https://www.facebook.com/notes/giorgia-ghilea/quale-giustizia/147504651948205 HO FATTO IL MIO DOVEREE MI CHIAMANO PAZZA”
Preparata, scrupolosa, colta, incapace di compro- messi Così si definisce il magistrato colpito da un provvedimento senza precedenti: la perizia psichi- atrica. «Evidentemente denunciare la malagiustizia è segno di squilibrio», commenta con sarcasmo. Ma i colleghi messi sotto accusa replicano: «Sta facendo un danno irreparabile»
Lia Giammarino, 31 anni, pretore a Pescara, non ha certamente l’aria del giudice. Però del magistrato, a quanto pare, non le difet- tano né la preparazione né il coraggio. «Stanca dell’andaz- zo nel mio ambiente», dice, «ne ho denunciato storture, superficialità e disfunzioni in un dossier di 46 pagine al Consiglio superiore della magistratura». Ma il Csm ha disposto (accanto) una perizia psichiatrica per lei, in quanto dall’esame del dossi- er «emerge il ragionevole dubbio che i suoi comporta- menti siano determinati da cause patologiche». Dunque un pretore rigoroso o una malata? Di una cosa sono certi i colleghi denunciati; Lia Giammarino «sta muovendo attacchi ingiusti che causano alle istituzioni danni forse irreparabili».
di GENNARO DE STEFANO
Pescara, dicembre.
“Quei colleghi ma- gistrati per me sono imprepara- ti, cosi li ho denunciati sin dal marzo scorso per falso ideologico, abuso d’ufficio e calunnia. Ma il Consiglio superiore della magistratura prima mi ha messo sotto inchiesta convocandomi il 22 otto- bre, giorno nel quale, a loro dire, mi sono difesa con lucida determinazio- ne dagli addebiti che mi venivano mossi, poi, un mese dopo, ha ordinato una perizia psichiatrica su di me: un provvedi- mento senza precedenti. Ecco l’Italia, ecco il pae- se che si sta rinnovando, ecco la giustizia e la de- mocrazia: chi fa il proprio dovere viene preso per pazzo, come nella vec- chia Unione Sovietica».
Lia Giammarino. 31 anni, minuta, piccolina ma di ferro, è il giovanepretore pescarese al cen- tro di una vicenda intricat- issima sfociata, dopo una
serie di denunce e controdenunce, nella richiesta assolutamente insolita di perizia psichiatrica fatta dal Csm. Decisa e determinata, ha accettato di affidare aVisto il racconto di una storia che «sta assumendo le colorazioni di Kafka o di Solgenitzin. con tanto di clinica psichiatrica e medici bonari che ti convincono che. siccome hai deciso che in questo paese anche nella magistratura ci sono problemi, allora devi essere messo a tacere e dichiarato pazzo».
Fatto sta che questo giovane pretore, a marzo, stanco di «un modo superficiale di amministrare la giustizia», decide di denunciare alla procura della Repub- blica quelli che secondo lei erano dei reati commessi dai suoi colleghi. IL Csm, di contro, sulla base di un esposto dell’ordine degli avvocati, nel quale Lia Giam- marino veniva accusata di aver rinviato una enorme quantità di processi e cause civili per motivi non plausibili, le imputa di avere un comportamento poco consono alla categoria, per cui la sospende dal servizio. E le sospende lo stipendio.
In pratica, al giovane pretore viene contestato, come ha scritto l’avvocato Franco Sabatini presidente del Consiglio dell’Ordine forense di Pescara, di «ispirar- si a un formalismo per particolari aspetti discutibile e comunque fuori moda. Ella infatti chiama e tratta i processi a uno a uno e procede direttamente alla stesura dei singoli verbali». Il che tradotto vuol dire: la dottoressa si attiene sì alla legge, ma, cosi facendo, rallenta lo smaltimento delle cause. A questo punto la dotto- ressa Giammarino reagisce con un dossier di 46 pagine contenente tutte le accuse che aveva già presentato in procura, ma il Csm replica chiedendo per lei la perizia psichiatrica. «Anziché», polemizza il pretore, «esaminare il dossier». Motivazione della richiesta di visita specialistica? «I comportamenti tenuti dalla dottoressa Giammarino, spiega il Csm, «possono essere determinati in tutto o in parte da cause patologiche».
«È un’accusa assurda», ribatte Lia Giammarino. «mi contestano di aver rinviato i processi che io tenevo ogni primo martedì del mese. In realtà dal 27 otto- bre 1992 al 20 novembre scorso, sono stata convocata nel giorno d’udienza ben nove volte dal presidente della Corte d’appello perché doveva consegnarmi dei fascicoli. Mi recavo a L’Aquila a mie spese nonostante avessi diritto alla notifica degli atti nella pretura di Pescara dove ho eletto domicilio, ed era evidente che non potevo tenere udienza. La verità è che la richiesta della perizia psichiatrica ha lo scopo di farmi passare per pazza così la mia denuncia. che è tutta docu- mentata, non verrà mai presa in considerazione. Ora io non mi scandalizzo se un potere come la magistratura si arrocca su se stessa a difesa delle proprie prerogative, ma che vogliano far credere a questo paese che loro soni immuni da colpe e tutte le zozzerie sono dei politici be’... questa è una favola».
In questo palazzo, a San Valentino (Pescara), Lia Giammarino ha esercitato l’incarico di pretore fino a poche settimane fa, quando, in seguito alla sua clamorosa denuncia, è stata anche sospesa dal servizio e dallo stipendio. È proprio la pretura di San Valentino l’oggetto delle sue accuse. Al dossier della Giammarino il presi- dente del tribunale di Pescara si limita a replicare: «Sono se- reno. La questione è affidata al Csm che deciderà nella sua collegialità».
Il signor pretore, taglio di capelli a spazzola, abito nero e aria leg- germente punk con due orecchini vistosi, per la verità non sembra un pretore. Insomma, non ha l’aria severa e un po’ paterna del giudice che condanna o assolve. «Pero», precisa, onde fugare subito ogni perples- sità, «ho una storia personale, se me lo consente, di tutto rispetto: so- no entrata in magistratura dopo essermi laureata con 110 e lode nel 1985, l’anno successivo, a 24 anni, ho vinto il concorso e nel 1989 mi hanno incaricata come giudice a Larito, in provincia di Campobasso. Lì sono rimasta fino al 5 ottobre del 1992, quando sono stata assegnata a Pescara, con l’incarico di pretore penale e pretore a San Valentino. «Io ho immediatamente impostato il mio lavoro, attenendomi al codice per- ché quando mi sono trovata dinanzi alle cose che ho poi denunciato ho capito che non avevo scelta: o mantenevo la mia condutta nella più assoluta legalità anche formale oppure mi sarei trovata coinvolta in un ginepraio che avrebbe minato alla base la mia deontologia.
«Non mi si può definire pazza perché ho contestato a un giudice di aver sbagliato i calcoli della carcerazione di un detenuto che era con- vinto di uscire la vigilia di Natale e che invece rischiava di stare dentro ingiustamente se non fossi intervenuta con un fax ponendolo in libertà. Né si può sostenere che sono pazza perché ho contestato che alcune persone sono state sottoposte a processo due volte per lo stesso rea- to».
Nella denuncia la dottoressa elenca sei casi di questo tipo, con nome, cognome e numero di fascicolo, confermando, come spiega lei stessa, di aver esposto solo le vicende che erano documentabili al cen- to per cento, tralasciando invece quelle dove poteva esserci un dubbio anche minimo.
«Io ho voluto sottolineare», prosegue la Giammarino, «che i com- portamenti da me denunciati dimostrano una superficialità allarmante nei miei colleghi, e per dimostrarlo basta fare altri esempi: ho riscontrato manomissione e sparizione di fascicoli processuali, reati perseguibili a querela di parte che venivano istruiti d’ufficio, imputati che avevano diritto al proscioglimento e che non l’ottenevano perché nessuno dei magistrati della procura si presentava alle udienze, persone trattenute in stato di arresto fino a far scadere il limite delle 48 ore.
«E orache faccio?Cambiomestiere»
«Non credo quindi che aver detto queste cose possa dare a chicchessia il diritto di definirmi pazza. O meglio, se il tentativo ha un senso è solo quello di far capire a eventuali altri magistrati intenzionati prima o poi a ribellarsi che non è il caso di farlo. Sì, sono convinta che nei miei confronti è stata messa in atto un’azione preventiva, dissuasiva, così i problemi interni alla magistratura rimangono nelle segre- te stanze del Csm e agli occhi della gente l’unico potere ancora credibile di questo Paese rimane tale. Ma io non ci sto».
La strada del pretore di San Valentino è oggettivamente in salita. I magistrati denunciati si son chiusi in un riserbo assoluto affidando- si a un comunicato ufficiale nel quale dicono di manifestare «forte preoccupazione sul danno irreparabile che si sta tentando di causare alle istituzioni giudiziarie. Ai monologhi della dottoressa Giammarino i magistrati non rispondono, scegliendo responsabilmente di non contraddire gli ingiusti attacchi mossi, con effetti di grave disorientamento per l’opinione pubblica».
Il presidente del tribunale di Pescara, Michele Ramundo, ha, dal canto suo, dichiarato telefonicamente a Visto di «sentirsi sereno, ma di non voler commen- tare la vicenda che rimane affidata alle decisioni del Csm che nella sua collegialità provvederà a di rimere la questione».
Lia Giammarino intanto (novella Di Rosa?) se ne sta anche tranquilla e serena, ride e scherza e pensa al futuro. «Ho una professionalità inattaccabile, ma non ho interesse a rimanere attaccata a questa professione. Vorrei però lasciare una testimonianza sul disagio che ho avvertito nell’esercitare la magistratura secondo i dettami del codice. Il mio futuro? Se, come sembra, nessuno interverrà a far rinsavire quelli che vogliono farmi passare per matta, un altro mestiere ce l’ho: in terzo liceo scientifico davo ripetizioni di analisi matematica agli studenti universitari. Credo proprio che saprò sopravvivere».