alla pagina 4 di quest’ultima era pure scritto <>. Cioè dopo quasi due anni dalla dichiarazione di fallimento del 12 gennaio 1999, era sparita buona parte della documentazione fiscale della società. L’Ufficio del Pm non aveva quindi affrontato i motivi di fatto della mia denuncia, ma persino aveva richiamato in modo elusivo, per giustificare la sua richiesta di archiviazione, una perizia di altro procedimento, la quale non aveva alcuna attinenza con i fatti oggetto della mia denuncia.

Ma addirittura l’Ufficio del GIP, nonostante la mia puntuale opposizione, ha accolto la richiesta di archiviazione con dispositivo 10419/01, affermando infondatamente tra l’altro "… che dalle indagini esperite è emerso …” (ripeto dalle indagini) ''…come tutti gli altri argomenti trattati dal curatore corrispondono alla verità … che, principalmente, il curatore rappresenta che la situazione economica della STAT, già in difficoltà fin dal 1995, si è sensibilmente aggravata a seguito di una serie di attentati e di incendi di presunta matrice mafiosa …".

Ora, come anche dalle pagine di diversi quotidiani dell’epoca, gli attentati alla società che amministravo sono invece avvenuti nel 1991 e 1992, tanto che nel ’92 fu persino disposto il presidio militare intorno all’autoparco della società con l’operazione dei ‘’Vespri Siciliani’’, ed una verità diversa, salvo fingere, non può emergere da nessuna ‘’esperita’’ indagine.

Ma cosa o chi si sta celando ???

Mi pare veramente inquietante tutto questo, tanto più che nel caso della ditta che amministravo, una nota della Prefettura di Messina affermava il 15 luglio 1995, che gli attentati erano di ‘’matrice mafiosa’’.

E una sentenza del Tribunale di Messina, la n. 730/03, ha scritto di “innumerevoli attività politico mafiose che hanno decretato il fallimento della società STAT per farla risorgere in capo ad altri soggetti”.

Peraltro, contro il superiore dispositivo del GIP, avevo ricorso fiducioso, e con notevole aggravio economico in Cassazione, rivolgendomi a ben due studi legali, uno di Messina e uno della Provincia, anche perché in quel periodo cominciavo a stare male di salute (fui dopo operato e chemio trattato) e quindi volevo essere certo che anche in mia assenza ci fosse la massima attenzione.

Ma alcuni anni dopo, mi è giunta un’ammenda di 500 euro, irroratami dalla Cassazione, con Ordinanza del 21 giugno 2005, in quanto, come si legge nella seconda pagina, era stata dichiarata l’inammissibilità del mio ricorso poiché, incredibile pure a raccontarlo, non conteneva i motivi specifici, quindi sostanzialmente era stato come presentato in bianco.

Ecco perché ho dovuto persino capire che dovevo prendermi un avvocato penalista di un’altra Regione.

Il secondo fatto:

Da anni denuncio pure, con tanto di prove documentali, che anche la revoca delle concessioni alla società che amministravo è stata effettuata attraverso un atto di preordinato abuso. E soprattutto l’assegnazione delle stesse è stata disposta mediante una gara alterata per tabulas al fine di trasferirle per Decreto Regionale alla società di Proprietà della Regione Siciliana, nella quale ne hanno creato un’altra, fotocopia di quella che amministravo, ma con capitale pubblico e con un consiglio di amministrazione di dieci persone, più cinque sindaci e cinque amministratori (insomma più dei dipendenti).

Infatti, l’Assessorato Regionale Trasporti, con lettera datata 28 gennaio 1998, pervenuta all’allora società che amministravo il successivo 30 gennaio, richiese una risposta sulla ripresa dei servizi entro cinque giorni dalla ricezione e comunque per necessità logistiche entro il 28 febbraio 1998.

La società, quindi il sottoscritto legale rappresentante, diede immediato riscontro il successivo 3 febbraio 1998, ribadendo pure che necessitava dei vitali contributi dovutile per legge per potere continuare l’attività.

Ma, stranamente, la ricevuta di ritorno a quella risposta porta la data di ricezione presso l’Assessorato Regionale “18 marzo 1998”, quando invece la dichiarazione delle Poste di Palermo del 27 maggio 1998 in ordine all’avvenuta consegna, la fissava il “23.2.98”.

E’ chiaro che era stata manipolata la data della ricevuta di ritorno.

Ma vi è di più.

Nonostante da un lato l’Assessorato Regionale Trasporti avesse concesso i 30 giorni di termini alla ditta, dall’altro con Decreto n. 56 del 9 febbraio 1998 , in modo del tutto prepotente, revocò anticipatamente le concessioni all’azienda, quindi ben 20 giorni prima, sul tempo di scadenza concesso, che va ricordato era il 28 febbraio 1998, evidentemente sicuro che la lettera di risposta della società sarebbe risultata ricevuta molto oltre la data concessa.

Tra l’altro, immediatamente dopo detta revoca, e precisamente il 10 febbraio 1998, l’Assessorato Regionale inviò un comunicato stampa, a firma dell’allora Assessore Regionale (quello della mortadella e vino - l'irreperibile), trasmettendolo anche alla Gazzetta del Sud (che lo ha pubblicato il giorno dopo), indicendo per il 19 febbraio ‘98 una gara di appalto in cui era scritto “… Scopo della riunione è quello di procedere all’affidamento contestuale dell’intero complesso aziendale – autolinee e personale – della Società … S.r.l. ad altra impresa …”, come testualmente poi ribadito nel D.A. n. 82/2tr del 18 marzo 1998 (a firma dell’allora stesso Assessore Regionale) nel quale si affermava alla prima pagina, che “Visto il D.A. n. 56/2tr del 9.2.98, con il quale si è proceduto alla formalizzazione della revoca delle concessioni di autolinee alla STAT … al fine di procedere all’affidamento contestuale dell’intero complesso aziendale ex STAT s.r.l. – autolinee e personale – compreso … ad altra impresa … è stata indetta per il giorno 19.2.98 apposita riunione …”. Per evitare problemi futuri risultò modificata la data di ricezione della raccomandata della società, spostandola di un mese e mezzo.

Quindi, il programma criminoso che trovava la sua ideazione nell’anno 1994, con le preordinate dichiarazioni dell’aprile di quell’anno presso la Stazione dei Carabinieri fatte sottoscrivere ai lavoratori contro il sottoscritto, allora legale rappresentante della società, per innescarmi il procedimento penale 2043/96 per “truffa aggravata” (dal quale sono stato poi prosciolto) al fine di bloccare i contributi alla ditta per farla cessare così da acquisirne il ‘’complesso aziendale’’ (concessioni, personale, contributi, utenza) ha trovato poi esecuzione nell’anno 1998.

La falsificazione degli atti (la cartolina di ritorno) era del 1998.

La gara era del 1998.

L’affidamento ad una nuova società, quella della Regione Siciliana, era del 1998, mentre la ditta che amministravo è stata dichiarata fallita nel 1999.

Ma né basta.

La nuova società a partecipazione pubblica regionale, continuava ad operare sulla base di una gara alterata e grazie alla compiacenza di forze politiche, per come già sopra descritto.

Ora, anche in merito a questi fatti, avevo pure presentato una documentata denuncia alla Procura di Messina, il cui Ufficio del PM mi ha notificato in data 1 febbraio 2007 la relativa richiesta di archiviazione in quanto, seppure da un lato ne aveva riconosciuto i fatti, dall’altro ne aveva ravvisato la prescrizione.

Ho quindi inoltrato, in data 10 febbraio 2007, opposizione al GIP nel relativo procedimento 937/07, riportando testualmente gli appena sopra descritti fatti, con rispettive date, relativi alla procedura di revoca delle concessioni alla ditta che amministravo, poiché conseguentemente, così come dettomi dai miei legali, non ritenevo che vi fossero gli estremi di prescrizione, stante che quegli avvenimenti si erano consumati nel 1998.

Ebbene, il GIP di Messina, in data 6 maggio 2008, ne ha disposto l’archiviazione, senza neanche indire l’udienza camerale, dichiarando <<… n. 1826/07 R.G.GIP - TRIBUNALE DI MESSINA – Sezione del giudice per le indagini preliminari – DECRETO DI ARCHIVIAZIONE – Il Giudice … ritenuto che la suddetta opposizione appare inammissibile ed infondata… atteso che, rispetto alla denuncia originaria, non vengono indicati nuovi conducenti elementi di prova; Ritenuto, nel merito, che sono pienamente condivisibili le argomentazioni addotte dal P.M. a sostegno della richiesta di archiviazione, da intendersi qui integralmente riportate … Dispone l’archiviazione …>>.

Invece, seguito legalmente, avevo puntualizzato i periodi riportati nella mia opposizione, poiché il PM aveva chiesto l’archiviazione per motivi di prescrizione, mentre gli elementi da me sostenuti e ribaditi nell’opposizione ne avrebbero dovuti mantenere aperti i termini di prescrizione per almeno altri cinque anni.

E, soprattutto, quale procedura logico-giuridica ha potuto fare scrivere al Gip di Messina che la mia opposizione era “infondata” se tutto era documentalmente ricostruito ed allegato (come d’altronde ho sempre fatto) ?

CHIEDO DUNQUE AI MAGISTRATI CHE OGNI GIORNO SONO IMPEGNATI A COMBATTERE LA MAFIA E LA MAFIOSITA’, MA TUTTO QUESTO COME SI CHIAMA ?

 
Eugenio_TravaglioDate: Giovedì, 12/05/2011, 01:52 | Message # 56
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http://www.rainews24.rai.it/it/news.php?newsid=152652

L'ex capo del pool Mani Pulite ed ex procuratore generale di Milano su Berlusconi.

Borrelli: "I magistrati un cancro? Trivialità da strada"

Dal 2002 ad oggi, cioe' da quando all'inaugurazione dell'anno giudiziario pronuncio' il suo famoso "Resistere, Resistere, Resistere", "si resiste meno", ha sottolineato l'ex capo di mani Pulite: "la pubblica opinione e' debole e forse non esiste piu' nemmeno".

Definire i magistrati "cancro e metastasi" e' "una trivialita' da strada". Lo ha detto Francesco Saverio Borrelli, ex capo del pool Mani Pulite ed ex procuratore generale di Milano, presente al palazzo di giustizia milanese al termine della cerimonia in ricordo di Giorgio Ambrosoli, Emilio Alessandrini e Guido Galli, avvenuta nell'ambito della giornata della memoria nell'ambito del terrorismo.
Borrelli, rispondendo alle domande dei giornalisti, ha osservato che dal 2002 ad oggi, cioe' da quando all'inaugurazione dell'anno giudiziario pronuncio' il suo famoso "Resistere, Resistere, Resistere", "si resiste meno, la pubblica opinione e' debole e forse non esiste piu' nemmeno".
Inoltre, a chi gli ha fatto notare che poche ore prima il presidente del consiglio nello stesso atrio in cui e' avvenuta la cerimonia ha ripetuto che i Pm sono un "cancro" da estirpare, Borrelli ha replicato sottolineando che i rappresentanti delle istituzioni presenti oggi pomeriggio, non hanno preso le distanze da quelle parole: "E' schizofrenico. Sono stupito che nessuno dei rappresentanti delle istituzioni presenti lo abbia sottolineato. Se ci fosse stata una piu' precisa separazione di responsabilita' rispetto a quello che e' il loro capo in testa, sarebbe stato meglio. Sarebbe stato doveroso - ha proseguito - prendere atto che poco prima il loro referente di maggioranza ha detto certe cose". "Forse - ha proseguito l'ex procuratore generale di Milano - e' stato un errore dell'associazione nazionale magistrati offrire un palcoscenico a personaggi che non se lo meritano". A chi gli ha ricordato che questa mattina il premier ha parlato di "pm cattivi" e "giudici buoni", Borrelli ha detto che e' "una stupidaggine, perche' i giudici che sono buoni sono quelli che hanno applicato la prescrizione, ma ci sono giudici che lo hanno rinviato a giudizio, quelli delle indagini preliminari, e sono giudici anch'essi e che hanno partecipato al complotto". L'ex procuratore di Milano ha inoltre sottolineato: "Non dobbiamo parlare di scontro tra i poteri dello Stato, quando in sede giudiziaria vengono colpiti dei personaggi politici". Per Borrelli, semmai, "c'e' un potere che fa il proprio dovere e ci sono persone delle alte sfere del mondo della politica che non fanno il loro dovere. E questa non e' contrapposizione tra poteri". Infine, l'ex capo del pool Mani Pulite, ha anche dichiarato di non poter dimenticare che "Berlusconi tempo addietro aveva definito i magistrati come una razza antropologicamente differente dalle persone comuni. Puo' darsi sia cosi' - ha concluso -, se vogliamo riferirci ai magistrati come Galli e Alessandrini".

 
dibattitopubblDate: Giovedì, 12/05/2011, 20:05 | Message # 57
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Oggi il carcere è vendetta: quasi impossibile per il detenuto il ritorno alla società. Così l’indulto è una porta girevole

di Gianni Furlanetto
http://www.giannifurlanetto.it/

Il libro di Federico Stella, La giustizia e le ingiustizie, appena uscito per i tipi del Mulino, è l’ultima provocazione intellettuale postuma che il grande penalista, purtroppo da poco scomparso, ha voluto lasciarci. In apparenza Stella parte da una meditazione di carattere filosofico, avvertendo subito peraltro che da tale meditazione non si giungerà a nulla, per cercare una definizione del concetto di giustizia, ma sceglie come filo conduttore della sua indagine quella desunta dall’etica popolare. L’unica fonte dell’idea di giustizia è l’esperienza stessa dell’ingiustizia e del male che ne costituisce la base.

La giustizia, dunque, è la riparazione di un torto, di un’ingiustizia. Ma Stella si interroga su come sia possibile pensare di riparare i torti, quando si tratti di quelli subiti dalle vittime degli attacchi terroristici, o, per tornare più indietro nel tempo, dai desaparecidos argentini, dalle vittime dell’Olocausto, e così via. E, con l’eleganza del suo pensiero, dopo averci condotto per mano a solidarizzare con tutte le vittime innocenti dei tragici eventi che hanno da sempre ciclicamente colpito l’umanità, Stella rovescia l’angolo visuale, mostrando l’atrocità della «riparazione del torto», partendo dagli esempi palesi della pena di morte e dalla ineluttabile constatazione che i colpevoli non sono mostri, ma degli uomini normali. Stella riprende le mirabili pagine di Hannah Arendt (La banalità del male) dedicate al processo ad Eichmann, nel quale i giudici «sapevano che sarebbe stato quanto mai confortante poter credere che Eichmann era un mostro (…).

Ma il guaio del caso Eichmann era che di uomini come lui ce n’erano tanti e che questi tanti non erano né perversi né sadici, bensì erano, e sono tuttora, terribilmente normali». Stella aggiunge: «Bisogna dunque avere il coraggio di dire che la condanna di Eichmann costituì un’ingiustizia (…): il dibattimento era inesistente; il giudice Landau era un cittadino di Israele e, in quanto tale era da considerare parte lesa; la difesa non ebbe alcuna possibilità di azione, non potendo nemmeno convocare testimoni a suo favore ». I difetti di questo processo, individuati da Stella sono incredibilmente gli stessi riscontrati recentemente dalla Corte Suprema degli Stati Uniti, nel procedimento Hamdamv. Rumsfeld.

L’ingiustizia non sta nella punizione del colpevole, ma nell’impedire, a chi non sia ancora stato giudicato tale, di potersi difendere con i mezzi che sono costituzionalmente garantiti in uno Stato di diritto. C’è, in Stella, la stessa indignazione verso un processo ingiusto o una giustizia sommaria, di quella espressa sabato 23 settembre da Piero Ostellino sulle colonne di questo giornale, che ricordava: «Per la cultura liberale sono preferibili dieci colpevoli in libertà a un solo innocente in prigione. Si chiama garantismo o, meglio, Stato di diritto; sotto il profilo storico, civiltà. Ciò non significa, evidentemente, essere dalla parte dei colpevoli ma, semplicemente, per i diritti dell’accusato. Si chiama presunzione di innocenza.

Per le culture autoritarie sono preferibili dieci innocenti in prigione a un solo colpevole in libertà. Si chiama giustizialismo, o meglio Stato etico; sotto il profilo storico barbarie. Ciò non significa infatti essere dalla parte della giustizia ma, piuttosto, contro i diritti dell’Uomo». La riparazione dell’ingiustizia subita dalle vittime dell’Olocausto venne allora compiuta attraverso un’altra ingiustizia, speculare e altrettanto crudele. Ed ecco che la giustizia diventa vendetta; tale equazione è tranquillamente ammessa dagli studiosi nordamericani, che quasi con orgoglio ne rintracciano le origini nella legge del taglione. Ma l’adozione della pena di morte, esempio emblematico del binomio giustizia-vendetta, non svolge neppure alcun effetto di deterrenza, se sono corrette le conclusioni dell’indagine cui giungono due studiosi nordamericani, Bonner e Fessender, che stigmatizzano l’aumento degli omicidi negli Stati che applicano la pena di morte, mentre sono diminuiti negli Stati che la vietano.

Ma, prosegue Stella, anche il carcere è vendetta, sicché anche i Paesi europei, dove la pena di morte è bandita, non sono culturalmente diversi da quelli che invece la adottano. Anzi. Il carcere rappresenta nei Paesi industrializzati uno strumento di straordinaria ingiustizia, un luogo di esclusione di esseri superflui, di annullamento della persona umana. Le conseguenze che la detenzione ha sugli esseri umani sono devastanti. Il carcere è tornato in auge dopo che gli è stata consegnata una nuova funzione, quella di costituire un mezzo civilizzato e costituzionale per segregare la popolazione la cui problematicità è stata creata da meccanismi sociali ed economici.

Le carceri, in tutti i Paesi del mondo, raccolgono per la massima parte le «vite di scarto», per usare la definizione di Bauman, cioè immigrati, tossicodipendenti, poveri, disoccupati, analfabeti. Per un ex detenuto il ritorno alla società è quasi impossibile e il ritorno alla galera quasi certo. La recente esperienza italiana dell’indulto pare confermare la metafora della «porta girevole», per quei soggetti che appartengono alle categorie individuate da Bauman. Vittime e colpevoli tendono inevitabilmente ad assomigliarsi, e sono accomunati nel loro destino, perché fanno entrambi parte della umanità «superflua».

La società che vive fuori dalle mura del carcere tende a rimuovere la realtà sgradevole e considerare certi criminali malvagi e dunque diversi, raggiungendo l’indifferenza morale. Questo è senza dubbio il passo più toccante del saggio, una sorta di testamento dell’autore. Il senso è di una profonda sfiducia verso il diritto penale, che punisce, ma non ripara, e si rifugia nell’illusione (o nella finzione) della rieducazione del condannato. Ma, terminata la parte destruens, dal carcere, dalla sofferenza, Stella riparte per costruire la sua personale teoria della giustizia. Ed è l’esperimento di Kiran Bedi, la direttrice del carcere di Nuova Delhi, il fatto ispiratore. L’esperienza dell’introduzione della meditazione all’interno del carcere, raccontata nel bellissimo libro La coscienza di sé.

Solo il risveglio delle coscienze e il formarsi di una coscienza di sé e del significato degli atti compiuti a danno degli altri permette all’uomo detenuto di capire le ragioni della propria rabbia, dell’odio e della violenza commessa. E Stella pone la capacità necessaria per raggiungere la coscienza di sé come primo pilastro dell’opera di giustizia. Una società è giusta se riesce a disinnescare le pulsioni negative presenti in ciascuno di noi (come Primo Levi ricordava nel suo Se questo è un uomo), fonti delle ingiustizie in cui vive l’umanità. Il male può essere minimizzato o azzerato solo attraverso una rinascita della «capacità di pensare», che «renda possibile il raggiungimento della coscienza di sé e la scoperta della propria ombra». Il secondo pilastro dell’opera di giustizia è invece da Stella individuato nella giustizia del primo passo, il riconoscimento dell’Altro essere umano come soggetto degno di rispetto (secondo l’insegnamento di Lévinas), che Stella concepisce come principio generale, presente in tutte le religioni.

Esistono idee sulla giustizia comuni a tutte le religioni (quel che non desideri per te, non farlo neppure ad altri uomini), così come esistono precetti identici e così forti da diventare indispensabili e universali, come quel passo del Corano che impone la regola: «Ricambia il male con il bene, cosicché il tuo nemico diverrà il tuo amico più caro». L’idea di giustizia di Stella, dunque, coinvolge in modo decisivo il credo religioso. Da profondo credente quale era, reputa che il cristianesimo e l’islam possano svolgere un grande potenziale sul terreno della giustizia. «La giustizia umana dovrebbe realizzarsi come immagine della giustizia divina». Le religioni, grazie alla constatazione di numerosi punti di contatto, possono offrire un contributo irrinunciabile alla costruzione di un mondo più giusto. Proprio l’amicizia profonda che mi legava a Stella, al di là delle differenze di posizioni teoriche che potrebbero essere giustificate da visioni diverse (la mia profondamente laica, e la sua intimamente cristiana), mi consente di proseguire il suo discorso sul modello Barak (l’ex presidente della corte israeliana), nel tentativo di individuarne le radici culturali e teoriche.

Stella conclude il proprio saggio con la presentazione di questo «modello», attribuendogli, unico esempio, la capacità di far emergere l’idea di giustizia. Il modello è caratterizzato dalla capacità di protezione assoluta dei diritti individuali, anche dei nemici. Ed è questo, presumibilmente, l’aggancio tra il modello di Barak e la tesi dell’Autore. La protezione assoluta dei diritti individuali, anche dei «nemici» è avvicinata al modello biblico della giustizia del primo passo, ovvero il riconoscimento dell’Altro come soggetto degno di rispetto. Ritengo invece che, a prescindere dalla circostanza se sia possibile parlare di «modello » per quello ipotizzato da Barak, il principio di protezione assoluta dei diritti degli Altri trovi la sua origine nell’opera di Francisco De Vitoria, il giurista domenicano che insegnava nel 1500 all’Università di Salamanca, e che nel 1513 (Relectio de Indis), aveva chiesto agli Stati conquistatori delle Indie di riconoscere agli indiani gli stessi diritti dei conquistadores.

Sulle riflessioni del De Vitoria si è costruito il diritto internazionale e ciò che noi chiamiamo oggi «diritti umani». Ed è proprio dal riconoscimento dei diritti umani che occorre partire, anche come luogo di una possibile ricomposizione tra etica religiosa ed etica laica. Il «modello Barak», fortunatamente, trova applicazione concreta anche nelle pronunce della Corte Suprema degli Stati Uniti che, il 30 giugno 2006, si è pronunciata sull’estensione dei principi del giusto processo al presunto terrorista Hamdam. Catturato in Afghanistan nel novembre 2001, dopo un solo anno di carcerazione Hamdam viene definito «enemy combatant» e dunque passibile del giudizio di una commissione militare appositamente costituita, con l’accusa di complotto.

La difesa di Hamdam obietta che la commissione non può giudicare sia perché né leggi internazionali, né leggi del Congresso degli Stati Uniti prevedono questo processo per il reato di complotto, sia perché la procedura adottata per processarlo viola i principi basilari delle leggi militari e internazionali, come la Convenzione di Ginevra. Il governo degli Stati Uniti chiede che sia respinta la richiesta della difesa di Hamdam. Inoltre il governo chiede che le corti non militari non possano giudicare e debbano attendere la cessazione delle attività di guerra. Vi sono molti elementi in comune tra questo caso, poi risolto brillantemente dalla Corte Suprema, e quello di Eichmann. Questa è anche la posizione ferma e decisa di Barak, sulla quale si sofferma e conclude Stella: non si tratta di chiedersi quanto grave debba essere l’emergenza per poter giustificare l’uso di certi mezzi; anche ammesso che l’emergenza esista, ciò non autorizza violazioni dei diritti, poiché non c’è modo di tornare indietro.

Un errore giudiziale è molto più grave e permanente perché crea precedenti che non si possono eliminare e che resteranno, soprattutto nei sistemi di common law, nella giurisprudenza del Paese. Mentre un ordine militare, costituzionale o anticostituzionale, una volta terminata l’emergenza, cessa di avere validità, una sentenza che lo giudichi corretto entra definitivamente nelle pronunce di common law. Barak poi, replica all’affermazione di Rehnquist sull’opportunità di sospendere i giudizi sui diritti umani, fino al termine delle ostilità. Questo è un passo fondamentale della posizione di Barak. Al quale aderisce pienamente Stella. Barak risponde a Rehnquist che si pronuncerà sui casi non appena questi gli saranno presentati. «Non rimanderò la sentenza al momento in cui la guerra al terrorismo sarà terminata, perché il destino di un essere umano non può rimanere in sospeso ». La tutela dei diritti umani fallirebbe se, durante un conflitto armato, le corti decidessero di attendere la fine del conflitto.

Non si tratta qui di minimizzare, e Stella mirabilmente nel suo libro ci ricorda a quanti episodi di crudeltà efferata è stata sottoposta l’umanità nel corso dei secoli, il problema della sicurezza di un Paese e dei suoi cittadini. La sintesi tra sicurezza nazionale e libertà individuale riflette la ricchezza e la fertilità del principio della rule of law e in generale della democrazia. Lo ha ben descritto proprio Barak, che riprende il tema del ruolo dello Stato di diritto nel terrorismo. Non v’è dubbio che esso provochi uno stato di tensione tra i poteri dello Stato, perché vi sono da considerare e contemperare le opposte esigenze di libertà e di sicurezza. Il principio della divisione dei poteri può garantire un ruolo determinante al diritto nella guerra al terrorismo. Decidere ed individuare quale sia il contemperamento tra l’interesse del popolo alla sicurezza e quello del rispetto dei diritti umani è precipuo compito del potere politico. Tale potere deve però, in ogni sistema veramente democratico rendere conto alla magistratura che, autonoma e indipendente, ha il compito di salvaguardare i principi della democrazia e verificare se gli strumenti adottati dal potere politico per combattere il terrorismo sono conformi ai principi costituzionali che lo Stato si è dato.

GUIDO ROSSI

La vera giustizia Guido Rossi sul libro del penalista Federico Stella.
Il giustizialismo, l’etica e lo stato di diritto

27 settembre 2006

fonte http://www.corriere.it/Primo_Piano/Documento/2006/09_Settembre/27/guidorossi.shtml

 
dibattitopubblDate: Giovedì, 12/05/2011, 20:21 | Message # 58
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