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Forum » ABUSI PSICHIATRICI » ABUSI PSCHIATRICI - DESCRIZIONE DELLA SITUAZIONE » Ospedali, manicomi, case famiglia, reparti psichiatrici (DESCRIZIONE DELLA SITUAZIONE)
Ospedali, manicomi, case famiglia, reparti psichiatrici
MariaRosaDeHellagenDate: Venerdì, 25/03/2011, 22:42 | Message # 1
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Viaggio negli ospedali psichiatrici giudiziari italiani

Video realizzato dalla Commissione parlamentare di inchiesta sull'efficacia e l'efficienza del Ssn presieduta da Ignazio Marino

http://www.youtube.com/watch?v=-81d0pHFL64&feature=related

 
MariaRosaDeHellagenDate: Giovedì, 07/04/2011, 08:09 | Message # 2
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Morte durante TSO, Psichiatra alla sbarra

http://www.aipsimed.org/articolo/morte-durante-tso-psichiatra-alla-sbarra
http://www.aipsimed.org/articol....>

06/04/2011 - 23:39

Varese. Primo round del processo per la morte di Giuseppe Uva, l'artigiano di 43 anni deceduto all'ospedale di Circolo nel giugno 2008 dopo il ricovero. Accusato di omicidio colposo è lo psichiatra dell'Asl che somministrò all'uomo la seconda dose di un farmaco il cui effetto per il pm Agostino Abate sarebbe stato incompatibile con le condizioni dell'uomo. Con i familiari di Uva in aula si sono presentati i parenti di altri giovani morti in circostanze sospette. Fra loro Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, il ragazzo romano scomparso dopo un periodo di detenzione in carcere e Patrizia Aldrovandi, madre di Federico, il giovane ferrarese per la cui morte, in primo grado, sono stati condannati quattro poliziotti. Alcune parti civili, guidate dall'avvocato Fabio Anselmo, hanno chiesto una perizia con eventuale riesumazione del cadavere e un test del Dna sulle tracce organiche sopra i pantaloni indossati da Uva al momento della morte per accertare eventuali concause nel decesso.

LA PROPOSTA è stata per il momento respinta dal giudice. Prima verranno ascoltati i dieci consulenti chiamati da tutte le tre parti. È stato ammesso su richiesta della difesa un documento elaborato al Circolo con le linee guida per il trattamento delle persone in contenzione fisica, stato in cui si trovò quella notte Uva. Ok anche a 26 foto scattate durante l'autopsia. Intanto si è appreso che è stato chiesto il rinvio a giudizio anche per il medico che firmò il consulto richiesto dal dipendente del pronto soccorso che somministrò a Uva una prima dose di medicina. Quest'ultimo fu prosciolto da ogni accusa in udienza preliminare. La famiglia ventilò l'ipotesi che Giuseppe fosse stato pestato nella caserma dei carabinieri prima di finire in ospedale. L'eventualità non ha mai trovato riscontri. Si torna in aula il 30 aprile. Enrico Camanzi
Il Giorno, Ed. Milano Metropoli del 06/04/11

 
MariaRosaDeHellagenDate: Giovedì, 07/04/2011, 08:14 | Message # 3
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Morte a Bologna in TSO Edhmund Hiden

http://www.youtube.com/watch?v=eeRsmk02kDo&feature=related

Video Girato con il consenso della comunità Nigeriana di Bologna durante la manifestazione di protesta per la misteriosa morte di Edhmund Hiden, il Nigeriano di 34 anni che si presentò volontario al reparto psichiatrico "ottonello" dell'ospedale maggiore di Bologna.
Anche se volontario è stato legato e sedato dalla psichiatra,inspiegabilmente due pattuglie di poliziotti (che non potrebbero entrare in un reparto di psichiatria) aiutano i "deboli"infermieri del reparto a tener fermo Edhmund al lettino di contenzione.
Muore per arresto cardiaco.
Probabilmente, chissà....forse non si sarebbe dovuto ribellare quando lui ha chiesto aiuto e per tutta risposta lo hanno imprigionato legato e sedato.
Il tsv è una farsa, dato che può essere commutato in T.S.O. in qualunque momento a discrezione dello psichiatra.
Molti T.S.V.(trattamenti sanitari Volontari) sono praticamente imposti agli sfortunati utenti, dato che spesso se non accentano "liberamente" i trattamenti psichiatrici(psicofarmaci,elettroshock,etc.etc.) li si minaccia di imporgliele con il ricovero coatto.
Video realizzato da Christian Brogi nel Maggio del 2007 a Bologna,ma pubblicato solo nel 2008.
Ad oggi, la spiegazione della morte di Edhmund Hidden non soddisfa per nulla la comunità nigeriana.
Edhmund lasciava la moglie incinta di suo figlio, la sorella ed i molti amici che aveva,a dimostrazione della sua popolarità tra la gente.
Anche se fosse morto come dice l'autopsia per infarto,anche se era debole di quore e malato, a maggior ragione non doveva essere sottoposto alle torture psicologiche e fisiche proprie dei trattamenti psichiatrici.

 
Eugenio_TravaglioDate: Giovedì, 12/05/2011, 01:56 | Message # 4
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Carceri: 'Stop Opg', morto per soffocamento giovane internato ad Aversa

Roma, 10 mag. (Adnkronos) - ''Ieri nell'Opg di Aversa si e' consumata l'ennesima tragedia. Un giovane quasi trentenne e' morto per soffocamento''. E' quanto si legge in una nota del comitato 'Stop Opg', per l'abolizione degli ospedali psichiatrici giudiziari. ''Si aggiorna cosi' -spiega la nota- il triste bollettino del 2011, che registra ben 4 decessi in poco piu' di 4 mesi, tre dei quali per suicidio. Un dramma immerso in un silenzio disarmante''. ''Fatti come questo -sottolinea il comitato 'Stop Opg'- per il contesto in cui avvengono e per le gravi ombre che gettano sulle istituzioni, non possono essere letti come tragiche fatalita': gli Opg sono luoghi di morte, di sofferenza e di privazioni, e non e' piu' possibile rinviare interventi risolutivi. Il comitato StopOpg, nato da un folto cartello di associazioni e sindacati che operano nei settori della salute mentale e penitenziario, chiede semplicemente di applicare la legge e provvedere all'immediata chiusura di tutti i 6 Opg italiani''. ''Ma non basta: lo Stato italiano -si legge ancora nella nota del comitato- ha dimostrato tutta la sua inerzia, le istituzioni la loro inadeguatezza. Basti pensare che da quando con un apposito Dpcm e' stata stabilita la chiusura delle strutture, il numero degli internati e' inspiegabilmente lievitato, passando da meno di 1.300 internati del 2007 agli oltre 1.400 di oggi. Si assumano iniziative straordinarie, senza escludere la nomina di commissari ad acta che, a partire da Aversa, attraverso la definizione di una vera e propria road map, indichino tempi certi per la chiusura, dando solide garanzie sul reinserimento e il sostegno agli internati nel loro percorso di recupero''.
(10 maggio 2011 ore 15.50)

 
AmministratoreDate: Venerdì, 13/05/2011, 22:54 | Message # 5
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http://artaudpisa.blogspot.com/2010/01/ne-in-cella-ne-in-reparto-basta-morti.html

venerdì 15 gennaio 2010
NE’ IN CELLA , NE’ IN REPARTO: BASTA MORTI DI STATO!

27 ottobre 2005: muore a Trieste Riccardo Rasman di anni 33 nella sua abitazione durante l’ esecuzione di un provvedimento di ricovero coatto. Venne ammanettato con le mani dietro la schiena e gli furono legate le caviglie con un filo di ferro.
Gli agenti effettuarono su Rasman una prolungata pressione sul dorso e lo lasciarono nella predetta posizione prona per diversi minuti soffocandolo.

21 giugno 2006: muore a Cagliari in seguito a una tromboembolia venosa Giuseppe Casu, venditore ambulante ricoverato con un Trattamento Sanitario Obbligatorio(TSO) nel reparto psichiatrico di Cagliari, dopo essere rimasto legato mani e piedi al letto per 7 giorni e sedato farmacologicamente.

28 agosto 2006: muore a Palermo A.S., donna di 63 anni entrata in reparto psichiatrico il 17 agosto e qui trattenuta per accertamenti; dopo alcuni giorni di stato comatoso (dal 25 al 27) la donna si sarebbe risvegliata per morire nella notte tra il 28 e il 29.

26 maggio 2007: muore a Bologna Edmond Idehen, nigeriano di 38 anni; l'uomo si era sottoposto volontariamente alle cure, ma alla richiesta di poter andare a casa i medici hanno deciso per il TSO e chiamato la polizia in seguito alle sue insistenze; le indagini sulla sua morte sono ancora in corso, la versione ufficiale parla di una crisi cardiaca avvenuta mentre infermieri e poliziotti tentavano di portare l'uomo sul letto di contenzione.

12 giugno 2007: muore a Empoli Roberto Melino, 24 anni, per arresto cardiocircolatorio; il giovane era entrato il 4 giugno in reparto in Trattamento Sanitario Volontario (TSV), tramutato dai medici in TSO alla richiesta di andare a casa; resta da chiarire se la morte sia avvenuta per cause naturali o in seguito alla somministrazione di qualche farmaco.

4 agosto 2009: muore Francesco Mastrogiovanni, anni 58, maestro di scuola elementare ricoverato 4 giorni prima in TSO a Vallo della Lucania. Durante tutto il suo ricovero fu alimentato solo con soluzioni fisiologiche, legato al letto per 80 ore in una posizione in cui è compromessa la normale funzione respiratoria, sedato con farmaci antipsicotici, senza essere monitorato dal personale. Ai polsi e alle caviglie recava escoriazioni larghe 4 centimetri.

Queste morti sono soltanto alcune di una lunga lista avvenute all’interno di reparti psichiatrici. Decessi in certi casi accaduti in circostanze sospette, le cui cause rimangono oscure, gravissimi episodi che però non suscitano alcun interesse nell'opinione pubblica e nei mass-media. Non può che rimanere il dubbio su queste vicende, vere e proprie morti di Stato sulle quali è necessario fare chiarezza.
I reparti psichiatrici come le carceri, gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, i Centri di Identificazione e di Espulsione sono istituzioni totali in cui i diritti umani sono costantemente violati, zone d’ ombra impenetrabili e lontane dagli sguardi della collettività in cui è possibile commettere ogni sorta di abuso avvalendosi di sicura impunità.
La psichiatria, pseudoscienza priva di comprovate basi scientifiche e ben inserita nelle dinamiche economiche del profitto, agisce somministrando farmaci ed evitando di informare il paziente riguardo la natura, la posologia e le possibili contro-azioni dei composti chimici somministrati, effetti collaterali che vengono ignorati o tralasciati dai medici stessi; questi contro-effetti vanno dai disturbi dell’ attenzione e della memoria alla confusione mentale, da problemi nel funzionamento di organi a disturbi neurologici, fino al blocco cardio-circolatorio e cardio-respiratorio causando quindi la morte.

Costante è il ricatto della psichiatria e spesso impossibile per la persona il sottrarsi al suo pressante controllo.
Assistiamo giornalmente a TSO totalmente arbitrari, spesso effettuati con l'uso della violenza, ricoveri volontari che diventano obbligatori nel momento in cui il paziente chiede di poter tornare a casa.
Sono ancora in uso l’elettroshock e la contenzione fisica, che possono giungere ad esiti tragici come nel caso di Giuseppe Casu e Francesco Mastrogiovanni.
La violenza psichiatrica non è limitata all’arco temporale del ricovero ospedaliero ma vede una sua continuazione anche all’esterno del reparto, nella vita quotidiana del paziente che sarà stigmatizzato per sempre come “malato mentale”, “pazzo”, persona da normalizzare o da emarginare.
L'invito è a rompere il silenzio, a denunciare gli abusi psichiatrici perpetrati ai danni di individui troppo spesso impotenti perché intrappolati nella solitudine psichiatrica, a distruggere quei miti di cui la psichiatria si è circondata e a spezzare il muro di silenzio che da sempre la circonda e la difende da attacchi esterni.

Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
www.artaudpisa.noblogs.org
www.artaudpisa.blogspot.com
antipsichitriapisa@inventati.org
tel. 3357002669

Pubblicato da Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud a 00:35

 
AmministratoreDate: Venerdì, 13/05/2011, 22:56 | Message # 6
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http://artaudpisa.blogspot.com/

domenica 20 marzo 2011

BASTA MORTI INVISIBILI E TORTURE: CHIUDIAMO SUBITO GLI OPG!!

a proposito degli internati nell' OPG e di quello che è successo nei giorni scorsi..
Trent'anni dopo la riforma che porta il nome di Franco Basaglia, non tutti i manicomi hanno chiuso i battenti. Vengono chiamati ospedali psichiatrici giudiziari ma sono i manicomi criminali di una volta. Per l’esattezza gli internati sono 1535 (1433 uomini e 102 donne) nei sei ospedali psichiatrici giudiziari italiani (Aversa, Montelupo fiorentino, Napoli Sant’Eframo, Reggio Emilia, Castiglion delle Stiviere e Barcellona Pozzo di Gotto).
Martedì 8 marzo un ragazzo di 29 anni G.D., di origini genovesi, viene ritrovato morto nella sua cella dell’ospedale psichiatrico di Montelupo fiorentino. Il giovane era arrivato nella struttura nell’ottobre del 2010. Il cadavere è stato trovato nel bagno della cella, a scoprirlo sono stati gli agenti. Accanto all’uomo, che era stato internato a causa di episodi di aggressioni in famiglia, è stata trovata una bomboletta di gas in dotazione ai detenuti. Sul caso è stato aperto un fascicolo da parte della Procura della Repubblica di Firenze. La salma è stata trasferita al reparto di medicina legale di Careggi per essere sottoposta ad autopsia.
Negli opg avvengono anche atti di violenza sessuale. È di giovedì 10 marzo la notizia che due agenti di polizia penitenziaria dell’Ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa sono stati arrestati con l’accusa di avere costretto in più occasioni un giovane transessuale, internato nella struttura, ad avere rapporti sessuali. Sempre ad Aversa, dopo che si sono verificate 14 morti in 14 anni, 14 persone sono state iscritte nel registro degli indagati per omicidio colposo, tra cui parte del personale in servizio in reparto: medici, psichiatri e i dirigenti della struttura. Questi episodi vanno contestualizzati in uno scenario più ampio di abusi, violenze e di condizioni detentive inumane e degradanti che emergono anche dal rapporto del Comitato per la prevenzione della tortura, organismo del consiglio di Europa, che si è recato in visita ispettiva negli opg italiani.
Gli opg sono inutili luoghi di soprusi, isolamento prolungato, condizioni igieniche indecenti, di contenzione abituale e di trattamenti totalmente lesivi della dignità umana.
L'opg è un limbo, un luogo di totale non diritto. In questi luoghi vige l'incertezza della pena e non esiste proporzionalità della pena rispetto al reato. In queste strutture vengono internate persone che, dopo aver commesso un reato, vengono dichiarate tramite una perizia totalmente o parzialmente incapaci di intendere o volere ma che a causa di una presunta pericolosità sociale (definita in riferimento alla norma vigente che risale al codice Rocco del 1930, nostra pesante eredità fascista) vengono ugualmente rinchiuse e allontanate dalla società.
Per le persone prosciolte per totale incapacità mentale l’opg si presenta nella sua dimensione peggiore, l’ergastolo bianco: l’internamento viene stabilito dal giudice di due, cinque o 10 anni ma la durata effettiva del provvedimento è ad assoluta discrezionalità del magistrato, che può prorogarlo all'infinito ogni due,cinque o dieci anni; con questo meccanismo alcune persone hanno scontato più di trentacinque anni di reclusione e si perde il conto di quanti sono morti avendo scontato molti anni in più della reale pena correlata al reato commesso. Diverso è il caso della seminfermità mentale: la capacità di intendere e di volere, per quanto ridotta, sussiste. La persona perciò è imputabile e viene sottoposta al processo. In caso di condanna vi sarà la diminuzione di un terzo della pena. Se riconosciuta anche socialmente pericolosa la persona verrà inviata in opg, dopo aver scontato la pena detentiva in carcere, senza sapere quanto dovrà restarci.
In opg possono anche finire individui che vengono trasferiti dal carcere conseguentemente ad una misura disciplinare e per un tempo indefinito (il tempo che un detenuto passa in opg non gli viene conteggiato come pena effettivamente scontata e quando verrà ritrasferito in carcere dovrà scontare anche il periodo non conteggiatogli).
In questi manicomi le persone continuano a morire così come nelle carceri vere e proprie.
Nei primi due mesi del 2011 sono morte 12 persone tra carcere e opg, di cui sei sono “morti da bomboletta”. Le bombolette del gas vengono date in dotazione dal carcere ai detenuti per poter cucinare. La cucina rappresenta l'unico strumento che la persona ristretta ha a disposizione per svolgere un'attività in autonomia, per costruire e vivere piccoli momenti di socialità e condivisione con altri detenuti. Le bombolette vengono anche utilizzate da alcuni come meccanismo di “evasione” per non pensare, in quanto la loro inalazione provoca stordimento simile a quello indotto da assunzione di droghe leggere o di psicofarmaci. La concessione massiccia di psicofarmaci è fortemente appoggiata dall'amministrazione carceraria in un’ottica contenitiva in quanto detenuti chimicamente sedati sono sicuramente più gestibili, meno indotti a creare problemi e più propensi a sopportare l'alienazione della carcerazione.
E così per le bombolette. Sta diventando pratica sempre più diffusa e strumentalmente usata dalle amministrazioni carcerarie utilizzare le bombolette come pretesto per giustificare le morti scomode senza dover mettere in discussione il totale degrado, sovraffollamento ed incurie in cui riversano quelle discariche sociali chiamate carceri ed ospedali psichiatrici giudiziari. Con queste “morti da bomboletta” si continuerà così facilmente a giustificare la tragica e insensata fine di altri G.D., altri Ciprian Florin (morto l’8 febbraio 2011 a Genova, anche lui presumibilmente per inalazione di gas), altri Yuri Attinà (morto a Livorno il 5/1/2011), altri Jon R. (morto a Pavia per inalazione di gas l'11/2/2011).
Queste morti provocate o meno da inalazione di butano sono vere e proprie morti di Stato.
Lo Stato prende in custodia il corpo e l'anima di una persona e a questa dovrebbe
garantire l’incolumità.

Collettivo Antipsichiatrico A.Artaud -Pisa
Zone del silenzio-Pisa

 
dibattitopubblDate: Domenica, 19/06/2011, 04:27 | Message # 7
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http://www.news-forumsalutementale.it/milano-%E2%80%9Csette-morti-nei-reparti-psichiatrici-di-niguarda%E2%80%9D-la-denuncia-di-telefono-viola/


Milano “Sette morti nei reparti psichiatrici di Niguarda”: la denuncia di Telefono Viola

28 marzo 2011

“Malati legati ai letti”: Telefono Viola accusa l’ospedale Niguarda.

Sette persone sono morte all’interno dei tre reparti psichiatrici dell’ospedale Niguarda di Milano dal 2008 a oggi. Fra questi, due si sono tolti la vita e i loro corpi non sono transitati per la camera mortuaria dell’ospedale. E’ la denuncia dell’associazione Telefono Viola di Milano che ha presentato un esposto presso la procura della Repubblica del Tribunale di Milano. Con questo documento va a integrare i fatti già contenuti in un esposto del dicembre 2010. “Si è innescata una escalation dei decessi: in reparti ospedalieri dove non si può e non si deve morire, si è passati dagli zero decessi del 2006, ai quattro del 2010. Fino a due morti in poco più di due mesi nel 2011 – commenta Giorgio Pompa di Telefono Viola -. Chiediamo al direttore generale dell’ospedale Niguarda, all’assessore regionale alla Sanità, al governatore Formigoni il commissariamento urgente della direzione del Dsm e dei tre Grossoni”.

Secondo quanto contenuto nei documenti presentati in procura questa mattina, due persone si sono tolte la vita all’interno dei reparti “Grossoni”. Il primo caso si è verificato il 5 aprile 2010, un uomo di 30 anni, originario dello Sri Lanka, si è impiccato all’interno della struttura. “Nel portale dei reparti non esiste nessuna documentazione relativa a questo ricovero -si legge nell’esposto-. Inoltre la salma del suicida non è mai passata nella camera mortuaria”. Un fatto insolito dal momento che i corpi di tutte le persone morte all’interno dell’ospedale transitano per la camera mortuaria accompagnati da un documento ufficiale, la cosiddetta “Colombella”, compilato al momento del decesso.

Il secondo suicidio, invece, è avvenuto lo scorso 10 marzo: Orlando A., 29 anni, si è impiccato nel bagno del reparto utilizzando i lacci delle scarpe che gli erano state lasciate sotto il letto. Era entrato al “Grossoni 2″ dal 6 marzo dopo un tentativo di suicidio. Anche in questo caso la salma del giovane non è transitata per la camera mortuaria del Niguarda (come conferma un addetto della stessa camera mortuaria). La famiglia di Orlando A. è intenzionata a presentare denuncia contro il “Grossoni 2″ per negligenza per non avere impedito il suicidio del suo congiunto.

Ma anche gli altri decessi segnalati da Telefono Viola sollevano diversi interrogativi. E’ il caso, ad esempio, di Dario G, morto nella notte del 2 gennaio 2009. Era stato ricoverato il 1° gennaio 2009 al “Grossoni 2″ per insufficienza respiratoria acuta e dispnea (ed era già stato curato in quel reparto per gli stessi problemi respiratori). “Perché manca la documentazione relativa all’ultimo ricovero, conclusosi con il decesso? -chiedono dall’associazione Telefono Viola – E perché Dario, quando ha cominciato a sentire che gli mancava il respiro non ha cercato di alzarsi per recarsi al locale infermieri? Era forse contenuto fisicamente?”.

(da Affaritaliani.it)
 
dibattitopubblDate: Domenica, 19/06/2011, 04:28 | Message # 8
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http://www.news-forumsalutementale.it/enna-malasanita-in-psichiatria/

Enna. Malasanità (??) in psichiatria


20 febbraio 2011

Enna. Un episodio di malasanità si è registrato nel reparto di Psichiatria, che si trova ospitato nel vecchio ospedale di via Messina e che è stato denunziato da un cittadino che ha inviato una lettera circostanziata al Direttore generale dell’Asp ennese, Nicola Baldari, ma l’accaduto è stato portato a conoscenza dell’Assessore regionale alla sanità, Massimo Russo, alla Procura della Repubblica ed alla Guardia di Finanza, circostanziato da foto, che riguardano un ragazzo palermitano di 17 anni, N.S., ricoverato per circa una decina di giorni presso il reparto di Psichiatria, affetto da disturbi della psiche.

N.S. è stato ricoverato nel reparto di Psichiatria il 10 febbraio scorso, giorno 11, in preda ad attacchi convulsivi – scrive E.L., che in quei giorni era ricoverato nel reparto per un attacco di ischemia – eludendo la scarsa vigilanza del personale di turno, è riuscito a togliere con forza l’inferriata della finestra, ad aprire la finestra, ad uscire dopo un salto di circa due metri, quindi ha scavalcato l’inferriata dell’ospedale, e ad allontanarsi dal reparto. Sono stati allertati i carabinieri della compagnia, che sono riusciti a bloccarlo, mentre lo stesso stava per rubare una Fiat Panda, perché probabilmente voleva ritornare a Palermo dai propri familiari. Ricondotto in reparto è stato “legato mani, piedi e collo” al letto, dopo avergli somministrato dei sedativi.

E.L. evidenzia nella lettera inviata al dottor Baldari che “c’è stato un accanimento nei confronti del ragazzo da parte di medici ed infermieri, accanimento dimostrato da foto scattate con il telefonino. E.L. evidenzia anche l’assenza di medici per gran parte del turno di lavoro, presenti infermieri improvvisati, quindi un esempio lampante di malasanità “in cui i pazienti affetti da turbamenti della psiche non solo non sono curati ma vengono trattati come delle bestie; si aggiunga che i locali sono fatiscenti e sporchi, vitto da vomitare tutte le volte che viene buttato su dei tavoli sporchi”.

Nella segnalazione si fa riferimento anche ad un altro episodio, avvenuto domenica 13, quando N.S. è stato visitato dalla madre, sorella e dalla fidanzata Angela. Il ragazzo era in forte crisi isterica perché voleva essere slegato volendo abbracciare i familiari. Ci sono stati pianti, lacrime, grida di protesta ma non c’è stato niente da fare perché medico ed infermiera si sono rifiutati di venire incontro alle richieste dei familiari del ragazzo, che è rimasto legato. “Natale e tutti i pazienti malati di mente – scrive nella sua lettera E.L., che è rimasto tre giorni ricoverato nel reparto – non devono essere curati con le cinghie, le corde ed i lenzuoli arrotolati per incaprettare il paziente. Il paziente, affetto da disturbi della psiche, dovrebbe essere curato con farmaci ma anche con amore e dedizione completa, comprensione, carezze e sorrisi incoraggianti, oltre a grande professionalità”.

(da ViviEnna.it)
 
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