SEPARAZIONE, MEDIAZIONE e AFFIDAMENTO DEI FIGLI
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dibattitopubbl | Date: Mercoledì, 12/08/2009, 04:11 | Message # 1 |
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| AFFIDAMENTO CONDIVISO Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli Il testo della legge definitivamente approvato il 24 gennaio 2006 Art. 1. Modifiche al codice civile 1. L’articolo 155 del codice civile è sostituito dal seguente: “Art. 155. - (Provvedimenti riguardo ai figli) – Anche in caso di separazione personale dei genitori il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.Per realizzare la finalità indicata dal primo comma, il giudice che pronuncia la separazione personale dei coniugi adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa. Valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli. Prende atto, se non contrari all’interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori. Adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole. La potestà genitoriale è esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all’istruzione, all’educazione e alla salute sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice. Limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice può stabilire che i genitori esercitino la potestà separatamente. Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando: 1) le attuali esigenze del figlio; 2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori; 3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore; 4) le risorse economiche di entrambi i genitori; 5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore. L’assegno è automaticamente adeguato agli indici ISTAT in difetto di altro parametro indicato dalle parti o dal giudice. Ove le informazioni di carattere economico fornite dai genitori non risultino sufficientemente documentate, il giudice dispone un accertamento della polizia tributaria sui redditi e sui beni oggetto della contestazione, anche se intestati a soggetti diversi”. 2. Dopo l’articolo 155 del codice civile, come sostituito dal comma 1 del presente articolo, sono inseriti i seguenti: “Art. 155-bis. - (Affidamento a un solo genitore e opposizione all’affidamento condiviso) – Il giudice può disporre l’affidamento dei figli ad uno solo dei genitori qualora ritenga con provvedimento motivato che l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse del minore. Ciascuno dei genitori può, in qualsiasi momento, chiedere l’affidamento esclusivo quando sussistono le condizioni indicate al primo comma. Il giudice, se accoglie la domanda, dispone l’affidamento esclusivo al genitore istante, facendo salvi, per quanto possibile, i diritti del minore previsti dal primo comma dell’articolo 155. Se la domanda risulta manifestamente infondata, il giudice può considerare il comportamento del genitore istante ai fini della determinazione dei provvedimenti da adottare nell’interesse dei figli, rimanendo ferma l’applicazione dell’articolo 96 del codice di procedura civile. Art. 155-ter. - (Revisione delle disposizioni concernenti l’affidamento dei figli) – I genitori hanno diritto di chiedere in ogni tempo la revisione delle disposizioni concernenti l’affidamento dei figli, l’attribuzione dell’esercizio della potestà su di essi e delle eventuali disposizioni relative alla misura e alla modalità del contributo. Art. 155-quater. – (Assegnazione della casa familiare e prescrizioni in tema di residenza) – Il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli. Dell’assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l’eventuale titolo di proprietà. Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l’assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio. Il provvedimento di assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili e opponibili a terzi ai sensi dell’articolo 2643. Nel caso in cui uno dei coniugi cambi la residenza o il domicilio, l’altro coniuge può chiedere, se il mutamento interferisce con le modalità dell’affidamento, la ridefinizione degli accordi o dei provvedimenti adottati, ivi compresi quelli economici. Art. 155-quinquies. - (Disposizioni in favore dei figli maggiorenni) – Il giudice, valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico. Tale assegno, salvo diversa determinazione del giudice, è versato direttamente all’avente diritto. Ai figli maggiorenni portatori di handicap grave ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, si applicano integralmente le disposizioni previste in favore dei figli minori. Art. 155-sexies. - (Poteri del giudice e ascolto del minore) – Prima dell’emanazione, anche in via provvisoria, dei provvedimenti di cui all’articolo 155, il giudice può assumere, ad istanza di parte o d’ufficio, mezzi di prova. Il giudice dispone, inoltre, l’audizione del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento. Qualora ne ravvisi l’opportunità, il giudice, sentite le parti e ottenuto il loro consenso, può rinviare l’adozione dei provvedimenti di cui all’articolo 155 per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell’interesse morale e materiale dei figli”. Art. 2. Modifiche al codice di procedura civile 1. Dopo il terzo comma dell’articolo 708 del codice di procedura civile, è aggiunto il seguente: “Contro i provvedimenti di cui al terzo comma si può proporre reclamo con ricorso alla corte d’appello che si pronuncia in camera di consiglio. Il reclamo deve essere proposto nel termine perentorio di dieci giorni dalla notificazione del provvedimento”. 2. Dopo l’articolo 709-bis del codice di procedura civile, è inserito il seguente: “Art. 709-ter. - (Soluzione delle controversie e provvedimenti in caso di inadempienze o violazioni) – Per la soluzione delle controversie insorte tra i genitori in ordine all’esercizio della potestà genitoriale o delle modalità dell’affidamento è competente il giudice del procedimento in corso. Per i procedimenti di cui all’articolo 710 è competente il tribunale del luogo di residenza del minore. A seguito del ricorso, il giudice convoca le parti e adotta i provvedimenti opportuni. In caso di gravi inadempienze o di atti che comunque arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell’affidamento, può modificare i provvedimenti in vigore e può, anche congiuntamente: 1) ammonire il genitore inadempiente; 2) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti del minore; 3) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti dell’altro; 4) condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, da un minimo di 75 euro a un massimo di 5.000 euro a favore della Cassa delle ammende. I provvedimenti assunti dal giudice del procedimento sono impugnabili nei modi ordinari”. Art. 3. Disposizioni penali 1. In caso di violazione degli obblighi di natura economica si applica l’articolo 12-sexies della legge 1º dicembre 1970, n. 898. Art. 4. Disposizioni finali 1. Nei casi in cui il decreto di omologa dei patti di separazione consensuale, la sentenza di separazione giudiziale, di scioglimento, di annullamento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio sia già stata emessa alla data di entrata in vigore della presente legge, ciascuno dei genitori può richiedere, nei modi previsti dall’articolo 710 del codice di procedura civile o dall’articolo 9 della legge 1º dicembre 1970, n. 898, e successive modificazioni, l’applicazione delle disposizioni della presente legge. 2. Le disposizioni della presente legge si applicano anche in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, nonché ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati. Art. 5. Disposizione finanziaria 1. Dall’attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. * * * L'articolo 709 ter C.P.C. A partire dal 2006 può essere applicato anche l'articolo 709 ter del codice di procedura civile, introdotto dalla legge sull'affidamento condiviso. Prevede che il genitore che non rispetta i provvedimenti del giudice possa essere sanzionato e condannato a corrispondere, a titolo di risarcimento danni, una somma a favore del figlio e dell'altro genitore, oltre che condannato a una pena pecuniaria a favore dello Stato. L'articolo si applica sia quando uno dei due genitori impedisce all'altro di stare con il figlio, sia quando il genitore non convivente con il ragazzo non lo frequenta (o non lo frequenta per i tempi e modalità stabilite dal giudice). In altre parole, ogni volta che non viene rispettato dai genitori il provvedimento del Giudice, può essere chiesta l'applicazione della sanzione prevista dall'articolo 709ter del codice di procedura civile. Il primo provvedimento che ha applicato l'articolo 709ter è stato preso dalla Corte di Appello di Firenze su istanza presentata dallo Studio Legale Associato CNTTV a mezzo degli avvocati Iacopo Tozzi e Marco Antonio Vallini. Il caso è finito in Corte di Appello per motivi contingenti. Nelle more dell'inadempimento, vi era in corso un procedimento per confermare l'affidamendo condiviso e per stabilire e ampliare i tempi e le modalità a suo tempo stabilite dal Tribunale di permanenza del figlio con il padre. Il 709 ter c.p.c. prevede che il Giudice, in caso in cui un genitore disattenda i provvedimenti del Tribunale, ed in particolare quelli riguardanti le modalità di frequentazione con il figlio applichi delle sanzioni. La norma prevede, nei casi più gravi, addirittura la revoca dell'affidamento e comunque la sanzione a carico del genitore inadempimento di una pena pecuniaria a favore del figlio, dell'altro genitore, a favore dello stato e, infine, una ammonizione. Il procedimento ex art. 709 ter c.p.c. è veloce e snello perchè non necessita di alcun accertamento, ma è sufficiente dimostrare che l'altro ex coniuge non ha dato la possibilità al figlio di stare con il genitore e i motivi sono del tutto ininfluenti ed irrilevanti. Uno degli elementi fondamentali introdotti da questa sentenza è che il risarcimento al figlio è avvenuto indipendentemente, anzi, in assenza proprio, di un qualsivoglia accertamento tecnico d'ufficio volto a quantificare il danno, la sofferenza del minore. Questo principio cardine potrà essere d'ora in poi richiamato in altre cause come ad esempio nel già citato "caso Varese". Sempre più spesso anche in caso di ricorso ex 709ter il giudice per decidere chiede una Consulenza Tecnica d'Ufficio. In certi casi gravi il giudice può disporre l'allontanamento del minore dal genitore alienante. Questi casi di allontanamento avvengono sempre più stesso anche in conseguenza delle false denunce. * * * http://www.affidamentocondiviso.it/ - approffondimenti e sentenze su affidamento condiviso
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MariaRosaDeHellagen | Date: Lunedì, 08/03/2010, 06:51 | Message # 2 |
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| ROMA, Cassazione - No ad assegno di divorzio per ex moglie che può lavorare - Ex moglie che non si attiva per cercare un lavoro non ha diritto all'assegno di mantenimento (sent. 12292/2005 e 42631/2009) ROMA, Cassazione Penale - 4.11.2009 - (s.42370) - REATO ALLONTANARE I FIGLI DAL PADRE - Rischia il carcere per sottrazione di minore il genitore che, pur essendo affidatario del figlio, lo porta lontano dall'altro genitore anche se dichiara dove si trova ed ha acconsentito ai contatti telefonici. Infatti, dice la Cassazione "il ruolo di genitore non si può esplicare solo con conversazioni telefoniche o con visite saltuarie". FERRARA, I° grado - 13 Ottobre 2009 - RICONOSCIUTI I DANNI DEL MONOPOLIO PSICOLOGICO - Madre separata condannata per iperprotettività verso il figlio: "ha condizionato negativamente il suo sviluppo psicofisico. Isolandolo. [..] maltrattamenti aggravati, iperprotettività capace di fare più danni di botte e insulti" ROMA, Cassazione - 21 Agosto 2009 - CONDANNATA PERCHE' ASSECONDA I RIFIUTI DEL FIGLIO - Risarcimento danni morali su denuncia avanzata dal padre verso la ex moglie che "assecondava il rifiuto della figlia minore a frequentare il padre". ROMA, Cassazione - 26 maggio 2009 - NO AI LIMITI DI TEMPO TRA PADRE E FIGLIO - "diritto di padre e figlio a vedersi senza limiti di tempo o calendario prefissato" - confermato il diritto del padre separato a vedere il figlio, convivente con la ex moglie, senza limiti o giorni prefissati. - (Tg1 Rai) BARI, I° Grado - 10 Marzo 2009 - MADRE PERDE L'AFFIDAMENTO PERCHE' CAMBIA RESIDENZA - "il genitore collocatario non può trasferire i figli in altra residenza se il giudice non ha verificato i presupposti" - (il giudice ha ripristinato le condizioni precedenti, ha affidato il figlio al padre, ed ordinato in capo alla madre l'assegno di mantenimento per la prole da corrispondere al padre) FIRENZE, Corte d'Appello - 13 febbraio 2009 - ALIENAZIONE GENITORIALE (PAS) Madre dovrà risarcire il padre di 1000 euro oltre a sostenere le spese generali. La Corte ha riconosciuto la patologia denominata PAS (alienazione genitoriale) sanzionando il genitore alienante (che l'ha messa in atto). ROMA, Cassazione - 22 OTTOBRE 2008 - NON E' REATO OFFENDERE LA EX. CHE NEGA LE VISITE "Quando il diritto di visita è compromesso, non fa reato il genitore che dà in escandescenze e offende l'ex.." - Cassazione sottolinea con sentenza 39411 l'importanza per i papà separati di vedere i figli senza limitazioni. ROMA, Cassazione - 30 giugno 2008 - AFFIDO CONDIVISO "E' LA REGOLA, NON L'ECCEZIONE" Il minore va affidato ad entrambi "anche in caso di conflittualità fra i coniugi". (c.cassazione, sentenza 16593) FIRENZE, Corte d'Appello - 26 febbraio 2008 - PRIMA SENTENZA STORICA DI RISARCIMENTO - "Mamma dovrà risarcire il figlio, non gli permise di vedere il papà." - Risarcito anche il padre. - (pagina da "Il Giornale") - (pagina da "www.repubblica.it") - (servizio Tg1) - (servizio Tg3) * * * www.paternita.info ITALIA, aggiornato al 12/11/09 ROMA, Cassazione – 4 novembre 2009 - (s. 42370) - “Reato allontanare i figli dal padre. I soli contatti telefonici non sono sufficienti ad esplicare il giusto ruolo genitoriale” (ADIANTUM.IT) - Duro colpo inferto dalla Cassazione ai trasferimenti arbitrari di residenza della prole. Rischia infatti il carcere per sottrazione di minore il genitore che, pur essendo affidatario del figlio, lo porta lontano dall'altro genitore anche se dichiara sempre dove si trova e ha acconsentito ai contatti telefonici. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione Penale che ha respinto il ricorso della madreaffidataria del minore, che lo aveva portato in Sardegna, comunicando all'ex marito la nuova residenza e permettendogli di vederlo non appena possibile e di avere con lui continui contatti telefonici. La Corte d'Appello di Bologna, sostiene la Suprema Corte, ha fatto bene a confermare tutte le accuse dal momento che era stato accertato che la signora aveva sottratto "scientemente per alcuni mesi" il figlio al padre, senza il consenso di quest'ultimo. Infatti, dice ancora la Cassazione "il ruolo di genitore non si può esplicare solo con conversazioni telefoniche o con visite saltuarie". FERRARA, I° grado - 13 ottobre 2009. - “RICONOSCIUTI I DANNI DEL MONOPOLIO PSICOLOGICO” Condannata per IPERPROTETTIVITA. (dal corriere della sera, cronache) - [..] per aver costruito attorno a un bambino e alla sua infanzia una gabbia soffocante fatta di divieti, obblighi, paure che sono sembrate incomprensibili. Una madre e due nonni, di questo, dovranno rispondere davanti a un Tribunale. Di aver alzato un muro tra Luca (lo chiameremo così), che ora ha dodici anni [..] facendogli del male. Condizionando negativamente il suo sviluppo psicofisico. Isolandolo. Una violenza a tutti gli effetti, secondo l'accusa. E infatti il capo d'imputazione, per il quale la madre e i nonni sono comparsi ieri davanti ai giudici di Ferrara, parla di «maltrattamenti aggravati»: di una «iperprotettività» capace di fare più danni di botte e insulti. [..] il processo nasce da una denuncia del padre (separato), che, come afferma il suo avvocato, Henrich Stove, «da ormai 9 anni non vede il figlio». [..] (*) (*) ulteriori risorse: http://paternita.info/gm.html http://paternita.info/pas ROMA, Cassazione – 24 settembre 2009 - MADRI SEPARATE FAVORISCANO INCONTRI COL PADRE, ANCHE SE IL FIGLIO RIFIUTA (ADNKRONOS) - Tollerenza zero nei confronti delle madri separate che, nonostante la "ritrosia" del figlio ad incontrare il padre non affidatario, non si prodigano per "favorire" gli incontri con il genitore. Lo sottolinea la Cassazione che, nel convalidare una condanna a sei mesi di reclusione per mancata esecuzione dei provvedimenti del giudice nei confronti di una mamma della Liguria, ha evidenziato come un atteggiamento del genere, lungi dal "tutelare l'effettivo interesse" del minore, denoti "il proposito di vulnerare l'interesse del marito a frequentare il figlio in costanza di separazione coniugale". In questo modo la sezione Feriale di piazza Cavour (sentenza 34838) ha reso definitiva la condanna a sei mesi di reclusione nei confronti di una mamma residente a Massa, A.T., con tanto di risarcimento danni in favore del padre non affidatario della bambina che si e' costituto parte civile. La madre della bambina era gia' stata condannata dal Tribunale di Massa e dalla Corte d'appello di Genova (febbraio 2009) per avere impedito all'ex R.P. di "svolgere i previsti incontri giornalieri con la bambina affidata a lei e di tenerla con se' due fine settimana al mese". Inutilmente A. si e' difesa in Cassazione, sostenendo che "non si era adoperata per favorire gli incontri con il marito separato, ma non aveva mai inteso ostacolarli". Del resto la bambina, e "la conferma era arrivata anche dai carabinieri, in occasione di alcune consegne al padre piangeva e mostrava ritrosia" nell'andare con lui. ROMA, Cassazione - 21 agosto 2009. (ANSA) - ROMA, 21 AGO - Il genitore affidatario dei figli minori deve collaborare al diritto di visita dei figli da parte dell'altro genitore. Lo sottolinea la Cassazione che ha accolto la richiesta di risarcimento dei danni morali avanzata da un padre separato nei confronti della ex moglie che aveva “assecondato il rifiuto opposto dalla figlia minore alla frequentazione col padre”. Il genitore affidatario dei figli minori, il più delle volte la madre, deve collaborare al diritto di visita dei figli da parte dell'altro genitore e non può assecondare il comportamento dei minori, che rifiutano di incontrarlo a causa del clima conflittuale che esisteva nella coppia prima della separazione. Lo sottolinea la Cassazione, che ha accolto la richiesta di risarcimento dei danni morali avanzata da un padre separato, nei confronti della ex moglie che aveva «assecondato il rifiuto opposto dalla figlia minore alla frequentazione con il padre». In primo grado, il papà separato aveva ottenuto la condanna della ex per aver eluso la sentenza del giudice della separazione nella parte relativa al suo diritto di visita. In secondo grado, però, la Corte d'appello di Roma, aveva annullato la condanna di Maria giustificandola per via del «clima di conflittualità esistente tra i genitori». I Supremi giudici, però, hanno ritenuto «scorretto individuare nella conflittualità non risolta tra gli adulti, e comunque preesistente la separazione, un valido motivo di assoluzione», perché non è un atteggiamento «a tutela del minore» e si riferisce ad una «situazione non risolta fra i genitori e non adeguatamente fronteggiata». Pertanto, la Cassazione considera «palesemente errata» la mancata condanna della ex moglie a risarcire i danni morali all'ex marito, dal momento che il suo dovere era quello di «collaborare affinché la figlia minore mantenesse comunque un rapporto sereno con il padre». «Tollerando il rifiuto ad incontrare il padre, espresso dalla minore, la ex moglie» prosegue la Cassazione, è venuta meno ai doveri a lei imposti come genitore affidatario». Adesso la Corte d'appello di Roma dovrà provvedere a liquidare il risarcimento dei danni in favore di Giuseppe M.: il padre separato ha sempre agito solo ai fini civili e non ha mai chiesto la condanna penale della ex moglie. Intanto, dovrà sborsare due mila euro per le spese del giudizio di Cassazione. L'istituto di studi sulla paternità (ISP), ha definito la sentenza della Cassazione «lungimirante». «Anzitutto - ha dichiarato Maurizio Quilici, presidente dell'Istituto - conferma una interessante tendenza giurisprudenziale ad accogliere ormai la risarcibilità del cosiddetto "danno endofamiliare", ovvero ad ampliare la nozione del danno non patrimoniale a tutte le ipotesi in cui siano lesi valori costituzionalmente protetti (quale quello della genitorialità). In secondo luogo, i giudici della Suprema Corte hanno, ancora una volta, ridimensionato la circostanza della conflittualità nella separazione, troppo spesso utilizzata dai giudici di merito per escludere il padre, che solitamente nella separazione è la figura più debole. Infine, la sentenza, pur senza esplicito riferimento a questo aspetto, mostra di avere ben compreso che spesso il rifiuto da parte di un minorenne di incontrare il genitore non affidatario deriva da un atteggiamento dell'altro genitore, talvolta di vera e propria coazione psicologica, in altri casi subdolamente omissivo». ROMA, Cassazione – 20 luglio 2009. “EX. NEGA AL MARITO IL FIGLIO PER LE VACANZE? E' REATO” "Importante sentenza della Cassazione (27995/2009, Sezione Sesta penale) che stabilisce ancora una volta l'importanza di entrambe le figure genitoriali per una crescita equilibrata del minore." ROMA, Cassazione - 26 maggio 2009. " Il diritto di padre e figlio a vedersi senza alcun limite di tempo o calendario prefissato " - Una sentenza destinata ad aprire nuovi scenari. È stato infatti confermato, dalla Cassazione, il diritto di un padre separato a vedere il figlio sedicenne - convivente con la ex moglie - senza alcun limite di tempo o calendario dei giorni prefissati. Stefano M. (professionista romano, può incontrare il figlio tutte le volte che vuole tenendo solo conto dei suoi impegni e di quelli del ragazzo. «Alla conferma di questa decisione si è arrivati - spiega l'avvocato Gianna Giannamati che ha difeso Stefano M. - dopo che i giudici dell'appello hanno ascoltato il figlio del mio cliente che era un adolescente di sedici anni e non un bambino immaturo, e che ha parlato del suo ottimo rapporto col padre. Si tratta senz'altro - prosegue quindi il legale - di una decisione innovativa, specie per le separazioni precedenti alla legge sull'affido condiviso del 2006». In primo grado, invece, erano stati stabiliti - come sempre accade - orari e giorni di visita «fissi». In appello, invece, il ricorso del padre per liberarsi dai «paletti» era stato accolto. BARI, 10 Marzo 2009. (sentenza di primo grado) Tribunale di Bari, I Sezione Civile, 10 Marzo 2009: il genitore collocatario non può trasferire i figli presso altra residenza se il giudice non ha verificato la sussistenza di nuovi e rilevanti presupposti Importante decreto di merito emesso dal Tribunale di Bari, che ha mutato il collocamento dei figli (dallla madre al padre) ripristinando immediatamente le condizioni preesistenti. Dal cambio di collocamento ne è dipeso anche l'obbligo, in capo alla madre, di corrispondere l'assegno di mantenimento per la prole. In buona sostanza, i giudici di merito hanno convenuto che il cambiamento arbitrario di residenza, arrecando pregiudizio al minore così privato del sostegno e dell'affectio dell'altro genitore e del suo intero ramo parentale, non può essere effettuato senza aver permesso al giudice di verificare l'eventuale sussistenza di nuove motivazioni 13 febbraio 2009, a Firenze CORTE D’APPELLO – riconosciuta la PAS. Madre dovrà risarcire il padre di 1000 euro oltre a sostenere le spese generali processuali. A Firenze la Corte d'Appello ha per la prima volta riconosciuto la patologia denominata PAS (sindrome di alienazione genitoriale) e sanzionato il genitore alienante (cioè il genitore che l'ha messa in atto). Il provvedimento della Corte di Appello: " [..] presto atto a seguito di CTU che la minore si trovava in situazione preoccupante.., di grave disagio.., di attuale incomunicabilità col padre e di particolare, eccessivo attaccamento alla madre [..] ritenuto che il reclamo sia fondato: va considerato infatti che la sindrome, che sembra in atto, di alienazione parentale, determinata dalla madre nei confronti del padre, sembra imporre immediate misure che non possono certo avere l'effetto concreto di una conferma giudiziaria del rapporto patologico con la madre (che anzi, ove la madre non receda immediatamente dagli atteggiamenti distruttivi in questione, ella dovrebbe, probabilmente, a salvaguardia della figlia, essere esclusa dall'affidamento). " ROMA, Cassazione – 14 GENNAIO 2009 – Niente divieti al padre separato verso i figli. Madre - “non voglio che mi figlia incontri il padre con la sua nuova donna” – La Cassazione ha detto – “NO questo divieto non si può dare, un padre separato o divorziato ha diritto a rifarsi una vita e a condividerla con i figli”. Una sentenza che tiene ben presente la nuova realtà sociale delle famiglie allargate. ROMA, Cassazione - 22 ottobre 2008 “Quando il diritto di visita è compromesso, non fa reato il genitore che dà in escandescenze e offende l’ex..” - La Cassazione sottolinea con la sentenza 39411, l’importanza per i papà separati di vedere i figli senza grosse limitazioni e di costruire con loro un rapporto genuino. Infatti, quando il diritto di visita è in qualche modo compromesso, anche da provvedimenti del Tribunale dei minori, non fa reato il genitore che dà in escandescenze e offende l’ex. ROMA, Cassazione – 30 giugno 2008 – Affido Condiviso “è la regola, non l’eccezione”. (APCOM) - Ora è ufficiale: l'affido condiviso "è la regola e non l'eccezione". Il minore va affidato a entrambi i genitori anche se sono fortemente in conflitto fra loro. È quanto sancito dalla Corte di Cassazione con la sentenza 16593 depositata lo scorso 18 giugno. Un chiarimento importante quello fornito dalla prima sezione civile del 'Palazzaccio'. nelle motivazioni si legge infatti che "nel quadro della nuova disciplina relativa ai provvedimenti riguardo ai figli dei coniugi separati, di cui agli articoli 155 e 155 bis, riscritti dalla legge numero 54 del 2006, improntata alla tutela del minore alla cosiddetta bigenitorialità (al diritto cioè dei figli a continuare ad avere un rapporto equilibrato con il padre e con la madre anche dopo la separazione), l'affidamento condiviso si pone non più come evenienza residuale, bensì come regola". Non solo. "L'affido condiviso - si legge ancora nelle motivazioni - non può ragionevolmente ritenersi comunque precluso, di per sè, dalla mera conflittualità esistente fra i coniugi, poiché avrebbe altrimenti un'applicazione, evidentemente solo residuale, finendo di fatto col coincidere con il vecchio affidamento congiunto". FIRENZE, 26 febbraio 2008. - " Mamma dovrà risarcire il figlio non gli permise di vedere il papà " A Firenze la Corte ha applicato per la prima volta la legge sull'affidamento condiviso che prevede sanzioni per chi non rispetta quanto stabilito nella sentenza di divorzio. Il provvedimento della Corte di Appello è chiaro: " La condotta della donna costituisce violazione di quanto stabilito per legge dal tribunale e questo arreca implicitamente danno alla corretta crescita della personalità del minore, ledendo altresì il diritto del padre al rapporto con il figlio. " ROMA, Cassazione – 24 agosto 2005 – No ad assegno di divorzio per ex moglie che può lavorare La ex moglie che, pur avendo numerose potenzialità di guadagno, non si attiva per cercare un lavoro non ha diritto all'assegno di mantenimento. Lo ha stabilito la Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione che, confermando la decisione della Corte di Appello di Napoli, ha ritenuto giustificato il rifiuto di attribuire l'assegno divorzile alla moglie poiché la stessa "aveva conseguito il diploma di maestra giardiniera per cui avrebbe potuto impiegarsi quanto meno in uno dei tanti asili privati della città, ovvero per accudire bambini ed anziani". Secondo la Suprema Corte, infatti, in tale settore non sussisteva il problema di un eventuale inserimento in quanto "la domanda era talmente superiore all’offerta da costringere notoriamente le famiglie ed avvalersi per l’espletamento di tali compiti, dell’apporto di numerosi cittadini extracomunitari, pur sforniti di tale titolo professionale". (24 agosto 2005) *** NORMATIVA ESISTENTE. *** ARTICOLO 3, c.i. (costituzione italiana): "Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso [...]" ARTICOLO 29, c.i.: "Il matrimonio è ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare" ARTICOLO 30, c.i.: "È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli" LEGGE 54 del 2006 AFFIDO CONDIVISO - cenni dall'art.1: "Anche in caso di separazione personale dei genitori il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale" NUOVE PROPOSTE DI LEGGE ATTUALMENTE IN ITER PARLAMENTARE. DDL 957 SENATO, PDL 2209 CAMERA, PDL 53 CAMERA, PDL 1395 CAMERA: (migliorie all'affido condiviso e doppio domicilio) - cenni dal testo: "E' risultata frequente nella giurisprudenza la tendenza di alcuni tribunali a stabilire l'affidamento condiviso con modalità pressoché identiche a quelle di un affidamento esclusivo. […] risolvere la non circoscritta tendenza, emersa in giurisprudenza, a concedere l'affidamento condiviso svuotandolo al contempo dei suoi essenziali requisiti, come il diritto del minore a un rapporto "equilibrato e continuativo con entrambi i genitori" e a ricevere "cura", oltre che educazione e istruzione, da ciascuno di essi: condizioni che evidentemente non si realizzano se il figlio trascorre con uno di essi poco più di due fine-settimana al mese. Poiché tale limitazione è conseguenza diretta dell'attribuzione ai figli di un'unica appartenenza domiciliare, la nuova formulazione evidenzia la scelta a favore di due case, pur di continuare ad avere due genitori." PROPOSTA DI LEGGE REATO DI IMPOSSESSAMENTO DELLA PROLE: norme di tutela dell’infanzia e dell’adolescenza Questo progetto serve ad introdurre nelle famiglie (prima, durante e dopo le separazioni) uno strumento di: - protezione dell’integrità fisica e morale dei minori. - protezione del diritto alla BIGENITORIALITA’. - protezione dell’integrità fisica e morale di ciascuno dei genitori. - protezione del ruolo e del rapporto paterno e materno con i figli, e dei legami con entrambi i rami parentali. Chi compie il reato di impossessamento della prole: - il genitore che senza più che valido motivo non porta a scuola il bambino nei giorni di “frequentazione” dell’altro. - il genitore che senza più che valido motivo non consegna e affida il figlio all’altro genitore negli orari e nelle modalità stabilite dal giudice. - il genitore che allontana la casa di residenza del minore senza preavvisare l’altro. - il genitore che parte per le vacanze senza concordare un piano vacanze con l’altro genitore. - il genitore che usa gli assegni non per gli alimenti del figlio ma per altre cose non inerenti. - il genitore che chiede all’altro genitore soldi in cambio di maggiori frequentazioni del figlio. - il genitore che dimostratamene provoca la PAS nel figlio (sindrome da alienazione genitoriale). - il genitore che si inventa abusi e violenze fisiche o psicologiche (su se stesso o sul minore) col fine di ottenere il controllo o l'affidamento dei figli, o altri benefici economici. - il genitore che utilizza calunnie, diffamazione, stratagemmi, azioni e violenza di ogni tipo e genere, col fine di sminuire o escludere il ruolo, la personalità e la partecipazione dell’altro genitore alla crescita del figlio. Sono previste severe sanzioni economiche e penali. PER APPROFONDIMENTI SULLE PROPOSTE LEGISLATIVE CONTATTARE LA REDAZIONE ALL’INDIRIZZO: paternità@email.it
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amadeus96 | Date: Lunedì, 08/03/2010, 10:58 | Message # 3 |
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| Premesso che, le sentenze della Cassazione, risolvono lo specifico caso ad essa sottoposto (ma non hanno valore di legge, bensì di indirizzo giurisprudenziale), tali sentenze possono rimarcare il contenuto di articoli di legge o rammentarne l'applicazione, come - ad esempio - l'obbligatorietà dell'applicazione del "condiviso" anche in presenza di "conflittualità"... Per semplicità, seppur non sminuendo l'importanza di figure (come il PAS, il diritto di libera visita ai figli, ecc.) contenute nelle citate sentenze di Cassazione (anche enfatizzate dalla stampa come "toccasana' per l'andazzo della merda giudiziaria italiana), per il "condiviso" la relativa legge non viene applicata perché, a loro "eccellenze", non fa comodo (perderebbero lungaggini loro, gli "esperti" e gli avvocati) e non piace perché è stata varata dal governo Berlusconi (e non dai comunisti che sguazzano nell'intrallazzo minorile, dove campano troppi loro tesserati), sicché, tutti d'accordo s'attaccano agli specchi mediante le argomentazioni più ridicole e più astruse, pur di non applicare la legge oppure fanno finta di applicarla, emettendo provvedimenti che son tutto il contrario di tutto, oppure sono un minestrone tra affido congiunto, affido esclusivo e affido condiviso (soltanto nel titolo del provvedimento). Pertanto le citate sentenze di Cassazione restano soltanto lettera morta che, se un assistito le rammenta al suo avvocato difensore per rimuovere ingiustizie subite, l'avvocato allarga le braccia, lamentandosi del fatto che, "se dovessimo attaccarci ai vari commi delle varie leggi o degli articoli dei codici, non la finiremmo più e neppure i 'giudici' concedono tanto tempo in udienza per seguire tutto" (ossia l'inutile montagna di norme contenute in 1.500.000 leggi esistenti in Italia, prodotte dai troppi avvocati che siedono in Parlamento da troppo tempo, durante questi quasi settant'anni di malgoverno in Italia - DICO IO!). Ecco perché, le "belle parole" e i "buoni propositi" contenuti nelle citate sentenze restano soltanto parole, cara Maria!... Magari fossero "legge"!... Sai in quanti di meno scriverebbero, su questi siti, le quotidiane miserie subite nel legalizzato sequestro dei figli, oppure di fatti di cronaca sulle quotidiane violenze su minori, resi orfani dalle canaglie di Stato?????
Sergio Sanguineti Ein Herz für Kinder!
Message edited by amadeus96 - Lunedì, 08/03/2010, 11:05 |
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dibattitopubbl | Date: Giovedì, 18/03/2010, 22:19 | Message # 4 |
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| Circ. 11-C-2010: MEDIAZIONE FINALIZZATA ALLA CONCILIAZIONE: modelli di informativa per l’assistito della possibilità di conciliare la lite 15/03/2010 Cari Presidenti, nella Gazzetta Ufficiale del 5 marzo u.s. è stato pubblicato il decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 di «attuazione dell'articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali». Il decreto entrerà in vigore il 20 marzo prossimo. Come è stato già comunicato, il Consiglio Nazionale forense ha istituito un’apposita Commissione (per lo studio della mediazione e della conciliazione) per fornire agli Ordine le informazioni e il supporto necessario a gestire il procedimento di mediazione disciplinato dalle nuove norme. In quest’ottica è necessario innanzitutto segnalare che l’art. 4, 3° comma del decreto prevede che l’avvocato informi l’assistito delle possibilità di conciliare la lite, sanzionando l’omissione con l’annullabilità del contratto d’opera concluso. Vi trasmetto pertanto il materiale predisposto dall’Ufficio Studi sul tema, comprensivo dei relativi modelli di informativa. Il materiale è pubblicato nel sito ufficiale del Consiglio nazionale forense www.consiglionazionaleforense.it ; si suggerisce, al riguardo, l’opportunità della pubblicazione sui siti e sui bollettini d’informazione degli Ordini forensi territoriali, al fine di assicurare la maggiore divulgazione possibile. avv. prof. Guido Alpa L’obbligo di informativa previsto dall’art. 4, 3° comma del d.lgs. n. 28/2010 SOMMARIO: 1. La previsione di legge 2. Le modalità di informazione e i contenuti necessari. 3. Modello di informativa sia per le controversie per le quali la mediazione costituisce condizione di procedibilità, sia per le controversie per le quali la mediazione è facoltativa. 1. La previsione di legge. L’art. 4, 3° comma del d.lgs. n. 28/2010 dispone che: «all’atto del conferimento dell’incarico, l’avvocato è tenuto a informare l’assistito della possibilità di avvalersi del procedimento di mediazione disciplinato dal presente decreto e delle agevolazioni fiscali di cui agli articoli 17 e 20. L’avvocato informa altresì l’assistito dei casi in cui l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L’informazione deve essere fornita chiaramente e per iscritto. In caso di violazione degli obblighi di informazione, il contratto tra l’avvocato e l’assistito è annullabile. Il documento che contiene l’informazione è sottoscritto dall’assistito e deve essere allegato all’atto introduttivo dell’eventuale giudizio. Il giudice che verifica la mancata allegazione del documento, se non provvede ai sensi dell’articolo 5, comma 1, informa la parte della facoltà di chiedere la mediazione». La previsione entrerà in vigore il 20 marzo prossimo e a tal fine, per gli incarichi assunti a partire da tale data, sarà necessario predisporre la modulistica necessaria all’adempimento dell’obbligo di legge. Si precisa che l’informazione dovrà essere fornita tanto alla parte attrice che a quella convenuta. 2. Le modalità di informazione e i contenuti necessari. L’informazione deve essere fornita per iscritto contestualmente all’atto di conferimento dell’incarico. In tale momento l’Avvocato dovrà informare l’assistito: 1. della possibilità di giovarsi del procedimento di mediazione previsto dal d.lgs. n. 28/2010 per tutte le controversie relative a diritti disponibili; 2. dell’obbligo di utilizzare il procedimento di mediazione previsto dal d.lgs. n. 28/2010, ovvero per le materie ivi contemplate, i procedimenti previsti dal d.lgs n. 179/2007 o dall’art. 128-bis del d.lgs. n. 38571993 e successive modificazioni, in quanto condizione di procedibilità del giudizio, per le controversie relative a diritti disponibili in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari. 3. delle agevolazioni fiscali previste dagli artt. 17 e 20 del d.lgs. n. 28/2010 a favore di quanti facciano ricorso al procedimento di mediazione. Ed in particolare che: * ai sensi dell’art. 17, 2° comma, «tutti gli atti, documenti e i provvedimenti relativi al procedimento di mediazione sono esenti dall’imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura». * ai sensi del 3° comma della medesima disposizione, «il verbale di accordo è esente dall’imposta di registro entro il limite di valore di 50.000 euro, altrimenti l’imposta è dovuta per la parte eccedente»; * ai sensi del 5° comma della medesima disposizione «quando la mediazione è condizione di procedibilità della domanda all’organismo non è dovuta alcuna indennità dalla parte che si trova nelle condizioni per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato»; * ai sensi dell’art. 20, 1° comma «alle parti che corrispondono l’indennità ai soggetti abilitati a svolgere il procedimento di mediazione presso gli organismi è riconosciuto, in caso di successo della mediazione, un credito d’imposta commisurato all’indennità stessa, fino a concorrenza di euro cinquecento, determinato secondo quanto disposto dai commi 2 e 3. In caso di insuccesso della mediazione, il credito d’imposta e’ ridotto della metà». * Il documento che contiene l’informazione deve essere sottoscritto dall’assistito e deve essere allegato all’atto introduttivo del giudizio.
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dibattitopubbl | Date: Giovedì, 18/03/2010, 22:26 | Message # 5 |
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| http://www.studiocataldi.it/news_gi....484.asp Cassazione: padre paga mantenimento in ritardo e in misura ridotta? Va assolto se versa in condizioni economiche difficili La Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione (Sent. n. 33492/2009) ha stabilito che può essere assolto padre che, nonostante abbia fatto mancare i mezzi di sussistenza alla ex e ai figli piccoli versando meno di quanto stabilito in sede di separazione e in ritardo, si trovi in difficili condizioni economiche. La Corte evidenzia che “il reato di cui all’art. 570/2° n. 2 c.p. si realizza, a prescindere dall’eventuale inadempimento degli obblighi di natura squisitamente civilistica, solo nel caso in cui sussistano, da una parte, lo stato di bisogno degli aventi diritto alla somministrazione dei mezzi di sussistenza e, dall’altra, la concreta capacità economica dell’obbligato a fornirli. In relazione alla ritenuta sussistenza del primo requisito, la sentenza impugnata non merita censure, perché sostanzialmente pone in evidenza oggettivi dati di fatto emersi dall’istruttoria dibattimentale e univocamente indicativi dello stato di bisogno degli aventi diritto: la (…) infatti, per soddisfare le esigenze minime vitali di sé stessa e del figlio minore (quest’ultimo certamente privo di un qualsiasi reddito autonomo), era stata costretta a fare ricorso all’aiuto economico dei propri genitori. Questa realtà non può ritenersi contrastata dal fatto chela donna avrebbe intrapreso una propria attività autonoma con l’apertura di una lavanderia, circostanza questa che di per sé, in difetto di altri elementi di giudizio, non smentisce lo stato di bisogno. Censurabile, invece, è la sentenza nella parte in cui omette di verificare in concreto la sussistenza del secondo requisito e di dare una risposta ai precisi rilievi mossi sul punto, con l’atto di appello, dall’imputato. E’ pacifico che costui, nell’arco temporale preso in considerazione, versò alla moglie, senza peraltro rispettare le scadenze previste, somme d’importo inferiore a quello stabilito nel provvedimento del giudice della separazione, rendendosi così chiaramente inadempiente”. (Data: 21/10/2009 9.00.00 - Autore: Cristina Matricardi)
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MariaRosaDeHellagen | Date: Lunedì, 29/03/2010, 10:26 | Message # 6 |
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| Multata la madre che negava al padre di avere contatti con il figlio. La madre deve risarcire 650 euro al figlio e 350 al padre.
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MariaRosaDeHellagen | Date: Lunedì, 29/03/2010, 10:27 | Message # 7 |
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| 26/05/2009 Cassazione, padre e figlio frequentazioni senza limiti Roma. Una sentenza destinata a far discutere e ad aprire nuovi scenari. È stato infatti confermato, dalla Cassazione, il diritto di un padre separato a vedere il figlio sedicenne - convivente con la ex moglie - senza alcun limite di tempo o calendario dei giorni prefissati. In pratica Stefano M., questo il nome del professionista romano che ha ottenuto la convalida di questo «verdetto» che agevola il mantenimento del rapporto genitoriale, può incontrare il figlio tutte le volte che vuole tenendo solo conto dei suoi impegni e di quelli del ragazzo. «Alla conferma di questa decisione si è arrivati - spiega l'avvocato Gianna Giannamati che ha difeso Stefano M. - dopo che i giudici dell'appello hanno ascoltato il figlio del mio cliente che era un adolescente di sedici anni e non un bambino immaturo, e che ha parlato del suo ottimo rapporto col padre. Si tratta senz'altro - prosegue quindi il legale - di una decisione innovativa, specie per le separazioni precedenti alla legge sull'affido condiviso del 2006». In primo grado, invece, erano stati stabiliti - come sempre accade - orari e giorni di visita «fissi». In appello, invece, il ricorso del padre per liberarsi dai «paletti» era stato accolto.
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dibattitopubbl | Date: Martedì, 30/03/2010, 19:02 | Message # 8 |
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| CASSAZIONE:VA ASSOLTA MAMMA CHE NEGA DIRITTO DI VISITA AL PADRE PER UNA SOLA VOLTA Il genitore che per una sola volta non rispetta il provvedimento del Giudice sul diritto di visita del genitore non affidatario non può essere condannato sempre che il suo gesto non costituisca una ripicca.Lo ha stabilito la Cassazione (sent.10701/2010) annullando una condanna per elusione del provvedimento del Giudice inflitta dalla Corte d'Appello di Messina ad una donna che aveva negato al marito separato di tenere con sè la figlia di un anno secondo le modalità indicate nel provvedimento del Giudice. In realtà il rifiuto vi era stato solo in relazione ad una giornata e dovuto al malessere di una notte insonne forse dovuto alla crecita di un dente" della bambina.
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MariaRosaDeHellagen | Date: Martedì, 27/04/2010, 21:09 | Message # 9 |
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| Cass. Civ. n. 6861/2010 SULL'ASSEGNAZIONE DELLA CASA CONIUGALE L’assegnazione della casa coniugale deve essere disposta a favore dell’ex moglie, pure se il figlio maggiorenne si è trasferito altrove per lavoro e ritorna a casa solo saltuariamente. In questo caso, infatti, permane un collegamento stabile con l’abitazione del genitore, che si manifesta con il ritorno a casa ogni volta che gli impegni lavorativi lo consentono. La Suprema corte ha chiarito che, il trasferimento del figlio maggiorenne in un altro comune, risultante dai registri anagrafici, potrebbe essere collegato ad una ricerca di lavoro, provvisoria; motivo insufficiente per fare uscire di casa la ex moglie. Il fatto di assentarsi anche per lunghi periodi da casa, per motivazioni connesse allo studio o al lavoro non fa perdere di per se il diritto dell’ex coniuge all’assegnazione della casa coniugale. Avv. Matteo Santini
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MariaRosaDeHellagen | Date: Martedì, 27/04/2010, 21:14 | Message # 10 |
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| Oggetto: violare i provvedimenti relativi al diritto di visita non è sempre un reato La Corte di Cassazione ha recentemente stabilito con sentenza numero 10701 del 2010 che deve essere assolta perche il fatto non sussiste, la madre che per una sola volta non adempie al provvedimento del Tribunale relativamente al diritto di visita del padre non collocatario. La Suprema Corte ha annullato una condanna per inottemperanza al provvedimento del giudice comminata dalla Corte d'Appello ad una donna che aveva negato al coniuge separato di tenere con la se' la figlia minore secondo i termini indicati nel provvedimento. Tale rifiuto si era limitato ad un solo episodio ed era motivato dal "malessere di una notte insonne forse dovuto alla crescita di un dente" della minore. Segreteria Santini Spoletini
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MariaRosaDeHellagen | Date: Giovedì, 29/04/2010, 06:38 | Message # 11 |
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| http://www.ilgiornale.it/interni/non_fa_vedere_papa_madre_condannata_risarcire_suo_figlio/26-02-2008/articolo-id=243950-page=0-comments=1 Non gli fa vedere papà Madre condannata a risarcire suo figlio «Tutto cominciò il giorno in cui, con mio figlio, stavo preparando le valigie. Era l’agosto 2007 e dovevamo partire per le vacanze. Secondo quanto disposto dal giudice, quei 30 giorni estivi io e Giovanni dovevamo trascorrerli insieme. Improvvisamente arrivò la mia ex moglie e, con una scusa, mi portò via Giovanni». Chi parla è un padre che racconta la sua storia al Giornale, ma che, soprattutto, è l’attore di un processo-lampo che ha condannato una mamma a pagare 650 euro al figlio di 10 anni (da depositare con libretto vincolato a favore del ragazzo) e 350 euro all’ex marito. La sua colpa? «Non aver permesso all’ex marito di tenere con sé il figlio minorenne, come stabilito dalla sentenza di divorzio». La Corte di Appello di Firenze, dietro istanza degli avvocati Iacopo Tozzi e Marco Antonio Vallini, ha sancito che la condotta della donna «costituisce violazione delle statuizioni espresse dal Tribunale e questo arreca implicitamente danno alla corretta crescita della personalità del minore, ledendo altresì il diritto del padre al rapporto con il figlio». «Per la prima volta - spiegano i due legali - la Corte ha applicato l’articolo 709 ter del codice di procedura civile, introdotto nel 2006 dalla legge sull’affidamento condiviso. Prevede che il genitore che non rispetta i provvedimenti del giudice possa essere sanzionato e condannato a corrispondere, a titolo di risarcimento danni, una somma a favore del figlio e dell’altro genitore, oltre che condannato ad una pena pecuniaria a favore dello Stato». Insomma, un provvedimento che va nella direzione di ridurre «dispetti» tra ex coniugi. «“Dispetti” è proprio il termine esatto - spiega al Giornale il padre a cui la Corte di Appello di Firenze ha dato ragione -. La mia ex moglie mi disse che voleva solo prendere un gelato al bar con Giovanni, invece per rivedere mio figlio sono stato costretto a denunciarla. Quel giorno, al bar, arrivarono anche i carabinieri. Non fu una bella scena. E a rimanerne particolarmente scosso fu proprio nostro figlio». Un bambino di 10 anni sulla cui pelle si sta giocando una partita senza esclusione di colpi: ora sarà una perizia psichiatrica a stabilire se Giovanni dovrà avere come genitore affidatario la madre o il padre. Nel frattempo la mamma - già «ammonita» dal giudice - pagherà 650 euro al figlio, 350 euro all’ex coniuge e anche una cifra simbolica allo Stato: danno per il padre e danno per il figlio, dunque. E risarcimento per entrambi, come prevede appunto la 709 ter. Gli avvocati Tozzi e Vallini entrano nel dettaglio: «In caso di gravi inadempienze o di atti che comunque arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell’affidamento, il giudice può modificare i provvedimenti in vigore e può, anche congiuntamente, ammonire il genitore inadempiente. Inoltre può disporre il risarcimento dei danni nei confronti del minore e prevedere il risarcimento dei danni a carico di uno dei genitori nei confronti dell’altro. Infine il giudice può condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da un minimo di 75 euro a un massimo di 5000 euro a favore della Cassa delle ammende». «La Corte di Appello - precisa il padre di Firenze - ha deciso di applicare in pieno la legge riconoscendo un risarcimento per il mio Giovanni in quanto “danneggiato dalla privazione della frequentazione del padre” e per me in quanto “danneggiato perché mi è stata interdetta la possibilità di frequentare mio figlio”». «Situazione questa - hanno concluso i giudici - idonea di per sé a creare un danno monetizzabile a favore delle vittime del comportamento».
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MariaRosaDeHellagen | Date: Giovedì, 29/04/2010, 06:41 | Message # 12 |
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| La costituzione di parte civile del minore L'indicazione del minore come parte lesa è importante perchè permette -una volta che dalla denuncia si passa al procedimento penale vero e proprio- di chiedere al giudice che il minore venga ammesso come parte civile, cioè come vittima di un danno per cui potrà essere calcolato (e pagato) un risarcimento. Ciò non significa assolutamente che il minore debba entrare in un tribunale. Un primo importante precedente è stato stabilito in data 28 settembre 2007 dal giudice presso il Tribunale di Varese con una ordinanza con cui si è ammessa la richiesta di costituzione parte civile del minore (di 6 anni), assistito da un legale nominato dal padre. Il 3 marzo 2008 anche in un caso a Acireale il giudice ha preso una decisione analoga, dando atto che l'interpretazione giurisprudenziale è ormai consolidata. Non si ritiene quindi che vi possano essere problemi particolari nell'ottenere la costituzione parte civile del minore in altre parti d'Italia. Non serve essere affidatari Il fatto che il padre sia o non sia affidatario al momento della nomina del legale non conta: il genitore non affidatario può procedere esattamente nello stesso modo. Infatti il genitore mantiene sempre la potestà sui figli fino al raggiungimento della loro maggiore età e quindi può agire in giudizio per tutelarli anche contro l'altro genitore. Il suo comportamento è stato ritenuto convergente con l'interesse del minore e quindi è stato superata anche la obiezione del possibile conflitto di interessi. In data 5 novembre 2008 il giudice Angela Minerva del Tribunale di Varese presieduto dal dott. Curtò, ha sancito che -a differenza che al padre che si era visto riconosciuto un danno di 1300 euro- al bambino che non aveva potuto vedere il padre non dovesse essere riconosciuto risarcimento alcuno: la tenera età faceva escludere che il minore, nel cui interesse esclusivo i provvedimenti erano stati emessi, potesse avere aspettativa alcuna nel vedere il papà e quindi che potesse essere rimasto deluso o aver sofferto a causa del mancato incontro. Ha inoltre condannato il padre a pagare integralmente sia il proprio avvocato che quello del minore. Vittorio Vezzetti ha sporto ricorso in Corte d'Appello contro questo dispositivo relativamente al mancato danno del minore che non vede il genitore e si è attualmente in attesa della udienza. Far costituire una associazione Accanto al minore nel caso pilota di Varese si è cercato di fare costituire come parte civile anche un'associazione locale di tutela dei minori. Importante è sottolineare che al momento della presentazione di costituzione di parte civile l' associazione deve presentare lo statuto e le prove della sua integrazione ed attività sul territorio; va anche dimostrato che i fatti devono essere successivi alla costituzione della associazione. Le ragioni a sostegno della costituzione di parte civile delle associazioni sono legate all'interesse primario e diffuso della collettività a reprimere comportamenti che preludono alla sindrome di alienazione genitoriale, una vera e propria patologia che può sfociare in danni più gravi per il minore. Ragioni per cui l'associazione può venire esclusa Nel caso specifico di Varese il giudice non ha ammesso l'associazione come parte civile, perchè la costituzione di parte civile è ammessa se esiste già una norma di settore che riconosca l’esistenza di un diritto soggettivo in capo a determinati enti. Tuttavia l'associazione esclusa si è poi dotata di un protocollo di intervento a favore dei suoi soci che consentirà di fare fronte anche a queste obiezioni (ad esempio all'obiezione secondo cui l'associazione non sarebbe legittimata in quanto mai intervenuta nella vicenda). Ulteriori delucidazioni sono disponibili negli atti del convegno e a questo numero telefonico 347-5977408"'. A Varese sono stati portati avanti altri tentativi molto importanti: in particolare nel gennaio 2006 e nel giugno 2007 la Associazione Papà Separati dai Figli Varese ha chiesto la costituzione parte civile contro un genitore che impediva i contatti del figlio con l'altro genitore. L'intento è quello di inasprire il potere deterrente e di tutelare un interesse diffuso della collettività (muovendo dal principio che i bambini alienati di oggi saranno un costo sociale per la società di domani, come ricordato da Richard Gardner coi suoi studi sulla PAS). Le richieste sono state entrambe bocciate: la prima volta perchè non era stata allegata alla domanda lo statuto, perchè i fatti erano antecedenti alla costituzione della Associazione e perchè non era stato dimostrata - attraverso articoli di giornale - l'integrazione e la attività della Associazione sul territorio. La seconda volta perchè la Associazione non era entrata nella vicenda e perchè il magistrato-contrariamente a quanto sostenuto da Gardner-non ha ravvisato un danno alla collettività da un comportamento antigiuridico a carico di padre e figlio. La strada è comunque aperta per nuovi tentativi: insistendo sul concetto di alienazione genitoriale e facendo intervenire la Associazione (in modo diretto con denunce oppure proposte epistolari di mediazione), sarà possibile arrivare a questo storico risultato. A Varese si sta studiando pure la possibilità di far ottenere la costituzione parte civile ai nonni. Un modello di lettera che può legittimare l'intervento dell'associazione «"Gent.ma/o signora/e , veniamo informati da un socio della associazione che mi onoro di presiedere che esisterebbero dei problemi circa l'espletamento del diritto-dovere di visita del genitore non domiciliatario. Pur non entrando nel merito della questione, la nostra esperienza pluriennale ci dice che talora tali situazioni sono dovute a equivoci o malintesi, forse dovuti a un semplice, comunissimo in tali vicende, difetto di comunicazione. Poichè il diritto alla bigenitorialità è prerogativa inalienabile di ogni bambino, sancita da leggi e convenzioni internazionali, e la sua violazione può indubitabilmente creare un danno sociale, generando seri problemi nelle future generazioni, crediamo che il tutelarla sia dovere di ogni cittadino di questa società. A questo scopo, acquisito finalmente il consenso dell'altro genitore del bambino, siamo convinti che sia mio dovere invitarla a un dialogo chiarificatore, beninteso: privo di qualsivoglia implicazione legale, presso uno dei nostri mediatori familiari, professionisti di provata esperienza. Si potrebbe trattare di un modo semplice di risolvere civilmente una questione direttamente legata al vero ed esclusivo interesse del minore, sgombrando il campo da spiacevoli equivoci. Sicuro di un Suo cortese riscontro, le porgo i migliori e più sinceri saluti." » L'intervento della Associazione potrebbe essere rinforzato dall'invio di un socio della Associazione, in qualità di testimone, a verificare se davvero vi sia o non vi sia la mancata consegna del minore. Suggeriamo un intervento in tempi rapidi: una azione ritardata associata all'inerzia della Giustizia italiana potrebbe creare una cesura lunga e talora insanabile tra genitore e figlio..e tutto sarebbe di più difficile soluzione.L'azione della Associazione dovrebbe, a nostro parere, iniziare già da prima del provvedimento presidenziale. Fonte:http://www.bandofbroth.altervista.org/php5/index.php?title=Il_caso_di_Varese
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MariaRosaDeHellagen | Date: Giovedì, 29/04/2010, 13:24 | Message # 13 |
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| http://www3.lastampa.it/i-tuoi-diritti/sezioni/famiglia-successioni/focus/articolo/lstp/197382/ L'assegno di mantenimento Di Germano Palmieri, LA STAMPA Motivo di ulteriore contrasto nelle separazioni giudiziali è l’assegno di mantenimento, vale a dire l’importo che un coniuge deve corrispondere all’altro per il proprio mantenimento (se questi non ha reddito o ne ha uno insufficiente) e/o per quello dei figli che gli siano stati affidati dal giudice. Criteri per la quantificazione dell'assegno Questo importo varia ovviamente da caso a caso, in relazione alla rispettiva disponibilità di reddito dei coniugi, e all’età e al numero dei figli, e nel determinarlo il giudice non è tenuto a distinguere quanto spetti al coniuge affidatario e quanto ai figli, poiché tale assegno si ricollega ad un credito iure proprio del primo, anche per la parte inerente alle esigenze di vita dei secondi (Cass. 7 marzo 1984, n. 1589). Natura dell'assegno L’assegno concesso a un coniuge per il mantenimento dei figli minori non può avere natura forfetaria, nel senso di includere anche le spese straordinarie; alcune di queste, infatti, possono essere non solo imprevedibili ma imponderabili, per cui ricomprenderle forfetariamente nell’assegno potrebbe determinare una compressione delle esigenze del minore, nei casi in cui il loro soddisfacimento richieda un intervento economico straordinario (App. Napoli 6 giugno 2008, n. 2201). A chi spetta L’assegno di mantenimento viene disposto dal giudice in favore del coniuge cui non sia addebitabile la separazione medesima e che non disponga di adeguati redditi propri, in presenza di una disparità economica fra i due coniugi; con la conseguenza che, al coniuge cui non sia stata addebitata la separazione, il mantenimento spetta nel concorso delle altre condizioni, a prescindere dal fatto che la separazione sia stata pronunciata con o senza addebito all’altro coniuge (Cass. 5 novembre 1987, n. 8153); al coniuge, invece, cui sia addebitabile la separazione, l’assegno di mantenimento non spetta neppure se privo di mezzi di sostentamento (Cass. 15 febbraio 2008, n. 3797); egli, pertanto, avrà diritto soltanto agli alimenti. Alimenti e mantenimento Gli alimenti (art. 433 c.c.) si fondano sul vincolo di solidarietà che lega, o almeno dovrebbe legare, le persone fra le quali corre taluno dei rapporti indicati dalla legge: per es. coniugio, parentela e affinità entro certi gradi. Qualora si verifichi lo stato di bisogno dell’avente diritto (si deve trattare di persona compresa fra quelle indicate dalla legge e comunque non in grado di provvedere a se stessa), l’obbligato - o, se vi sono più obbligati, ciascuno in proporzione alle proprie sostanze - può scegliere fra il corrispondere all’alimentando un assegno a questo titolo, oppure accoglierlo e mantenerlo nella propria casa. L’obbligo di somministrare gli alimenti viene meno, fra l’altro, se muore l’obbligato o se cessa lo stato di bisogno dell’avente diritto. Il diritto agli alimenti ha natura patrimoniale (ossia ha un contenuto economicamente valutabile), ma a differenza degli altri diritti patrimoniali non è cedibile, essendo intimamente connesso, come già detto, allo stato di bisogno del titolare. Concetto più ampio di alimenti è quello di mantenimento, consistente non nel somministrare all’avente diritto di che vivere, ma nell’assicurargli un tenore di vita proporzionato alla propria condizione economica; rientrano così nel concetto, per esempio, l’abbigliamento, l’istruzione, i mezzi di trasporto e di comunicazione (Cass. 11 dicembre 2008, n. n. 45809). La quantificazione dell’assegno di mantenimento Ai fini della quantificazione dell’assegno di mantenimento dovuto dai genitori in favore dei figli minori o comunque non economicamente autosufficienti ancorché maggiorenni, la capacità economica di ciascun genitore va determinata con riferimento al rispettivo complesso patrimoniale, costituito, oltre che dai redditi di lavoro subordinato o autonomo, da ogni altra forma di reddito o utilità, quali il valore dei beni mobili o immobili posseduti, le quote di partecipazione sociale, i proventi di qualsiasi natura percepiti (Cass. 3 luglio 1999, n. 6872). Non ha invece alcuna rilevanza il fatto che il coniuge richiedente l’assegno sia titolare di un patrimonio in nuda proprietà, trattandosi di cespiti per lui non produttivi di reddito (Cass. 27 agosto 2004, n. 1718). In precedenza la stessa Cassazione (sentenza n. 5446 del 19 ottobre 1981) aveva stabilito che nel concetto di reddito vanno compresi non solo gli utili in denaro, ma anche le utilità suscettibili di valutazione economica; così, se il coniuge tenuto a corrispondere l’assegno concede all’altro l’uso di una casa di abitazione, questa utilità è valutabile in misura pari al risparmio della spesa che occorrerebbe sostenere per godere dello stesso immobile a titolo di locazione. L'acquisto di una barca di maggior pregio e valore della precedente è stato ritenuto (Cass. 25 settembre 2003, n. 14252) elemento utile ai fini della valutazione dell’adeguatezza dei redditi per determinare l'assegno di mantenimento in favore del coniuge cui non era stata addebitata la separazione. Indagini del Fisco Ai fini della quantificazione dell’assegno di mantenimento, in caso di contestazione il giudice può incaricare la polizia tributaria di svolgere le opportune indagini; fra l’altro il contenuto della dichiarazione dei redditi può essere documentalmente smentito: per es. attraverso una visura camerale o ipotecaria (App. Roma 16 luglio 2008, n. 3077). Tenore di vita Dal punto di vista del coniuge destinatario dell’assegno, il tenore di vita che questi ha il diritto di mantenere non è quello di fatto consentitogli dall’altro coniuge prima della separazione, ma quello che l’altro coniuge avrebbe dovuto consentirgli in base alle sue sostanze; pertanto, se uno dei coniugi, sottraendosi all’obbligo di contribuire, in proporzione ai propri mezzi economici, alle esigenze della famiglia, fa vivere l’altro coniuge in ristrettezze, o comunque non gli assicura un tenore di vita corrispondente a quello che ragionevolmente potrebbe permettere a sé e alla sua famiglia, l’altro coniuge, una volta separatosi, può pretendere per il proprio mantenimento un assegno proporzionato alla posizione economica del consorte, indipendentemente dal tenore di vita tollerato prima della separazione (Cass. 18 agosto 1994, n. 7437). Può però accadere che le condizioni economiche del coniuge tenuto al pagamento dell’assegno di mantenimento non consentano al coniuge destinatario dello stesso di conservare lo stesso tenore di vita goduto durante il matrimonio, per cui sarà il giudice a quantificare il dovuto in relazione alle condizioni economiche dell’obbligato e alle altre circostanze richiamate nel secondo comma dell’art. 156 c.c. (Cass. 28 aprile 2006, n. 9878). Se poi, prima della separazione, i coniugi avevano concordato, o quanto meno accettato, che uno dei due non lavorasse, ciò vale anche per dopo la separazione, poiché questa, a differenza del divorzio, tende a conservare il più possibile gli effetti del matrimonio compatibili con la cessazione della convivenza, e quindi anche il tenore e il tipo di vita di ciascun coniuge (Cass. 19 marzo 2004, n. 5555). A proposito di lavoro, in mancanza di un accordo del tipo sopra indicato, l’attitudine al lavoro in capo al coniuge destinatario dell’assegno, come potenziale capacità di guadagno, è un elemento valutabile dal giudice per definire la misura dell'assegno, ma il suo mancato sfruttamento non equivale ad un reddito attuale, né lascia presumere il rifiuto di propizie occasioni di reddito (Cass. 2 luglio 2004, n. 12121); l'inattività lavorativa, quindi, non è necessariamente indice di scarsa diligenza nella ricerca di un lavoro, almeno finché non sia provato il rifiuto di una concreta opportunità di occupazione: solo in tal caso, quindi, lo stato di disoccupazione potrebbe essere interpretato come rifiuto o non avvertita necessità di un reddito che condurrebbe ad escludere il diritto di ricevere dal coniuge, a titolo di mantenimento, le somme che il richiedente avrebbe potuto ottenere quale retribuzione per l'attività lavorativa rifiutata o cessata senza giusto motivo. Tornando alla quantificazione dell’assegno, si deve tener conto, oltre che della durata dell’unione coniugale, dell’eventuale apporto fornito dal coniuge richiedente al miglioramento delle condizioni familiari: sia in termini di conservazione o incremento dei mezzi a disposizione del nucleo familiare, sia in termini di rinuncia ad una propria affermazione socio-economica (App. Roma 16 luglio 2004, n. 3350). In particolare, se la durata del matrimonio è stata breve (ma nel periodo dev’essere compreso anche quello di separazione), questa circostanza non preclude, ricorrendone i presupposti, il diritto all’assegno di mantenimento, ma può semmai incidere, come già detto, ai fini della sua quantificazione (Cass. 16 dicembre 2004, n. 23378). Circa il momento da prendere in considerazione ai fini della quantificazione dell’assegno, si deve avere riguardo alla condizione delle parti quale risulta al momento della pronuncia della separazione e non riferita ad epoche precedenti eventualmente caratterizzate da una diversa capacità di reddito (Cass. 4 settembre 2004, n. 17901, con riferimento all’assegno di divorzio). Se però il reddito futuro dell’obbligato è prevedibile in quanto prevalentemente legato all’anzianità di servizio, nel quantificare l’assegno il giudice può tener conto di questo elemento (Cass. 27 agosto 2004, n. 17128). Per quanto riguarda la ripartizione tra i figli dell’assegno di mantenimento loro dovuto dal genitore non affidatario, il Tribunale di Torino (sentenza del 16 giugno 1986) ha stabilito che essa va operata non in misura uguale per ciascun figlio, ma in misura congruamente maggiore per il figlio più giovane ed in misura decrescente per gli altri figli, in proporzione inversa alla loro età. Adeguamento, sospensione e riduzione dell’assegno L’assegno di mantenimento è automaticamente adeguato agli indici ISTAT o ad altro parametro indicato dalle parti o dal giudice. Il genitore non affidatario della prole non può pretendere di sospendere il pagamento dell’assegno nei periodi in cui i figli, in attuazione delle modalità di visita disposte dal giudice, si trovano presso di lui ed egli provvede pertanto in modo esclusivo al loro mantenimento; è stato infatti ritenuto (Cass. 17 gennaio 2001, n. 566) che, in mancanza di diverse disposizioni, il contributo per il mantenimento dei figli minori, determinato in una somma fissa mensile in favore del genitore affidatario, non costituisce il mero rimborso delle spese da questi sostenute nel mese corrispondente, ma rata mensile di un assegno annuale, determinato tenendo conto di ogni altra circostanza emergente dal contesto, in funzione delle esigenze della prole rapportata all’anno. Con una precedente decisione (la n. 11138 del 13 dicembre 1996) la Cassazione aveva considerato ammissibile, per i periodi in cui i figli vivono con il genitore non affidatario, una riduzione proporzionale dell’assegno, avuto riguardo ai maggiori oneri da lui sostenuti e alle corrispondenti minori spese (specialmente per vitto e per cure quotidiane) sostenute negli stessi periodi dal genitore affidatario. Sempre in materia di affidamento, il fatto che questo sia condiviso non esclude l’obbligo del versamento di un contributo qualora sussistano i presupposti a favore del genitore col quale i figli convivono: dall’affidamento condiviso, infatti, non deriva, automaticamente, il principio per il quale ciascun genitore provvede direttamente e autonomamente alle esigenze dei figli (Cass. 27 febbraio 2006, n. 18187). Le spese straordinarie Come anche ribadito dal Tribunale di Taranto con sentenza del 9 maggio 2000, se si verifica la necessità di far fronte a bisogni che superino le normali esigenze di vita dei figli, le relative spese vanno sostenute da entrambi i coniugi. Se però si tratta d’iscrivere un figlio ad una scuola privata particolarmente costosa rispetto al reddito dei genitori, anche in considerazione della presenza di uno o più altri figli, la relativa decisione dev’essere presa d’accordo fra i coniugi, trattandosi di spesa di carattere straordinario (Trib. Torino 4 febbraio 2004, n. 655). Quando il figlio diventa maggiorenne Il raggiungimento della maggiore età dei figli senza l’acquisizione di indipendenza economica non estingue il diritto del genitore convivente a pretendere l’assegno di mantenimento in concorso alternativo coi figli (Cass. 8 settembre 1998, n. 8868). Se però il figlio maggiorenne, già beneficiario di assegno di mantenimento in sede di separazione fra i genitori, raggiunge l’indipendenza economica con conseguente cessazione dell’obbligo, da parte del genitore, di continuare a corrispondere l’assegno, e successivamente abbandona volontariamente il lavoro, non può pretendere il ripristino dell’assegno, dovendosi accontentare dei soli alimenti (Trib. Torino 16 settembre 2004, n. 34569, conf. App. Roma 5 settembre 2006, n. 3695, che ha considerato ininfluente, ai fini del ripristino dell’assegno di mantenimento, il sopraggiungere di circostanze che privino il figlio del lavoro e quindi del sostegno economico, fermo restando, in capo a questi, il diritto agli alimenti). La sospensione dell’assegno nei confronti del figlio maggiorenne che lavori non può però essere disposta unilateralmente dal genitore obbligato, me necessita di un provvedimento del giudice (Trib. Bologna, ordinanza 4 giugno 2007). La revisione dell’assegno Se, in epoca successiva a quella in cui l’assegno per il mantenimento dei figli è stato quantificato dal giudice o concordato fra le parti, si verificano mutamenti nella situazione economica dei coniugi tali da suggerire la revisione dell’assegno, ciascuno di questi può prendere l’iniziativa per adeguare l’importo alla mutata condizione (Cass. 3 maggio 1989, n. 2054). La Cassazione, modificando un precedente orientamento, scolpito nella sentenza n. 1689 dell’8 marzo 1983, con sentenza n. 996 del 4 febbraio 1987 ha stabilito che il coniuge affidatario dei figli, che chieda la revisione dell’assegno di mantenimento divenuto insufficiente, non è tenuto a provare l’aumento dei redditi dell’obbligato, ma è questi che deve provare che le sue entrate non sono tali da rendere possibile l’adeguamento. Se poi la domanda di adeguamento dell’assegno è rivolta al coniuge cui era stata addebitata la separazione, questi non può sostenere, per sottrarsi al pagamento dell’aumento, che il coniuge richiedente è tenuto ad impegnarsi in una qualche attività lavorativa, pur se privo di qualificazione professionale specifica, se nel periodo di convivenza il suo impegno era limitato, con il più ampio consenso dell’altro coniuge, all’attività di lavoro casalingo (Trib. Monza, 4 luglio 1984).Sempre a proposito di lavoro, il coniuge tenuto alla corresponsione dell’assegno può chiederne la riduzione dimostrando che l’altro lavora in nero (Cass. 12 dicembre 2003, n. 19042). Assegno di mantenimento e violazione degli obblighi di assistenza familiare Il mancato versamento dell’assegno da parte del coniuge obbligato può dar luogo al reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare, punito dal secondo comma, n. 2), dell’art. 570 c.p. (far mancare i mezzi di sussistenza ai familiari in esso indicati) con la reclusione fino a un anno e con la multa da 132 a 1.032 euro; affinché si realizzi il reato, quindi, occorre che il destinatario dell’assegno versi in oggettivo stato di bisogno; in base a questo principio non è stato ritenuto penalmente perseguibile (Cass. 10 aprile 2001) il coniuge che, tenuto a versare mensilmente alla moglie separata, a titolo di assegno di mantenimento della stessa e di tre figli minori, la somma di lire dieci milioni, aveva versato somme largamente inferiori, consentendo però nel contempo, ai suddetti familiari, l’uso gratuito di una lussuosa abitazione. Successivamente la stessa Cassazione (sentenza n. 22703 del 27 aprile 2007) ha statuito che, il genitore obbligato che ometta di versare all’altro coniuge l’assegno stabilito in sede di separazione giudiziale per il mantenimento del figlio minore risponde del reato di cui sopra indipendentemente dal fatto che al mantenimento abbiano fatto fronte l’altro coniuge con l’aiuto di altri congiunti; ciò, infatti, non elimina lo stato di bisogno in cui versa il soggetto passivo, ma ne costituisce la prova. Con una successiva decisione (n. 25591 del 23 giugno 2008) la Cassazione ha stabilito che il reato si configura per la semplice omissione della corresponsione dell'assegno nella misura disposta dal giudice, indipendentemente dalla condizione di bisogno del beneficiario. Il GUP presso il Tribunale di Crotone (sentenza n. 118 dell’8 agosto 2008) ha escluso il reato nel caso di ritardo, nell’erogazione dell’assegno al coniuge in favore della figlia minore, circoscritto a sole tre mensilità, in un contesto in cui l’obbligato, invalido al 100%, aveva sempre pagato puntualmente. Con una successiva decisione (n. 45273 dell’11 novembre 2008) la Suprema Corte ha escluso la violazione penale nel caso di assolta incapacità economica dell’obbligato, purché a questi non ascrivibile. Il coniuge che eccepisca il proprio stato di disoccupazione a giustificazione della mancata corresponsione dell’assegno di mantenimento deve provare che questa condizione non è dipesa da sua volontà; pertanto, se egli si licenzia senza ricercare un nuovo lavoro, e non sussiste uno stato patologico di malattia accertato, è imputabile del reato (Trib. Genova 20 febbraio 2004, n. 509). In questa ottica, le difficoltà economiche in cui versi l’obbligato non escludono la sussistenza del reato, qualora non risulti provato che dette difficoltà si sono tradotte in una vera e propria indigenza e nella conseguente impossibilità di adempiere, sia pure parzialmente, all’obbligazione (Trib. Roma 4 giugno 2004, n. 13466): l’incapacità economica dell’obbligato, in altri termini, dev’essere assoluta e incolpevole, e da questi rigorosamente provata (Cass. 19 maggio 2005, n. 32540). Se poi i coniugi hanno raggiunto un accordo sull’entità dell’assegno da corrispondere per il mantenimento dei figli, l’intervenuto stato di disoccupazione dell’obbligato non lo esonera dal corrispondere le mensilità già maturate, mentre può giustificare un’istanza di sospensione o di riduzione dell’efficacia di tali accordi con effetto dal momento dell’istanza (Trib. Monza 22 giugno 1990). Concludiamo sul punto con una sentenza del Tribunale di Genova (n. 2859 del 7 novembre 2003) in materia di rapporti fra coniugi di diversa nazionalità: il fatto che il diritto islamico consenta al marito di ripudiare la moglie e di sottrarsi agli obblighi nascenti dal matrimonio non ha alcun rilievo ai fini della configurabilità del reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare commesso in Italia, di cui sia accertata la sussistenza. La prescrizione del diritto Per quanto riguarda la decorrenza del termine di prescrizione del diritto a ricevere l’assegno di mantenimento, la Cassazione (sentenza n. 6975 del 4 aprile 2005) ha precisato che il diritto alla corresponsione dell’assegno per il coniuge, così come il diritto agli assegni di mantenimento per i figli, in quanto aventi ad oggetto prestazioni autonome, distinte e periodiche, non si prescrivono a decorrere da un unico termine rappresentato dalla data della pronuncia della sentenza di separazione o di divorzio, ma dalle singole scadenze delle prestazioni dovute, in relazione alle quali sorge di volta in volta il diritto all’adempimento. Assegno di mantenimento e ipoteca La sentenza di separazione, al pari di quella di divorzio, costituisce titolo per l’iscrizione d’ipoteca sui beni del coniuge tenuto al versamento dell’assegno di mantenimento. In entrambi i casi il coniuge obbligato al pagamento può, previo accertamento delle sue condizioni economiche, ottenere dal giudice l’ordine di cancellazione dell’ipoteca ai sensi dell’art. 2884 c.c. (Cass. 6 luglio 2004, n. 12309).
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MariaRosaDeHellagen | Date: Giovedì, 29/04/2010, 13:25 | Message # 14 |
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| http://www3.lastampa.it/i-tuoi-diritti/sezioni/famiglia-successioni/focus/articolo/lstp/197462/ Quando comincia una nuova convivenza Di Germano Palmieri, LA STAMPA Accade spesso che il coniuge separato, tenuto alla corresponsione dell’assegno, costituisca un nuovo nucleo familiare: circostanza, questa, che non legittima di per sé una diminuzione del contributo per il mantenimento dei figli nati in precedenza, poiché è l’espressione di una scelta e non di una necessità e lascia inalterata la consistenza degli obblighi nei confronti della prole (Cass. 22 novembre 2000, n. 15065). Se va a convivere il coniuge obbligato all'assegno Sempre la Cassazione (sentenza del 24 aprile 2001, n. 12212) ha successivamente precisato che si deve considerare l’onere economico, gravante sul coniuge obbligato, derivante dal mantenimento di figli nati da una relazione extraconiugale, ma non il preteso onere di mantenimento della convivente more uxorio (Cass. 24 aprile 2001, n. 6017). Né il coniuge obbligato alla corresponsione dell’assegno per il mantenimento dei figli può invocare una riduzione dell’ importo eccependo di aver effettuato in favore dei figli medesimi ulteriori elargizioni, se queste sono state erogate per soddisfare esigenze diverse da quelle poste alla base del predetto assegno e quindi ricollegabili a un titolo diverso (Cass. 29 dicembre 1990, n. 12212). Se va a convivere il coniuge che riceve l'assegno Se ad andare a convivere more uxorio con un’altra persona è il coniuge avente diritto all’assegno, occorre stabilire se la convivenza ha carattere di stabilità e affidabilità e se incide positivamente sulla situazione economica del coniuge separato, annullandone o riducendone lo stato di bisogno, e risolvendosi quindi in una fonte effettiva e costante di reddito; nel qual caso, infatti, può incidere sull’ammontare dell’assegno di mantenimento fissato in sede di separazione, legittimando la parte obbligata a corrisponderlo a chiederne, a seconda delle circostanze, la riduzione (Cass. 22 aprile 1993, n. 4761) o la sospensione (Trib. Genova, 2 giugno 1990, Cass. 4 aprile 1998, n. 3503). La prova della convivenza e, soprattutto, del miglioramento delle condizioni economiche del coniuge separato, è ovviamente a carico del coniuge tenuto alla corresponsione dell’assegno di mantenimento e dev’essere inequivocabile: i giudici, per esempio (Cass. 2 settembre 2004, n. 17684, con riferimento all’assegno divorzile), hanno stabilito che la targhetta sull'ingresso di casa, con i nomi dell’ex moglie e del nuovo compagno, le foto attestanti il parcheggio dell'auto della stessa presso l'abitazione del compagno, e la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà attestante la collaborazione lavorativa con il convivente, non costituiscono circostanze tali da poter essere considerate, da sole, prova sufficiente a dimostrare la stabile convivenza more uxorio dell’ex moglie ed il connesso miglioramento delle condizioni economiche della stessa, con conseguente giustificazione della richiesta di riduzione dell’assegno di mantenimento in capo all’ex marito; la convivenza more uxorio, infatti, ha natura intrinsecamente precaria, non determina obblighi di mantenimento e non ha quella stabilità giuridica, propria del matrimonio, presupposta dalla definitiva cessazione dell’obbligo di corrispondere l’assegno (Cass. 26 gennaio 2006, n. 1546). Questa stessa sentenza ha però escluso che l’obbligo di corrispondere l’assegno possa risorgere in caso di cessazione della convivenza, poiché de iure condito è prevista la cessazione e non semplicemente la sospensione dell’obbligo di corrispondere l’assegno.
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wayneturner177 | Date: Mercoledì, 02/11/2016, 04:15 | Message # 15 |
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| ciao buona gente io sono nuovo qui
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