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LA SINDROME DI PITER PAN NELLE SEPARAIONI
dibattitopubblDate: Mercoledì, 01/06/2011, 05:27 | Message # 1
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http://www.genitoriseparati.it/index.php?option=com_content&view=article&id=105:la-sindrome-di-peter-pan-nelle-separazioni-16-febbraio-2009&catid=62:dossier-archivio&Itemid=70


LA SINDROME DI PETER PAN NELLE SEPARAZIONI

di Ubaldo Valentini

Questo contributo, senza la pretesa di essere un manuale sull'educazione o di dare direttive sul modo di rapportarsi con i nostri figli, vuole solo esortare ad entrare con più consapevolezza nel nostro ruolo di genitori e quindi di persone che, attraverso la loro capacità di amare, riescano a mettersi sempre in gioco e in discussione per provare a costruire insieme a loro "la casa della sicurezza".
Una casa in cui ogni mattone è impastato con l'affetto, la fiducia, il prendersi cura uno dell'altro e, per dirla con un'efficace espressione inglese

(I care), l'aversi a cuore.
Una casa che abbia fondamenta rese solide dalla sicurezza e dalla continuità affettiva e,
naturalmente, dall'amore: unico elemento capace di attivare tutte le altre capacità e potenzialità.
Una casa in cui i muri vengano su diritti, guidati dal filo a piombo di semplici regole a cui,
nonostante qualche discussione e ritrosia, si finisce per adeguarsi, perchè alla fine si riconoscono
come facenti parte del nostro codice genetico. Un codice trasmesso a noi dai nostri genitori insieme
al colore degli occhi e dei capelli, e che, anche se a volte ci limita, ci fa sentire sicuri nel nostro
andare per il mondo. Sono le regole che continueremo a portarci dentro anche quando non ci
verranno più imposte, quelle a cui continueremo a fare riferimento più o meno consapevolmente,
perchè oramai le abbiamo talmente assimilate e fatte nostre, che costituiscono il nostro essere come
le nostre caratteristiche fisiche.
Ma continuiamo nella costruzione della nostra casa. Una casa che deve avere le finestre
sempre spalancate sul mondo, per consentirci di guardare quello che c'è di bello e purtroppo anche
di brutto. Finestre che non si chiudano su quello che non ci piace, ma restino bene aperte perchè
guardando attentamente possiamo cercare di impegnarci per cambiarlo. La nostra casa deve avere
sempre la porta aperta, perchè si deve essere sempre liberi di uscire, ma anche di rientrare a
riprendere fiato e a ritrovare la forza per ripartire.
Questo articolo vuole raccontare la sindrome di Peter Pan, spesso a torto o a ragione usata
dalle donne nel loro aspro rilevare l'immaturità maschile, ma che troppo spesso è la vera causa delle
separazione e di tutto ciò che ne consegue, soprattutto in riferimento ai figli.
Che cos’è la sindrome di Peter Pan?
“Le persone che, durante l’infanzia, sono state amate poco, crescendo sviluppano un
malessere. Una volta nel mondo dei grandi, si sentono indifese. Si tratta spesso dei figli di famiglie
in cui il padre è assente, poco presente o irresponsabile. In questi casi, se la madre è troppo
occupata o depressa, non avrà né il tempo né la forza per dare, ai suoi bambini, tutto l'amore di cui
essi hanno bisogno per crescere normalmente. Peggio ancora se la madre non ha fiducia in se
stessa, e se la cerca nei suoi bambini. Così rischierà di sfinirli e danneggiarli, cercando di
attingere da loro la forza che le manca. Non è più la madre che sostiene i bambini, sono questi
ultimi che sostengono la madre.
Una volta diventato adulto, l'individuo che ha vissuto questo trauma durante l’infanzia,
avrà difficoltà a gestire i propri sentimenti. Un uomo, ad esempio, cercherà nella propria
compagna l'amore materno. Paradossalmente però, questo nuovo sentimento, che questo uomo non
ha mai conosciuto prima, può spaventarlo e angosciarlo.
L'unico momento in cui queste persone si sentono sicure e amate, è quello del sesso. È un
momento riassicurante, in cui l'uomo-bambino (o la donna-bambina) si lascia andare. Ma c’è un
rischio: una vita sessuale sproporzionata o, addirittura, incontrollabile. Alcune persone possono
anche diventare infedeli, non perchè sono insoddisfatte della loro relazione, ma con l’unico scopo
di sentirsi amate e stimate” (Costanza M.Rosaria, La favola di Peter Pan e la sindrome di Peter Pan)
Peter Pan è il bambino che si rifugia nell’isola che non c’è. Lo fa per paura di crescere e per
soddisfare il suo desiderio di dare una “mamma” a tutti i bambini abbandonati.
Peter Pan è il simbolo dell’immaturità dell’adulto (uomo e donna), della sua superficialità,
della sua paura o incapacità, nei fatti, ad assumersi le responsabilità verso sé e verso i propri figli
derivanti dalle conseguenze di una famiglia, soprattutto quando non c’è più. Da qui il rinvio
continuo di scelte importanti, l’indecisione sul proprio futuro, l’insoddisfazione e la profonda
insicurezza che lo anima, mascherata da atteggiamenti disinvolti o stravaganti o dal bisogno di
difendere il proprio sé da doveri esistenziali, l’impossibilità ad acquisire e conservare nel tempo
rapporti interpersonali autentici e soddisfacenti.
Il rifuggire un atteggiamento di responsabilità nei confronti di se stessi e della propria
esistenza, e quindi dei figli che ne fanno parte, è consequenziale delle esperienze vissute da piccoli,
fortemente marcate da carenza affettiva. La psiche si ripiega, in modo involutivo, su se stessa e
cerca di colmare questo vuoto emozionale attraverso un narcisismo deleterio. L’adulto,
inconsciamente, preferisce rimanere ancorato, sia a livello emotivo che psichico, ad un passato,
quello della gioventù, per colmare l’insoddisfazione e l’angoscia interiore latente.
Essere adulto significa essenzialmente possedere la libertà di essere padroni di sé stessi e
della propria esistenza, delle proprie emozioni e dei propri sentimenti. La libertà, nella persona
autenticamente matura, non fa paura. Sovente la generazione degli adulti, dai trenta anni in su, non
riesce a trovare ed accettare una propria collocazione nel mondo in cui vive. Da qui le difficoltà ad
assumersi le responsabilità di essere persone e genitori per i figli, cioè a tutela del loro interesse, per
la loro evoluzione psico-emotiva, senza compensare i propri sensi di colpa di non amore con regali
materiali o eccessivo permissivismo, negando ai figli la presenza del ruolo genitoriale di cui hanno
bisogno e a cui devono fare riferimento per una crescita equilibrata.
Sono genitori incapaci ad ascoltare i propri figli e sono incapaci a farli crescere –
consapevoli che ciò richiede tempo e sacrifici che loro non vogliono dare o fare – ritenendosi, però,
maestri di una vita che non c’è. Guai ad intromettersi e far notare loro che sbagliano, si diviene il
loro peggiore nemico e faranno, per “infantile” ripicca, proprio tutto il contrario.
La personalità di questi moderni Peter Pan li spinge a fingere, mentire, imitare, recitare un
ruolo, inventare storie straordinarie, idealizzare in positivo le proprie sconfitte, divenendo spesso
maestri di se stessi e degli altri, esperti di psicologia e di socialità. Per prima cosa come già detto,
essi mentono a se stessi e, per evitare di pensare alle loro paure ed insicurezze, preferiscono
guardare ai loro lati positivi, finendo così per sviluppare un estremo narcisismo convincendosi
presto di essere qualcosa di speciale e trasformandosi spesso in individualisti dall’atteggiamento
arrogante, anche se "alla megalomania cosciente corrisponde un’inferiorità inconscia”. Sono uomini
intrappolati nella loro eterna fanciullezza, nelle loro paure, nel culto del proprio sé, letteralmente
incapaci di impegnarsi in qualcosa, che continuano a cercare la madre in ogni donna che incontrano
e sono donne anch’esse intrappolate in una specie di eterna maternità, disposte a modificare
continuamente se stesse per far piacere al loro Peter Pan, ma anche capricciose, superficiali che non
riescono ad amare, ma vogliono solo possedere.
Chi è affetto da tale sindrome “è un essere perfetto – scrive il dott. Roberto Cavaliere - che
vive in un suo mondo ideale; è vivace, curioso, brillante; ha un'inestinguibile sete di novità e di
esperienze; è egocentrico, impaziente, "al di là del bene e del male"; è incapace di fare i conti con
la realtà; è ottimista, impulsivo, incostante. Vive in un mondo che non esiste, l'Isola che non c'è, e
non ha nessuna intenzione di abbandonarla, anzi, essa rappresenta per lui l'unica realtà possibile.
Nel suo mondo egli è il padrone assoluto, tutto esiste unicamente per lui, in funzione dei
suoi desideri e dei suoi umori. L'unica cosa che conta è stare bene, essere felice. L'importante è
non avere bisogno di nulla e di nessuno. Nulla gli serve, egli è perfetto in se stesso, un Dio a cui
tutto è dovuto, e davanti a cui il mondo s'inchina ammirato.
Le piccole banalità quotidiane, le fastidiose difficoltà della vita gli scivolano addosso, egli è
speciale, superiore, vive nel futuro, nell'immaginario, nello straordinario. Egli non ha dolori o
affanni, quindi non li può riconoscere nell'altro: una battuta, uno scherzo, ed ecco che se ne va,
pronto per un nuovo gioco. Essendo un Dio, tutto gli è permesso, senza alcun limite. Tempo, spazio
e possibilità sono concetti non compresi dal Puer. Se vuole qualcosa, lo vuole subito, e non
contempla la possibilità di non essere esaudito, anzi, non contempla nemmeno il dover chiedere per
ottenere. In questo, anche, consiste il fascino del Puer Aeternus, che scappa da un'avventura
all'altra, imprendibile, sfuggente, sempre altrove.
Nel suo mondo, naturalmente, il dolore non esiste. Ma questo implica mantenere la
distanza, da una parte di sé innanzitutto, e poi dall'altro
Il Puer Aeternus si protegge dalla vita, con tutte le pene che questa comporta, con una patina di
giocosità, di superiorità e lucida razionalità. Nella lotta fra emozione e pensiero, quest'ultimo è il
vincitore assoluto. Tuttavia, dare spazio all'emozione significa sperimentare la pienezza della vita.
In questo senso, il puer non vive, poiché non è connesso al cuore. La sua vita è nella testa, nelle
idee, nella fantasia, nei voli immaginativi, nel potere dell'intelletto .
Gli uomini affetti dalla "sindrome di Peter Pan" vogliono che la loro compagna faccia loro
da mamma, che comprenda la loro fragilità psicologica, che ceda sempre ai loro capricci, proprio
come fa Wendy, sempre pronta a modificare il suo modo di agire e pensare per assecondare il suo
Peter, che proprio per questo la preferisce all’esotica Giglio Tigrato (Tiger Lily) come alla
sensualissima Trilly.
Molto spesso questi uomini non riescono a stare senza la loro Wendy e allo stesso tempo
hanno il terrore dei legami, della routine e delle convenzioni; come Peter vogliono solo continuare
a divertirsi. Il Puer Aeternus, come sostiene De Kiley, è l’archetipo dell’amoralità, della
vulnerabilità e dell’autodistruttività. Per tali soggetti esiste solo l’amicizia ricettiva, cioè come
beneficio, mai la donazione e il sacrificio per le altrui esistenze.
Nell’atteggiamento peterpanesco di quanti si sentono in dovere di pensare e comportarsi da
giovani si vede un antidoto alla paura della vecchiaia quale età in cui diventiamo materiale di scarto
e, nella puerizia trattenuta, si rileva il sintomo della paura di un mondo, quello adulto, senza dei,
senza punti di riferimento, decadente: un mondo che alcuni preferiscono osservare da lontano.
Questo è l’atteggiamento prevalente nelle donne che rifuggono l’età e non accettano l’idea di un
corpo soggetto alla decadenza fisica ed estetica, forse anche spirituale. Se nella vita hanno rifiutato
la genitorialità, nell’età avanzata cercano di compensare questa carenza inseguendo partner con
figli, ma accettati più come compensazione interiore che non come condivisione delle loro esigenze
ed aspettative. Se poi ambedue i partner soffrono di questa sindrome, per i figli sarà un vero guaio.
Nella fuga da se stessi, le persone che non vogliono crescere e non vogliono essere coinvolti
più di tanto nelle situazioni in cui vivono, con sempre più frequenza fanno riferimento ad una
felicità idealizzata che vanno a ricercare su internet e sui paradisi che certi siti offrono: l’anima
gemella on line. Come scrive Chiara Simonelli, in chi frequenta questi luoghi virtuali - in modo
sistematico o saltuario non ha importanza - esiste una mania retrosexual “che si associa al voler
tornare giovani, alla ricerca di felicità idealizzate, ma anche a una pigrizia generazionale, legata a
frustrazioni e precarietà, alla non capacità a rimettersi in gioco senza la garanzia di cascare in
piedi”. Si va alla ricerca di una “preda”, ci si convince di averla trovata mentre in realtà se ne esce
come preda di altri! Questi siti danno sicurezza a una generazione precaria che cerca le “minestre
riscaldate”. Si può comprendere il fine sessuale, che si realizza più velocemente che negli
“abbordaggi tradizionali”, ma crederci e volerci costruire storie serie è veramente pietoso. Le
minestre riscaldate, però, nascondono sempre un po’ di disperazione.
Molti uomini, infine, ricercano la propria “felicità” in partner occasionali, non sempre
italiani, molto più giovani o più anziani. Pur prevedendo la precarietà della relazione, si illudono di
essere amati e realizzati. Anche costoro non hanno il coraggio di affrontare se stessi e il mondo che
li circonda.
S.P.P. è causa di separazione?
Da quanto detto, si comprende come la S.P.P. possa essere la causa di un buon numero di
separazioni, indipendentemente che ne soffra uno o ambedue i coniugi.
Le persone non cresciute culturalmente e psicologicamente, non riescono ad affrontare in
modo sereno la condivisione di una vita di coppia e familiare che richiede rinunce e per questo
impegna la persona a darsi delle regole, a rispettare quelle dell’altro, ad assumersi responsabilità
verso il coniuge e verso i figli.
Vivono nell’illusione e non vogliono affrontare in modo concreto e costruttivo le situazioni
della vita; la mente non ascolta il loro cuore, sede del sé, né quello dell’altro e agiscono in un
mondo surreale.
Dinanzi ad una quotidianità, spesso immaginata diversa e comunque meno assillante, si
delinea, a livello inconscio, la possibilità di una fuga verso un’isola che non c’è, o meglio verso
un’isola che potrebbe anche esserci purché si abbia la consapevolezza che ogni realtà, compresa la
fanciullezza, non ci è data gratuitamente ma è da noi strutturata e voluta. La ragione fa comprendere
che la scelta è indispensabile per la nostra crescita e che solo con la volontà si può vivere la nostra
autodeterminazione e conseguire una libertà che in ogni istante richiede la nostra serena e
riaffermata adesione. Proprio questo fa paura, fa riemergere quella insoddisfazione e quel senso di
“oppressione”, che porta la persona a rifugiarsi nuovamente in un mondo dove la fantasia non aveva
limiti e dove le proprie ombre non la perseguitavano.
Una immaturità che provoca screzi fra i coniugi, fa mettere in primo piano le diversità e non
l’armonia di due esistenze, alimenta la convinzione che la famiglia opprime e non permette di
valorizzare le proprie libertà e le proprie possibilità. Si corre verso un mondo che non solo non
esiste ma che, in definitiva, è proprio l’espressione della incapacità ad affrontare in modo sereno e
costruttivo quello che, al contrario, si asserisce di voler raggiungere. Impercettibili meccanismi si
mettono in moto e lentamente distruggono i fragili legami, acutizzano contrasti e inducono a cercare
nuove situazioni di serenità e felicità. Ogni azione e impegno sono inaccettabili costrizioni. Da qui
l’intolleranza, il desiderio della fuga e il tradimento.
Questi stati di animo provocano insofferenza, disorientano e non permettono di considerare
che la vita da adulto ha regole, impegni e che l’autodeterminazione è alla base del nostro essere
persone dotate di sensazioni e di ragione. I figli non sono portatori di diritti ma solo di doveri, e
principalmente il dovere di adattarsi alle esigenze e ai “capricci” dell’adulto. I sentimenti, confusi
spesso con le emozioni, non sono fine a se stessi, ma contribuiscono alla formazione della persona,
al raggiungimento della felicità solo se ben guidati dal cuore e dalla ragione. Il rifuggire la realtà per
mondi immaginari e virtuali eccita la fantasia, ma si scontra sempre e comunque con una realtà che
produce solo insoddisfazione e continua rincorsa verso mondi tanto fantastici quanto irreali.
La relazione interpersonale diviene intollerabile e si cerca, in modo quasi sempre
mascherato, di creare situazioni di scontro per giustificare la voglia di evasione e di rifuggire dalle
proprie responsabilità come persona, partner e genitore. I toni delle discussioni si accentuano e
l’intolleranza prende il posto dell’iniziale mondo della condivisione: una capanna e due cuori non ci
sono più. Dell’altro si vedono solo gli aspetti negativi, quasi mai si riconoscono i suoi pregi. Il
desiderio dell’abbandono diviene non più una possibilità, ma una esigenza. I rapporti vengono
deteriorati proprio per mascherare l’incapacità ad affrontare la quotidianità con i suoi aspetti belli,
ma anche meno piacevoli.
Il conflitto arriva ad essere intollerabile e da qui la ricerca di nuove relazioni, di nuove situazioni
per sentirsi meno vigliacchi. Due nuove identità si accavallano nella stessa persona. Al nuovo
partner si mostra un volto che in realtà non esiste e che, nel tempo, porterà a nuove fughe o
all’accettazione supina di una realtà peggiore della precedente, poiché sorge la consapevolezza della
propria incapacità ad impegnarsi ed assumersi le quotidiane responsabilità.
C’è chi si chiude in un solipsismo, ritenendosi una persona superiore. Il narcisismo e l’egoismo si
manifestano in vari modi e spesso apparentemente contraddittori, ma chiari nelle loro origini e nelle
finalità.
L’eccentricità, la ricerca di una perenne giovinezza (nei fatti e non nelle parole!) porta i
separati ad assumere atteggiamenti consequenziali di una spasmodica ricerca di serenità, di rivincita
verso una società che, come dicono e pensano, non apprezza e non valorizza le loro capacità. La
colpa, nello specifico, non è della società, ma della loro impossibilità a crescere ed assumersi le
responsabilità proprie di ciascun individuo. Troviamo così adulti quarantenni-cinquantenni che si
comportano come ragazzi alle prime sensazioni amorose. Innamoramenti improvvisi, progetti
impossibili e fughe verso un’isola che non c’è, sostenuta e camuffata da una sessualità repressa e
alienante. Si dà libero sfogo agli istinti repressi, anche se ovviamente camuffati con impegno: “a me
il solo sesso non interessa pretendo altro!” sono soliti ripetere. Per queste persone, la sensualità o
sessualità è una componente indispensabile nel rapporto a due, secondo alcuni il più significativo,
ma non può fagocitare, a livello inconscio, la propria identità e le proprie responsabilità.
I separati affetti dalla S.P.P. non si innamorano seriamente di una persona, ma si innamorano
degli stati d’animo che provoca ogni nuova situazione. Ciò li fa sentire apparentemente amati e
apprezzati, realizzati e vincenti sulla precedente relazione: tutte sensazioni, per lo più, ricercate per
senso di rivalsa nei confronti dell’ex coniuge.
Strumentalizzano anche i nuovi rapporti per non mettere in discussione se stessi. Dimostrare di
essere stati erroneamente non apprezzati diventa una assoluta priorità, talvolta inconsapevole.
Vogliono rimanere perennemente giovani, rifarsi una vita e rifare tutte quelle cose che in
precedenza avevano sconfessato con il loro modo di essere. E’ un mondo di capricci ben celati, di
superficialità, di arroganza e di possesso, di gelosia e di tradimenti che continuano ad esserci, ma
spesso volutamente e reciprocamente non ammessi, in primo luogo a se stessi. Queste persone
sacrificano tutto alle nuove relazioni, spesso si abbrutiscono interiormente.
Non avvertono che quello che considerano una nuova esistenza che avanza altro non è che il
ripetersi di un film già visto. Gli stessi figli, oggetto del contendere, servono solo per avallare le
proprie tesi su se stessi e contro l’altro partner. I figli non sono considerati, nei fatti, persone ma
solo strumenti dei desideri di sopraffazione sugli adulti. Si ripetono situazioni già accadute ma non
avvertite e non volute riconoscere come tali. Succede che la donna va alla ricerca di un nuovo
partner che, in definitiva, ha le stesse caratteristiche del o dei precedenti: debole caratterialmente o
forte, autoritario e spesso manesco. L’uomo va a ricercare una donna che lo faccia sentire uomo e
che al tempo stesso lo capisca – meglio sarebbe dire che lo compatisca – che faccia da madre, che
metta in risalto, basta anche con le sole parole, la sua arte amatoriale.
L’avanzare degli anni poi evidenzia tutte le contraddizioni e, spesso, le assurdità
comportamentali ed affettive che non valorizzano la persona ma ne assopiscono la sofferenza o
almeno tale deve apparire. Cose queste che non esistono in una coppia normale che accetta la
propria imperfezione come stimolo a crescere sempre e migliorare il proprio essere in un mondo
fatto di relazioni interpersonali, di responsabilità e sacrifici.
Se tutto ciò è naturale e condiviso in una unione tra persone che non rifuggono la propria
condizione umana e per le quali il dialogo e il confronto è la linfa del vivere, non altrettanto lo è per
coloro che invece, rifuggono proprio le responsabilità esistenziali e cercano di continuo l’isola che
non c’è dove rifugiarsi con il partner che non c’è.
Significativi sono questi voli della fantasia perché sono tipici di persone che inseguono le
proprie ombre e cercano di attutire i richiami della coscienza. Costoro non sono in grado di far
maturare il fanciullino che c'è in ciascuno di noi senza per questo cancellarlo, proprio come sostiene
il "piccolo principe", ricordandoci di non dimenticare di essere stati fanciulli, ma che ciò non deve
finire per costituire una gabbia esistenziale.
.
S.P.P. è causa della fuga dalle proprie responsabilità genitoriali?
Parlando dei diritti negati ai figli nelle separazioni e della falsa e iniqua bigenitorialità non si
può non ritornare a trattare un fenomeno assai diffuso tra i genitori separati che è appunto quella
della fuga, spesso ben mascherata, dalle responsabilità genitoriali dinanzi al bisogno impellente
dell’adulto di anteporre le proprie esigenze a quelle dei figli.
C’è un latente bisogno di assicurarsi i propri diritti per una gestione della propria vita e
spesso, molto spesso, a scapito dei figli che sono stati cercati dagli adulti non sempre consapevoli
del ruolo che dovevano assumersi con una procreazione avvenuta per amore o per caso. E’ la
sindrome di Peter Pan.
Questi genitori rifiutano il confronto con chi non la pensa come loro. Non ammettono mai di
sbagliare e soprattutto rifiutano tutti coloro che potrebbero ridare loro autostima e far emergere i lati
positivi e profondi dell’essere persona e genitori. Sono persone pericolose per la crescita equilibrata
dei propri figli, sacrificati alle esigenze degli adulti e ai quali viene negato il loro reale e costruttivo
diritto all’affettività. I genitori soggetti alla S.P.P. vanno alla ricerca di persone talvolta senza
scrupoli, simili nei sentimenti e nei comportamenti, superficiali, capricciose, ossessive e possessive
che vogliono dominare chi sta loro vicino. Due persone egoiste si accettano e si apprezzano fino a
quando non si conoscono veramente e poi si scontreranno perché nessuno vuole cedere ai propri
mascherati capricci e senso di inferiorità. L’isola che non c’è è ben nota a queste persone, ma la
utilizzano esclusivamente per tenere legata l’altra persona a sé al fine di non renderla autonoma e
libera.
Sempre più si sente ripetere: “sono una persona libera, cerco una persona libera ed ambedue
abbiamo il diritto di vivere la nostra vita, tanto i figli crescono e si dimenticheranno di noi”. Nulla
di più falso! I figli soffrono la sindrome dell’abbandono affettivo, non solo quando sono piccoli ma
anche da grandi. In cuor loro non accettano mai di condividere i loro genitori con altre persone
antagoniste, in quanto usurpano spazi e affetti non di loro pertinenza. La separazione è una
lacerazione per i figli poiché subiscono le conseguenze di una immaturità degli adulti. Il dover
subire la violenza di presenze non gradite accanto ai loro genitori getta in loro disistima verso il
genitore che ha tradito le loro aspettative e che li priva della dovuta affettività e presenza psicofisica.
Non è retorica, quello che sto affermando! In Italia non abbiamo statistiche per conoscere il
grado di disagio dei figli nelle separazioni e tutti parlano del benessere dei figli nelle separazioni
senza averne gli adeguati parametri di riferimento.
Questi genitori sono i “fabbricanti” di nuovi Peter Pan che, come loro, fuggiranno sempre
dalle proprie responsabilità e si rifugeranno in un mondo che non c’è più. E questo mondo potrebbe
essere quello delle ben note devianze. I figli si chiudono in se stessi, sfiduciati di tutto ciò che li
circonda perché non attento alle loro aspirazioni e ai loro diritti affettivi. Si formano una corazza
per affrontare un situazione non facile e non gratificante, spesso si appoggiano ad adulti al di fuori
del clan familiare e non sempre trovano aiuti validi e sinceri. Vediamo giovani ragazze che vanno
alla ricerca di uomini adulti, emergenti e senza scrupoli, scafati e mondani, che li rassicurino
emotivamente ed emotivamente le ricompensino dell’affetto mancato da parte dei genitori. Non
considerano il prezzo che dovranno pagare, ma l’importante per loro è la considerazione e la stima
che riceveranno dal nuovo partner. Sì perché non si sentivano d’essere stati stimati e amati dai
genitori. I ragazzi cercano donne molto più grandi di loro che, in definitiva, facciano loro da
mamma, anche a letto, e permettano loro di illudersi di vivere nell’isola che non c’è.
La sindrome colpisce molti giovani uomini che si sentono rifiutati dai genitori, abbandonati
ed incompresi. Questi figli sono inquieti, non hanno nessuno a cui rivolgersi con fiducia, ma
cercano di nascondere le loro inquietudini con coperture, come fa Peter Pan quando si mette a
suonare allegramente il suo flauto proprio mentre sta per essere abbandonato da Wendy e dai suoi
Bimbi Sperduti.
E’ una fuga dalla realtà, il richiudersi in un mondo che non c’è e gli unici ad essere sereni e
tranquilli sono i genitori che hanno anteposto i loro affetti personali, la loro idealizzata sessualità,
ai bisogni esistenziali di bambini, adolescenti e ragazzi relegati al margine della famiglia di origine.
Saranno dei nuovi Peter Pan generati da genitori immaturi, superficiali e narcisisti. E la società ne
ha già troppi di persone superficiali, egoiste e narcisiste!
Quali rimedi?
La Sindrome di Peter Pan è una vera e propria malattia psicosomatica, individuale e sociale.
A livello psicologico si deve intervenire sul singolo energicamente e con sollecitudine. Tale
malattia deve essere curata da personale qualificato perché altrimenti coloro che ne sono colpiti
continueranno a danneggiare i propri figli, anche se affidati loro per breve tempo, continuando ad
inculcare in loro falsi modelli, false regole comportamentali e false aspettative su un mondo che non
c’è. I figli devono essere aiutati a crescere con amore, competenza e specifica attenzione, mentre, in
questi casi, sono proprio loro a dover far crescere i propri genitori: superficiali, immaturi, narcisisti,
vuoti e, talvolta, anche irresponsabili.
E’ una vera e propria malattia sociale e pertanto si rende necessaria un’assistenza sociopsico-
pedagogica ai genitori soggetti a tale sindrome a sostegno della loro genitorialità al fine di
mitigare i possibili danni sui figli, poiché assai spesso sono generatori di altri Peter Pan. La
psicologia può ridare a questi adulti autostima per affrontare la realtà in maniera equilibrata e
costruttiva, per comprendere che il mondo delle belle favole può anche esistere ma deve essere
basato su situazioni concrete e su sentimenti reali e non su false illusioni. Anche i loro figli
dovrebbero essere seguiti da esperti, specificatamente preparati e professionalmente qualificati per
la tutela dei minori, per rimuovere gli errati insegnamenti ricevuti dai loro genitori, apparentemente
normali e crescere sereni ed in armonia con sé e con il mondo che li circonda.
Dato che coloro che soffrono di tale sindrome avvertono solo il loro senso di onnipotenza e
ritengono tutto ciò che li circonda non degno di attenzione, occorre prendere in considerazione,
quando necessario, drastici interventi da parte delle istituzioni, anche in situazioni che talvolta non
appaiono di estrema gravità…..
Altrimenti, quale messaggio esistenziale vogliamo trasmettere agli adolescenti e ai ragazzi?

*docente di filosofia e socio-pedagogista
 
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