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Forum » MALAGIUSTIZIA IN ITALIA » (MALA)GIUSTIZIA IN ITALIA O GIUSTIZIA NON UGUALE PER TUTTI » Magistrati milanesi e Magistrati di Puglia, nuovi demoni (della storia d'Italia - di Michele Imperio)
Magistrati milanesi e Magistrati di Puglia, nuovi demoni
AmministratoreDate: Sabato, 14/05/2011, 23:23 | Message # 1
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Magistrati milanesi e Magistrati di Puglia, nuovi demoni della storia d'Italia

di Michele Imperio ( artemide1955@alice.it ), tratto da OKnotizie.

Per visionare link indicati nel testo, andate sulle pagine originarie su Oknotizie.

Tutti gli articoli di Michele Imperio su Oknotizie: http://oknotizie.virgilio.it/micheleimperio/news?start=0

 
AmministratoreDate: Sabato, 14/05/2011, 23:23 | Message # 2
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http://oknotizie.virgilio.it/info/78d10844f7c3eaa9/magistrati_milanesi_e_magistrati_di_puglia_nuovi_demoni_della_storia_d_italia_replica_1_.html

Magistrati milanesi e magistrati di Puglia, nuovi demoni della storia d'italia (replica 1)

Certa stampa di sinistra con in testa "Repubblica" ma a seguire "Corriere della Sera", "Stampa" e "Messaggero" vorrebbe farci credere che è in atto un nuovo conflitto tra la Magistratura casta e verginella e la classe politica, corrotta, decadente e ora addirittura orgiastica.

Ma la Magistratura italiana è veramente così casta e verginella come dicono questi quotidiani? O è anch'essa in parte un centro di potere che, in alcune sue componenti, fa un gioco di natura politica?

La risposta - secondo noi - varia da regione a regione. La corruzione di pezzi della magistratura, la collusione di alcuni suoi membri con vertici di altre organizzazioni (leggi Massoneria), l'interazione con agenti di servizi segreti più o meno disinvolti, è stata ed è diversa da Regione a regione: le situazioni più critiche si sono registrate - secondo noi - a Milano in Lombardia e nella Regione Puglia. Vediamo perchè.

Quello che sta emergendo dalle ultime indagini sulle stragi è che le stragi e tutto ciò che è avvenuto nel triennio 1991-1992-1993 sono state anche un complotto massonico, voluto da alcune lobby ebraiche, falsamente e ad arte informate da centri di intelligence italiani che Craxi, Cagliari e Gardini commerciavano con l'Irak armi chimiche e che Bettino Craxi e Sergio Castellari, direttore generale delle Partecipazioni Statali, si erano spesi affinchè il supercannone di Saddam Hussein, contrariamente agli impegni che erano stati assunti col partito repubblicano degli Stati Uniti, arrivasse a colpire con bombe atomiche, chimiche e batteriologice il territorio dello Stato di Israele.

Dalla Rete sappiamo che a quell'epoca operavano nella Procura di Milano sei Magistrati massoni, che, di concerto con altri magistrati massoni siciliani e pugliesi hanno intessuto la trama e favorito le stragi.

A Milano negli anni che vanno dal 1984 al 1997 c'erano quattro grandi movimenti di mafia: i primi due quello della Duomo Connection (gestito dalla mafia di Resuttana quartiere di Palermo) e quello che faceva capo al boss Angelo Epaminonda (gestito dalla mafia catanese) sono stati debellati dalla Procura di Milano. Queste inchieste hanno dato grande visibilità a due Magistrati di quella Procura Ilda Boccassini (per l'inchiesta duomo connection) e Francesco Di Maggio (per l'inchiesta sul gruppo di Angelo Epaminonda).

Il terzo grande movimento di mafia era quello dell'Autoparco Milanese di via Salamone (Cursoti di Catania, gelesi di Madonia, Santapaola, corleonesi di Riina) che ha gestito per nove anni di seguito dal 1984 al 1993 un traffico colossale di armi e di droga, e ha mosso qualcosa come 700.000.000 circa di vecchie lire al giorno.

Ma rispetto a questo movimento mai nessun magistrato milanese si è mai accorto di niente o ha mai mosso foglia.

E intanto l'Autparco è stato smantellato nel novembre 1993 perchè i magistrati della Procura della Repubblica di Firenze guidati all'epoca da Pierluigi Vigna, magistrato integerrimo e universalmente stimato e il Gico della G. di F. di Firenze sono intervenuti da Firenze per fare tabula rasa, resi competenti a conoscere di queste situazioni da una nota di Giovanni Falcone del 1991, che riguardava alcuni affiliati di Cosa Nostra che operavano su Prato (città nella sfera di competenza della Procura Distrettuale Antimafia di Firenze) Vedi: [ricerca.repubblica.it]

Il quarto grande movimento di mafia è stato invece attivo anch'esso per lungo tempo precisamente per sette anni di seguito in tutta la Lombardia oltre che a Milano dal 1991 al 1997! Era il movimento del c.d. metodo Ros dove loro, i Magistrati milanesi ancora una volta hanno lasciato andare, anzi in un caso si sono collusi. Essi infatti dicono che, dei loro, cioé dei magistrati, in questo giro si è compromesso solo uno, tal dott. Mario Conte da Bergamo (vedi: [www.19luglio1992.com]

Però Mario Conte è attualmente Sostituto Procuratore della Repubblica con delega alle indagini antimafia (sic!) presso la Procura della Repubblica di Brescia ed è ancora oggi imputato di associazione a delinquere, traffico clandestino di armi, falso in atto pubblico, riciclaggio, spaccio di droga, dinanzi il Tribunale di Milano in attesa di giudizio. Se il colonnello Ganzer dei ROS, suo coimputato, ha preso 14 anni di reclusione, lui ne dovrebbe prendere almeno 28. Nell'attesa fa il Procuratore distrettuale antimafia a Brescia.

In realtà i Magistrati milanesi implicati in questi loschi traffici sono molti di più, se è vero come è vero che sono stati condannati venti (dicasi venti!) Ufficiali dei carabinieri. Ed è impossibile che venti ufficiali dei carabinieri si facessero rilasciare tutti e venti i decreti di sequestro tardivo da Mario Conte; il quale peraltro aveva competenza solo per Bergamo e non poteva essere - come pure si dice - extraterritoriale. Vedi: [www.militari.info]

Scrive a proposito di questa inchiesta il quotidiano "Repubblica" ......la Magistratura (di Milano) non ha visto o quando ha visto ha preferito girarsi dall'altra parte.......(parole di "Repubblica";).

C'è una valida ragione del perchè "la Magistratura milanese non ha visto o, se ha visto, si è girata dall'altra parte". Infatti la cosa funzionava così: armi e sostanze stupefacenti venivano acquistate con denaro dello Stato e poi venivano rivendute alle cosche che si volevano eliminare. Queste cosche acquistavano le armi o la droga e versavano il corrispettivo ai Magistrati, dominus della situazione. Subito dopo però quelle stesse cosche venivano arrestate, la sostanza stupefacente e le armi venivano sequestrate e recuperate e poi rivendute a un'altra cosca dietro nuovo corrispettivo. Lo Stato quindi ci avrebbe dovuto guadagnare e invece ci ha perso: mancano all'appello 502.000.000 di euro. E quei soldi non se li è certamente presi Ganzer. Vedi: [centrodestra.blogspot.com]

Ecco perchè la Magistratura (di Milano) non ha visto o quando ha visto ha preferito girarsi dall'altra parte!

La pacchia è finita quando nel 1997 un pentito Biagio Rotondo ha spiattellalo tutto, o meglio, una parte del tutto. Biagio Rotondo, già una prima volta arrestato nel 1991, clamorosamente rilasciato da Magistrati insieme a commercianti internazionali di stupefacenti colombiani e libanesi, poi riarrestato nel 1997, nuovamente rilasciato dopo queste clamorose delazioni, fu per sciocchezze arrestato un'altra volta nel 2007 e morì suicida in carcere con in mano una lettera indirizzata ai Magistrati di Milano e di Brescia. Su questa lettera era scritto questo eloquente e drammatico messaggio: "io a voi Magistrati non vi ho mai tradito!". [www.ristretti.it]

Rotondo aveva forse subodorato che l'arresto preludeva alla morte? Per caso Rotondo non fece in tempo a far recapitare quel messaggio ai Magistrati milanesi? Qualcuno teme che dicesse tutto?

Ma quello contro Biagio Rotondo non è l'unico fatto inquietante sul quale grava l'ombra sinistra di qualche Istituzione. C'è per esempio il ruolo che il Magistrato Francesco Di Maggio ha certamente avuto nelle lettere del corvo e nell'attentato dell'Addaura del 1989, nelle stragi del 92 e nella trattativa per l'abolizione del 41 bis nel 93, fatti non più perseguibili perchè il Magistrato nel 1996, prematuramente a 46 anni, è morto.

Resta poi ancora insoluto il caso del grave attentato subito dal magistrato Clementina Forleo speronata sull'Autostrada per essere assassinata, dopo aver denunciato alcuni colleghi ed ex colleghi della Procura della Repubblica di Milano per presunte pressioni ricevute in occasione delle indagini sulle scalate bancarie. Vedi: [www.ristretti.it]

Secondo quanto si evince dalla Rete Clementina Forleo avrebbe saputo che Gerardo d'Ambrosio aveva sollecitato Mario Delli Priscoli Procuratore Generale della Cassazione a metterla sotto procedimento disciplinare. Mario Delli Priscoli, magistrato vicino all'on.le Massimo D'Alema (vedi: [iglicinidicetta.blogspot.com]) aveva puntualmente risposto all'invito. La Forleo ne avrebbe quindi informato Luigi De Magitris, il quale avrebbe messo sotto processo penale a Catanzaro il figlio di Mario Delli Priscoli Francesco Delli Priscoli perchè coinvolto in alcuni affari non chiari. Secondo alcuni questa è la ragione per cui è esploso con quella violenza il caso De Magistris e il caso Forleo, duramente attaccati entrambi dai magistrati di M.D. e da quelli del C.S.M.

Secondo alcune "voci" l'offesa è stata troppo grande per cui il conto non è ancora chiuso e la Forleo sarà ancora attaccata, come già è avvenuto con l'incidente stradale sulla Milano-Lodi e con il recente incendio della fattoria di famiglia a Francavilla Fontana. De Magitris invece sarà fatto fallire politicamente. Dopo di che sarà lasciato a terra.

Altra situazione scabrosa da anni sempre presso la Procura della Repubblica di Brescia e sempre tra i Magistrati con delega alle indagini antimafia è quella del dott. Fabio Salamone fratello di Filippo Salamone, imprenditore siciliano, condannato a sei anni di reclusione per associazione a delinquere di stampo mafioso insieme al manager dell'epoca della Montedison Lorenzo Panzavolta, dell'area della Sinistra.

Fabio Salamone è anche quello che ha incriminato il collega Mario Conte per associazione a delinquere, falso in atto pubblico, riciclaggio, spaccio di droga e traffico clandestino di armi per la vicenda Ros. I due però adesso lavorano incredibilmente nello stesso ufficio: Antimafia di Brescia. Dovrebbero guardarsi in cagnesco e invece pare che si prendano assieme tutte le mattine il caffè.

C'è poi l'enigamtico caso nella Procura della Repubblica di Milano della dott.sa Ilda Boccassini Magistrato dalle parentele inquietanti. Ilda Boccassini è nipote di Nicola Boccassini, Magistrato napoletano, arrestato e condannato per associazione a delinquere, concussione, corruzione, abuso d'ufficio, falso in atto pubblico e favoreggiamento vedi: [www.cronachesalerno.it] Poi è la moglie di Alberto Nobili, uno dei quattro Magistrati denunciati nel 1994 da Pierluigi Vigna, per collusioni con Cosa Nostra relative alla vicenda dell'Autoparco con un dossier di 253 pagine (vedi: [ricerca.repubblica.it] L'inchiesta poi si perse nelle mani di Fabio Salamone, sempre lui delegato - caso strano - a indagini contro colleghi della Procura di Milano.

Ci furono fortissime proteste dei magistrati di Milano contro questa iniziativa.

Da Repubblica del 4 dicembre 1993 — pagina 13:

MILANO - La Procura di Brescia promette chiarezza in tempi brevi e apre un' inchiesta sulla fuga di notizie che hanno portato prima sui notiziari Fininvest e poi sulle pagine dei giornali il caso di Alberto Nobili, sostituto procuratore antimafia di Milano, colpito con gravissime accuse dai suoi colleghi della Procura di Firenze. Ma mentre i giudici bresciani aprono il fascicolo trasmesso lunedì scorso dal capoluogo toscano, a Milano tra i colleghi di Alberto Nobili scoppia la rivolta contro chi ha messo sotto inchiesta - sulla base di una confidenza "fuori verbale" che sarebbe stata fatta da un pentito, S.M., - un Magistrato da anni in prima linea alla lotta alla mafia, nel mirino dei sicari della ' ndrangheta, impegnato a scavare sui rapporti tra il crimine organizzato e gli uomini dello Stato. Viene smentita ufficialmente da Francesco Saverio Borrelli la presenza di un secondo nome di giudice milanese nell' incartamento trasmesso a Brescia. Non è solo solidarietà, quella espressa a Nobili dai suoi colleghi. Alle dodici di ieri, quando il pm dell' antimafia Francesca Marcelli scende a leggere il comunicato ai giornalisti, accanto a lei ci sono colleghi come Gherardo Colombo, Fabio Napoleone, Maurizio Romanelli, Roberto Aniello, lo zoccolo duro delle indagini contro la corruzione e il crimine organizzato. Il comunicato firmato da tutti i cinquanta giudici della Procura della Repubblica e dai quindici della Procura generale di Milano parla esplicitamente di "reazioni dirette a isolare Alberto Nobili o a delegittimarlo". Aggiunge un pubblico ministero dell' Antimafia "Devono sapere che attaccare Nobili vuol dire attaccare ognuno di noi". I cinquanta pm di Milano, insomma, non si limitano a considerare assurda l' ipotesi che un pubblico ministero come Nobili ("una punta di diamante, per durezza e per trasparenza" lo ha definito ieri Francesco Saverio Borrelli) abbia potuto proteggere degli assassini, fanno capire chiaramente di sospettare che non si tratti di un errore giudiziario ma del frutto di una manovra. Di chi? I sospetti maggiori sono appuntati sul Gico di Firenze, il reparto speciale della Guardia di Finanza che ha firmato il rapporto sulle presunte "confidenze" del pentito. Ma c' è di più un gruppo di pubblici ministeri milanesi starebbe preparando un esposto al Consiglio superiore della Magistratra contro i giudici fiorentini Pierluigi Vigna e Giuseppe Nicolosi (Magistrati integerrimi che non avrebbero mai fatto un passo del genere se non avessero avuto elementi certi n.d.r.).

Il dossier fu inviato però anche al CSM e qui un effetto lo produsse: al magistrato Francesco Di Maggio fu inibito di fare il P.M. a Milano e in qualsiasi altra Procura d'Italia fino al tempo del decesso (1996).

Tra i magistrati denunciati da Vigna c'era infatti anche questo controverso Magistrato Francesco Di Maggio presumibilmente corvo, stragista e trattativista nelle vicende degli attentati del 1989 - 92 -93. vedi: [www.attiliomanca.it] Francesco Di Maggio venne indicato da Francesco Saverio Borrelli a Scalfaro allorquando nel giugno 1993 si rese necessario nominare un vicedirettore del D.A.P. per riprendere la trattativa con Cosa Nostra per abolire il 41 bis, trattativa che Francesco Di Maggio puntualmente riprese.

Scalfaro in quella occasione mise per copertura ai vertice del D.A.P. su indicazione di Monsignor Fabbri, un prelato stimatissimo, il dott. Adalberto Capriotti, Magistrato devotissimo e timorato di Dio. Poi però Nicolò Amato, vicedirettore uscente riferisce che chi faceva tutto e chi aveva scalzato lui, era proprio il suo vice Francesco Di Maggio, il quale addirittura era così potente da sollecitare e ottenere da Scalfaro la sua destituzione.

Secondo Sonia Alfano il magistrato milanese Francesco Di Maggio si muoveva in modo molto spregiudicato. Proteggeva i titolari dell'autoparco e anzi li utilizzava come testimoni in altri processi e, come anche il generale Francesco Dalfino, partecipava addirittura a sequestri di persona a scopo di estorsione insieme a tal Rosario Pio Cattafi. Con costi in particolare Francesco Di Maggio - sempre secondo Sonia Alfano - partecipava anche a sequestri di persona a scopo di estorsione e in particolare a quello dell'industriale lombardo Giuseppe Agrati: "In quel processo - scrive Sonia Alfano - c’era perfino una testimone oculare che aveva visto Cattafi (l'amico di Francesco Di Maggio) ed un complice, con le borse piene dei soldi del riscatto, partire per la Svizzera. Ma, su richiesta proprio del pm Francesco Di Maggio, Cattafi fu prosciolto". Vedi: [www.soniaalfano.it]

Peraltro Francesco Di Maggio (e presumibilmente con lui Francesco Saverio Borrelli) nel biennio delle stragi (1992-1993) d'intesa con il CSM piazzò come suo uomo in Sicilia un altro Magistrato brianzolo, Olindo Canali, attualmente giudice della quinta sezione penale del Tribunale di Milano, contro il quale Sonia Alfano, riversa veleni e fango a volontà.

Olindo Canali da parte sua ha fatto intendere - con una sua lettera - di essere stato prima teleguidato e poi a un certo punto scaricato e delegittimato da Tano Grasso e dal senatore del P.D. Giuseppe Lumia. Olindo Canali utilizzava anche lui i discutibili metodi di Francesco Di Maggio (associarsi a un clan possibilmente con ramificazioni internazionali, per meglio massacrare un altro clan meramente locale, con ciò acquistando visibilità e meriti presso le Istituzioni).

Il nome di Francesco Di Maggio però porta dritti dritti a un altro ex Magistrato della Procura della Repubblica di Milano l'attuale presidente di I.D.V. Antonio Di Pietro. Risulta dalla Rete che Francesco Di Maggio infatti faceva da intermediario fra Antonio Di Pietro e il Polo delle Libertà nelle trattative che ci furono nel 1994 per il conferimento ad Antonio Di Pietro della carica di Ministro dell'Interno. Anche dopo Francesco Di Maggio mantenne i contatti fra le due parti. Scive il Corriere della Sera in un resoconto del 1997: "Luglio 1994. Silvio Berlusconi e' ancora presidente del Consiglio. E Antonio Di Pietro e' ancora pm. Con l'inchiesta sulla corruzione nella Guardia di Finanza, anche la Fininvest, fino ad allora solo sfiorata da Tangentopoli, precipita dentro Mani pulite. E il manager Salvatore Sciascia finisce per ammettere di aver avuto l'autorizzazione a pagare tre bustarelle "dalla famiglia Berlusconi". Proprio da li' parte l'indagine che, nel novembre '94, sfociera' nel famoso avviso al Cavaliere durante il vertice di Napoli. Nel suo ultimo libro ("La sfida", ed. Rai Eri - Mondadori, 29 mila lire) il giornalista Bruno Vespa racconta molti retroscena di quel periodo - chiave, rivelati dallo stesso Cavaliere.

Uno riguarda Antonio Di Pietro. "Quando nel novembre '94 ricevo l'avviso - racconta Berlusconi - mi chiama il costruttore D'Adamo: "Dottore, non si preoccupi, Di Pietro sta dalla sua parte, non consentira' a quelli del pool (Francesco Saverio Borreli, Piercamillo Davigo, Gherardo Colombo, Ilda Boccassini) di mettere in atto il loro disegno. Io non mi meraviglio, perche' D'Adamo da prima che formassi il governo e fino all'autunno '95 mi portava i saluti e le attestazioni di amicizia di Antonio Di Pietro". Quindi il Cavaliere cita una presunta confidenza proveniente da Francesco Di Maggio. "Anche nel drammatico luglio '94, Francesco Di Maggio ci fece sapere che Antonio Di Pietro aveva pronta una nuova richiesta di arresto per mio fratello Paolo, ma che era disposto a rinunciarvi se io avessi ammesso di conoscere quelle vicende. Io non ero al corrente di nulla e obiettai che il presidente del Consiglio dopo quella dichiarazione avrebbe dovuto dimettersi. Risposta di Antonio Di Pietro, sempre attraverso Francesco Di Maggio: "e' vero, ma nascerebbe subito un secondo governo Berlusconi". Poi invece capii che Antonio Di Pietro mirava a farmi dimettere, convinto che avrebbe ricevuto lui (da Scalfaro) l'incarico di formare il nuovo governo". Questa ambizione e' confermata a Vespa anche da Franco Frattini (Forza Italia): "Per almeno due volte, tra l'estate e l'autunno del '94, Francesco Di Maggio mi disse che Antonio Di Pietro puntava alla presidenza del Consiglio". L'ex pm avrebbe anche tentato di farsi invitare al vertice di Napoli, dicendo a Francesco Di Maggio (e a Liliana Ferraro) "Non sono forse il simbolo di Mani pulite nel mondo::?".

Quindi la Procura della Repubblica di Milano di concerto con Scalfaro, ha cercato di fare affidare a uno dei suoi sostituti (Antonio Di Pietro) la carica di presidente del consiglio dei ministri, cercando con gli avvisi di garanzia di spodestare quello in carica! La cosa quando viene ricordata suscita ancora oggi, sensi di colpa e reazioni irate. Vedi: [www.youtube.com]

Si potrebbe obiettare che Francesco Di Maggio prendeva più le parti del trinomio Berlusconi-Frattini-D'Amato che non quelle della Procura della Repubblica di Milano. Ma non è così. Era il pool Mani Pulite di Milano che era incredibilmente legato a questo individuo. Così il Corriere della Sera descrive i Magistrati del Pool di Milano il giorno in cui nel 1996 arrivò alla Procura di Milano la ferale notizia della sua morte: "(la notizia della morte di Francesco Di Maggio) è arrivata alle 17.30, mentre nell' ufficio del procuratore capo Francesco Saverio Borrelli, al quarto piano del palazzo, erano riuniti i pubblici ministeri del pool Mani Pulite. Gli ex colleghi di Francesco Di Maggio. La porta di Borrelli si e' spalancata di colpo ne e' uscito Pier Camillo Davigo, per anni e per lunghe inchieste compagno di scrivania di Francesco Di Maggio. Dietro a Piercamillo Davigo Ilda Boccassini, che gli ha cinto le spalle con un braccio e ha nascosto il viso contro la sua giacca. Poi Francesco Greco e Gherardo Colombo, a passi lenti, uno accanto all' altro, li hanno seguiti nel lungo corridoio della procura. Pochi istanti piu' tardi la porta si e' riaperta sul volto pallido di Francesco Saverio Borrelli, che ha mormorato "Si', e' morto Francesco Di Maggio" e si e' incamminato con il procuratore aggiunto Gerardo D' Ambrosio a meta' di quello stesso corridoio, c' e' l' ufficio in cui lavoro' Francesco Di Maggio fino al 1989. E dove Francesco Di Maggio non tornerà mai più per volontà di Vigna, quello che secondo lui, "metteva fango nel ventilatore".

Michele Imperio 1. continua

 
AmministratoreDate: Sabato, 14/05/2011, 23:24 | Message # 3
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Magistrati milanesi e Magistrati di Puglia, nuovi demoni della storia d'italia (replica) (2)

L ‘Autoparco Milanese di via Salomone rimasto attivo dal 1984 al 1993, che muoveva circa 700 milini di vecchie lire al giorno e che fu smantellato dalla Procura della Repubblica di Firenze e dalla Guardia di Finanza di Firenze nel novembre 93 aveva a Milano tre livelli di protezione: uno nella polizia di Stato e uno nella Massoneria (che a Milano poteva contare sull'appoggio di sei magistrati della Procura della Repubblica).

Sulle collusioni fra gestori dell’autoparco, funzionari e agenti di polizia e esponenti della Massoneria disserta ottimamente questo articolo di "Repubblica" al quale per intero ci riportiamo: [ricerca.repubblica.it] [ricerca.repubblica.it]

Ma il Procuratore Capo della Repubblica di Firenze Pierluigi Vigna, Magistrato integerrimo e universalmente stimato, era convinto che le collusioni andassero oltre la Massoneria e la Polizia di Stato e che investissero anche alcuni Magistrati della Procura della Repubblica di Milano e precisamente i Magistrati Antonio Di Pietro, Francesco Di Maggio e Alberto Nobili, il marito allora non separato di Ilda Boccassini.

Questo particolare "non separato" è importante perchè mentre prima della seprazione Alberto Nobili era paraticamente dopo Francesco Saverio Borrelli il magistarto più in vista della Procura di Milano, dopo la separazione di lui - praticamente - non si è sentito parlare più.

Questa cosa delle collusioni fra Autoparco e Magistrati la disse a Francesco Saverio Borrelli senza mezzi termini un pentito catanese il quale collaborava sia con la Procura della Repubblica di Milano che con quella di Firenze.

Racconta “Repubblica”del 14 novembre 1993 (vedi: [ricerca.repubblica.it] [ricerca.repubblica.it] …………: ::ll magistrato milanese Alberto Nobili, (il marito di Ilda Boccassini n.d.r.) è uno dei quattro pm sui quali, secondo le dichiarazioni di un pentito, i giudici fiorentini starebbero indagando. Sarebbe accusato (Alberto Nobili) di non aver arrestato il capo-mafia Giovanni Salesi in occasione dell' inchiesta sulla morte di un pregiudicato gelese. il 6 novembre 1993, il "pentito" catanese - sconvolto, quasi in lacrime - si presenta dai giudici milanesi con i quali collabora da tempo e dice: "mi hanno chiamato i giudici di Firenze Pierluigi Vigna e Giuseppe Nicolosi, quelli che indagano sull' autoparco milanese in mano alla mafia. Loro, e i loro amici della Guardia di finanza, mi hanno detto che sanno che i giudici di Milano sono corrotti. Mi hanno chiesto conferme, altre rivelazioni, particolari. Non hanno messo niente a verbale. Ma mi hanno fatto dei nomi Antonio Di Pietro, Alberto Nobili, Francesco Di Maggio.

Questi sospetti scatenarono una mezza guerra fra Procura di Firenze e Procura di Milano mediata da Bruno Siclari ex Magistrato (massone?) della Sezione fallimentare del Tribunale di Milano poi negli ultimi anni Magistrato della Procura Generale della Corte di Appello di Milano, poi nominato Procuratore Nazionale Antimafia dopo gli attentati ai Magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, i quali se sopravvissuti avrebbero avuto più titoli di lui a rivestire quella carica) con tre lunghi incontri a sei occhi fra lo stesso Bruno Siclari, Pier Luigi Vigna e Francesco Saverio Borrelli e risolta solo con una tregua nel 1993, perché l’anno dopo (1994) Vigna inviò un dossier di ben 253 pagine (e se Vigna si mise a scrivere un dossier di ben 253 pagine contro i giudici di Milano ciò significa che egli era molto incazzato) alla Procura della Repubblica di Brescia perché i tre Magistrati milanesi Antonio Di Pietro, Alberto Nobili, Francesco Di Maggio fossero incriminati di concorso esterno in associazione a delinquere di stampo mafioso e un esposto al Consiglio Superire della Magistratura. Il compropmesso finale fu che tutte le responsabilità furono caricate su Francesco Di Maggio, al quale furono revocate le funzioni di P.M. a vita.

Senonchè Il 10 maggio 1997 uscì sul Correre della Sera un articolo a tre colonne a firma di Paolo Bondoni e Maria Antonietta Calabrò dall’eloquente titolo: Massoni "coperti" nel pool di Milano?

L’articolo faceva riferimento a una visita ispettiva negli archivi del Sisde da parte del Comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti (Copasir) all’epoca diretto da Franco Frattini (presidente Prodi, ministro degli interni Giorgio Napolitano)

Il Comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti, dopo un lungo tira e molla, era stato autorizzato alla fine del novembre 1996 dal Presidente del Consiglio Romano Prodi su pressioni di quel galantuomo che è Giorgio Napolitano, allora ministro degli Interni, a prendere visione di un dossier in carico al Sisde con la procedura ultrariservata della lettura "solo per gli occhi", senza estrarne copia, e senza portarlo via dalla sede del Sisde.

Il Copasir però si era trovato di fronte ad alcuni fascicoli mancanti. Questi fascicoli risultavano inviati in copia dal Sisde alla Procura di Brescia, che stava svolgendo con gli stessi fascicoli ancora delicate indagini (dopo cinque anni!) quelle presumibilmente sui tre magistrati milanesi denunciati da Vigna. Senonchè l’originale del fascicolo non c’era. Un’accorta manina li aveva trasferiti in una altro archivio.

Nella Relazione finale il Comitato sostenne - senza mezzi termini - che "il Sisde non aveva consentito l'esame di atti pur certamente conservati nei propri archivi e di indubbio interesse per l'attivita' di referto al Parlamento". Il ministro dell'Interno Giorgio Napolitano, ascoltato in proposito nel corso di un'audizione a San Macuto il 3 aprile 1997 - riferisce la Relazione - ha dovuto ammettere, alla fine, che quelle schede erano state "tolte dal contenitore" del dossier e trasferite in un altro archivio di via Lanza. "Lo stesso ministro dell'Interno - e' scritto piu' oltre - nel corso dell'audizione, ha preso atto della esistenza, in tale vicenda, di una questione tuttora insoluta". Il fatto e' che i componenti del Comitato in un primo tempo non si sono neppure resi conto del fatto di essere stati "bypassati".

Ai documenti mancanti, infatti, spiega la Relazione, nel fascicolo visionato dai parlamentari "corrisponde nelle pagine di protocollo progressivo, l'indicazione, nello spazio bianco, delle parole: "inviato all'autorita' giudiziaria di Brescia". "Tali circostanze avevano indotto i componenti del Comitato a ritenere - continua la Relazione - che l'unico mezzo idoneo a consentire la visione delle parti mancanti fosse quella di ottenerne, come era avvenuto nel 1996 per altre schede, la trasmissione in copia dalla Procura della Repubblica di Brescia". Ma ecco la sorpresa! "Il procuratore Giancarlo Tarquini ha comunicato di avere acquisito dal Sisde le schede in questione (...) in copia e non in originale".

L'interesse dei parlamentari, in particolare, per le sei schede era nato dai "titoli" con cui esse erano individuate nel fascicolo, titoli che la Procura di Brescia aveva comunicato al Comitato parlamentare descrivendone sinteticamente l'oggetto: Alcuni di questi titoli erano: "Voci su manovre internazionali contro la lira": nel documento vi erano notizie provenienti da fonti "autorevoli" su presunti contatti tra Magistrati (tra cui Antonio Di Pietro) e ambienti internazionali, in grado di determinare tali manovre; "Ancora indiscrezioni sulle influenze della politica ebraica su quell italiana"; il documento - mai letto - faceva riferimento alla possibile appartenenza a logge massoniche coperte di magistrati della Procura di Milano". In rete si dice che fossero sei.

La massoneria quindi appariva dai titoli delle schede uno strumento per il condizionamento delle inchieste giudiziarie in funzione politica per conto della Internazionale degli Ebrei.

Domando: Ci sono corsie preferenziali nelle carriere dei Giudici per quei Magistrati che accettano di iscriversi a queste logge massoniche coperte e servire la politica internazionale degli ebrei? Alcuni clan erano - forse - protetti perché facevano da bracci armati di queste logge massoniche coperte formate anche da Magistrati che supportavano la politicva internazionale degli ebrei?

Voglio a questo punto fare un passo indietro.

Chi era il corvo di Palermo?

Ricordiamo che in un primo momento gli inquirenti, supportati dall'Alto Commissariato epr la lotta alla mafia allora diretto dai magistarti Sica il milanese Francesco Di Maggio, i romani Francesco Misiani e Loris D'Ambrosio ipotizzarono - infondatamente - che il Corvo di Palermo fosse il giudice Alberto Di Pisa, il quale poi fu assolto con formula ampiamente liberatoria.

Ricordiamo ancora le stranezze di quel procedimento, la decisione di prendere le impronte sul bicchiere in cui aveva bevuto il sostituto procuratore Antonio Di Pisa per confrontarle con quelle lasciate dal Corvo sulle lettere anonime, le tredici impronte digitali rilevate dal Sismi che poi sparirono, il Tribunale che giudicò solo sulla base delle loro fotocopie, le quattro superperizie che furono fate sulle fotocopie, gli illustri chimici, fisici, esperti di dattiloscopia e perfino di merceologiama che nsi sono schierati l'un contro l'altro armati iontorno a quelle perizie, ma soprattutto l’espulsione dopo quel processo dei tre collaboratori di Sica dall’Alto Commissariato Anti-mafia Francesco Misiani, Loris DAmbrosio e il solito immancabile Francesco Di Maggio.

Tutti e tre furono coinvolti in una controversia davanti al Consiglio superiore della Magistratura e alla fine il CSM decise di revocare la loro permanenza all' Alto commissariato, privando Sica dei suoi collaboratori.

Misiani però passò silenziosamente dall’Alto Commissariato al vertice degli Istituti di prevenzione e pena (quindi una nuova carica prestigiosa), Loris D' Ambrosio altrettanto silenziosamente andò a occupare un posto di rilievo al ministero di Grazia e Giustizia, mentre invece Francesco Di Maggio fu l'unico che se ne andò sbattendo la porta e facendo la solita sceneggiata ("Ci hanno cacciato! Non volevano che toccassimo il terzo livello!" disse), e si trasferì a Vienna con la nomina di consulente giuridico per l' Organizzazione delle Nazioni Unite.

Questo magistrato milanese questo Francesco Di Maggio tornò improvvisamente "operativo" chiamato da Scalfaro e, presumibilmente, da Francesco Saverio Borrelli nel 1993, per assumere l' incarico di vicedirettore delle carceri italiane qunado c’era da riprendere la trattativa con Cosa Nostra interrotta dopo la cattura di Cinacimino e di Riina nel dicembre-gennaio 92-93 e le dimissioni di Martelli nel febbraio 93.

Domanda: Ma perché proprio Francesco Di Maggio? Forse a qualcuno era piaciuta la sua condotta spregiudicata e folle in occasione della vicenda delle lettere anonime del corvo e dell'inchiesta su Di Pisa?

L’attento esame delle lettere del 1989 portarono gli inquirenti a ritenere che il Corvo non era una sola persona ma era una cordata di persone certamente interne ai servizi segreti e in contrapposizione ad altre cordate anch’esse interne ai servizi stessi. Gli inquirenti ritenero pure che all’interno di queste cordate da una parte e dall'altra, c'erano non solo agenti dei servizi segreti ma anche Magistrati.

Infatti per chiarire meglio il suo pensiero, il Corvo di Palermo, manifestando la sua professionalità di Magistrato, trascrisse in uno dei messaggi il testo dell' articolo 40 del codice penale Non impedire un evento che si ha l' obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo. L' articolo 40 è la norma che sanziona la condotta omissiva del pubblico ufficiale. I pubblici ufficiali che sapevano delle operazioni criminali di Contorno e non le bloccavano. Il Corvo senza doppi sensi o giochi di parole scarica tutte le responsabilità sulla presenza armata di Contorno in Sicilia su quei giudici (Falcone Ayala Giammanco) e su quei poliziotti (Parisi e De Gennaro) citati nella lettera. In realtà erano della FBI americana. Insinuazioni pesantissime, accuse infarcite di calunnie ma anche di particolari che solo un Magistrato poteva conoscere così bene. Magistrati contro Magistrati dunque. Agenti segreti contro agenti segreti.

Però il corvo scrisse i suoi messaggio tutti su carta intestata della direzione della polizia di Stato di Roma, parla di alcuni contatti del giudice Falcone con alcuni uomini politici di Roma. Come faceva a saperli? Di qui il sospetto della presenza di altri elementi oltre i Magistrati nella cordata e quindi di agenti segreti. Però la possibilità anche per qualcuno mdi insinuare che il corvo fosse lo stesso Giovanni Falcone il quale - evidentemente - non condivideva quei metodi di indagine e quindi con le lettere anonime, anche contro se stesso, aveva fatto saltare tutto.

Certamente Stati Uniti e Israele volevano sapere chi era realmente il corvo e "menti raffinatissime" devono certamente aver dato qualche indicazione.

Ora però, differentemente da ciò che viene comunemente ricordato, il corvo (e quindi questa cordata di magistrati e di agenti dei servizi segreti) non si è manifestato a Palermo solo nell’aprile 1989, e cioè poco prima dell’attentato dell’Addaura (Falcone), ma si è manifestato anche nella primavera del 1992, poco dopo l’assassinio di Salvo Lima e poco prima dell'attentato di Capaci (Falcone).

Lima, secondo le voci correnti, era stato "condannato" per alto tradimento (aveva portato a Roma Falcone, il quale aveva compromesso il buon esito del maxi-processo e ciò non era vero) ed era stato ucciso il 19 marzo 1992. Qualche giorno dopo a Palermo cominciarono a circolare cinque pagine anonime indirizzate a 39 tra le piu' alte cariche dello Stato. Il "corvo", mai identificato, parte dall' aspirazione di Andreotti di diventare presidente della Repubblica... "Bisognava colpirlo, troppo coriaceo per restare vittima di un qualunque tentativo di delegittimarlo con accuse infamanti. Occorreva prima indebolirlo togliendogli l' appoggio di alcuni proconsoli". Salvo Lima, per esempio. In effetti, la sua uccisione apre la strada alla tesi secondo cui quella andreottiana era una corrente mafiosa: Lima muore perche' ne' lui ne' Andreotti riescono piu' a garantire gli interessi di Cosa Nostra. Piu' oltre si parla della "grande offerta" fatta dalla Dc a Riina: lui e altri latitanti "si sarebbero fatti arrestare consentendo agli uomini nuovi della Dc di presentarsi come vincitori della mafia". Naturalmente Riina avrebbe goduto di grandi vantaggi (la trattativa di Mori per ordine di Mancino mediata da Subrianni, già nota la corvo nel marzo 92). Poi ci sarebbero state le catene di pentimenti e le accuse ad Andreotti e tutto il resto, tutto quindi abbondantemente già pianificato e previsto molto tempo prima: pennellate di verita' e molte cose false, secondo lo stile di questo misterioso stratega dei veleni.

Qundi il Corvo già nel marzo 92 aveva previsto tutto le stragi e la trattativa. Trattativa che poi portò a termine proprio il magistrato milanese Francesco Di Maggio, scendendo in campo in prima persona.

Giovanni Falcone in queste seconde lettere del corvo non era nominato. Si rapprsentava solo l'assassinio di un altro proconsole di Andreotti oltre Lima. Ma perchè proprio Falcone? Falcone che aveva saputo delle letere anonime vole tastare il polso a Ciriaco De Mita lo avvicinò e gli disse: Onorevole! Dopo Salvo Lima uccideranno un altro esponente della Democrazia Cristiana! De Mita rispose: Potrei essere io? No onorevole – replicò Falcone – lei certamente non sarà. Sarà un altro! Perchè Falcone fece questo passaggio con De Mita? De Mita doveva diventare ministro degli esteri nel successivo governo Craxi con Andreotti presidente della Repubblica. Il piano era noto a Falcone. De Mita aveva tradito e Falcone gli volle rinfacciare questo tradimento?

Il programma stragista individò da subito in Falcone come il secondo proconsole di Andreotti da assassinare per indebolirlo e per affossarlo già alla fine di marzo 1992, subito dopo l'omicidio di Salvo Lima. Giovanni Falcone doveva essere assassinato in un ristorante romano. Poi l’impresa fallì e il programma cambiò, ma sempre nel segno dell'assassinio di Giovanni Falcone. Si decise per la strage in un momento successivo (maggio 1992).

Ma allora chi era il magistrato o chi erano i Magistrati che facevano parte della cordata del corvo e degli stragisti? E chi era il Magistrato o chi erano i magistrati che facevano parte delle cordate contrarie? Era per caso tal Luigi Lombardini che Andreotti voleva come Procuratore capo della Repubblica di Palermo?

 
AmministratoreDate: Sabato, 14/05/2011, 23:24 | Message # 4
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Magistrati milanesi e Magistrati di Puglia, nuovi demoni della storia d'italia (replica) (3)

L’Italia è la quarta potenza mondiale nella produzione di armi ma forse la prima nella produzione di aggressivi chimici.

Esiste da tempo immemorabile in Italia una fabbrica di armi chimiche a Cengio in provincia di Cuneo. Questa fabbrica si chiama ACNA. Appartiene a Eni e Montedison. Ne parla diffusamente il libro “Veleni di stato” di Gianluca de Feo (edito da Rizzoli) che ha esaminato documenti dei Servizi Segreti inglesi, contenuti nei National Archives, desecretati dopo la fine della guerra fredda mondiale.

Nel testo sono descritte le strutture, le attività sperimentali e quelle dirette in campo del servizio chimico militare centrale, che aveva come basi primarie ovviamente le fabbriche di armi chimiche.

Tra questi stabilimenti primeggia appunto l’ ACNA di Cengio, anche se pochi sono a conoscenza della quantità di gas bellici confezionati nei suoi capannoni”. Tutti gli stabilimenti dell’ ACNA erano volti nel periodo antecedente alla seconda guerra mondiale e durante la stessa, alla produzione di armi chimiche: Così lo stabilimento di Cesano Maderno ”distillava iprite e fumogeni”; Rho:”produceva iprite; Cengio era ed è il ”polo dell’ acido cloro solforico", fondamentale per tutti gli aggressivi più feroci. Produzione 50-60 mila tonnellate l’ anno.

Il dossier finale dell’ intelligence britannica ritiene che dal 1940 in poi l'ACNA si occupasse solo di forniture militari.” Già allora l’ ACNA era collegata alla IG Farben tedesca, azienda produttrice dei gas che furono utilizzati per lo sterminio di prigionieri ebrei nei campi di concentramento.

Tutto finito con la seconda guerra mondiale? Niente affatto! Almeno così emerge da un esame del materiale contenuto nel Centro di Documentazione “Patrizio Fadda” di Monesiglio. Su una rivista locale, “Liguria Val Bormida e Dintorni”, in un’ intervista un pensionato ACNA ebbe a dire: ”Durante la guerra del Vietnam lo stabilimento produceva defoglianti”.

Erano i famosi defoglianti che utilizzava l’ esercito americano in Vietnam. Il governo USA commissionava questi defoglianti, noti come l' agente orange a base di diossina, a multinazionali della chimica nazionali. Queste incassavano lautissimi compensi ma delegavano la produzione a fabbriche estere (e quindi anche italiane) dove l’ ambiente sociale, volontariamente o per costrizione, ne rendeva possibile la produzione. La diossina che veniva prodotta nello stabilimento di Seveso non era - come pure ci è stato detto - un sottoprodotto della lavorazione di medicinali ma si fabbricava volontariamente e segretamente con un apposito reattore. Anche la tragedia di Seveso si collega quindi alla vicenda dell’ ACNA.

Ma non è finita qui. Di Feo sostiene che “i brevetti dei nostri gas hanno contribuito ai massacri dei curdi e alle stragi tra iracheni e iraniani nella famosa guerra Irak-Iran. All’ inizio degli anni Novanta (quindi 1991-1992) un dossier del Simon Wiesenthal Center segnalava che Eni e Montedison avevano partecipato ai programmi per consegnare ai tre stati canaglia più famosi del mondo le chiavi dell’ arsenale chimico: L’ Iraq di Saddam Hussein, la Libia di Muhammar Gheddafi e l’ Iran degli ayatollah.”

Per inciso, Montedison, ENI, e il loro matrimonio fra maschi “ENIMONT” che infatti è durato solo un paio d’ anni (poi è stato smantellato per ordine degli Stati Uniti n.d.r.), furono il fulcro di Tangentopoli e il fulcro del cambio tra la Prima e la Seconda Repubblica. Eni e Montedison sono i proprietari dell’ ACNA da almeno 50 anni e lo sono ancora oggi.

Alla luce di queste verità si fanno ancora più inquietanti alcune domande sulla morte dei proprietari dell'ACNA Raul Gardini e Gabriele Cagliari.

Perché informative riservate (del Sismi? del Sisde di Vincenzo Parisi? dell'Alto Commissariato Anti-mafia di Francesco Di Maggio?) all’ epoca della morte dei due evocarono trame internazionali intrecciate con i traffici di equipaggiamenti speciali verso i paesi arabi. E come vedremo in seguito (quando parleremo dei Magistrati di Puglia) queste informative non erano le sole. C'erano altre informative (sempre fasulle) che riguardavano vicende legate al noto supercannone di Saddam Hussein.

Ma non fu un caso - probabilmente - che fra centinaia di imprenditori e dirigenti arrestati o comunque coinvolti in Tangentopoli proprio i due padroni della chimica sono morti suicidi, almeno a livello ufficiale, perchè a livello di storia vera chiunque di noi ha capito che quelli furono due omicidi. D'altra parte in Italia esistono entità che possono commettere un omicidio che paia un suicidio anche all’ interno di un carcere.

In sostanza c'è il sospetto che l’intelligence americana o quella israeliana o entrambe avessero ricevuto intorno al 1991-92 informative particolarmente allarmanti (e false), secondo le quali Gabriele Cagliari, Raul Gardini e Bettino Craxi erano coinvolti in giri strani (a livello internazionale) in tema di commercio di armi chimiche con l'Irak, Andreotti e Sergio Castellari erano coinvolti in giri strani in fatto di comercio di armi nucleari con l'Iran e ancora Craxi e Sergio Castellari avevano partecipato alla fornitura di un propellente speciale a Saddam Hussein perchè il suo supercannone arrivasse a colpire con bombe chimiche nucleari e batteriologiche anche il territorio dello Stato di Israele.

Però al di sopra di Cagliari, di Gardini e anche di Castellari c’era un’altra figura che si sarebbe interessata di questi traffici e al quale però nessuno ha fatto niente o quasi niente, nemmeno a livello di processo penale, perché - io penso - qualche Magistrato lo ha protetto e ha garantito per lui, cosa che non ha fatto per gli altri tre (Castellari, Gardini e Cagliari).

Questa figura si chiama Aldo Molino.

Il 24 lugio 1993 a cadavere ancora caldo di Raul Gardini compare sul Corriere della Sera un articolo a firma dei giornalisti Goffredo Buccini Goffredo e Gianluca Di Feo.

Titolo: Molino, uomo dell' intrigo. Dagli USA: " non torno, non voglio finire come Castellari " (che quindi - secondo Molino - non si è suicidato ma è stato assassinato). L’ avvocato Molino il quale è anche assicuratore e' coinvolto nell' affare ENI-SAI l' accordo assicurativo tra Ligresti Salvatore e Cagliari Gabriele che ha portato una tangente da 12 miliardi per Psi e Dc.

Anche l' inchiesta Cagliari - dice il testo dell'articolo - sembra partorire misteri incrociati. Dagli Stati Uniti il superlatitante Aldo Molino ha chiamato il sostituto procuratore milanese Fabio De Pasquale: "Non posso tornare - ha detto - non voglio fare la fine di Castellari". E i suoi avvocati americani hanno mandato un fax al gip milanese Maurizio Grigo: lo venga a sentire come teste a New York (nientedimeno! n.d.r.), in Italia corre troppi rischi (poi però tutti questi rischi sono stranamente venuti meno n.d.r.). Improvvisamente - scrive il Corriere della Sera - i magistrati sono arrivati a un altro personaggio chiave. E lo hanno fatto per caso.

Indagando sulle provvigioni per i tagli dell'industria metallurgica, si e' scoperto il nome di Molino, avvocato e assicuratore. Fabio De Pasquale ha ordinato una perquisizione e dal suo studio napoletano e' spuntato l' incredibile. C' erano i documenti sull' affare Sai-Eni. C' erano carte su polizze d' ogni tipo con enti statali, pagine interpretate come mediazione nel commercio di armi. E, infine, proprio alcuni riferimenti a contatti con Sergio Castellari (!!!!!), l' ex direttore delle Partecipazioni statali morto in circostanze misteriose. Poco alla volta, i magistrati si sono accorti di essere arrivati in un terreno minato. In qualcosa di misterioso e di molto pericoloso. Gabriele Cagliari e' stato pronto a rivelare ai giudici i padrini politici dell'operazione Eni-Sai. Ma su Molino e la destinazione della mazzetta si e' chiuso a riccio.

Ma chi e' Aldo Molino? Una domanda che fece anche Salvatore Ligresti direttamente al suo amico Bettino Craxi. Che - secondo quanto Ligresti ha detto ai giudici - lo ha rassicurato: fidati, e' uno che conta. Lo stesso Don Salvatore e' poi rimasto stupito dal lusso della casa milanese di Molino, un intero stabile con mansarda nel cuore della citta'. Ancor piu' bella e' la villa che il mediatore possiede a Capri. E a Napoli tutti lo conoscono. Quando nei corridoi della Procura Giulio Di Donato, vicesegretario del Psi, venne a sapere del mandato di cattura per Molino si stupi' : "Pure lui!". Gia' , perche' spesso il nome di Molino e' stato legato a quello di Paolo Cirino Pomicino (il quale rispetto alle vicende dei giorni nostri - lo ricordiamo - è legato a Italo Bocchino a sua volta legato a Gianfranco Fini l'uomo del fallito golpe sionista in parlamento contro Berlusconi). Peraltro la segretaria da sempre di Gianfranco Fini si chiama Anna Molino. Però non sappiamo se si tratta di un caso di parentela o di omonimia.

Pochi giorni dopo il 27 luglio 1993 compare sempre sul "Corriere della Sera" un altro articolo-bomba sempre a firma di Gianluca Di Feo: "Sigilli ai beni di Molino, amico di Castellari". Milano. Bloccato dai giudici il patrimonio di Aldo Molino, accusato per una tangente di 12 miliardi e latitante da 2 mesi. il professore napoletano intratteneva rapporti con Sergio Castellari, Raul Gardini e Gabriele Cagliari. Il giudice Maurizio Grigo - si legge nel testo - sceglie la linea dura e fa sequestrare il tesoro del mediatore di Tangentopoli. La villa piu' bella di Capri, una palazzina nel centro di Milano con piscina e discoteca, gioielli per centinaia di milioni, azioni di societa' assicurative e immobiliari, quote del supermarket della Stazione centrale di Milano. Un patrimonio da sogno intestato ad Aldo Molino, napoletano, professore di estimo. Ma come faceva Molino ad avere tutti questi soldi?

Molino e' in America ma nelle mani dei magistrati e' rimasto il suo archivio: centinaia di pagine con commerci oscuri e amicizie eccellenti. Inclusa quella con Sergio Castellari, il direttore delle Partecipazioni statali. Dagli Stati Uniti, sabato Molino ha smentito al Corriere ogni rapporto con Castellari. Ma tra le sue carte gli investigatori hanno trovato traccia di parecchi contatti tra i due, avvenuti soprattutto nel 1990: l' anno della fusione Enimont. E il professore conosceva altri protagonisti dell'operazione. Ad esempio sono state accertate sue frequentazioni con Giuseppe Garofano (quello che accusò Gardini pochi giorni prima che fosse ammazzato e che fu ribattezzato il Buscetta della finanza n.d.r.). Ed il pm Francesco Greco lo aveva interrogato per il pasticcio Lombardfin, la finanziaria attiva pure nella lotta per Enimont. Perche' tanto interesse? Il procuratore Francesco Saverio Borrelli ha collegato la fine di Castellari a quella di Gabriele Cagliari e di Raul Gardini (tutti suicidi, secondo lui n.d.r.). E Molino, secondo i giudici, aveva rapporti con tutti e tre (già ma di quei quattro, tre sono morti e Molino è vivo e assolto n.d.r.).

La dichiarazione di Francesco Saverio Borrelli - prosegue l'articolo - ha messo in allarme pure i magistrati romani, alle prese con la morte del direttore delle Partecipazioni statali. Ieri i pm Ettore Torri (il noto Ettore Torri n.d.r.) e Davide Iori hanno chiesto ai colleghi milanesi i documenti relativi al caso Castellari. Nel programma dell' istruttoria romana sono comparsi due nuovi appuntamenti. Torri e Iori vogliono sentire l' onorevole Antonio Pappalardo, l' ex colonnello dei carabinieri che ha chiesto la riesumazione del corpo di Franco Piga, ministro andreottiano all' epoca di Enimont (in realtà anch'egli assassinato per la fusione Enimont n.d.r.).

Inoltre e' previsto anche l' interrogatorio di Renato Pollini, l' ex tesoriere del Pci, consigliere con Castellari in un' insolita compagnia di assicurazioni. Dopo le indiscrezioni sul traffico di armi e di materiale nucleare, altri elementi arricchiscono il giallo Castellari. E, di riflesso, i giudici indagano sul ruolo di Molino.

Il professore e' noto per le relazioni con Paolo Cirino Pomicino. Pare pero' che fosse vicino anche al Psi e in particolare a Giulio Di Donato. Tra i suoi capolavori c' e' la polizza per le Ferrovie sotto la presidenza di Lodovico Ligato (morto ammazzato anche lui n.d.r.) ed altre incursioni nel campo delle Partecipazioni statali. Il suo nome e' finito nella lista nera della Procura per caso. Il pm Fabio De Pasquale, indagando sui 1.500 miliardi di contributi per i tagli dell' acciaio, ha fatto perquisire lo studio napoletano di Molino. E in una cartellina anonima ha trovato le bozze dell' accordo assicurativo tra la Sai di Salvatore Ligresti e l' Eni di Gabriele Cagliari (e di Aldo Molino secondo un altro Magistrato). Chiave del patto, la vendita alla Sai di quote di una societa' di Molino per 13 miliardi. Ligresti ha spiegato come, non fidandosi di Molino, si fosse rivolto a Craxi. E l' ex leader socialista lo avrebbe rassicurato sulla bonta' dell' operazione.

Craxi ha negato di conoscere Molino ma nei documenti sequestrati il nome dell'ex segretario psi compare spesso proprio nell' aprile 1992: il periodo della firma del patto assicurativo. E contemporaneamente il professore si sentiva con Gianfranco Troielli, agente dell' Ina, legato al Psi e latitante da mesi. Ma tante altre presenze eccellenti sono segnalate nell' archivio di Molino, nomi che fanno tremare il gotha della politica. Nonostante questa tempesta, il professore resta negli USA dove possiede altre attivita' imprenditoriali (e dove c'è anche la CIA n.d.r.). Perche' non rientra? Ci sono dei pericoli? No, Molino ha dichiarato al Corriere che la sua scelta e' dettata soltanto dall' opposizione per l' uso della custodia cautelare nel nostro Paese (un altro come Cesare Battisti insomma n.d.r.). E, attraverso i suoi legali, ha chiesto di essere ascoltato come teste negli Stati Uniti. Anche se l' obiettivo principale resta la cattura del latitante, il gip Maurizio Grigo e il pm Fabio De Pasquale stanno valutando l' offerta. I segreti di Molino interessano parecchio i due magistrati. E non solo loro: altre inchieste puntano gia' verso il misterioso professore napoletano.

Molino resta per molti mesi latitante in America. Se restava in Italia – lo dice lui stesso – faceva la fine di Sergio Castellari. Cioè veniva assassinato. Poi però a un certo punto questo pericolo sembra di colpo cessare, lui ci ripensa e si consegna alle autorità italiana.

Però si consegna ad Antonio Di Pietro e non a Fabio De Pasquale, il suo giudice naturale. Perchè? De Pasquale e i suoi finanzieri non vengono nemmeno avvertiti. Il martedi' successivo Elsa Milanesi, sua ex moglie viene interrogata nella caserma della Finanza di via Filzi. Sembra tutto tranquillo. Pero' dopo qualche giorno, e dopo un consulto in famiglia, Elsa Milanesi va dall' avvocato dell' ex marito, Lodovico Isolabella. E gli racconta che, a verbale chiuso, il capitano le avrebbe buttato li' un paio di domande: Antonio Di Pietro e' mai stato a cena a casa loro? E perche' mai Molino ha deciso di parlare proprio con lui Antonio Di Pietro? Isolabella segnala la cosa a Borrelli.

La notizia rimbalza ancora uan volta sui giornali. Il 17 novembre 1993 sempre sul Corriere della Sera compare un altro articolo esplosivo questa volta a firma di Goffredo Buccini.

Titolo: fango su Mani pulite, bersaglio Antonio Di Pietro. L' ex moglie di Aldo Molino, Elsa Milanesi accusa un capitano della Finanza di averle fatto domande fuori verbale su Antonio Di Pietro. MILANO . A Roma, Francesco Saverio Borrelli e Pierluigi Vigna concludono un armistizio (poi la guerra riprenderà;) davanti a Bruno Siclari, (dopo riunioni fiume dovute al fatto che Vigna sospettava che i giudici milanesi Antonio Di Pietro, Francesco Di Maggio, Alberto Nobili marito di Ilda Boccassini se la intendevano con i mafiosi dell’Autoparco Milanse n.d.r.). Nello stesso momento però a Milano un altro fiotto di veleni sgorga direttamente nel corridoio della Procura. Antonio Di Pietro e' al centro anche di questo nuovo capitolo scritto col fango. Cambiano pero' i personaggi sulla scena. Non piu' giudici e finanzieri fiorentini, ma un magistrato e un finanziere di Milano, che hanno lavorato fianco a fianco con gli uomini di Mani pulite. Un capitano della Finanza viene accusato dall' ex moglie di Aldo Molino, Elsa Milanesi, di averle fatto domande fuori verbale su Antonio Di Pietro. Vero? Falso? Chissa'.

Ieri però il colpo di scena: il capitano della Guardia di Finanza che aveva indagato in questi mesi proprio sugli affari del misterioso professor Molino e sull' intrigo Eni-Sai, viene sospeso dall' indagine con un provvedimento firmato da Francesco Saverio Borrelli. Aveva in calendario gli interrogatori del finanziere Sergio Cusani, di Antonio Sernia della giunta Eni, di Bettino Craxi e Severino Citaristi. Francesco Saverio Borrelli gli ordina di interrompere le "attivita' istruttorie". Qual e' il nesso tra i due fatti? Il capitano della Finanza ha fama di investigatore onesto, che ha sempre lavorato con il codice alla mano. Difficile, dunque, dire quanta verita' ci sia in questa nuova valanga di fango e chi abbia interesse a far scoppiare il caso. Di certo sembra un' inchiesta maledetta quella sull' imbroglio Eni-Sai. A luglio Gabriele Cagliari, ex presidente dell' Eni, si è ucciso a San Vittore mentre e' incarcerato proprio per questa vicenda. Dai fascicoli di qeusta inchiesta Eni-Sai salta fuori per la prima volta il nome di Molino, napoletano, amico della triade partenopea Pomicino Di Donato De Lorenzo, gran movimentatore di tangenti, nma forse anche di Antonio Di Pietro.

il fatto è che dal fascicolo dei veleni sbuca pure una vecchia intercettazione di cui Fabio De Pasquale viene a conosocenza il 15 luglio 93 il giorno del no dopo il si di Fabio De Pasquale alla scarcerazione dei Gabriele Cagliari. Un' ora di conversazione tra Molino, allora latitante, e l'avvocato civilista milanese Giuseppe Sbisa' . Molino chiede: "E l' altra cosa?". Sbisa' risponde: "Sta andando avanti, con una gestione corretta da parte di Antonio (Antonio sarebbe Antonio Di Pietro)". Ma allora le altre gestioni erano forse scorrette? E se si perchè? Per le informazioni dei Servizi o per il fare dei magistrati? O per tutte e due le cose insieme?

Morale della favola: Castellari, Cagliari e Gardini sono stati assassinati, Molino, amico di Antonio Di Pietro no. E anzi anche al processo tutto sommato se l'è cavata bene : solo tre anni e mezzo di reclusione con la Cassazione che in extremis gli ha anche revocato (nella sola motivazione e non anche nel dispositivo per non dare troppo nell'occhio) il sequestro di tutti i miliardari beni. Vedi: [ricerca.repubblica.it]

Ma lui, Aldo Molino, il quale inizialmente doveva fare la fine di Sergio Castellari, era amico dei demoni o dei giaguari e - evidentemente - andava spesso a cena a casa loro.

Michele Imperio - 3. continua

 
AmministratoreDate: Sabato, 14/05/2011, 23:26 | Message # 5
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Magistrati milanesi e Magistrati di Puglia, nuovi demoni della storia d'italia (4)

I vertici della Magistratura associata, tutte le volte in cui vengono attaccati fanno subito riferimento ai tanti Magistrati assassinati nella lotta alla mafia o al terrorismo.

Ma ha scritto correttamente un Magisrato dell'area di sinistra il dott. Felice Lima , eccellente Magistrato in forza al Tribunale di Catania (blog “Uguale per tutti”) «Cosa fa la magistratura associata con i magistrati integerrimi e coraggiosi quando questi vengono assassinati si sa benissimo. Essa si appropria dei loro meriti, dando luogo all’abuso per il quale quando qualcuno si permette di chiedere conto “alla Magistratura” di qualcosa di cui debba vergognarsi, essa invoca la memoria dei suoi martiri, dicendo che "la Magistratura ha pagato a caro prezzo il suo eroismo”

Ma questa non è la verità, perché non è “la Magistratura associata” ad avere pagato con il sangue il suo eroismo; a farlo sono stati alcuni singoli magistrati, che prima di essere assassinati erano stati clamorosamente e rumorosamente isolati dai loro colleghi. Uno per tutti, basti qui citare le vicende del Procuratore di Palermo Gaetano Costa, lasciato solo a firmare dei fermi particolarmente “impegnativi” e del Consigliere Istruttore Rocco Chinnici, che lasciò un diario con le prove del suo isolamento da parte dei vertici direttivi degli uffici giudiziari di Palermo, diari che vennero “archiviati” dal C.S.M. con motivazioni davvero inadeguate.

Ma certo è significativa anche la storia del Sostituto Procuratore della Repubblica Giangiacomo Ciaccio Montalto. All’indomani del suo assassinio un collega del suo stesso ufficio fu arrestato perché accusato di essere legato al clan mafioso che aveva fatto l’omicidio e a casa gli furono trovati un’arma con la matricola abrasa e un mucchio di soldi incartati in un giornale. Sapete che ne fu del Procuratore Capo della Repubblica, il quale sapeva tutto e non fece niente? Fu Promosso Presidente di Sezione in Cassazione dal CSM!

Magistrati angeli e Magistrati demoni, i secondi che si fanno belli dei primi.

E che dire – aggiungiamo noi - delle considerazioni di Giovanni Falcone sulla solitudine che spesso ha circondato Magistrati e uomini politici prima di essere eliminati? Si muore generalmente perché si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande. Si muore spesso perché non si dispone delle necessarie alleanze, perché si è privi di sostegno

Giovanni Falcone quindi capiva molto bene l’importanza di aver attorno a sé un sostegno politico e – possiamo dirlo – anche una protezione dei Servizi Segreti, di cui sicuramente disponeva. Se Antonino Agostino del Sismi gli salvò la vita, sacrificando dopo pochi mesi la propria, ciò vuol dire che la protezione di Giovanni Falcone, era cura del Sismi, diretto nel 1989 anno dell'attentato dell'Addaura, da un galantuomo, l’ammiraglio Fulvio Martini il quale gravitava nell’area di Bettino Craxi e di Giulio Andreotti.

Però se Antonino Agostino è stato assassinato da mani degli stessi Servizi Segreti (della Sinistra democristiana) appena due mesi dopo aver salvato la vita a Giovanni Falcone, ciò vuol dire che la tensione politica attorno a Giovanni Falcone era fortissima.

I valorosi Magistrati della Procura di Caltanisetta diretti dal dott. Sergio Lari hanno accertato quasi tutto intorno all’attentato dell’Addaura del 28 maggio 1989, hanno perfino individuato l’assassino o uno degli assassini, quell’agente che aveva la faccia da mostro e che ora - grazie al loro pregevole lavoro investigativo - sappiamo chiamarsi Aiello, sappiamo che vive in Calabria, sappiamo che effettivamente è stato in passato agente dei Servizi segreti. E sappiamo anche, grazie al blog di Salvatore Borsellino 19 luglio 1992, che un giorno Emanuele Piazza, altro agente segreto che aveva salvato la vita a Giovanni Falcone insieme ad Antonino Agostino e che morì per questo, disse, disgustato, al fratello Giammarco Piazza, avvocato del foro di Palermo le seguenti parole ::nell’attentato dell’Addaura Cosa Nostra non c’entra niente. Quel reagico fatto tragico è tutto opera della Polizia.

Già. Ma quale Polizia? Ce ne erano due di Polizie a Palermo in quel tempo. C'era la polizia della Questura di Palermo e la Polizia alle dipendenze dell’Alto Commissariato per la lotta alla Mafia sempre di Palermo diretto all’epoca dal Magistrato milanese Francesco Di Maggio (Sica stava il più del tempo a Roma). Quale delle due?

Rispondere a questa domanda è impossibile perché le ulteriori indagini sono bloccate dal segreto di Stato, un segreto che ha conosciuto De Mita, ha conosciuto Andreotti, ha conosciuto Ciampi, ha conosciuto Berlusconi, ha conosciuto Dini, ha conosciuto Prodi, ha conosciuto D’Alema, ha consociuto Giuliano Amato, ma nessuno di questi politici lo mai ha voluto declassificare. Perchè?

In genere quando ci sono segreti di questo tipo c’è sempre un qualcosa che l’Italia voleva fare e che gli Stati Uniti o Israele non volevano che facesse. Così è certamente stato per la strage di Ustica e per la successiva strage alla stazione di Bologna, quest’ultima eseguita perché non si era voluto comprendere il significato della strage di Ustica: avversione americana al commercio italiano di armi chimiche con l'Irak e di armi nucleari con la Libia, fatti con gli aerei dell’Itavia che da Bologna andavano a Palermo. vedi: [dituttounblog.com] E così sarà stato certamente anche per la fallita strage dell’Addaura.

Ma qual’era questa condotta che gli italiani volevano tenere e che gli americani e/o gli israeliani osteggiavano con tutte le loro forze?

Più indizi portano a ritenere che questo qualcosa di misterioso e di segreto era l’operazione Enimont, cioè il preventivo acquisto da parte dei soci Gardini-Riina dell’Eni e la sua successiva fusione con Montedison in modo da creare un gigante italiano della chimica e degli idrocarburi che avrebbe operato a livello mondiale, che avrebbe fatto investimenti in tutto il pianeta, che avrebbe piantato lo stampino dell’Agip in tutte le nazioni del mondo, che avrebbe dato lustro e forza all’intero nostro sistema economico e che avrebbe anche dato un'altra immagine a Cosa nostra, l'immagine di un'organizzazione utile al paese perchè contribuiva a creare ricchezza e posti di lavoro.

Un’operazione, Enimont che più uomini politici italiani e più Magistrati sicuramente avrebbero voluto sponsorizzare anche per le ricadute economiche che l’operazione avrebbe avuto sul proprio patrimonio personale.

Sicuramente Raul Gardini, il quale era uomo di mondo e non era uningenuo, capì che per portare a termine questa operazione così grande, così avversta sul piano internazionale doveva coinvolgere i magistrati massoni e la massoneria i magistrati politicizzati, la vecchia P2, l'Opus Dei, da cui si garantiva attraverso il manager Giuseppe Garofano e il PDS, da cui si garantiva attraverso il manager Lorenzo Panzavolta.

Quindi i sei misteriosi magistrati della Procura della Repubblica di Milano iscritti alle logge coperte della Massoneria potrebbero aver sostenuto questo progetto Enimont in questi due modi: da un lato facendo sì che la Procura di Milano obliterasse totalmente le indagini sull’autoparco milanese (700 milioni di vecchie lire al giorno di movimento di denaro durato nove anni dal 1984 al 1993) e le indagini sulle operazioni anti-droga eseguite con il c.d. metodo Ros (502 milioni di euro di ammanchi dal 1985 al 1995) dando massima evidenza a inchieste minori (Duomo connection, Epaminonda ecc.). Così da consentire a Cosa Nostra e a Gardini-Tognoli di reperire sufficienti risorse per acquistare l’Eni (che costava all’epoca circa 2.000 miliardi di vecchie lire), dall’altro facendo in modo di tamponare eventuali azioni di intelligence contrarie della CIA o della FBI americana contro Cosa Nostra siciliana (il famoso sgarro di Cosa Nostra Siciliana contro Cosa Nostra americana intravisto, intuito e denunciato più volte dal giudice palermitano Alfonso Sabella, non a caso emarginato da tutti gli incarichi direttivi fin lì ricevuti).

Per meglio gestire la cosa la magistratura milanese (demoni) mandò in Sicilia due suoi delegati il Magisrato Francesco Di Maggio come vice alto commissario per la lotta alla mafia a palermo e il Magistrato Olindo Canali come Sostituto Procuratore di punta della Procura della Repubblica di Barcellona Pozzo di Gotto.

Infatti ha ragione Sonia Alfano quando dice che Barcellona Pozzo di Gotto era uno snodo cruciale epr una certa operazione di Mafia e Magistratura (demoni). Vedremo perchè.

Un dato è certo: le lettere del Corvo del 1989 mandarono all’aria o comunqeu neutralizzarono il progetto della FBI americana di annientare i Corleonesi attraverso una controversa azione di polizia che faceva leva sul ritorno in Sicilia del pentito Totuccio Contorno.

Totuccio Contorno fu mandato appositamente e segretamente dalla FBI americana in Italia proprio con questo scopo: colpire i corleonesi di Riina (socio di Gardini) e quindi far tornare ai vertici di Cosa Nostra le cosche perdenti di palermo indifferenti al progetto Enimont.

Questa operazione Contorno aveva trovato disponibili come referenti giudiziari in Italia i magistrati Pietro Giammanco Giovanni Falcone, Giuseppe Ayala, e i funzionari di Poizia Vincenzo Parisi, Gianni Di Gennaro, allora alleati.

Qundi è chiaro che le lettere del Corvo – secondo questa ipotesi giornalistica (ovviamente è solo un’ipotesi) - le scrisse il Magistrato della procura milanese Francesco Di Maggio.

Ricordo che l’Alto Commissariato per la lotta alla mafia era una struttura composta da poliziotti, poi transitati tutti prima del 1992 nei Servizi Segreti. Si tratta di quegli stessi poliziotti che troviamo – anche e stranamente – tutti quanti presenti in servizio domenica 19 luglio 1992 presso il Castello Ufteggio di Palermo pronti a scendere a valle e a prelevare la borsa e l’agenda rossa di Paolo Borsellino, che fu materialmente appresa da principio dal capitano dei Ros Giuseppe Arcangioli perchè le portelle della Croma blindata di Paolo Borsellino erano rimaste bloccate a seguito dell'esplosione dei 50 chili di tritolo che provocarono l’attentato e furono sbloccate solo successivamente, in un momento in cui il Magistrato Ayala era appostato vicino alla vettura.

Ma anche qui c'è un altro segreto di Stato che non torna. Il colonnello Arcangioli dal 2006 ad oggi vive in una località segreta con un'identità segreta. Per quale motivo?

Poi lo stesso Francesco Di Maggio si è speso epr attribuire la paternità delle lettere del corvo all'incolpevole magistrato Alberto Di Pisa ma qualcun altro d'intesa con lui deve avere attribuìto la paternità delle lettere del corvo, in comunicazioni riservate con l’Intelligence americana, a Giovanni Falcone, facendosi delegare al suo assassinio.

Ecco perchè il suo assassinio era stato gestìto materialmente dai poliziotti dell’Alto Commissariato per la lotta alla mafia e non da Cosa Nostra.

Ricordiamo ancora una volta le parole di Gianmarco Piazza, fratello dell'agente assassinato Cesare Piazza : "Mio fratello mi disse che Cosa Nostra con l'attentato dell'Addaura non c'entrava niente. Quella era tutta opera della Polizia".

D'altra parte nell'attentato dell’Addaura c'è chiaramente la mano di “menti raffinatissime” e di un organismo segreto. Molti testimoni diretti dei fatti dell'Addaura infatti morirono in circostanze misteriose: Antonino Agostino, agente del SISMI, il quale si ipotizza lavorasse per proteggere Falcone, venne ucciso insieme alla moglie Ida Castelluccio il 5 agosto del 1989 da un commando in motocicletta di poliziotti in cui c'era anche il noto agente segreto soprannominato Faccia da mostro; gli assassini certamente non erano mafiosi tant’è che Riina dispose un’indagine interna a Cosa Nostra per sapere chi fosse il responsabile; Emanuele Piazza, collega di Agostino al SISDE, venne ucciso per strangolamento il 15 marzo 1990; il micro-criminale Francesco Paolo Gaeta, che quel giorno aveva casualmente assistito alle manovre militari intorno alla villa del giudice all'Addaura, venne ucciso a colpi di pistola il 2 settembre 1992 pochi mesi dopo la strage di Capaci; il mafioso Luigi Ilardo, informatore del colonnello dei carabinieri Michele Riccio - e che a questi aveva confidato di sapere che«a Palermo c'era un agente che faceva cose strane e si trovava sempre in posti strani. Aveva la faccia da mostro. Siamo venuti a sapere che era anche nei pressi di Villagrazia quando uccisero il poliziotto Agostino» - venne assassinato il 10 maggio 1996, qualche giorno prima di mettere a verbale queste confessioni.

Peraltro gli avvocati i quali difesero i mafiosi imputati della tentata strage dell'Adduara, osservarono giustamente nei loro ricorsi che l’attentato non era stato preceduto da alcuna riunione della Commissione, unico organismo interno a Cosa Nostra che poteva prendere una decisione in rodine a un delitto così eccellente. Inoltre è da presumere che la soffiata dell'imminente attentato contro Falcone arrivò alla sezione del Sisde allora diretta da Bruno Contrada proprio da parte di Riina, il quale avendo intuito il conflitto fra le due intelligence non se ne voleva inimicare nessuna. Anzi egli tentò perfino di avvertire Giovanni Falcone dell'imminente epricolo. Il giorno prima durante un'interrogatorio in Carcere il mafioso Leonardo Greco disse a Falcone: "Dottore! lei è troppo abbronzato!"

La vicenda Enimont dopo il 1989 subì - come è noto varie traversie. Gardini ne fu emarginato, Martelli pure. Craxi la voleva far diventare un'operazione di Stato. C'è stato chiaramente fino alle dimissioni di Martelli avvenute nel febbraio 1992 a seguito di una testimonianza di licio Gelli sulle vicende del conto Protezione, un tentativo di portare Martelli alla presidenza del Consiglio. Poi il piano venne indebolito da questa inaspettata deposizione di Licio Gelli. Mi chiedo:qeusat deposizione conteneva un mesaggio?

La strage di Capaci, in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone e tutti gli uomini della sua scorta, impedì l'elezione a presidente della Repubblica di Giulio Andreotti che sponsorizzava anche lui l'operazione Enimont come operazione di Stato (Falcone – ricordiamolo - era un uomo di Andreotti). Cosa Nostra si vendicò (anche) del cattivo esito del maxiprocesso ma chi la manovrò aveva altri obiettivi (far eleggere Scalfaro al posto di Andreotti presidente della Republica).

Chi la manovrò fece poi uccidere Salvo Lima per rimarcare i rapporti di Cosa Nostra con un uomo di Andreotti e poi Giovanni Falcone lo stesso giorno in cui Andreotti ufficializzava la sua candidatura al Quirinale: 23 maggio 1992. Con questo attentato ottenne che Andreotti (concorrente pericolosissimo di Scalfaro in quanto aveva l'accordo con la Lega e quinid sarebbe stato eletto) ritirasse la sua candidatura da presidente della repubblica e si dimettesse da ogni incarico che lo ponesse nella politica attiva. Vedi: [www.youtube.com]

Se Andreotti fosse stato eletto presidente della Repubblica, Bettino Craxi sarebbe tornato a essere Presidente del Consiglio, Ciriaco De Mita sarebbe stato Ministro degli Esteri, Gianfranco Miglio sarebbe stato Ministro degli Interni. L'operazione enimont sarebbe andata avanti e Miglio avrebbe cercato di attuare il suo piano di dare massima autonomia al Mezzogiorno e in particolare alla Sicilia, attraverso il progetto delle macroregioni e del presidenzialismo. Questo avrebbe portato a un rilancio dell'economia siciliana e delle aree meridionali e quindi a un'azione politica che non sarebbe stata solo una distaccata opera di repressione delle cosche mafiose nel Mezzogiorno. In questo contesto Bruno Contrada (poi arrestato) sarebbe stato Capo dei Servizi Segreti SISDE in funzione antimafia, Giovanni Falcone (poi assassinato) sarebbe stato Procuratore Nazionale Antimafia, Luigi Lombardini (anche lui assassinato) Procuratore Capo di Palermo, Paolo Borsellino (anche lui assassinato) capo della Polizia.

Se Giovanni Falcone non fosse stato assassinato il passaggio dalla prima alla seconda repubblica sarebbe stato indolore, senza stragi, senza omicidi mirati, senza spargimenti di sangue, probabilmente senza inchieste. Sarebbe nata veramente una Nuova Repubblica sulle ceneri della vecchia e non una prosecuzione della Vecchia Repubblica e dei suoi metodi, cambiati solo gli attori.

“...(il passaggio alla c.d. seconda repubblica) è stata studiato a tavolino - disse Craxi durante il suo esilio ad Hammamet- Hanno salvato alcuni e massacrato altri. Se avessero eliminato tutti, come avrebbe fatto l'Italia ad andare avanti?”“ci hanno fatto credere che siamo nella Seconda Repubblica con Scalfaro presidente?.....è piuttosto una farsa recitata da uomini che si sono prestati a simulare una finta rivoluzione!....”

L'attentato di Capaci ebbe gli effetti di un vero colpo di stato, che mise le premesse per azzerare in un colpo solo tutta la vecchia classe politica italiana che voleva realizzare Enimont.

Il 19 luglio 1992 viene ucciso anche Paolo Borsellino, Ci voleva un'altra strage per emozionare il Parlamento e per consentire a Claudio Martelli di ottenere dal Parlamento la conversione in legge del decreto sul 41 bis che altrimenti sarebbe decaduto.

Sulla scia dell'emozione che la nuova strage di mafia avrebbe provocato, il decreto sarebbe stato convertito in legge e Martelli avrebbe avuto ancora più visibilità e popolarità e poi sarebbe stato nominato Presidente del Consiglio dei Ministri per gestire ancora enimont come operazione di Stato ma con il ritorno di lui e di Gardini.

Si pensò allora a una strage di mafia control'ex ministro Calogero Mannino.

Senonchè Martelli voleva imporre la nomina di Borsellino a Procuratore Nazionale Antimafia in coppia con lui Ministro di Grazia e Giustizia per ripetere il binomio Martelli-Falcone, ignaro che Borsellino aveva già capito tutto sulla strage di Capaci, grazie a un colloquio avuto pochi giorni prima nella caserma dei catabinieri di Mori (non soggetta a intercettazioni) con il pentito Calcara.

Questa proposta doveva essere ratificata nell'incontro avvenuto il 1° luglio del 92' con Vincenzo Parisi e Nicola Mancino, incontro fortemente voluto da Scalfaro, ma sopratutto da Martelli. Vedi: [www.youtube.com] [oknotizie.virgilio.it]

Parisi e Borsellino rimasero insieme per oltre un'ora. poi riferisce testualmente il magistrato Vittorio Aliquò che aveva accompagnato Borsellino e che era rimasto fuori la porta ad aspettare "Vidi entrare il Ministro Nicola Mancino e dopo pochi minuti uscirne. Poco dopo uscì adiratissimo Polo Borsellino. Fumava per l'ira due sigarette in una volta sola.

venti giorni dopo Borsellino venne assassinato lui al posto di Calogero Mannino.

La storia successiva è nota. Incriminano Martelli, Scalfaro licenzia Giuliano Amato e nomina Ciampi presidente del Consiglio al posto di un uomo dell'area di Martelli. I patti sono violati. Ci sono altre stragi tutte in concomitanza di scadenze di regimi del 41 bis.

Tutte meno una la strage di via dei Georgofili a Firenze.

la strage di via dei Georgofili a Firenze il 27 maggio 1993 non coincide con alcuna revoca di 41 bis. Dunque Servizi segreti contro Servizi Segreti. Messaggi in codice. Nel Sisde di Firenze c'è un nemico dei magistrati milanesi Francesco Saverio Borrelli e soci. ALESSANDRA CERCELLO figlia del generale Cerciello sta indagando e manda rapporti all'Autorità Giudiziaria di Brescia sui rapporti tra Procura di Milano e Autoparco Milanese. MANDANTI OCCULTI DI QUESTO ATTENTATO SONO QUINDI SPEZZONI DEI SERVIZI CHE TUTELAVANO L'AUTOPARCO MILANESE E I SEI MAGISTRATI MASSONI DELLA PROCURA DELLA REPUBBLICA DI MILANO.

LE STRAGI DI ROMA E MILANO DEL 27 LUGLIO, RIVOLTE A MONUMENTI E BASILICHE E CHE SONO UN AVVERTIMENTO AI PRESIDENTI DI CAMERA E SENATO (GIORGIO NAPOLITANO E GIOVANNI SPADOLINI) Che DIRIGONO I SERVIZI SEGRETI SANI E AL TEMPO STESSO UNA REAZIONE ALL'ATTACCO OMICIDIARIO E GIUDIZIARIO CONTRO IL GRUPPO FERRUZI: IL 23 LUGLIO VIENE ASSASSINATO RAUL GARDINI E LO STESSO GIORNO VENGONO ARRESTATI CARLO SAMA E SERGIO CUSANI. VIENE MINACCIATA L'ESECUZIONE DI UN COLPO DI STATO DI DESTRA, LEGATA ALL'AREA SOCIALISTA VICINA A MARTELLI E GARDINI. PER L'ATTENTATO DI MILANO, IN VIA PALESTRO, UNO DEGLI OBIETTIVI ERA UN PALAZZO CHE OSPITAVA LE RIUNIONI DELL'OPUS DEI.

Poi a novembre 93 le parti si misero d'accordo.

Ma i veri registi degli attacchi sono ancora una volta i sei magistrati massoni della Procura della Repubblica di Milano e i Magistrati massoni di Puglia e di tutta l’Italia, veri ideatori di tutto il programma stragista. I Magistrati disponibili a sostenere gli affari della finanza e della politica quando ne erano partecipati e intransigenti e feroci contro quei loro colleghi che li ostacolavano perchè interpretavano la giustizia solo come espressione di legalità e come profumo di libertà. Vedi e ascolta: [www.youtube.com]

Michele Imperio 4. continua

 
AmministratoreDate: Sabato, 14/05/2011, 23:28 | Message # 6
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Magistrati milanesi e magistrati di Puglia, nuovi demoni della storia d'italia (5)

Tra il fallimento della gestione del pentito Totuccio Contorno con il conseguente fallito attentato dell’Addaura (giugno 1989) e le stragi di Capaci e di via D’Amelio (maggio-luglio1992), ci furono in Italia due anni di relativa tranquillità: seconda metà del 1989, tutto il 1990 e prima metà del 1991. Poi però a partire dalla seconda metà del 1991 l’Intelligence americana e soprattutto quella israeliana tornarono a diventare aggressive nei nostri confronti, fino a poi partecipare o dare l'assenso -io penso - alle stragi di Capaci e via D'Amelio.

Pochi lo sanno, ancor meno lo dicono, ma le goccie che fecero nuovamente traboccare il vaso oltre l’affare Enimont, che stava andando avanti, furono un attentato e una strage: il primo (ossia l’attentato) eseguito a Liegi in Belgio il 18 luglio 1991 secondo informazioni della nostra intelligence da parte di pregiudicati italiani ,in cui perse la vita l’ex vice-primo ministro Andrè Cools, la seconda (ossia la strage) avvenuta a Taranto in Puglia, il 1° ottobre 1991 (quindi nello stesso contesto dell'omicidio Cools luglio-ottobre 1991).

Per effetto di quest’ultima strage furono assassinati un barbiere di Taranto Pasquale Ierone e tre suoi avventori e gravemente feriti altri due avventori (cosiddetta strage della barberia). Vedi: [www.studiolegalepetrone.it] Ma una parte dell’intelligence italiana fece credere a quella israeliana che questo attentato (Cools) e questa strage (barberia) fossero tra loro intimamente connessi.

La storia in breve è questa: tra il 1989 e il 1991 l’Agusta italiana, industria bellica di Stato allora in mano a Craxi e ai suoi fedelissimi (tra i quali il dirigente delle partecipazioni Statali Sergio Castellari, poi morto asseritamene suicida nel marzo 1993) aveva ceduto allo Stato belga 40 elicotteri da combattimento. In questa gara l’Agusta aveva vinto la concorrenza di imprese straniere grazie al pagamento di robuste tangenti promesse dai socialisti italiani ai loro cugini belgi allora al potere nel piccolo paese del Benelux.

Senonchè i socialisti belgi avevano litigato fra loro per la spartizione di queste commissioni. In particolare uno di loro leaders, il viceprimo ministro belga Andrè Cools, poi assassinato, aveva fatto richieste particolarmente esose ed era stato gabbato nel senso che gli erano state fatte alcune promesse (9 miliardi di vecchie lire) che poi non erano state mantenute (gli furono dati solo 1.300 milioni di vecchie lire).

A fronte di questa situazione Cools minacciava (e probabilmente aveva deciso) di svelare alcuni segreti particolarmente compromettenti per l’amministrazione belga, guidata dai socialisti belgi. Ma poi la mattina del 18 luglio 1991, prima che potesse andare a un appuntamento con un alto dirigente della Nato, Cools era stato assassinato. Del delitto era stato subito sospettato un altro socialista belga il ministro Andrè Van der Biest il quale aveva al suo seguito una serie di faccendieri italo-belgi e italiani. Questi in effetti erano in buoni rapporti con Cosa Nostra siciliana trapiantata in Belgio, come si può ben comprendere da questo filamto di You tube benché in lingua francese [www.youtube.com]

I capi di questi faccendieri era un tal Silvio De Bendictis, imparentato con un barbiere di Taranto a nome Pasquale Ierone e un tal Richard Taxquet (padre belga e madre italiana di Massafra una cittadina in provincia di Taranto) ex agente dei servizi segreti belgi e sindaco di una cittadina della Vallonia, entrambi molto vicini a Van Der Biest. Entrambi furono processati epr il delitto Cools ma il primo (De Benedictis) fu assolto (si assodò che era contrario all'omicidio Cools), il secondo (Taxquet) fu condannato e riconosciuto come il mandante dell'omicidio Cools. Vedi: [www.youtube.com] [www.youtube.com]

A settembre 1991 però prima di esser arrestato Richard Taxquet venne in visita in Italia ufficialmente per gestire un gemellaggio fra Massafra e la cittadina belga di cui era sindaco, sostanzialmente per rendere visita ai suoi parenti di Massafra.

Senonchè pochi giorni dopo questo viaggio, Pasquale Ierone il parente di De Benedictis e di Taxquet, era stato inspiegabilmente assassinato nella sua barberia di Taranto insieme a tre anonimi avventori mentre due altri avventori erano stati gravemente feriti.

Era una strage molto strana perchè nessuno degli assassinati aveva a che vedere con la criminalità locale. Così come ancora più strane furono le motivazioni che furono date alla strage. Già il giorno dopo l’odioso delitto (elemento questo particolarmente sospetto) gli inquirenti tarantini dichiararono alla stampa che in quella barberia si facevano barba e capelli alcuni pregiudicati, e che quindi costoro erano i destinatari della missione di morte. Però i killer offuscati nella mente dalla cocaina che avevano assunto in grandi dosi (e chi glielo aveva detto?) avevano sparato all’impazzata senza rendersi conto che in quel momento nella barberia i pregiudicati non c’erano e quindi avevano ammazzato senza ragione quattro innocenti e ferito due. Motivazioni – come si vede – assolutamente risibili e fantasiose, ma consacrate addirittura da sentenze di primo, secondo e terzo grado.

La Procura della Repubblica di Taranto allora diretta dal dott. Giovanni Massagli (M.D.) massone, appena il giorno dopo l’eccidio disse che la strage era frutto di un regolamento di conti fra opposte fazioni del medesimo clan locale, il clan Modeo.

Ma l'intelligence italiana dette a quella israeliana un'altra versione. Pasquale Ierone il barbiere tarantino di origini calabresi nel maggio-giugno 91 avrebbe reclutato i killer dell’omicidio Cools, eseguito a luglio 1991 a Liegi in Belgio. Poi a settembre 91 Taxquet era venuto in Italia per predisporre l’assassinio di Pasquale Ierone in modo da far disperdere ogni possibile traccia di questo segreto reclutamento di killers in Italia. L’assassinio di Ierone sarebbe quindi avvenuto il 1° novembre 1991 sotto forma di strage per disposizione di Taxquet. E tanto perché a monte dell’omicidio Cools vi sarebbero state responsabilità di uomini politici italiani.

Il 1° giugno 1994 uscì sul Corriere della Sera un articolo a firma di Simone Gianfranco, in cui ci sono tracce delle false informazioni date dall'Intelligence italiana e rese possibili dal depistaggio nelle indagini sulla strage della barberia.

"Primo arresto per la morte del vicepremier e ministro dell' Economia socialista Andre' Cools, ucciso a Liegi il 18 luglio 1991 perche' coinvolto nello scandalo della vendita di una quarantina di elicotteri Agusta A 109 al Belgio. Un commerciante d' origine italiana, Silvio De Benedictis, e' stato arrestato ieri per l' uccisione di Cools (poi come detto fu assolto), pochi giorni dopo che era stato fermato e rilasciato dal giudice di Liegi Veronique Ancia, che conduce l' inchiesta sulle presunte tangenti pagate dall' Agusta per la fornitura degli elicotteri.

Nella vicenda sono coinvolti alti esponenti socialisti, tra cui l' allora ministro belga della Difesa Guy Coeme, Craxi e De Michelis, che all' epoca controllavano l' Agusta. De Benedictis e' zio della moglie italiana di Richard Taxquet, ex segretario particolare di un ex ministro delle Pensioni belga, Alan van der Biest, sospettato di aver commissionato alla criminalita' organizzata pugliese l' omicidio di Cools. Van der Biest rimase gravemente ferito in un attentato l' 8 marzo 1993. Assieme al suo autista Pino Di Mauro, a De Benedictis, e a Taxquet, e' accusato di complicita' nell' uccisione di Cools da vari pentiti, tra cui un pregiudicato calabrese, Carlo Todarello. Tra gli elementi dell' accusa due telefonate dirette a Massafra (Taranto), partite dallo studio di Van der Biest: una nel giorno dell' omicidio di Cools e l' altra nell' ottobre 1991, quando fu ucciso un malavitoso pugliese, Giuseppe Jerone, sospetto partecipante all' assassinio del ministro belga Ierone invece era incensurato e nessuna indagine ha mai detto che partecipò a quell'omicidio. L' anno scorso il parlamentare van Rossen condusse sul caso Cools un' inchiesta riportata dal settimanale belga "Humo", secondo cui la malavita italiana trapiantata in Belgio chiese al ministro delle Pensioni di aiutarla a riciclare titoli di credito rubati. Van der Biest in cambio avrebbe ottenuto l' eliminazione di Cools, che minacciava di rivelare lo scandalo delle tangenti Agusta (minacciava di rivelare anche altro n.d.r.), nove miliardi, perche' aveva ricevuto solo 1300 milioni.

L'"altro" che voleva rivelare Cools (la sera del giorno dell'attentato egli aveva - come detto - un appuntamento con il segretario generale della Nato vedi: [translate.google.it]) era questo: il Belgio su direttive di Craxi aveva già consegnato a Saddam Hussein il supercannone che poteva lanciare a distanza bombe atomiche, bombe chimiche e bombe batteriologiche, che tuttavia non potevano raggiungere lo Stato di Israele, perché il supercannone aveva una gittata che non arrivava fino a tanto. Senonchè successivamente l’aviazione belga (fatto vero ma in cui Craxi non c'entrava niente n.d.r.) aveva spedito arei militari belgi fino in Irak per fornire a Saddam Hussein un propellente speciale, prodotto in Inghilterra, che aumentava la gittata del supercannone e quindi consentiva a Saddam Hussein di lanciare bombe atomiche, chimiche e batteriologiche anche sul territorio dello Stato di Israele.

Ora se - come diceva questa falsa informazione - Cools era stato assassinato da pregiudicati italiani e il loro reclutatore - italiano - era stato a sua volta assassinato in forme così misteriose, le conseguenze che se ne potevano trarre in ordine ai mandanti di quelle operazioni dell’aviazione belga, erano facilmente deducibili.

Questa ricostruzione ha vari riscontri. Primo: durante la prima guerra del golfo non è vero che le truppe americane arrivarono soltanto fino a sud di Bagdad. E'vero invece che soldati americani, in gran segreto, oltrepassarono Bagdad e andarono a recuperare questo supercannone portandolo via dalle montagne a nord di Bagdad, dove era stato collocato.

Secondo: a giugno 92 Craxi si propose come primo ministro a Scalfaro presidente della Repubblica, il quale lo dissuase dicendo testualmente: "Fai un passo indietro altrimenti "quelli" ti massacreranno". "Quelli" chiaramente sono i Servizi Segreti israeliani e americani che lui e Parisi avevano talmente aizzato contro Craxi che Scalfaro ne temeva il massacro.

Terzo: Un pentito di mafia nel primo giudizio di appello ai presunti responsabili della strage della barberia (dopo sette anni fu disposta la revisione e quindi un secondo giudizio di appello) dette del delitto questa versione: "La strage della barberia – disse – era stata commissionata a un boss locale da apparati deviati dei Servizi Segreti italiani". Ma alla cosa – naturalmente – nessuno dette peso.

Quarto: Oscar Luigi Scalfaro referente politico del capo della polizia e del Sisde Vincenzo Parisi, il quale sempre di più sta emergendo dalle indagini come l'anima nera di tutta la prima repubblica , ha fatto recentemente due importanti ammissioni: la prima è che dal 1987 cioè da quando non fu più Ministro degli interni fino al 1992 cioè fino quando divenne presidente della repubblica solo apparentemente egli non aveva alcuna carica istituzionale (………..“mi avete fatto fare due ore di attesa pensando che non ero nessuno”………) ma in realtà sotto le mentite spoglie di Vincenzo Parisi egli continuava a essere il vero Ministro dell’Interno, il capo dela polizia e il capo dei Servizi Segreti.

Quinto: La seconda importante ammissione di Scalfaro fatta nel corso di un'intervista. Vedi: [www.repubblica.it] è che durante la stagione stragista del 1993 il Mossad teneva costantemente informati lui e Parisi dell’andamento delle cose e – ovviamente – li proteggeva. Per quale motivo il Mossad stava continuamente appresso a due esseri lerci come lui e Vincenzo Parisi? Quali motivi di riconoscenza e di vicinanza aveva il Mossad nei loro confronti?

Ora quello che a me preme sottolineare e che mi lascia letteralmente sgomento è che le indagini successive a questa strage della barberia e le indagini successive alla strage di via D’Amelio, eseguita l’anno dopo, esattamente il 19 luglio 92 a Palermo, sembrano due gocce d’acqua.

In entrambi i casi chi colpì, colpì il suo obiettivo (Pasquale Ierone e Paolo Borsellino) attraverso una strage e non attraverso un omicidio mirato. In entrambi i casi si autoaccusarono delle stragi piccoli pregiudicati del posto che poi in realtà non avevano alcuna responsabilità. Sia a Caltanisetta che a Taranto si arrivò alle false autoaccuse attraverso minacce e sistemi subdoli analoghi. Con gli scarafaggi nei maccheroni e con la prospettive di far violentare la moglie rivolte a Vincenzo Scarantino dai poliziotti criminali Mario Bo, Vincenzo Ricciardi e Arnaldo Labarbera, Santo La Barbera, a Taranto in modo ancora più subdolo perché i tossicodipendenti prescelti per autoaccusarsi falsamente della strage della barberia, resero le loro false confessioni dopo che per un’ora furono rinchiusi dalla stesa Polizia in una camera di sicurezza insieme a un pregiudicato, confidente degli agenti di polizia Carriero e Zappimbulso. In entrambi i casi questi fasulli reo confessi chiamarono in causa sempre in modo fasullo grossi pregiudicati del posto, in realtà non responsabili. In entrambi i casi a distanza di anni un nuovo pentito spiegò che i reoconfessi in un caso e nell’altro erano pilotati dalla Polizia.

Ma quello che sconcerta di più è un’altra similitudine fra le due stragi. In entrambi i casi (strage della barberia e strage di via D’Amelio) il Procuratore della repubblica che diresse le indagini (Giovanni Massagli per la strage della barberia e Giovanni Tenebra per la strage di via D'Amelio) erano affiliati a logge coperte della Massoneria. Ma non la massoneria dei fessi. La Massoneria dei dritti: [www.youtube.com] che solo nove anni prima (1982) [www.youtube.com] quella che stava per uccidere un Papa [www.youtube.com]).

Dell’affiliazione alle logge massoniche coperte di Giovanni Tenebra noi sappiamo attraverso la Rete grazia alle capacità investigative dell'ex magistrato Luigi De Magistris. Infatti nel corso delle indagini del noto processo Whi Not Luigi De Magistris scoprì che il giudice Giovanni Tenebra era affiliato a uan loggia massonica di Cosenza Vedi: [www.lavocedellevoci.it]

Che il magistrato pugliese Giovanni Massagli fosse affiliato a una loggia massonica coperta ce lo dice invece lui stesso, in quanto egli ha addirittura scritto un libro sulla Massoneria e poi lo ha anche reclamizzato sulla Rete. Vedi [www.google.it]

Dopo la vittoria alle elezioni politiche del marzo 94 di Berlusconi, Vincenzo Parisi fu in un primo momento confermato capo della polizia e anzi sembrava avviato a diventare ministro nel governo Berlusconi dopo i rifiuti di Di Pietro e di Davigo. Senonchè dopo alcuni mesi il 27 agosto 1994 Vincenzo Parisi e i suoi due vice-capi si dimisero inaspettatamente dalle cariche. Contemporaneamente lo stesso giorno anche il magistrato milanese Francesco Di Maggio si dimise da vicedirettore del D.A.P. e gli fu inibito di rientrare nei ranghi dei P.M. Che cosa era successo?

Quattro mesi più tardi esattamente il 31 dicembre 1994 Parisi improvvisamente morì alla ancor giovane età di 64 anni. Venbticinque mesi dopo le dimissioni anche Francesco Di Maggio, morì prematuramente a soli 48 anni (vedi: [ricerca.repubblica.it]).morì giovanissimo anche il giudice milanese Francesco Di Maggio di tumore al fegato. Nemmeno dalla Rete si riesce invece a capire da quale male fu stroncato Parisi, ma pare che si trattò del solito infarto notturno che colpisce soggetti eccellenti, non lascia tracce e non dà preavviso.

Differentemente dal collega Giovanni Tinebra il Procuratore Capo della Repubblica di Taranto Giovanni Massagli non era soltanto affiliato a M.D. e alle logge massoniche coperte ma svolgeva anche un ruolo attivo all’interno della Sinistra Demcoristiana non solo locale ma probabilmente anche nazionale. Egli era amico personale dell’on.le Nicola Mancino e - forse - anche del capo della polizia Vincenso Parisi.

Le sue indagini quindi attribuirono la strage della barberia a un clan locale. Ma a quell’epoca (parliamo degli anni 90- 91-92-93) c’era anche un altro evento che complicava i rapporti fra politica, magistratura di M.D. e di M.I. e criminalità organizzata.

L’inconsapevole di tutti questi fatti che ho detto prima on.le Massimo D’Alema allora capo indiscusso del PDS e che molti davano come possibile premier del paese per almeno un decennio, per dare maggiore spessore alla sua visibilità politica non voleva più candidarsi nel piccolo e anonimo comune di Gallipoli (21.00 abitanti), ma voleva candidarsi in un grande centro industriale dell’Italia meridionale e aveva scelto in questo senso la città di Taranto (acciaierie, raffinerie, cementifici e 214.00 abitanti).

La Sinistra Democristiana ne fu onorata e mise a punto questo ignobile, complesso e strategico progetto politico: La criminalità organizzata che aveva fin lì appoggiato la Sinistra Democristiana o aree politiche a lei vicine avrebbe dovuto fare della città di Taranto, la quale disponeva di un grande porto mercantile, un epicentro di grandi traffici internazionali malavitosi ai quali - secondo alcune voci - dovevano essere partecipati anche alcuni Magistrati e ovviamente alcuni uomini politici, perché la nuova classe dirigente dalemiana doveva avere la sicura copertura dei Magistrati (che non viene data gratis), soprattutto in una città in cui si candidava D’Alema e in cui avrebbero operato i suoi più stretti collaboratori.

Per dare maggiore sicurezza a questi traffici Taranto doveva diventare quindi una città tranquilla, non attenzionata dalle forze di polizia e quindi c’era bisogno di sopprimere o quanto meno di ridimensionare fortemente la piccola criminalità locale.

Per farla breve la città di Taranto venne insanguinata da una lunga e cruenta guerra di mala con alcuni Magistrati e alcune forze di polizia che spalleggiavano clamorosamente alcune fazioni malavitose legate alla Camorra e alla Ndrangheta in lotta contro quelle più marcatamente locali e quindi più deboli. Peraltro la stampa locale di Sinistra dava grande risalto ai colpi che subiva la mala locale e all’opera repressiva vincente del grande Procuratore della Repubblica Giovanni Massagli.

Questo perché anche Giovanni Massagli coltivava (lo sapevano tutti) aspirazioni politiche, in quanto voleva candidarsi Senatore nell’Ulivo a fianco di D’Alema che si doveva invece candidare alla Camera dei Deputati.

Mi rendo conto che tutto quello che dico può sembrare inverosimile e fantasioso tuttavia di esso posso offrire un riscontro.

A un certo punto delle indagini successive a questa guerra di mala condotta con queste coperture e queste macchinazioni si verificò un durissimo scontro fra il dott. Francesco Mandoi della premiata ditta P.D.S.- M.d. Magistrato della Procura Distrettuale Antimafia di Lecce delegato alle indagini antimafia su Taranto e il giudice da lui delegato su Taranto in posizione subordinata Pieto Genoviva all’epoca sostituto procuratore anziano della Procura della Repubblica di Taranto, Magistrato integerrimo e universalmente stimato.

Il dott. Pietro Genoviva si era accorto che il dott. Francesco Mandoi aveva stranamente omesso alcune indagini su alcuni gruppi malavitosi in guerra fra loro e, esorbitando dai suoi compiti, aveva fatto lui stesso le indagini che il suo più altro in grado Francesco Mandoi aveva obliterato.

Senonchè una bella mattina il dott. Pietro Genoviva si vide investito da una furiosa telefonata del collega Francesco Mandoi il quale con fare minaccioso e tono di sfida gli diceva : “Chi cazzo ti ha detto di fare quegli accertamenti !!!!!!! Il Procuratore Nazionale Antimafia sono io !!!!!!!!!!!!! Tu non sei nessuno !!!!!!!!!!!!!!!!!

Le cronache parlarono solo a livello locale di questo scontro ma anche in questo caso il Procuratore nazionale Antimafia Bruno Siclari fu costretto a un precipitoso viaggio a Lecce come quelli che fece successivamente a Milano per sedare la lite fra Borreli e Vigna per il caso Autoparco al fine di dirimere questo conflitto insorto la fra la Procura della Repubblica di Taranto e quella di Lecce, che vedeva da un lato il Procuratore della Repubblica di Lecce Alessandro Stasi anche lui Magistrato integerrimo e universalmente stimato adiratissimo contro il suo Sostituto Francesco Mandoi perché ne aveva capito il gioco, dall’altro,Giovanni Massagli Procuratore della Repubblica di Taranto il quale fingeva di voler sostenere il suo sostituto Pietro Genoviva.

Anche da questi fatti sivincono le vere ragioni dell'eliminazione crienta dei magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Perchè non so, se fosse stato Procuratore nazionale Anti-mafia Giovanni falcone o Paolo Borsellino, che fine avrebbe fatto il Magistrato di M.D. Francesco Mandoi

Invece grazie al magistrato milanese Bruno Siclari, Francesco Mandoi fu solo apparentemente cacciato dalla Procura Distrettuale antimafia di Lecce, ma il PDS dalemiano, suo partito di appartenenza scese in campo in suo soccorso e per mascherare il suo allontanamento forzato lo candidò in un collegio perdente alla camera dei Deputati (allora i collegi erano uninominali) e poi lo fece nominare dal CSM procuratore Distrettuale antimafia presso la Corte di Appello di Potenza e poi ancora, dopo qualche anno, addirittura vice Procuratore nazionale anti-mafia carica che rivestì per moltissimi anni, prima alle spalle di Bruno Siclari poi alle spalle di Pierluigi Vigna.

Ma vi è un ulteriore riscontro a quanto dico. Tutte queste aspirazioni politiche da sinistra (Giovanni Massagli, Massimo D’Alema ecc. ecc.) determinavamo la necessità che la Sinistra fosse travolgente su Taranto e vincesse tute le elezioni (comune provincia ecc. ecc.).

Invece proprio in quello stesso periodo si erano affacciati sulla scena politica tarantina due uomini politici che in passato avevano militato per tanti anni nel Movimento Sociale Italiano tali Giancarlo Cito e Mimmo De Cosmo, i quali avevano fondato una lista civica e gestivano una piccola emittente locale. Come movimento politico essi avevano già preso ben sette seggi nel consiglio comunale di Taranto. Poi la loro ascesa politica divenne travolgente tanto che nel 1993 Cito divenne inaspettatamente sindaco di Taranto battendo al ballottaggio un altro magistrato Gaetano Minervini che da sindaco doveva poi tirare la volata nelle successive elezioni del 1994 a Giovanni Massagli e a Massimo D’Alema.

Quindi questi due soggetti Cito e De Cosmo esercitavano una forte azione di disturbo nei confronti del progetto politico elaborato dagli uomini di Massimo D’Alema e da Giovanni Massagli e quindi cominciarono azioni di forte ostracismo giudiziario e di intelligence nei loro confronti.

In pratica Giovanni Massagli chiamò in campo pericolosamente i Servizi Segreti deviati dei suoi amici Vincenzo Parisi e Nicola Mancino, e qui noi possiamo notare un interessante spaccato della mentalità delinquenziale, del modo di agire criminale, del livello di paranoia che allora pervadeva tutta la Sinistra democristiana dei vari Mancino, Scalfaro, Rognoni ecc. ecc.

Tempo prima nell’ambito della guerra di mala di cui abbiamo parlato si verificò casualmente un omicidio proprio dinanzi l’emittente televisiva di Cito. Qualche tempo dopo.il fratello di un funzionario dei Servizi segreti avvertì Cito e De Cosmo che il fratello, Ufficiale dei Servizi segreti gli aveva confidato che il Sisde era entrato in possesso di una cassetta audiovisiva realizzata proprio dalle telecamere della Emittente televisiva di Cito e asportata da un dipendete traditore che ritraeva Cito nell’atto di partecipare a quell’omicidio.

Naturalmente si trattava di una bufala ma poi sempre il dott. Pietro Genoviva scoprì che realmente i Servizi segreti avevano messo in giro questa voce. E secondo l’avv. Mauro Mellini il quale si interessò del caso, si trattava di una voce che era stata messa in giro ad arte non tanto per arretarlo quanto per giustificare successivamente l’ omicidio del Cito (come testimone o come coautore di uno degli omicidi delle due bande in lotta).

Questo omicidio –secondo Mellini - non fu più eseguito sia perché era emerso questo coinvolgimento dei servizi segreti e sia perché nel 1993 Cito fu eletto sindaco di Taranto e quindi si espose alla flagellazione per via giudiziaria che rese inutile la sua eliminazione per via militare. A quel punto Giovanni Massagli desautorò da tutte le indagini più importanti nonché dalla delega alle indagini antimafia Pietro Genoviva, e l’altro Magistrato anziano della procura della repubblica di Taranto Vincendo Petrocelli, anch’ egli magistrato mintegerrimo e universalmente stimato li sostituì con due Magistrati affiliati a Magistratura Democratica Nicolangelo Ghizzardi e Pina Antonella Montanaro che avviarono nei confronti di di Cito e di de Cosmo all’incirca una quarantina di processi.

Non ci fu verso di infrenare questa spirale accusatoria. Una volta Cito fu invitato a versare nelle mani di Giovanni Massagli ed effettivamente versò centocinquantamilioni di vecchie lire (quando prima della bolla speculativa con quella somma si poteva acquistare un appartamento) L’occasione fu una querela che Il Procuratore capo Giovanni Massagli aveva sporto nei confronti del suo inquisito Cito e la somma veniva richiesta per dar luogo alla remissione della querela, facendo intendere che dopo questo pagamento le acque si sarebbero acquietate. Una condotta questa che ha un nome e un cognome molto preciso nel codice penale. Si chiama estorsione aggravata, estorsione di nome e aggravata di cognome. Anzi estorione aggravata e truffa perché le acque non si acquietarono affatto. Ma tutti allora fecero finta di niente compreso il CSM.

Passo velocissimamente alla situazione di oggi: Pietro Genoviva è stato relegato alle sezioni Civili, dove è semplice giudice del Tribunale Civile, Vincenzo Petrocelli è rimasto semplice Sostituto Procuratore anziano della Repubblica di Taranto, delegato a indagini di minore importanza, Francesco Mandoi (Magistratura Democratica) dopo aver fatto il Vece procuratore nazionale anti-mafia è diventato Procuratore Europeo (vedi: [www.google.it]), Nicolangelo Ghizzardi (Magistratura democratica) fido collaboratore di Massagli, a soli 55 anni è stato nominato Procuratore Aggiunto della Procura della repubblica di Brindisi, senza avere alcun merito investigativo, (vedi: [www.brindisireport.it]) Pina Antonella Montanaro (Magistratura democratica) anch’essa senza avere alcun merito investigativo, a poco di più di quaranta anni, manco avesse le capacità di Falcone e Borsellino, è già Sostituto Procurare Generale presso la Corte di Appello di Taranto (come avrà mai l'autorità di fare le avocazioni nei confronti di Magistrati notevolmente più anziani di lei nessuno sa dire!), Mimmo De Cosmo è morto a 60 anni di crepacuore a seguito di tutti i processi subiti, Giancarlo Cito ha subìto nel corso della sua esperienza politica, durata 7-8 anni circa 40 processi: dai più è stato assolto in quattro è stato condannato. Per uno, concorso esterno in associazione a delinquere di stampo mafioso, ha già espiato quattro anni e sei mesi di reclusione, per un altro, una presunta concussione di poche migliaia di euro che erano un finanziamento al partito, è stato recentemente condannato in via definitva a cinque anni e se mesi di reclusione. Si dice ora che otterrà i benefici dell’affidamento in prova al servizio sociale e dell’indulto, ma poi questi benefici verranno revocati quando diventeranno definitive le altre due condanne, una a due anni di reclusione per abuso di ufficio per questioni legate all’utilizzo del campo sportivo e un’altra a quattro anni di reclusione per corruzione relativa alla realizzazione di un porto turistico che stranamente stava finanziando, quando Cito era sindaco, il Ministero degli Interni che poi ha distrutto i file del progetto.(storia anche questa tutta da raccontare). Per cui se non cambiano le cose un giorno Cito verrà arrestato e morirà in carcere.

Anche Giovanni Massagli è stato promosso. Da Procuratore della Repubblica di Taranto il CSM per i suoi grandi meriti investigativi (sic!) lo ha nominato Presidente della Corte di Appello di Venezia. Adesso è in congedo con il massimo della pensione. Secondo alcune voci quella promozione fu in realtà un “promeveatur ut amoveatur" (promosso per essere rimosso) perchè all’epoca c’erano dei problemi con delle cancelliere. Però ……….. voci ……….che tuttavia sono suffragate dagli altri due libri, dopo quello sulla Massoneria, che il magistrato ha scritto, varcata l’età dei settanta anni, che sono questi: (vedere fondo pagina): [www.amazon.it] [www.ibs.it]

Solo Massimo D’Alema non ha fatto carriera. E' diventato un bruciato giovane. Non lo può vedere più nessuno. All'ambasciatore americano lui stesso ha detto sconsolato: "la Magistratura italiana è un problema per lo Stato Italiano". Certo! Nessuno più di lui può saperlo! Ma, caro D'Alema, quando uno si allea con gente così pericolosa e criminale, che cosa si può aspettare dalla vita?

Michele Imperio 5. continua

 
AmministratoreDate: Domenica, 15/05/2011, 01:07 | Message # 7
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http://oknotizie.virgilio.it/info/586040cc2c427f75/magistrati_milanesi_e_magistrati_di_puglia_nuovi_demoni_della_storia_d_italia_6_.html

Magistrati milanesi e Magistrati di Puglia, nuovi demoni della storia d'italia (6)

Invito il mio lettore a considerare questo link [www.brindisireport.it]

In esso si dice che Lino Antonio Bruno Magistrato distrettuale antimafia per le province di Lecce Brindisi e Taranto, Magistrato integerrimo e universalmente stimato ha messo sotto processo un suo diretto collaboratore tal luogotenente dei Carabinieri Antonio Giaimis per agevolazione di associazione mafiosa e lo ha fatto allontanare dalla direzione distrettuale antimafia.

L’episodio denunciato in sé e per sé è grave ma fino a un certo punto (Antonio Giamis carabiniere dell’Antimafia avrebbe richiesto alla Questura di Taranto informative indebite a carico di un pregiudicato che interessava a un avvocato amico suo e sul quale indagava per fatti gravi la polizia di Taranto) ma per aver prodotto una denuncia penale era chiaramente la classica goccia che aveva fatto traboccare un vaso già colmo di altri problemi.

Ebbene il Tribunale del riesame di Brindisi ha fatto l’affronto al dott. Lino Antonio Bruno di revocare la misura dell’allontanamento del Giamis dalla ‘Antimafia e di imporgli la riassunzione del luogotenente allontanato , per cui adesso nella medesima struttura antimafia lavoravano fianco a fianco denunciante (Lino Bruno) e denunciato (Antonio Giamis).

Strano Tribunale quello di Brindisi che riceve ogni anno richieste in massa di trasferimento di Magistrati dalle più disparate località, da Napoli, da Roma, tutti vogliono trasferirsi a Brindisi, per la carica di Procuratore capo ci sono stati addirittura dei ricorsi al TAR.

Evidentemente molti Magistrati vedono nel Tribunale di Brindisi una frontiera aperta a Oriente.

Mi si obietterà che non è questo l’unico caso in cui denunciante e un denunciato di magistratura e Forze dell’ordine lavorino gomito a gomito nello stesso ufficio antimafia. Un caso analogo è avvenuto anche presso al Procura della Repubblica di Brescia dove il magistrato lombardo Mario Conte inquisito da altro magistrato lombardo Fabio Salamone per associazione a delinquere falso in atto pubblico, abuso d’ufficio e spaccio di droga nell’ambito di quel noto processo che coinvolgeva alcuni carabinieri per le indagini c.d. col metodo Ros (502 milioni di euro di ammanchi) (vedi: [www.youtube.com]) il dott. Conte – dicevo - lavora oggi nello stesso ufficio antimafia del suo inquisitore il dott. Fabio Salamone a Brescia, fratello di Flippo Salamone, imprenditore siciliano condannnato a sei anni di reclusione per concorso in associazione a delinquere di stampo mafioso (vedi: [www.antoniodipietro.com]). Però in quel caso (Brescia) Mario Conte ha fatto e sta facendo ancora (il suo processo si è perso nelle nebbie del Tribunale di Milano) chiaramente da capro espiatorio rispetto a responsabilità di altri suoi colleghi molto più articolate e complesse, per cui la cosa ha una sua logica (si è blindato il Magistrato affinché accetti questo suo ruolo di capro espiatorio), mentre il contrasto Bruno-Antonio Giamis è un conflitto vero e lascio immaginare a voi lettori con quale spirito, con quale stato d'animo il povero dott. Lino Bruno debba espletare delicate indagini antimafia avendo dietro la porta accanto un carabiniere che lui stesso ritiene responsabile di agevolazioni di associazioni mafiose.

Ma quella di Antonio Giamis non è l’unica presenza ingombrante nella Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce. C’è anche quella di un Magistrato il noto giudice del caso di Clementina Forleo Alberto Santacatterina.

Ricordate la Forleo? Ricordate Travaglio? [www.youtube.com] ma sì la Forleo, quel giudice che aveva messo le mani su D’Alema Latorre e compagni, e dopo un attimo l’hanno bruciata viva, schiacciata sotto cento procedimenti disciplinari del CSM, insultata, sanzionata, perseguitata, le hanno perfino dato della pazza, trasferita da Milano in un buco in provincia, buttata giù da La Torre in tutti i sensi e messa lì a Cremona a giudicare i ladri dei telefonini. E non è escluso che abbiano tentato pure di ammazzarla, una sera del dicembre 2009, mentre rientrava a casa in auto quando un tizio l’ha letteralmente buttata fuori strada. Sopravvissuta per miracolo, con la faccia distrutta.

Ebbene probabilmente quel tizio proveniva da Brindisi perché a Brindisi si sono verificati tre dei cinque attentati subiti finora da questo magistrato.

Ricordiamoli tanto per renderci conto che razza di Far West è il territorio della provincia di Brindisi sotto la giurisdizione del Tribunale di Brindisi:

Aprile 2005: Clementina Forleo gip di Milano, ma originaria di una cittadina in provincia di Brindisi Francavilla Fontana, ha disposto l’arresto di un intoccabile del giro dei massoni, Giampiero Fiorani, testa di paglia di Antonio Fazio ai vertici della Banca di Lodi e subisce una serie di attentati e di intimidazioni:

5 maggio 2005: dopo una serie di telefonate mute di minaccia, rivolte ai suoi genitori, viene distrutta una villa di campagna dei Forleo a Francavilla Fontana;

20 giugno 2005: viene incendiato l'intero raccolto di foraggio dell'azienda agricola di famiglia;

21 luglio 2005 la Forleo riceve una lettera in cui si dice: "Andrai dietro la bara dei tuoi genitori. E poi toccherà anche a te".

25 agosto 2005, appena 34 giorni dopo la lettera, l’incidente stradale mortale, praticamente profetizzato. La vettura a un incrocio non frena e l’auto viene investita da un fuoristrada che procede perpendicolarmente. Vecchio trucco dei Servizi segreti si infila uno spillone nella coppa dell’olio dei freni e quando l’olio smette di gocciolare la autovettura improvvisamente non frena più; In quelle settimane la Forleo si stava occupando della scalata bancaria Antonveneta. Così, quando accade l'incidente, la prima cosa a cui ella pensa è un sabotaggio dell'auto.

30 agosto 2005 (quindi cinque giorni dopo il sinistro) la Forleo riceve un'altra lettera di "felicitazioni" per il grave lutto, accompagnata da un proiettile calibro 38.

Il Magistrato però non si lascia intimidire. Fa una denuncia alla Procura della Repubblica di Brindisi (va praticamente nella tana del lupo) e chiede che vengano fatte ricerche sui tabulati delle telefonate minatorie arrivate alla famiglia, prima del sinistro.

Senza ipotizzare l'incidente doloso, la dott.sa Forleo chiede che si scoprano gli autori delle telefonate. Accertarlo è semplice. Basta acquisire i tabulati telefonici dei genitori e dei numeri chiamanti e poi intercettare questi ultimi.

Le indagini vengono affidate dal Procuratore Capo Giuseppe Giannuzzi (uno che appena diventato Procuratore capo della Repubblica di Brindisi aveva aperto uno studio legale penale nella stessa Brindisi con dentro il figlio, la nuora e anche la cugina) al giudice Alberto Santacatterina e da questi delegate al Tenente dei Carabinieri Pasquale Ferrari.

Ma dopo due anni (2007) la Forleo scopre che le indagini non sono mai andate avanti. Non è stata infatti identificata alcuna utenza. Non è stato fatto alcun accertamento. Il PM titolare dell’inchiesta (Alberto Santacatterina) sostiene, contrariamente al vero, che dai tabulati non risultano telefonate indirizzate ai Forleo e quindi sta chiedendo l’archiviazione dell’esposto. Peraltro ai Carabinieri Alberto Santacatterina ha chiesto solo i tabulati. E i carabinieri hanno fatto ancora meno: si sono limitati ad acquisire i tabulati che partivano da casa Forleo, non quelli - fondamentali - delle chiamate in entrata. Cioè praticamente non hanno fatto nulla.

Com’è normale che fosse fra la Forleo e il tenente Pasquale Ferrari nasce un piccolo battibecco: “si vergogni di indossare la divisa” – dice la Forleo.

E qui si verifica un secondo fatto inquietante. Perché a questo punto, Alberto Santacatterina e Pasquale Ferrari, colti in castagna, anziché colmare velocemente i vuoti dell’indagine, tentano di trasformare la Forleo da parte lesa a imputata. E soprattutto cercano di farla passare per matta.

Il 14 agosto 2007, alla vigilia di Ferragosto, mentre il procuratore capo di Brindisi Giuseppe Giannuzzi e tutti i giudici del Tribunale sono in ferie, il tenente Ferrari presenta una denuncia scritta contro la Forleo, per la telefonata (“si vergogni di indossare la divisa”) e guarda caso, proprio quand'è di turno il pm Antonino Negro, amico dell'ufficiale Pasquale Ferrari e del pm Alberto Santacatterina. Questi assegna a se stesso il fascicolo. Non potrebbe farlo perchè non si tratta di una questione urgente e quindi il fascicolo dovrebbe essere assegnato successivamente ad altro magistrato secondo il sorterggio. Ma egli se lo assegna ugualmente.

Archiviata la denuncia della Forleo – così si pensa – restarà in piedi solo la querela di Ferrari contro la Forleo. Cornuta, battuta e cacciata di casa. E quindi non solo non ci sarà più alcuna indagine sulle gravissime minacce subite dai genitori della Forleo prima di morire, ma la Forleo diventerà da accusatrice, accusata

Il diavolo però fa le pentole ma non i coperchi. Questo piano trova un intoppo: Un Magistrato diligente il gip di Brindisi respinge la richiesta di archiviazione della denuncia della Forleo e ordina a Alberto Sattacaterina indagini più approfondite. Che però non vengono mai fatte. Perché il dott. Alberto Santacatterina di questo processo proprio non ne vuole sapere. Quei tabulati non li vuole acquisire. O meglio non li può acquisire perché le telefonate appartengono a qualche agente dei servizi segreti o a qualche iscritto a qualche loggia massonica.

Quando lo scopre Alberto Santacatterina va da Giuseppe Giannuzzi per liberarsi del fascicolo. Ma Giuseppe Giannuzzi gli intima di mantenerlo e - ovviamente - di non fare indagini. E' per questo che è nervoso Alberto Santacatterina. Quando lo contatta l'avvocato della Froleo lo manda a quel paese. "la Forleo ci sta rompendo i c........!" - dice.

Ma come!

Una è parte lesa di un omicidio e il giudice si rivolge al suo avvocato e dice : "Mi stai rompendo i c........!"

Intanto la dott.sa Forleo inoltra un esposto alla Procura della Repubblica di Potenza. Il fascicolo è assegnato a un ottimo magistrato il dott. Feridnando Esposito, il quale ascolta tutta la trama e trasecola. Quindi non solo apre un fascicolo a carico dei due pm di Brindisi coinvolti (Alberto Santacaterina e Vincenzo Negro) e del tenente dei Carabinieri Pasquale Ferrari ma formula a loro carico ipotesi di reato pesantissime: frode processuale, induzione a commettere reati, calunnia, abuso d’ufficio, omissione di atti d’ufficio, associazione per delinquere e falsità ideologica perché, non svolgevano indagini e Alberto Santacatterina nel chiedere l'archiviazione, «attestavano falsamente» di avere «acquisito ed esaminato i tabulati» e di non aver trovato «telefonate utili alle indagini» quando ciò non era vero.

Inoltre secondo una ricostruzione dei fatti contenuta in un'audiocassetta "esplosiva", registrata dalla Forleo attraverso captazioni di conversazioni, i p.m e il tenente avrebbero cercato di "rimediare" il papocchio querelando la Forleo e si sarebbero accordati per presentare la querela quando in Procura fosse stato di turno il pm Vincenzo Negro. Insomma una bomba. Il dott. Esposito aveva anche pronto - econdo i bene informati - un mandato di cattura a carico del collega Alberto Santacatterina.

Al Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Lecce la Forleo chiede intanto di avocare l'inchiesta di Vincenzo Negro. Il quale, per tutta risposta, continua a tenere il fascicolo presso di sè, chiude le indagini a tempo di record e la rinvia a giudizio per minacce al tenente Ferrari.

Si vorrebbe a questo punto che tutto il quadro istituzionale si stringesse attorno alla Forleo per le minacce subite, per le tante intimidazioni, per la strana morte dei due genitori, per gli atteggiamenti di Alberto Santacatterina e Vincenzo Negro.

E invece no!

Il Consiglio Superiore della Magistratura presieduto dal senatore Nicola Mancino le si rivolta contro!

E anziché aprire una pratica contro i colleghi negligenti e falsi avvia una procedura disciplinare contro Forleo con richiesta addirittura di trasferimento per avere screditato integerrimi colleghi e ufficiali «con accuse infondate» e per aver assunto – pensate un po’! – atteggiamenti vittimistici!

Ma cribbio!

Ma se le hanno incendiato la fattoria!

Ma se le hanno ammazzato i genitori!

Il problema è che invece quelle accuse sono fondatissime e la verità è che nemmeno il CSM di questa storia vuol sentir parlare. Per la nota assonanza del suo capo di allora (Nicola Mancino) alle gesta dei Servizi paralleli.

Ora sulla strana triangolazione Ferrari-Negro-Santacatterina stava però facendo luce – come detto - il pm di Potenza Ferdinando Esposito. Ma qui avviene un altro fatto molto strano.

E molto inquietante.

Si verifica ancora una volta un grave incidente stradale che questa volta coinvolge proprio lui, il pm potentino. Fedinando Esposito. Tornando a casa dal lavoro, in Procura, a Potenza, il valente magistrato subisce anche lui un sabotaggio. Improvvisamente la vettura non frena più. Esce improvvisamente fuori strada, precipita in una scarpata e riporta ferite gravissime. Se un automobilista non si fosse accorto dell'incidente sarebbe certamente morto.

Le gravi ferite lo tengono a riposo per molti mesi. Le sue inchieste si fermano e tra queste quella particolarmente importante e delicata che riguarda il rapporto fra il giudice di Francavilla Fontana Clementina Forleo, ex g.i.p. di Milano e i due pm della Procura di Brindisi, Sattacatterina e Negro.

Gli subentra in queste indagini la dott.sa Cristina Correale di M.D., la quale – però - non è la stessa cosa di Esposito. Perché Sattacaterina, Negro e Ferrari vengono prosciolti già in istruttoria da tutti i reati loro contestati tranne Alberto Santacatterina, il quale viene rinviato a giudizio, ma solo per i reati di falso e di abuso innominato in atti di ufficio, dei quali, da allora, nessuno sa più nulla.

Nonostante questo e nonostante sia chiaro a tutti che con la Forleo sono in tanti – evidentemente - a voler chiudere i conti, il 25 aprile 2009 arriva alla dott.sa Forleo una telefonata da un maresciallo dei Carabinieri, il quale la informa che il prefetto di Milano Gianvalerio Lombardi, le ha revocato la scorta su Milano e che il prefetto di Cremona, Bruno di Clarafond, le ha revocato la scorta su Cremona.

Tutto questo cosa significa?

Significa che Clementina Forleo viene lasciata sola, secondo un’espressione cara a Giovanni Falcone.

Si muori quando si è soli, si muore quando non si hanno sufficienti appoggi, si muore quando ci si è imbarcati in cose più grandi di sé – diceva Falcone.

Venerdì 4 dicembre 2009 il quarto attentato, il penultimo episodio altamente inquietante di questa tragica vicenda: l’atto di pirateria stradale all’altezza del casello di Lodi, che a momenti la stava mandando a miglior vita.

Clementina Forleo viene buttata fuori strada da uno sconosciuto che dopo l’incidente si dilegua. Alberto Santacatterina invece, scongiurato il mandato di cattura, da allora ha fatto carriera: da semplice P.M. del Tribunale di Brinsdisi è diventato sostituto procuratore antimafia del Tribunale di Lecce. Vedi: [www.youtube.com]

Ma c’è il quinto attentato! A gennaio di qesut’anno viene incendiato di nuovo il raccolto della Masseria. Il Procuratore Aggiunto di Brinsi Nicolangelo Ghizzardi (abbiamo già parlato di lui) altro affiliato di M.D., già il giorno dopo il vile gesto, si dice sicuro che l’attentato questa volta riguarda l’inquilino della Forleo e non la Forleo. Ma di questi nuovi attentatori ancora oggi non si sa nulla.

Ma che cosa passa nell’animo di un giudice onesto che deve svolgere il suo lavoro in questa Seconda repubblica del riscatto morale e in queste condizioni assurde, fra mille provocazioni, mille aggressioni, mille intimidazioni, attentati, umiliazioni, trasferimenti e chi più ne ha più ne mette?

Ce lo dice la stessa Forleo:

Caro Luigi,(De Magistris n.d.r.)

non scendo nel merito della vicenda processuale che ti riguarda. Mi auguro che tu possa uscirne indenne e sono d’accordo con te – a prescindere da tale accadimento – nel concludere che quando si pestano, per amore del proprio dovere, troppi calli ci si espone a ritorsioni di ogni tipo.

Ti chiedo: 1) quanto vale per te, non credi debba valere per tutti? O la tesi, giusta o errata che sia, del complotto o della mera individuale ritorsione di qualche magistrato “poco serio” vale solo per alcuni? 2) sono solo i Magistrati massoni o ufficialmente (ossia per la cronaca) “incriccati”ad essere i nemici delle persone perbene?

Come ben sai, dopo averti disinteressatamente difeso ad Annozero – ma in realtà dopo aver pestato i calli di signorotti che ben conosci – non solo sono stata esiliata in quel di Cremona (bella cittadina, per carità;) e privata di ogni forma di protezione personale, nonostante numerosissime minacce seguite puntualmente da episodi inquietanti, ma sono anch’io stata oggetto di procedimenti disciplinari e penali (che mai mi avevano sfiorato nella mia vita e nella mia carriera, sempre definita da “ottimo magistrato”), nei quali mi sono difesa e mi sto difendendo con non pochi disagi anche economici per me e per la mia famiglia.

Nel mio caso la massoneria purtroppo, se c’entra, c’entra poco o quantomeno c’entra in parte (diciamo anche a metà;) (ai tempi delle stragi 92-93 nella Procura di Milano c'erano sei magistrati massoni n.d.r.r).

A volere la mia morte civile (forse non solo quella civile n.d.r.) e il mio isolamento non sono state o non sono solo state le cricche e cricchette cui ti riferisci (le logge massoniche deviate n.d.r.).

Sai bene chi mi ha voluto infliggere il colpo mortale: squallidi personaggi politici che si oppongono al Caimano solo per brama di potere, ma che per la loro ipocrisia mi fanno ancora più paura; insigni magistrati di correnti di “sinistra” (M.D. n.d..)che non sono diversi – lo sai bene – di quelli di “destra” (M.I. n.d.r.), con la differenza che non si vergognano a sventolare la Costituzione che calpestano ogni giorno quando tocca inaugurare l’anno giudiziario, con farse che dovrebbero riguardare altre categorie.

Basti pensare al dottor Edmondo Bruti Liberati, ad esempio, leader della corrente Magistratura Democratica (si chiama ancora così?). Quello stesso Edmondo Bruti Liberati nominato Procuratore di Milano con voti bipartisan, come “profetizzato” dalla signora Tinelli (Pd) in una nota telefonata, che è sempre lo stesso Edmondo Bruti Liberati, che dovrà prima o poi anche spiegare ufficialmente, qualunque sia la mia sorte:

a) da chi ricevette nel marzo 2008 le carte che arrivarono dal Parlamento relative al senatore Latorre;

b) perchè non me le si trasmise nell’immediatezza;

c) perchè le rispolverò, unitamente agli altri membri del pool proprio il 29.7.2008, trasmettendole al mio ufficio per decidere “con urgenza” quando casualmente ero assente per pochi giorni e – guarda caso – il giorno prima che venisse depositato il parere sulla mia professionalità, in cui un altro magistrato della stessa corrente (M.D. n.d.r.), (dopo essere stato peraltro pescato con le mani nella marmellata nell’interferire con le mie funzioni) dava atto del mio “deficit di equilibrio”, venendo subito promosso a Presidente di Sezione.

Seguivano, inutile dirlo, promozioni di tutti i protagonisti della rocambolesca vicenda, con la quale, effettivamente, ero e sono – per la mia serietà e il mio rigore – “incompatibile”.

Clementina

Michele Imperio 6. continua

 
AmministratoreDate: Domenica, 15/05/2011, 01:08 | Message # 8
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Magistrati milanesi e magistrati di Puglia, nuovi demoni della storia d'italia (7)

In Puglia è in corso in questo momento un conflitto molto aspro fra partito trasversale degli onesti e sistema dalemiano di potere, cioè quel sistema che si è fatto conoscere attraverso le vicende dell’ex vicepresidente della regione Puglia Sandro Frisullo (P.D.), arrestato in carcere, dell'ex assessore alla Sanità ora senatore Alberto Tedesco (P.D.) in attesa di essere messo agli arresti domiciliari e dell’imprenditore faccendiere Giampaolo Tarantini (P.D. e U.D.C.), messo anche lui agli arresti domiciliari, un sistema di intrecci fra affari-sanità-politica, che va dallo spaccio della droga al favoreggiamento della prostituzione, dalla gestione illegale degli appalti pubblici, alla gestione illegale delle nomine dei primari ospedalieri, il tutto con un ritorno economico e elettorale per il P.D. e per alcuni esponenti politici del P.D.

Però non bisogna pensare che tutto il P.D. pugliese sia a favore di questo sistema di potere. Ora che il sistema è emerso, una parte del partito una volta succube è diventata contraria. Si tratta di quella parte del P.D. che guarda alle posizioni del sindaco di Bari Michele Emiliano [www.terranews.it]

Ci si rende conto di questo conflitto leggendo la lettera che il sindaco Emilano ha scritto recentemente al segretario regionale del P.D. Sergio Blasi (Vedi [www.go-bari.it]), a proposito del caso del consigliere regionale dello stesso P.D. Michele Mazzarano (Vedi: [vitaliquida.wordpress.com]), già coinvolto nello scandalo della Sanità pugliese da alcune accuse di Giampaolo Tarantini e tuttavia restio a lasciare le proprie poltrone.

Ma credo che tra i Magistrati il partito di Emiliano registrerà poche adesioni.

La storia che sto per raccontare dimostra come il sistema dalemiano di potere sia invece molto apprezzato e gradito dai Magistrati pugliesi di M.D. perché esso prevede proprio una scientifica tutela della loro eventuale compartecipazione al sistema stesso con l’innesto addirittura di un programma di protezione ogniqualvolta un altro magistrato o un avvocato o chiunque sia, attacchi le posizioni del sistema o comunque si sforzi di dare alla Giustizia un minimo di imparzialità, di serietà e di trasparenza.

Il lettore meno informato deve sapere che in ogni Tribunale ci sono tre posti di comando: il Presidente del Tribunale, il Procuratore Capo della Repubblica e un po’ meno il presidente della sezione dei giudici delle indagini preliminari. Questo ultimo posto direttivo nell’anno di grazia 2005 nel Tribunale di Taranto era occupato dal Giudice Giuseppe Tommasino, un Magistrato originario della provincia (Manduria), persona molto per bene, discendente a sua volta di persone per bene, il padre uno stimato funzionario del ministero della P.I., la madre una professoressa, lui stesso un Magistrato ben voluto da tutti, apprezzato, gran lavoratore (sotto la sua guida l’Ufficio G.I.P. aveva azzerato tutto l’arretrato), estensore di sentenze in cui non si rinvengono nè assoluzioni facili nè impeti giustizialisti. Insomma un giudice giusto, che faceva processi giusti, precisazione questa che dovrebbe essere pleonastica, perché un processo non dovrebbe essere che un processo giusto. E che invece pleonastica non è tant'è che lo stesso legislatore di Sinistra (proprio D’Alema! [hurricane_53.ilcannocchiale.it]) si è dovuto affannare in passato per raffreddare i bollenti spiriti di alcuni Magistrati di M.D. e quindi garantire che il processo, pur se gestito da magistrati di M.D., fosse comunque un processo giusto.

Ora però il giudice Giusepe Tommasino aveva un difetto: non aveva caratterizzazioni politiche. O meglio non le aveva sul posto di lavoro dove per due volte aveva rinviato a giudizio il sindaco di Forza Italia del posto Rosanna Di Bello e anche esponenti politici di centro e di sinistra. Ma al di là e al di fuori del posto lavoro, Tommasino poteva considerarsi un moderato, era stato tanti anni prima candidato al Parlamento per il Patto Segni, una formazione moderata, suo fratello Paolo [www.lavocedimanduria.it] è attualmente sindaco per il PDL a Manduria, insomma si capisce che è un moderato.

Il Tribunale di Taranto, come tanti uffici giudiziari, era, e forse è tuttora, avvilito dai problemi della fuga di notizie sui processi e, in particolare, delle fughe di notizie sulle ordinanze di custodia cautelare.

Dal 1992 in poi, cioè dall’inizio dell’era giustizialista (prima se lo veniva a sapere il CSM erano dolori amari) più di qualche indagato, nell’intermezzo fra la richiesta del P.M. e la decisione del G.I.P. si vedeva arrivare questa telefonata: “Pronto? Ah! caro dottore! sono il maresciallo Tal dei Tali …………..scusi se la disturbo …sa…. ma volevo dirle che la Procura ha richiesto un mandato di cattura contro di lei ………… sa ……….per quella vicenda…………..se ne occupa il dottor Tizio o Caio …………….……….noi……se vuole….., dottore….., siamo a disposizione…………. ……………………… ………….” E dall’altra parte del filo: “ah, grazie, grazie maresciallo!………………si, si, incontriamoci!………….”

Per tre volte Tommasino era venuto a conoscenza di questi fatti gravissimi, di questa fuga di notizia e per tre volte aveva sporto (ahimè;) regolare denuncia alla Procura della Repubblica, cosa che non aveva fatto di certo piacere a più di qualcuno.

Perché queste denunce su queste fughe di notizie comportano varie conseguenze negative: prima di tutto il tentativo di “aggiustamento” del mandato di cattura fallisce o comunque viene disturbato. In secondo luogo la denuncia attiva un’istruttoria scomoda e imbarazzante. Perché il P.M. incaricato è costretto, per forza di cose, a sospettare di addetti ai lavori, di funzionari di polizia, di carabinieri, di militari della guardia di finanza e soprattutto di colleghi Magistrati. E quindi inevitabilmente l'indagine produce accuse, sospetti, veleni, fango su questi soggetti.

Ora però – tutti pensano - per come funziona la Giustizia in Italia, che cosa può cambiare se qualche mandato di cattura viene "aggiustato"? Alla fin fine anche i Marescialli e i Magistrati devono campare! O no? ........Ma si, ma che si faccia i fatti suoi questo Tommasino! Ma che non rompa i c…………! .........Ma insomma!!!!!! Ma che cosa vuole!!!!!

Tutto comunque fila liscio e senza danni per il giudice Tommasino, fino a quando, un giorno avviene che tra questi destinatari di mandati di cattura, messi preventivamente a conoscenza del provvedimento giudiziario, capita un tal Cosimo Tomaselli, un imprenditore di Fragagnano (quindi non di Manduria, come pure si è detto, che è il comune di residenza di Tommasino).

Tomaselli è imparentato con un ex parlamentare del P.D., tale on.le Ugo Malagnino uno che ha partecipato alla nota cena del ristorante "La Pignata" di Bari (vedi: [www.barisera.net]), una cena fatta di commensali che se un Magistrato li avesse arrestati tutti sicuramente non avrebbe sbagliato. Tomaselli è quindi un “Dalema’s boy”, così li chiamano, ma - per carità! - non per questo (il lettore ci comprenda) aveva importanti commesse da alcuni Ospedali. Li aveva - ovviamente - per la sua professionalità.

Il P.M. di Taranto A.C. ipotizza a carico di Tomaselli il solito reato di sanitopoli (vendeva, secondo l'originaria accusa, attrezzature sanitarie usate spacciandole per nuove, poi in Corte di Appello è stato assolto) e chiede al g.i.p. Michele Ancona (M.D.) l’emissione di un mandato di cattura nella forma più restrittiva, più severa e più invasiva che è il carcere.

Quindi ricapitoliamo: Tommasino e Tomaselli non sono della stessa città, non sono della stessa area politica, non sono amici, nemmeno si conoscono. Eppure ad un certo punto Tommasino diviene, per la accusa rappresentata da magistrati di M.D., autore della soffiata.

Le cose vanno così: Una mattina si presenta nell’ufficio del giudice Tommasino l’avvocato E.A., il difensore di Cosimo Tomaselli e chiede che lui, Magistrato presidente dei G.I.P., fissi una riunione col g.i.p. assegnatario della richiesta del mandato di cattura. Vuole che lo convinca a non emettere la misura detentiva a carico di Tomaselli, il quale è disperato e - naturalmente - innocente. Il giudice rimane basito e chiede: “ma come ha fatto Tomaselli a sapere in anticipo della richiesta di un mandato di cattura?” A questa domanda l’avvocato risponde: "la notizia gli è stata propalata da militari della Guardia di Finanza". Dunque un’altra fuga di notizie! Un altro clamoroso buco nella correttezza dell'azione giudiziaria!

Tommasino vuole vederci chiaro, vuole accertarsi di come stiano realmente le cose. Lui che non è pratico di informatica e che è il Presidente dei G.I.P., quindi titolato per Legge a conoscere di tutte le richieste che pervengono all'Ufficio, chiede alla cancelliera di consultare il computer per accertarsi che ci sia effettivamente un procedimento e una richiesta di custodia cautelare a carico di Tomaselli.

Dopo qualche giorno l’imprenditore Cosimo Tomaselli viene effettivamente arrestato però non più in carcere, bensì con le modalità degli arresti domiciliari. Anche questa volta la fuga di notizie – forse - ha parzialmente smorzato il progetto. Tommasino riferisce al Procuratore l’ennesima fuga di notizie di cui era venuto a conoscenza.

Il Procuratore Capo della Repubblica apre un procedimento penale a carico della cancelliera del dott. Tommasino. E perchè il Procuratore Capo ha assunto questa iniziativa? Perché emerge dalle sue indagini che la cancelliera aveva effettuato gli accessi relativi al procedimento a carico di Tomaselli. Successivamente però la posizione della cancelliera viene archiviata perché Tommasino riferisce al Procuratore Capo di aver dato lui quella disposizione. Ma un altro G.I.P. pensa bene, allora, di rimettere alla valutazione della Procura della Repubblica di Potenza la posizione di Tommasino che, così, da accusatore diventa accusato!

Assurdo!

La vicenda assume col tempo contorni grotteschi: la pratica finisce nelle mani di un P.M. di M.D. di Potenza Cristina Correale (MD) e va soggetta allo stesso fenomeno della palla di neve che diventa valanga.

Cristina Correale (M.D.) non solo continua a indagare il giudice Tommasino per la fuga di notizie, rimanendo insensibile a qualunque richiesta di approfondimento del Magistrato (il quale giunge persino ad indicare il nome e il cognome del maresciallo della G.d.F. che aveva informato Tomaselli), ma poiché alla attenzione di questo Magistrato era stata mandata anche una posizione del Procuratore Capo della Repubblica di Taranto A.P. (quello che aveva archiviato il processo a carico della cancelliera e che giustamente non aveva indagato Tommasino) pensa bene di collegare le due vicende. E qundi ecco il cervellotico teorema: Il Procuratore Capo non aveva indagato Tommasino (e perché lo avrebbe dovuto fare?) e Tommasino, a sua volta, lo avrebbe ricambiato, assolvendo il marito separato (un maresciallo di Marina) di una amica del Procuratore Capo e archiviando anche la posizione del sindaco di Martina, altro amico dello stesso Procuratore. Questo ultimo fatto però era avvenuto tre anni prima, sicchè Tommasino - secondo l'accusa - aveva poteri sovrannaturali che gli consentivano di prevedere, con tre anni di anticipo, che egli avrebbe avuto bisogno un giorno della pietà del Procuratore!

Ma c’è di più! Il P.M. Cristina Correale dava per scontato che tra Tommasino e il Procuratore Capo A.P. c’erano buoni rapporti. Invece anche le pietre del palazzo sapevano che i rapporti fra i due, al di là delle necessarie interlocuzioni istituzionali, erano pessimi. Nessuno sapeva poi di questa relazione segreta del Procuratore Capo con la moglie separata di un maresciallo di Marina, per giunta imputato, perché - per ovvie ragioni che tutti possono immaginare - il Procuratore Capo la teneva gelosamente riservata.

Ma che colpo di genio! Certo che occorre avere una fantasia fuori dal comune per ipotizzare accuse come queste!

E quindi – ecco dove scatta il progetto di protezione - si muove una accusa infondata di corruzione giudiziaria al giudice Giuseppe Tommasino allo scopo di far allontanare per sempre dal Tribunale di Taranto questo Magistrato scomodo, non omologato, rompicoglioni, classificabile nell’area ostile del centro-destra, il quale - pensate un pò - con queste credenziali, si permette pure di fare denunce penali contro gli addetti del Palazzo !!!!!!!!

Ma guarda tu !!!!!!!!!!

Ricevuto l’avviso di garanzia e quindi messo per la prima volta a conoscenza delle accuse, Tommasino ovviamente va a verificare nel proprio computer la sentenza da lui emessa contro questo imputato a lui sconosciuto (il maresciallo di marina) e scopre che le sentenze a suo carico sono due, una effettivamente di proscioglimento, ma l’altra di condanna (!!!!) a distanza di due mesi l’una dall’altra. E quanto alla archiviazione del sindaco di Martina Franca, a parte che era di tre anni prima, si sa benissimo nell’ambiente giudiziario che, se non vi è sollecitazione della parte lesa, le centinaia di richieste di archiviazione dei P.M. che provengono ai G.I.P. si trasformano, nel 99% dei casi, in provvedimenti di archiviazione.

Naturalmente i media tarantini e persino quelli nazionali, ai quali una sapiente regia comunica la notizia, impostano i loro articoli in modo completamente fuorviante e distorto gettando sul giudice Tommasino tonnellate di fango!

Toghe sporche sullo Jonio!!!! titola a caratteri cubitali e a cinque colonne il quotidiano "Repubblica", l'immancabile in certe occasioni (Vedi: [bari.repubblica.it]) .

A questo punto Tommasino pensa bene di trasformarsi da g.i.p. in detective e fa lui le vere indagini che nessuno ha voluto fare e come si sarebbero invece fatte nella Prima Repubblica. Contatta un dipendente dell’imprenditore Tomaselli e registra su un nastro la conversazione. Nel corso della conversazione il dipendente gli dice che sì, che Tomaselli effettivamente aveva saputo da militari della Guardia di Finanza di questo mandato di cattura, fa il nome e cognome del militare in questione, in un primo tempo si era preoccupato, ma poi - dopo - si era rasserenato perchè aveva trovato la strada giusta: la strada del fratello di un Magistrato, ma non un Magistrato asettico e di centro-destra come Tommasino, bensì un Magistrato di M.D. e per giunta protetto dagli alti livelli delle organizzazioni correntizie e associative della Magistratura.

Pensate voi che queste prove offerte al giudice appulo-lucano Cristina Correale (M.D.) erano sufficienti per vedere almeno archiviare il caso del giudice Giuseppe Tommasino?

Ma nemmeno per sogno! Anzi! Quelle ulteriori accuse erano una dimostrazione in più che Tommasino (il rompic.....) voleva infierire sugli addetti del palazzo e quindi una ragione di più per infierire ulteriormente su di lui !!!!!!!!!!!!

Tommasino deve affrontare quindi l’udienza preliminare. Ma qui evidentemente l'influenza sui processi di M.D. cessa e quindi arriva finalmente la piena assoluzione. Assoluzione che vien data - attenzione! - su conforme richiesta del P.M. di udienza, un Magistrato serio, il quale sbianca in volto quando legge quel processo.

Sui giornali e sui blog però non più titoli cubitali a cinque colonne ma solo due fredde righe di rettifica. Vedi: [www.altrainformazione.it] Le accuse a carico del giudice Tommasino si sono dimostrate (sic!) completamente infondate, recita mestamente un blog della Rete.

Ma c'è un Magistrato il quale è il vero responsabile della fuga di notizie. A lui però non è successo nulla perché lui si è dimostrato un soggetto disposto a partecipare a congiure e complotti, è iscritto alle corporazioni della Magistratura e per questo è un intoccabile, insomma è uno che potrebbe far parte, un domani, del “gioco grande”.

Ricordate il "gioco grande" di Giovanni Falcone? Era quel gioco sporco, perverso e criminale che coinvolgeva alcuni uomini politici, alcuni funzionari dello Stato e soprattutto alcuni Magistrati (Francesco Di Maggio di M.D. tanto per fare un esempio, ma non solo lui).

..……..Speriamo che qualcuno non stia pensando di riattivarlo…….…………….il corvo è comparso di nuovo ............a Bari questa volta...............

Alla prossima.

Michele Imperio (7.continua)

 
AmministratoreDate: Domenica, 15/05/2011, 01:10 | Message # 9
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Magistrati milanesi e magistrati di Puglia, nuovi demoni della storia d'italia (8)

Nel 1995 venne eletto presidente della Regione Puglia il prof. Salvatore Di Staso, ,un professore universitario di Statistica, il quale capeggiava una coalizione di centrodestra formata da Forza Italia, AN, CCD e alleati minori.

Di Staso nominò come presidente della Commissione Sanità il prof. William Uzzi, primario ortopedico dell’Ospedale di Taranto, professionista prestato alla politica, quindi non politico.

In questa sua veste il prof. William Uzzi doveva controllare tutte le delibere con la quali la regione Puglia disponeva l’acquisto di apparecchiature sanitarie per le varie ASL. Uzzi ben presto si accorse che circa il 90% di queste delibere erano taroccate nel senso che o l’apparecchiatura veniva pagata dalla Regione Puglia dieci volte di più rispetto al suo valore reale, oppure l’Asl aveva bisogno di una sola apparecchiatura e invece inspiegabilmente ne acquistava dieci. Classica tecnica di una nazione che, non a caso, ha accumulato il terzo debito pubblico del mondo.

Indignato e scandalizzato da questa scoperta, William Uzzi decise di andare a parlarne con il presidente Di Staso.

Senonchè appena avviò il discorso il presidente Di Staso gli impose di tacere facendogli un cenno per fargli capire che l’ambiente era contaminato da cimici lì poste – evidentemente - dalla Magistratura. Gli diede appuntamento l’indomani a casa sua e gli spiegò che quel sistema si doveva per forza accettare. Non c’era modo (dopo le stragi del 1992 n.d.r.) di fare diversamente.

Cito questo episodio prima di tutto per dire che lo scandalo della sanità della Rgione Puglia è cosa di vecchia data, conosciuto e nello stesso tempo ignorato dalla Magistratura da illo tempore. Esso secondo le indagini andava avanti per lo meno dall'anno 2000 (vedi: [www.barisera.net] In realtà andava avanti, da molto tempo prima, per lo meno dal 1995. E sicuramente prima del 1992 la situazione era più regolare. Ma mai prima del 2009, quando Procuratore capo della Repubblica di Bari è stato nominato un grande Magistrato, il dott. Antonio Laudati, la Magistratura barese, benché indagasse attraverso intercettazioni ambientali, intercettazioni telefoniche e altri mezzi istruttori particolarmente penetranti, mai ha fatto emergere questo bubbone, nonostante che a un certo punto le spese per la sanità della Regione Puglia fossero arrivate ad assorbire addirittura l’84% di tutte le risorse regionali, una percentuale di spesa che mai, dico mai, si è registrata in alcuna regione italiana in alcun momento storico, nemmeno in Calabria o in Sicilia e nemmeno in nessuna regione del mondo.

E cito questo episodio anche per pormi alcune domande: C’è stato per caso un accordo politico fra Magistratura e Potere Regionale nella Regione Puglia fino al 2009 quando l’arrivo del dott. Laudati ha incenerito un certo sistema di potere? Oppure addirittura il Potere Politico – per quello che si dicevano Di Staso a Uzzi - fino al 2009 è stato ricattato da una parte della Magistratura?

Ora è bene che preliminarmente ci chiariamo su un punto, su che cosa sia stato per tanti anni questo scandalo sanitario della Regione Puglia. Perché esso non è soltanto una sorta di favoritismo sistematico in direzione di alcune aziende dei sig.ri Tarantini o dei figli del sig. Tedesco, le imprese dei quali monopolizzavano il mercato delle forniture ospedaliere e versavano tangenti a uno o più partiti e a un singoli esponenti politici.

Lo scandalo sanitario della Regione Puglia è stato molto di più. E’ stato un sistema di potere estremamente criminale e perverso che intaccava ogni singolo aspetto del funzionamento della Sanità in Puglia.

La cosa più turpe è che questo sistema condizionava anche la nomina dei primari ospedalieri dei vari ospedali di Puglia.

Attraverso trame, intrighi, complotti, falsificazioni e manipolazioni varie una certa parte della classe politica (un po’ di destra e un po’ di sinistra in verità;) riusciva a nominare primario del reparto non già il medico che si era mostrato professionalmente più meritevole, ma quello che era più vicino a una certa corrente politica, il quale obliterava a volte nei titoli, anche in modo clamoroso, perfino criteri di anzianità nel senso che in qualche caso veniva nominato primario il medico più giovane e meno professionale.

In qualche altro caso ancora la nomina del primario era addirittura concordata con alcuni capi di logge massoniche. In Puglia, se si vanno a vedere le liste degli iscritti, si appurerà che le logge massoniche sono intasate da medici e che c’è una vera e propria corsa dei medici a iscriversi in questa organizzazione.

Ho conosciuto personalmente, quand’erano in vita, persone che poi sono morte perché il primario, nominato dalla loggia massonica, ha scambiato il tumore con la polmonite. Del resto è notorio che c’è una fuga di pazienti dagli ospedali meridionali verso gli ospedali settentrionali quando c’è da curare un male serio.

Ma da chi era composta questa cupola o queste cupole che gestivano in questo modo perverso e odioso, e non da oggi, la sanità pugliese? Noi questo non lo sappiamo. Però nel 2008 alcuni membri di queste cupole decisero di venire allo scoperto e di riunirsi in un noto ristorante di Bari "La Pignata", per offrire una cena al noto esponente del P.D. nazionale Massimo D’Alema.

L'intento era quello di parlare con lui di come poter rafforzare e estendere in altri campi ancora inesplorati il loro sistema di potere.

Ma – deludendoli - D’Alema in quella cena non ne parlò. Perché alla cena si rifiutò di partecipare il capo di un'altra cupola, l’assessore regionale alla sanità Alberto Tedesco, al quale però, tramite il sindaco Emiliano, D’Alema volle mandare un chiaro messaggio politico.

Lea Cosentino (direttore generale dell’Asl di Bari e n.d.r.) chiama Tedesco per raccontare la cena e dice:. “Ieri a questa cena c’erano tutti(…) tutto l’universo Alberto! (…)”. “D’Alema ha detto, - dice ancora la Cosentino - ‘io non parlo della sanità regionale senza gli amministratori regionali, l’assessore regionale che mi sembra una persona intelligente, capace (…). D’Alema “ha fatto il discorso eee…(…) ha detto (D’Alema, ndr) ‘io posso prevedere quello che succede a Lecce, quello che succede a Brindisi, quello che succede a Foggia, ma Bari è il nostro banco di prova, per la Puglia e per l’Italia e guardando dritto Michele Emiliano (…) che stava seduto di fronte”.

Anche il sindaco Michele Emiliano, persona per bene, era alla cena, ma vi partecipò a forza, attraverso un inganno che egli stesso spiegò ai Magistrtati: "Fui convocato per la cena di Gianpi Tarantini alla Pignata, all’ultimo momento proprio perchè D’Alema era in ritardo ed io dovevo attendere i presenti in attesa del suo arrivo”. “Ma quando il soggetto, che non conoscevo fisicamente, mi si presentò come Gianpaolo Tarantini l’unico pensiero che mi rimase in testa è stato quello di aspettare D’Alema, di consentire a D’Alema di salutare gli ospiti e poi di portarlo via alla velocità della luce, perchè la presenza di D’Alema alla tavola di una persona come quella di Gianpaolo Tarantini era del tutto inopportuna. Aspettai quindi D’Alema e lo portai subito via per evitare che potesse rimanere coinvolto da condotte “leggere” di altri dirigenti del Pd”.

Emiliano disse una piccola bugia. In realtà egli aspettò D’Alema cercò effettivamente di dissuaderlo dal partecipare a quella cena ma non ci riuscì e ne rimase imprigionato. Anzi fu destinatario di un messaggio politico per l’assessore Alberto Tedesco, il quale – giustamente – data la presenza di Tarantini, a quella cena non aveva voluto partecipare.

Fu Giampaolo Trantini a riferire che il sindaco di Bari Michele Emiliano non rimase solo “10 minuti” , ma arrivò puntualissimo alla cena ed andò via per ultimo. Questo risulta da uno stralcio dell’interrogatorio di Tarantini del 4 settembre 2009.

Pm Digeronimo: “Come è nata questa cosa del finanziamento della cena?”

Tarantini: “..........eravamo in campagna elettorale, noi volevamo organizzare questa cena con tutti i direttori generali ed i primari, i più grossi primari della Puglia”.

Capitano Cataneo: “Si riferisce, scusi, alla cena organizzata al ristorante La Pignata?”

Tarantini: “Sì, al Ristorante La Pignata, con l’aiuto di Michele Mazzarano, allora coordinatore regionale del PD o dei DS era, ché il Pd non c’era ancora forse, decidemmo di organizzare questa cena elettorale ed io chiesi a Roberto De Santis la presenza di Massimo D’Alema, il quale partecipò a tutta la cena, sia lui che il Dottor Michele Emiliano, a differenza di quanto scritto sui giornali che è stato solo 10 minuti”.

Pm Digeronimo: “Sappiamo tutto di quella cena”.

Tarantini: “No, siccome ha scritto il Dottor Emiliano…”

Pm Digeronimo: “No, non si preoccupi”.

Tarantini: “…gratuitamente che lui, come mi vide, raggelò”.

Pm Digeronimo: “Ma lei l’aveva mai conosciuto il Dottor Emiliano?”

Tarantini: “Mai, purtroppo no”.

Pm Digeronimo: “Ha avuto mai rapporti con lui?”

Tarantini: “No, anzi, vorrei conoscerlo”.

Pm Digeronimo: “Non ha mai avuto rapporti con lui?”

Tarantini: “No.”

Pm Digeronimo: “Quella sera a quella cena possiamo dire che c’era tutto il management della sanità regionale?”

Tarantini.: “Sì”.

Pm Digeronimo: Possiamo dire che D’Alema, Emiliano sono stati tutta la sera là?

Tarantini: “Esattamente tutta la sera, anzi, il Ministro Onorevole D’Alema arrivò, credo, intorno alle undici, invece il Dottor Michele Emiliano arrivò puntualissimo alla cena ed andò via per ultimo, stette tutta la cena, credo che siano testimoni quasi 35 persone”.

“A quella cena – scrive Barisera - c’erano tutte persone vicine al presidente Massimo D’Alema. C’era Roberto De Santis, imprenditore molto vicino a D’Alema, nonché anche amico di Tarantini. Poi c’era Michele Mazzarano, vice segretario regionale del Partito Democratico e Ugo Malagnino, tutti fedelissimi del leader Massimo.

Di seguito, le intercettazioni del primo aprile 2008 che provano, quanto meno, che D’Alema era perfettamente a conoscenza, che la cena era organizzata da Giampaolo Tarantini.

Tedesco: “Sta cosa l’ha organizzata, mi ha richiamato adesso adesso il vice segretario regionale del Pd tale Michele Mazzarano, sta cosa l’ha organizzata Roberto De Santis con Giampaolo Tarantini (…)Allora voi volete avere i rapporti, che cazzo volete avere con i Tarantini, li abbiate, abbiateli pure a me non me ne fotte niente”.

Risponde l’interlocutore: “Ugo Malagnino ha detto a Mimmo Colasanto (direttore genrale dell'ASL di Taranto n.d.r.) di adoperarsi per organizzare questa cosa a cui D’Alema neanche è sicuro che viene (…) e se verrà, verrà a mezzanote”.

Tedesco: “E vedrai che verrà, vedrai che verrà”.

In un’altra telefonata con la figlia Cristina, Tedesco afferma che “ho detto di riferire a D’Alema che io non vado a fare lo sponsor dei Tarantini”.

Della cena, poi ne parla con l’imprenditore di Noci Enrico Intini, che in quell’anno pagava una consulenza a Tarantini per aggiudicarsi appalti (quindi Tarantini era la maschera di qualcuno. Ma di chi? n.d.r.). “Ma tu ti rendi conto – dice Tedesco a Intini – I Tarantini organizzano una cena con D’Alema alla presenza di manager, primari e compagnia bella (…) mille telefonate che ho avuto dai vari Mazzarano (…) e compagnia cantando (…) A me Michele Mazzarano mi ha detto (…) ‘tu non puoi non venire perché la cosa la organizza Roberto’. Ho detto, senti, Roberto De Santis sa perfettamente come la penso io su questa vicenda e su queste persone (…) Ho detto, voi siete pazzi (…) andranno a finire sui giornali”!

Il 2 aprile 2008 si svolge la cena. La cena, per gli imprenditori, è chiaramente finalizzata a discutere del potenziamento della “rete” politica interna al centrosinistra che fa capo a D’Alema, perche poi i commensali possano accaparrarsi nuove fette di mercato o mantenere quelle già esistenti.

Vediamo dunque chi sono questi illustri commensali.

Giampaolo Tarantini, arrestato per corruzione , favoreggiamento della prostituzione, spaccio di sostanze stupefacenti,tuttora agli arresti domiciliari in attesa di processo [www.blitzquotidiano.it]

Roberto De Santis, indagato [www.iltaccoditalia.info]

Michele Mazzarano indagato [bari.repubblica.it]

Mimmo Colasanto indagato [bari.repubblica.it]

Lea Cosentino arrestata con le modalità degli arresti domiciliari, in attesa di processo [tg24.sky.it]

Ora il problema che si pone per l’argomento che stiamo trattando è che a quella cena, insieme a tutta questa bella gente, c’erano ben tre Magistrati, tutti - guarda caso - del settore penale: due g.i.p., Linda Carrieri e Giulia Romanazzi [www.google.it] e una P.M., di cui non si conosce il nome.

Ma come è possibile che tre magistrati partecipassero a una cena in cui erano presenti personaggi così equivoci e discreditati come Gianpaolo Tarantini (corruzione, favoreggiamento della prostituzione, spaccio di sostanze stupefacenti per conto del clan Spilotors)? Come è possibile, se perfino Alberto Tedesco (il quale non era un santo) si rifiutava di partecipare a cene con individui del genere?

I g.i.p. Linda Carrieri e Giulia Romanazzi, hanno poi ammesso questa loro imbarazzante presenza e anzi hanno chiesto al Presidente del Tribunale di Bari di potersi astenere da qualsiasi atto che coinvolgesse Gianpi Tarantini, perché lo avevano frequentato.

Anche prima e dopo la cena !!!!!!!!!!

...........???????............

Ma che, per caso, sniffavano? O devo pensare che di nascosto dai loro mariti e a tempo perso, facevano anche loro le escort? ........Ma - dico io - come possono rimanere in un ufficio g.i.p. Magistrati così compromessi sotto il profilo morale?

Ma c’è un’altra figura di Magistrato che desta sconcerto e imbarazzo in questa vicenda ed è quella del’ex Procuratore capo dela Repubblica di Bari Emilio Marzano [www.google.it]

I P.M. Roberto Rossi, Giuseppe Scelsi [www.google.it] e Desiré Digeronimo, quando furono ascoltati dalla Commissione d'indagine del Senato sulla sanità, non hanno ben chiarito quante erano le inchieste sulla malasanità pugliese che erano in piedi fino al 2009. Si fa fatica a capire questo dato perché, per esempio, quella avviata da Roberto Rossi nel 2002 è stata «in sonno» fino al giugno 2009, quando il pm ha notificato la chiusura delle indagini contro i fratelli Gianpaolo e Claudio Tarantini, Tato Greco, una sfilza di primari e direttori generali, manager di Asl pugliesi. E dunque si sapeva nell‘ambiente giudiziario che tipi fossero i commensali della cena.

Ma il problema è: E’ mai possibile che per fare un’indagine su una ASL ci siano voluti sette anni? Chi infrenava il dott. Roberto Rossi? O il dott.Roberto Rossi si infrenva da solo? E perchè Laudati ci ha messo tanto tempo di meno?

Secondo indiscrezioni, il pm titolare dell'inchiesta (Roberto Rossi) avrebbe chiesto ripetutamente alla polizia giudiziaria l'informativa finale, che è arrivata soltanto alla fine del giugno 2009. Quindi questa inchiesta si è mossa come una lumaca dal 2002 al 2009. Ma perché?

Peraltro alcuni strani connubi erano stati denunciati da un'emittente locale Radio Regio Stereo, del giornalista Alessio Dipalo, autore anche di alcun denunce, piu' volte minacciato, lui stesso querelato da imprenditori e politici. «La sua Senza e' stata chiusa per mesi lui fu sonoramente mazziato e le sue udienze nei processi per diffamazione a suo carico furono seguite regolarmente dal procuratore aggiunto, Marco Dinapoli (oggi Procuratore Capo preso il Tribunale di Brindisi grazie ai meriti acquisiti nelle inchieste contro l'on.le Fitto vedi: [ricerca.repubblica.it] e addirittura dal procuratore capo di Bari, Emilio Marzano.

Ma questo andazzo è durato fino al 2009 quando il Procuratore Capo della repubblica di Bari il dott. Emilio Marzano, ancora una volta un Magistrato affiliato a Magistratura democratica andò in congedo e lasciò il suo posto al nuovo Procuratore il dott. Antonio Laudati. Immediatamente tutto è cambiato e le inchieste sulla sanità hanno subito un’evidente accelerazione con una sfilza di guai per molti fedelissimi dell’on.le D’Alema.

L'azione del nuovo procuratore entusiasma tutti ed è apprezzata da tutti tranne che - ovviamente dai dalemiani e - sorpresa! - dall'on.le Raffaele Fitto. Vedi: [www.barisera.net] E dalle solite istituzioni romane (leggi CSM)

Ora però il problema vero è che – come al solito – il Magistrato che ha impastato, ha insabbiato, ha deviato rimane dov’è o fa maggiore carriera. Invece il magistrato meritevole di aver disseppellito il bubbone viene additato al pubblico ludibrio, perseguitato, sanzionato, ammazzato, denunciato al CSM [oknotizie.virgilio.it] secondo uno schema che abbiamo già conosciuto. E' lo stesso schema di De Magistris, di Forleo, dei Magistrati di Salerno, di Borsellino, di Giovanni Falcone.

Anzi il caso di Laudati è straordinariamente simile a quella di Falcone. Anche Laudati infatti è stato attinto da lettere di un corvo. Anche Laudati - come Falcone - è inviso ad altri colleghi in particolare al Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Bari Antonio Pizzi [www3.varesenews.it] e al neo-Sostituto Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Bari Giusepe Scelsi entrambi di M.D., anche Laudati dovrà difendersi dinanzi il CSM. Tutto straordinariamente uguale. Vedi: [www.iltempo.it]

Se tre più tre fa sei (corvo, procedimento disciplinare, avversione dei colleghi), c'è di che tremar le vene ai polsi perchè stiamo per assistere a un secondo caso Falcone, anche lui - come si ricorderà - delegittimato prima di essere eliminato. Vedi: Vedi: [www.youtube.com] Oppure al meglio stiamo per assistere a un secondo caso Salerno. Vedi: [www.youtube.com]

Perché si da il caso che il Magistrato (Roberto Rossi) il quale, volontariamente o per pressione dell’ex Procuratore Capo Emilio Marzano, ha ritardato le inchieste sulla malasanità pugliese fa parte ora del Consiglio Superiore della Magistratura. Peraltro nell'attuale CSM c’è anche l’avvocato di D’Alema l’avvocato Guido Calvi il quale, molto inopportunamente, è stato investito dell'istruttoria della pratica. Insomma Laudati è andato a finire nella tana del lupo. Senza che nessuno dall'altra parte lo protegga. Il ministro Alfano infatti dorme. Quello che dice che tutta la magistratura italiana deve passare dalla lavatrice abbaia ma non morde. Il quotidiano "Il Giornale" si adagia su sciocche dietrologie sul conto del governatore Nichy Vendola.

Ora io vorrei dire ai miei lettori: non sarebbe il caso di eliminarlo una buona volta, questo lupo che gestisce la tana? Il lupo - cari lettori - se ancora non lo avete capito, è questo signore qui: [1.bp.blogspot.com]

Michele Imperio 8. continua

 
AmministratoreDate: Domenica, 15/05/2011, 01:11 | Message # 10
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Magistrati milanesi e magistrati di Puglia, nuovi demoni della storia d'italia (9)

Secondo i giudici del Tribunale della Libertà di Bari il senatore barese Alberto Tedesco non ha “curato i suoi affari”, da quando nel 2005 è diventato assessore regionale alla Sanità nella giunta di Nichi Vendola, ma da molto tempo prima ovvero già dal 2001, quando era semplice consigliere regionale di opposizione e a guidare la giunta Regionale vi era una coalizione di centro destra presieduta dall’on.le Raffaele Fitto (PDL).

Come dire che o con Fitto o con Vendola, Tedesco è sempre riuscito – secondo, il Gip del Tribunale di Bari Giuseppe De Bendictis – in ogni contesto politico a curare i propri interessi grazie a “rapporti di compiacenza e/o cointeressenza intessuti oltre che con la classe politica anche con il personale medico-amministrativo operante in tale strutture pubbliche”.

Anzi negli ambienti politico-sanitari, non da oggi, si sostiene che la crescita delle aziende di Tedesco sia avvenuta più nella legislatura regionale 2000-2005 condotta dalla Giunta Fitto, che non in quella (2005-2009) condotta dalla Giunta Vendola, dove lui è stato direttamente responsabile dell’assessorato alla Sanità.

Le motivazioni della convalida dell’arresto per Tedesco, con l’attenuazione dei domiciliari da parte del Tribunale della libertà di Bari, raccontano poi uno spaccato politico degli ultimi dieci anni di “affari sanitari” in Puglia in cui c’è – scrivono i giudici – un nodo irrisolto.

Perché gli assessori della giunta Fitto e i consiglieri di maggioranza di centrodestra favorivano la crescita delle imprese di Tedesco, il quale era un consigliere regionale di centrosinistra? E perché pur potendo tranquillamente gestire i suoi interessi da semplice consigliere regionale, Tedesco ha accettato la nomina a assessore regionale che lo poneva in così stridente conflitto di interessi con se stesso?

Noi non abbiamo elementi per rispondere direttamente a queste due domande però ci possiamo arrivare.

Quanto alla prima domanda osserviamo che il sen. Alberto Tedesco non è stato l’unico esponente del Centro-Sinistra pugliese a essere stato vistosamente gratificato dal Presidente della giunta di centro-destra (2000-2005) Raffaele Fitto.

Anche il già consigliere della Margherita Michele Pelillo oggi assessore al bilancio del P.D. nella giunta Vendola nella passata legislazione 2000-2005 (giunta Fitto), pur essendo anche lui consigliere regionale di Centro-Sinistra, fu graziosamente beneficiato dal Presidente Raffaele Fitto di un importante incarico e fu nominato commissario liquidatore di un Consorzio agrario, il Consorzio Lucano, per la quale attività fu anche incriminato per abuso di ufficio da un P.M. di Taranto Matteo di Giorgio (e vedremo in seguito quale vendetta si è abbattuta su questo Magistrato),ma fu assolto. Vedi: [www.discutendo.altervista.org]

Michele Pelillo poi è diventato assessore al bilancio nella Prima Giunta Vendola dopo mille insistenze esterne e dopo vere e proprie minacce rivolte al Presidente Vendola per cui, se Pelillo non fosse stato nominato assessore, la sua giunta sarebbe caduta.

Michele Pelillo è cognato di un Magistrato il dott. Eugenio Viesti, attualmente sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale dei Minori di Taranto, ma all'epoca Sostituto procuratore della Repubblica del Tribunale. Un cugino di questo Magistrato, tal avvocato Luigi Nilo, anche lui dell’area del centrosinistra, nel 2000 fu nominato sempre dalla giunta Fitto (centro-destra) direttore Generale presso la Asl di Foggia, dove poi fu arrestato e coinvolto in un processo in cui fu imputato anche un altro Magistarto, il capo dei g.i.p. di Bari Pietro Sabatelli. Vedi: [ricerca.repubblica.it]

Non abbiamo nulla da eccepire contro il dott. Eugenio Viesti il quale è sicuramente un validissimo Magistrato, ma da queste vicende emerge chiaramente che egli dispone di poteri divinatori, con i quali riesce a condizionare, in favore di suoi parenti, scelte politiche della Amministrazione Regionale di Puglia, sia essa di Destra, sia essa di Sinistra.

Mi si potrebbe obiettare che queste persone (Pelillo e Nilo) sono diventati rispettivamente consigliere regionale, presidente di consorzio, assessore regionale e direttore generale di una ASL con giunte di destra o di sinistra per propri meriti personali e non per la parentela col Magistrato Eugenio Viesti, che quindi sarebbe una pura casualità.

Ma osservo a mia volta che l'avv. Nilo era un avvocato come tutti gli altri e non aveva alcun titolo preferenziale per diventare addirittura direttore generale di una ASL e l’assessore regionale al Bilancio Michele Pelillo è persona di spessore culturale e intellettuale molto modesto, come si evince da questo filmato di You Tube: [www.youtube.com] Tutti possono rendersi conto che egli non ha alcuna qualità in tema di comunicazione e di mediazione politica. Ma d'altra parte, dacchè il massimo leader su Taranto è lui, il P.D. a Taranto è sceso ai minimi storici in fatto di consensi.

Nel commento al video l'inserzionista giustamente scrive: Lite furibonda su Blustar, emittente di Taranto, tra Voccoli, facente parte della giunta del Sindaco Ippazio Stèfano, di Rifondazione Comunista, e Pelillo, facente parte dell'odierno Partito Democratico con pesanti offese in dialetto tarantino. Questa situazione fa capire in che mani disastrose è Taranto come Comune, come Provincia e come Regione.

La radiosa carriera politica dell'assessore Pelillo ha quindi altre motivazioni.

Se due più due fa quattro, anche tra i parenti del senatore Alberto Tedesco, se andiamo a spulciare, troveremo sicuramente qualche Magistrato o comunque qualche elemento forte del "Sistema Legale" che lo sostiene. Questo non lo dico io ma lo dice più autorevolmente di me il sindaco di Bari Michele Emiliano. Vedremo in seguito come e perchè.

Nel caso di Alberto Tedesco ci sono anzi sostegni di doppia natura, cioè di un Sistema legale e di un Sistema illegale.

Il giudice delle indagini preliminari presso il Tribunale di Bari Giuseppe De Benedictis nella sua ordinanza con la quale chiede l' arresto di Alberto Tedesco, ricostruisce una parte di quello che egli chiama «il sistema criminale della sanità pugliese». E torna indietro di una decina di anni per dire che già allora «cominciava a delinearsi» una sanità regionale «inquinata da interessi imprenditoriali» Egli poi sostiene – senza mezzi termini - che alcune protezioni e alcuni appoggi di cui disponeva il sen. Alberto Tedesco affondavano anche nella malavita.

La classe politica pugliese – scrive De Benedictis - avrebbe favorito la nomina di «primariucci nella Sanità Pugliese (alcuni dei quali parteciparono alla nota cena de "La Pignata" n.d.r.) tanto compiacenti da poter essere comandati a bacchetta». De Benedictis cita i vecchi e «stretti rapporti d' affari» (poi chiusi) fra Giuseppe Tedesco, uno dei figli del senatore, e Gianpaolo Tarantini, l' imprenditore che finché non è scoppiato lo scandalo D' Addario era conosciuto come il re delle attrezzature ortopediche.

In una intercettazione disposta nel corso delle indagini, Giuseppe Tedesco parla con Giampaolo Tarantini dei medici che acquistano prodotti sanitari e li chiama «primariucci con cui abbiamo a che fare noi, che li comandiamo a bacchetta!». Scrive il gip: «Per quanto riguarda il ruolo di Alberto Tedesco per influire sulle scelte dei dirigenti medici del settore, appunto i "primariucci", la sua attività in questo senso risulta documentata fin dal 2002». In sostanza, Tedesco-padre (Sinistra) avrebbe «imposto fin dal 2002 (quindi anche con la Giunta Fitto di centro-destra) le scelte dei primari e dei direttori generali per garantirsi una costante schiera di "primariucci" pronti a soddisfare gli interessi economici della sua famiglia».

Ci sono intercettazioni, nelle inchieste sulla sanità pugliese – scrive De Benedictis - , che «testimoniano come le scelte dei manager e dei primari non fossero mai state orientate sulle regole del buon andamento della sanità ma esclusivamente in una prospettiva clientelare di ritorno del consenso elettorale». E «tale sistema clientelare era perfettamente noto, e pienamente accettato, dagli addetti ai lavori e dagli stessi vertici amministrativi e politici della Regione Puglia (Fitto e Vendola n.d.r.)». Gli accordi e gli schieramenti politici hanno sempre prevalso.

Ma come può un consigliere regionale di centro-sinistra dettare legge in questa maniera a un governatore di centro-destra? Chi è realmente Alberto Tedesco?

Di più: «Appare irrecusabile - dice l' ordinanza - il dato che già dieci anni or sono gli imprenditori Giuseppe Tedesco e Gianpaolo Tarantini facessero ricorso all' aiuto di Alberto Tedesco per imporre, a mezzo di condotte collusive con alcuni operatori sanitari, i loro prodotti sanitari sul mercato». Finché gli accordi Tarantini-Tedesco hanno funzionato, i leader del mercato delle attrezzature mediche sono stati loro, di comune accordo. Poi la rottura, nel 2004. E la guerra per accaparrarsi le forniture.

Tarantini, a questo punto diventa «acerrimo nemico della famiglia Tedesco» e decide di farsi strada usando altri sistemi: regali e sesso in cambio di appalti. E qui si può ipotizzare che da parte sua Alberto Tedesco nel 2005, per rintuzzare l’attacco di Tarantini, decide di diventare Assessore alla sanità, sfidando il conflitto di interessi.

la nomina di Alberto Tedesco all'Assessorato alla Sanità servì per arginare l'invadenza e la spregiudicatezza di Gianpaolo Tarantini?

A questa conclusione arriva anche l' inchiesta per la quale fu arrestato, all' inizio del 2010, l' ex vicepresidente della giunta regionale pugliese Sandro Frisullo (sempre del P.D. vicinissimo a D'Alema). I magistrati sottolineano gli eccessi di Taranti e accusano Frisullo "di aver ricevuto da Tarantini uno stipendio mensile, capi firmati e contatti con escort (stessa tecnica che Tarantini usava con il direttore generale dell’ASL di Bari Lea Cosentino fatta eccezione epr le escort n.d.r.) in cambio di un suo impegno per sbloccare i pagamenti di forniture che le società della sua famiglia avevano fatto alle Asl".

A illuminare questi rapporti ci sono anche le dichiarazioni di un pentito Vincenzo Laterza, un pregiudicato vicino al boss di Altamura (Bari) Bartolomeo Dambrosio. Laterza raccontò di «collegamenti fra le attività delittuose del suo boss e quelle, apparentemente del tutto slegate, di alcuni imprenditori» fra i quali Carlo Dante Columella, amico di lungo corso della famiglia Tedesco per il quale la Procura aveva chiesto l' arresto (che il g.i.p. aveva poi rigettato). Columella, sponsorizzato da Tedesco, vanta un lungo elenco di appalti con le Asl e con la Regione Puglia.

A un certo punto del suo mandato il Governatore Nichi Vendola, forse stanco di questa situazione, stava pensando di sostituire l' assessore Alberto Tedesco con la dott.sa Lea Cosentino, direttore generale della Asl di Bari. In quella occasione però intervenne il sindaco di Bari, Michele Emiliano il quale dissuase sia Vendola che la Cosentino dicendo a quest'ultima: «Non ci conviene fare questo passo perché con le revoca dell'assessorato a Tedesco si scatenerebbero i sistemi, quelli leciti e quelli non leciti» Vedi: [pugliamolitalia.blogspot.com]

I sistemi illeciti abbiamo capito quali sono. Ma quelli leciti? Quali sono questi sistemi leciti, sindaco Emiliano? E perchè i sistemi leciti e quelli illeciti sarebbero - secondo lei - in così perfetta sintonia fra di loro? Di chi è la regia?

Michele Imperio 9. continua

 
AmministratoreDate: Domenica, 15/05/2011, 01:13 | Message # 11
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Magistrati milanesi e Magistrati di Puglia, nuovi demoni della storia d'italia (10)

Per comprendere il filo logico dei nostri ragionamenti bisognerà sempre tener presente questa fondamentale prolusione che il sindaco di Bari Michele Emiliano rivolse alla direttrice della ASL di Bari Lea Cosentino: “Se mandiamo via Alberto Tedesco dall’Assessorato alla Sanità il Sistema Legale e il Sistema Illegale ci massacreranno”. E bisogna aver chiaro che il Sistema Legale cui fa riferimento il sindaco Michele Emiliano è costituito anche da misteriosi Magistrati, i quali, da decenni condizionano nell’ombra, la vita politica della Regione Puglia in tema di Sanità e non solo, sia che l’Amministrazione sia di Sinistra sia l’Amministrazione sia di centro-destra.

Per dimostrare quale sia la forza di intimidazione di questo Sistema cito questo episodio.

In occasione delle ultime elezioni regionali pugliesi del 2010 i sondaggi dicevano con molta chiarezza che solo la candidatura a governatore della senatrice Adriana Poli Bortone poteva dare al Centro-destra la speranza di una vittoria. Tutti gli altri candidati infatti rispetto a Vendola, il governatore in carica, erano perdenti. Di converso gli stessi sondaggi dicevano che nel Centro-sinistra solo la ricandidatura di Vendola a governatore poteva consentire di sperare di vincere le elezioni contro la Poli Bortone. Perché anche qui tutti gli altri candidati rispetto ad Adriana Poli Bortone, erano perdenti.

In un paese normale quindi si sarebbero sfidati Vendola da un lato e Adriana Polil Bortone dall’altro.

Ma noi non siamo un paese normale.

Dopo un paziente lavoro di ricucitura (Adriana Poli Bortone non avendo avuto la candidatura, aveva fondato un suo partito “Io Sud” ed era uscita dal Polo) Silvio Berlusconi aveva concluso un accordo con la sen. Poli Bortone perché fosse lei a rappresentare il Polo alle elezioni regionali pugliesi. Ma, subito dopo l’annuncio della sua candidatura, l’on.le Raffaele Fitto aveva posto un vero e proprio veto sulla persona di Adriana Poli Bortone e aveva addirittura minacciato il suo disimpegno dalla campagna elettorale. Nessun elettore pugliese ha mai capito le ragioni di questo veto. Peraltro Berlusconi incredibilmente lo ha subito e si è fatto da parte. Fitto ha poi imposto sei ore dopo l'annuncio che il candidato del centro-sinistra era Vendola la designazione di un anonimo consigliere regionale del Centro-destra tal Rocco Palese. Questi - come da previsioni - ha perso con notevole distacco dal vincitore Vendola. Vedi: [bari.repubblica.it]

Dall’altro lato però per un certo tempo è stata suonata la stessa canzone. Massimo D’Alema voleva a tutti i costi che fosse candidato nel centro-sinistra quel pesce lessato che è l’on.le Francesco Boccia, dato perdente dai sondaggi. Di Vendola non ne voleva più sapere. Vedi: [www.blitzquotidiano.it] La televisione fece vedere una volta una violenta sfuriata di Massimo D’Alema contro l’on.le Franco Giordano, esponente di Sel, il quale sponsorizzava la ricandidatura di Vendola. Insomma per farla breve sia Fitto che D’Alema invece di voler vincere, volevano perdere. Entrami rimasero poi molto freddi a settembre 2009 quando fu nominato nuovo Procuratore della Repubblica di Bari Antonio Laudati. Vedi: [oknotizie.virgilio.it]

All’ultimo momento però D’Alema recedette dai suoi propositi, acconsentì che vi fossero elezioni primarie, Vendola le vinse per 75 a 25 contro Francesco Boccia, si ricandidò e trionfò nelle elezioni regionali confermandosi governatore della Puglia per la seconda volta.

Oggi Alberto Tedesco ci riferisce particolari inediti su questa vicenda.

Tedesco ci dice che, benché fuori dalla giunta, fu proprio lui a convincere l’on.le D’Alema ad accettare la ricandidatura di Vendola , evidentemente avendo avuto rassicurazioni di una continuità di quei rapporti che egli aveva mediato tra Vendola e il “Sistema legale e illegale” che interferiva nelle scelte sulla Sanità. Prego allora i lettori di riconsiderare alla luce di queste rivelazioni questo vecchio video: [www.youtube.com]

Però poi - dice Tedesco - Vendola lo ha tradito. Subito dopo le elezioni, sia lui che il sindaco di Bari Michele Emiliano lo hanno abbandonato, cioè in sostanza non hanno mantenuto i rapporti e non hanno rispettato i patti che avevano assunto al momento della ricandidatura di Vendola. Forse finalmente - evidentemente - hanno trovato il coraggio di mandare affan.........lui, il Sistema Legale e il Sistema Illegale.

Ricordiamoci ancora una volta le parole che disse Michele Emiliano a Lea Casentino: “Se noi mandiamo via Tedesco dall’Assessorato alla Sanità il Sistema Legale e il Sistema Illegale si scateneranno contro di noi”. E in effetti oggi la giunta regionale Vendola appare come una navicella che naviga in un mare in tempesta.

Ma il modo in cui si è giunti a questo punto è veramente sensazionale.

Il 28 ottobre 2010 le cronache regionali della Puglia sono sconquassate da una iniziativa tellurico-giudiziaria.

Il dott. Corrado Lembo, Procuratore capo della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere affiliato a M.D. cattura un Magistrato del Tribunale di Bari, tra i più in vista, il dott. Giuseppe De Benedictis g.i.p. [www.barisera.net] Chi ha letto i nostri post ha già conosciuto il dott. De Bendictis e dai passaggi di alcune ordinanze che abbiamo riportato, si sarà reso conto che il Giudice De Benedictis è un Magistrato integerrimo, ben motivato, estensore di decisioni ineccepibili, motivazioni eccellenti, assuntore di condotte assolutamente e rigorosamente asettiche ed imparziali.

Eppure nei suoi confronti è stato fatto un vero e proprio blitz, simile al bliz compiuto dal presidente degli Stati Uniti Obama contro il capo dei terroristi di Al Quada Osama Bin laden. Il 28 ottobre 2010 il Procuratore Corrado Lembo si è messo alla testa delle sue teste di cuoio, i Carabinieri di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) e approfittando della ricorrenza di un congresso giuridico a Bari il 29 e il 30 ottobre 2010 organizzato dal Procuratore capo della repubblica di Bari Antonio Laudati (vedremo i seguito l'importanza di questa concomitanza) li ha guidati personalmente di notte nella abitazione di Mofetta (Bari) del collega De Bendictis nella quale i Carabinieri hanno trovato e sequestrato una carabina irregolare di una collezione di 1351 carabine, 1350 delle quali erano assolutamente regolari e questa unica carabina risultava un’arma da guerra anziché un’arma comune da sparo e quindi illegittima per essere tenuta in una collezione. Ma questo perchè all’insaputa di De Benedictis (e Corrrado Lembo questo lo sapeva) l’armiere casertano che gliela aveva venduta, l’aveva manipolata.

La presenza in loco del dott. Corrado Lembo (M.D.) in effetti era necessaria perché ha permesso a questo enigmatico Magistrato di difendere dinanzi ai giornalisti questo suo assurdo e insano provvedimento e gli ha consentito di dire alla stampa un sacco di chiacchiere come ad esempio la circostanza che il dott. De Benedictis, chissà per quali insani propositi, aveva alterato non una ma una serie di armi comuni da sparo della collezione, trasformandole in armi da guerra. Tutte chiacchiere rivelatesi poi accuse del tutto infondate.

Intanto però già il giorno dopo l’arresto con insolita celerità il CSM aveva disposto il trasferimento di questo valente magistrato presso il Tribunale di Matera, provvedimento che poi è stato revocato o sospeso perché molto giustamente e opportunamente il dott. De Benedictis continua tuttora a svolgere le sue funzioni nel Tribunale di Bari.

Senonchè quattordici giorni esplode un’altra bomba!

Il Sostituto procuratore della Repubblica di Potenza affiliata a M.D. Laura Triassi dispone la cattura di un altro Magistrato pugliese non omologato dal Centro-Sinsitra, il Sostituto Procuratore della Repubblica di Taranto Matteo Di Giorgio, [bari.repubblica.it] che abbiamo già incontrato nelle nostre narrazioni come colui che si era permesso di incriminare l’unto del Signore, l’assessore regionale al Bilancio del P.D. Michele Pelillo. Anche qui alla base del provvedimento ci sono accuse infondate.

Il blitz contro il dott. Matteo Di Giorgio è stata in realtà la conclusione di un’operazione molto più complessa che sottende certamente una volontà di pulizia etnica di tutti i Magistrati del Tribunale e della Corte di Appello di Taranto, che non sono omologati dal Centro-Sinistra.

Infatti il blitz è stato preceduto da un’intensa attività di intercettazione ambientale iniziata a Potenza due anni prima quando alla guida della Procura della Repubblica di Potenza non c'era ancora il nuovo Procuratore della Repubblica Giovanni Colangelo, allora in forza alla Procura della Repubblica di Bari. Ai vertici della Procura di Potenza c'era ancora il binomio Giuseppe Galante-Felicia Genovesi, che aveva costituito una sorta di blocco in guerra con tutti gli altri sostituti procuratori.

Tutti certamente sanno chi è la dott.sa Felicia Genovesi nota alle cronache per la vicenda del serial killer Donato Restivo, da lei processato per falsa testimonianza per la morte di una ragazza potentina Elisa Claps quando invece Danilo Restivo era l’autore dell’omcidio (responsabilità che si sarebbe potuta facilmente individuare già all’origine, se si fossero fatte correttamente le indagini, che invece furono deviate. Vedi: [www.youtube.com]).

Su queste lacune della indagini su Danilo Restivo grava l’ombra cupa della Masoneria essendo sia il padre di Danilo Restivo, Maurizio Restivo sia il marito della dott. Felicia Genovesi Michele Cannizzaro esponeneti di primo piano della Massoneria - pare - calabrese. Vedi: [www.lavocedellevoci.it]

Maurizio Restivo è il figlio dell'on.le Franco Restivo, il quale fu discusso Ministro degli Interni e della Difesa a cavallo tra gli anni 60 e 70.

Felicia Genovesi è anche nota per le frequentazioni e i legami emersi nella inchiesta di Luigi De Magistris "Toghe Lucane" di suo marito Michele Cannizzaro con esponenti della criminalita' organizzata calabrese, con ambienti criminosi locali, nonché con ambienti massonici, tutti rapporti particolarmente “inquietanti” alla luce della natura dell'attivita' svolta dalla moglie Felicia Genovesi, designata dal Procuratore Capo della repubblica di Potenza Giuseppe Galante alle più delicate indagini antimafia della Procura di Potenza.

Da quelle indagini di De Magistris risultò pure che Michele Cannizzaro era stato designato dalla giunta regionale lucana di centro-sinistra direttore sanitario dell’Ospedale San Carlo di Potenza secondo i maligni in cambio di generose archiviazioni di loro posizioni da parte della moglie Felicia Genovesi.

Emerge quindi ancora una volta questo intreccio Massoneria-Sanità-Politica-Giustizia, sponsorizzato dal Centro-Sinistra.

Già ma da quale Centro sinistra? Chi era il referente politico di Giuseppe Galanti e di Felicia Genovesi? Chi era colui che l'ha tutelata dinanzi il CSM facendole avere solo un trasferimento d'ufficio alla Procura di Roma dove tuttora - incredibilmente - esercita le funzioni di Magistrato, anziché la radiazione?

Il P.M. di M.D. di Potenza Laura Triassi, per perseguire il collega Matteo Di Giorgio ha disseminato per due anni cimici in tutto il Tribunale di Taranto e non solo nell’Ufficio del dott. Matteo Di Giorgio. L'inchiesta su Di Giorgio si è trasformata quindi un'occasione per spiare per due anni tutti i Magistarti del Tribunale di Taranto. Ma chi aveva interesse a questa cosa?

Questa iniziativa ha determinato risultati a un tempo perversi e grotteschi. Quando i magistrati hanno saputo di questo uso smodato delle cimici è capitato che alcuni magistrati chiedessero agli avvocati di essere ricevuti nel bar del Tribunale invece che nei loro uffici, altri magistrati del Tribunale e della Corte di appello di Taranto finiti sotto processo, valenti Magistrati nativi di Taranto, residenti a Taranto per lungo tempo operativi nel Tribunale di Taranto, infastiditi da questa continua violazione della loro privacy, hanno chiesto e ottenuto dal CSM il trasferimento in altri Tribunali della Regione. Insomma sfruttando questa indagine qualcuno, d'intesa o - più probabilmente - a prescindere dalla dott.sa Laura Triassi ha cercato di operare un tentativo di pulizia etnica dei Magistrati del Tribunale di Taranto non omologati dal Centro-Sinistra.

Il risultato è che oggi il Tribunale di Taranto, un tempo struttura gloriosa e estremamente efficiente, è ridotto a essere una nidiata di giudici ragazzini ed è anch’esso avvelenato da roventi polemiche.

Mi chiedo: il rivolgimento del sistema giudiziario con la cattura del giudice Giuseppe De Benedictis, la cattura, quindici giorni dopo del giudice Matteo Di Giorgio, ora la messa in stato di accusa dinanzi il CSM del giudice Antonio Laudati hanno un filo conduttore comune?

Perché questo tentativo di pulizia etnica di Magistrati su Taranto?

Perché un Magistrato di Bari è stato arrestato, senza un’apparente ragione, proprio in occasione del convegno organizzato a Bari dal dott. Antonio Laudati?

Messaggi?

Forse. In realtà col senno di poi le catture di De Benedictis e di De Giorgio sembrerebbero solo avvisaglie di un movimento tellurico-giudiziario ancora maggiore che si sta per abbattere proprio in questi giorni sul vertice della Procura della Repubblica di Bari, quella più esposta, quella che decide su eventuali reati commessi da esponenti della Giunta regionale, gli asettici (a parte Pelillo), nonché dal governatore della Giunta Regionale l’on.le Nichy Vendola e dal sindaco di Bari Michele Emiliano, i ribelli.

Infatti la profezia del sindaco di Bari Michele Emiliano secondo la quale, una volta caduto il senatore Alberto Tedesco, un certo Sistema legale e un certo Sistema Illegale si sarebbe scatenati contro la Giunta regionale, si sta chiaramente avverando e registra l’ultimo attacco ad aprile 2011.

Ma torniamo a ritroso. I fatti: Il governatore della Regione Puglia Nichy Vendola è anche lui indagato nella inchiesta sulla sanità pugliese. L’accusa è concussione.

L'episodio che ha dato origine all’imputazione riguarda la mancata nomina di un luminare di epidemiologia. Questo filone di indagine nasce da una conversazione intercettata nella primavera 2008 tra lo stesso Vendola e l'allora assessore alla Sanità Alberto Tedesco. I due discutono della posizione di Giancarlo Logroscino, un professore universitario barese che però insegna alla Harvard School di Boston in America. Logroscino è un luminare, un accademico, un professore di grandissima fama, che vanta numerosi titoli e pubblicazioni conosciute e apprezzate a livello mondiale. Però è stanco di stare in America e vorrebbe tornare in Italia. Ha quindi chiesto alal Sanità di retrocedere a semplice e umile primario del "Miulli", un Ospedale di Acquaviva delle Fonti, in provincia di Bari, pur di tornare acasa. Dovrebbe essere una cosa che va “de plano” e invece Logroscino viene bocciato. Come mai? Evidentemente il posto era già riservato a qualche cachillo di medico che garantiva - però - gli acquisti di attrezzature sanitarie a Gianpaolo Tarantini o ai figli di Alberto Tedesco o peggio ancora che era appoggiato da persone giuste.

Il governatore Vendola prende cappello e rimprovera l'assessore in quota al P.D. Alberto Tedesco di essere intervenuto per bloccare Logroscino. Tedesco si giustifica dicendo di aver ricevuto numerose pressioni in senso contrario da uomini politici e dall'ambiente sanitario. Alla fine il presidente della Regione sbotta e si dice convinto che invece è stato condizionato dalla Massoneria. Ne parla esplicitamente, senza specificare se si tratta della Massoneria normale o di quella delle logge coperte dove ci sono anche i Magistrati.

Ma come faceva Vendola a sapere certe cose? Chi lo informava?

È stato proprio questo scambio di opinioni a convincere i Pubblici Ministeri che fosse necessario verificare in che modo avvenissero le designazioni a primario, a direttore amministrativo e a direttore sanitario e che ruolo avesse avuto in questa partita lo stesso Vendola. Iscrizione nel registro degli indagati quindi come atto dovuto.

Vendola da parte sua non si è mai preoccupato di questa imputazione e ha sempre ostentato sicurezza: «Sarei indagato? – dichiara - Se parliamo del caso del professor Giancarlo Logroscino non riesco neppure a capire il motivo per cui sarei stato iscritto nel registro degli indagati e per quali reati. Diciamo che dovrei essere premiato per aver cercato di capovolgere l'andazzo italiano: premiare e selezionare i medici e gli amministratori che operano nella sanità in base a criteri di fedeltà politica e non in base a criteri di meritocrazia».

L'episodio del prof. Logroscino va quindi a inserirsi in un'inchiesta più ampia, documentata in una informativa dei Carabinieri di fine novembre 2010 in cui i CC. denunciavano il governatore insieme ad altre dieci persone per aver «imposto nel maggio 2008 ai direttori generali delle Asl e di differenti presidi ospedalieri pugliesi, le nomine dei direttori amministrativi e sanitari, nonché di primari di strutture operative complesse al fine di rafforzare la presenza della propria coalizione politica nelle istituzioni locali». Oltre a Vendola, nell'elenco compaiono il suo capo di gabinetto, Francesco Manna; l'ex assessore alla Sanità Alberto Tedesco (P.D.), già indagato e costretto alle dimissioni; l'assessore ai trasporti Mario Loizzo, anche lui del P. D.; il responsabile dell'Area personale Mario Calcagni; Lea Cosentino (del P.D.); l'ex direttore della Asl di Lecce, Guido Scoditti (Vedi: [www.mesagne.net]); il presidente del Consiglio comunale di Triggiano, Adolfo Schiraldi (Vedi: [www.blitzquotidiano.it]); l'imprenditore di Altamura Francesco Petronella.

Gli investigatori dell'Arma si sono convinti, ascoltando le intercettazioni telefoniche e ambientali e analizzando le delibere, che le scelte avvenissero privilegiando la sponsorizzazione politica piuttosto che i requisiti tecnici dei candidati. Un sistema confermato anche dall'imprenditore Gianpaolo Tarantini, il quale aveva ammesso di essere riuscito a far designare dalla sua amica Lea Cosentino i primari ("i primariucci";) che poi lo avrebbero agevolato nella concessione di appalti per le forniture di materiale sanitario.

A conclusione dell’indagine, il 1° aprile del 2010 i P.M. stralciano la posizione di Vendola e chiedono al G.I.P. l’archiviazione della sua posizione. La richiesta di archiviazione è sottoscritta dai tutti e tre i Pubblici Ministeri titolari del fascicolo Francesco Bretone, Marcello Quercia e Desiré Digeronimo, concordi nel ritenere che nell’indagine nei confronti di Nichi Vendola e di altre persone indagate non erano emersi elementi per sostenere l’accusa in dibattimento. Vedi: [www.unita.it] Senonchè il G.I.P. però tarda a decidere se accogliere o non accogliere questa richiesta di proscioglimento.

Il 29 e 30 ottobre 2010 il G.I.P. ancora non ha deciso. Il Procuratore Capo della Repubblica di Bari Antonio Laudati organizza a Bari un convegno ‘Organizzare la Giustizia’, quello stesso convegno cui partecipò per le ragioni mdettte anche il Procuratore Capo di Santa maria capua vetere Corrado lembo. Laudati chiede e ottiene un finanziamento da Regione, Provincia e Comune di Bari e quindi anche da Vendola (Regione) i quale - a rigore - sarebbe ancora indagato.

Il 28 ottobre 2010 – come ho già detto – viene misteriosamente arrestato il giudice Giuseppe De Benedictis. Un avvertimento a Laudati?

L'11 novembre 2010 viene arrestato il magistrato Matteo Di Giorgio.

A febbraio 2011 i P.M. di Bari, per proseguire l'inchiesta avviata dall'informativa dei Carabinieri chiedono l’arresto del senatore del P.D. Alberto Tedesco. Questi insorge e dice: se viene archiviata la posizione di Vendola deve essere archiviata anche la mia, perché le nomine di direttori amministrativi, direttori sanitari e primari venivano fatte concordemente da me e da Vendola. Vedi: [www.youtube.com] Per la verità dal caso Logroscino risulta invece il contrario e cioè che quelle nomine, per criteri incomprensibili, erano di sua esclusiva competenza.

Ma il problema è che insieme a Tedesco insorgono sorprendentemente pure il Sostituto Procuratore del Tribunale di Bari Giuseppe Scelsi (M.D.) e il Procuratore Generale della Corte d’Appello di Bari, Antonio Pizzi (.M.D.).

Il P.M. Giuseppe Scelsi - secondo indiscrezioni – aggredisce il suo superiore Antonio Laudati con lettere dai toni forti. Vedi: [www.liradeltacco.it]

Il procuratore Capo della Repubblica di Bari Antonio Laudati - lo ricordiamo - è il Magistrato che aveva prestato nuova attenzione al fenomeno fino ad allora sottovalutato della mafia pugliese (vedi: [www.youtube.com]) è il Magistrato che, insieme ai giudici Desirèe De Geronimo, Eugenia Pentassuglia e Ciro Angelillis, aveva meritoriamente fatto emergere il bubbone dello scandalo della sanità pugliese, è il Magistrato che aveva monitorato con ben 11.000 intercettazioni ambientali e telefoniche tutta l’attività criminale di Gianpaolo Tarantini, è il Magistrato che aveva messo le premesse per l’allontanamento di Alberto Tedesco dall’assessorato alla sanità e ovviamente per l’annullamento di tutti i contratti che le imprese di Tedesco e quelle di Tarantini avevano stipulato con la strutture sanitarie pugliesi. Insomma Laudati è il Magistrato che aveva “incenerito” un sistema di potere che aveva dato origine a tutte quelle porcherie. In un paese normale sarebbe stato un Magistarto da ammirare, emulare, encomiare.

Invece il collega Giuseppe Scelsi non lo sopporta. Chiede al C.S.M., che subito lo accontenta, di essere destinato ad altro Ufficio e viene promosso alla Procura Generale presso la Corte di Appello di Bari [lagazzettadelmezzogiorno.it] quindi superiore di Laudati e dei suoi sostituti, dei quali ora può avocare le inchieste. Intanto alcune lettere anonime, scritte chiaramente da addetti ai lavori, cominciano ad accusare Laudati delle cose più ignobili. Un film già visto. [www.youtube.com]

Ma anche Giuseppe Scelsi non se la passa bene. E tanto perchè la Procura di Bari è - come ai tempi di De Magistris la Procura di Salerno - una Procura di sani principi morali, a parte qualche pecora zoppa come Giuseppe Scelsi. Una richiesta di patteggiamento di Giuseppe Scelsi a soli due anni di reclusione per Giampaolo Tarantini per l’imponente spaccio di droga in Puglia e in Sardegna viene offensivamente respinta dal giudice delle indagini preliminari perché troppo blanda. Non solo. Il giudice applica condanne superiori alle richieste di Giuseppe Scelsi (che aveva chiesto tre anni ciascuno) per Alessandro Mannarini e Massimiliano Verdoscia, due dei ‘tre moschettieri’, come la stampa ha ribattezzato il trio di cui faceva parte anche Tarantini. La pena applicata ai due è di quattro anni e quattro mesi di reclusione. Un ceffone vero e proprio. Vedi: [www.blitzquotidiano.it]

Emerge poi l'esistenza di suoi misteriosi fascicoli vecchi di oltre dieci anni praticamente dimenticati con indagini avviate e mai concluse (Vedi: [www.youtube.com]). E la notizia viene data alla stampa. Una perizia e il presidente della camera Penale Egidio Sarno lo accusano di essere il propalatore di alcune intercettazioni che riguardano Silvio Berlusconi e che sono finite illegittimamente sulle pagine del Corriere della Sera. Vedi: [www.youtube.com] Un blog della Rete annuncia prossime incriminazioni da parte della Procura della Repubblica di Lecce nei confornti di Magistrati di Bari e lui è sicuramente il Magistrato più esposto. Vedi: [oknotizie.virgilio.it]

Il motivo principale di lagnanza di Giuseppe Scelsi nei confronti di Antonio Laudati è che – secondo lui - si dovevano accelerare al massimo le indagini e quindi il deposito degli atti dell’inchiesta contro Giampaolo Tarantini per il favoreggiamento o lo sfruttamento della prostituzione relativa alla vicenda delle escort in Sardegna nella villa di Silvio Berlusconi. In questa inchiesta Berlusconi non è imputato perchè è l'utilizzatore finale, peraltro nemmeno sapeva che quelle erano escort, ma ci sono intercettazioni sul suo conto compromettenti sul piano morale che, se fossero depositate agli atti, conclusa l'inchiesta, potrebbero essere trasmesse ai giornali e alle TV e quindi consentire di fare a Bari lo stesso can can che la collega milanese Ilda Boccassini, sta facendo a Milano. Insomma secondo questo magistrato Giuseppe Scelsi il processo penale non serve più ad accertare responsabilità penali, ma serve soltanto per sputtanare avversari politici.

L’altro Magistato di M.D. di Bari di stretta osservanza dalemiana, il Procuratore Genrale della Corte di Appello di Bari Antonio Pizzi prende spunto dalle lettere anonime per denunciare Antonio Laudati al CSM. Il convegno voluto da Laudati il 29-30 ottobre 2010 - dice – è stato finanziato anche dal Presidente della Regione Nichy Vendola il quale, all’epoca del convegno, era ancora formalmente indagato per la questione Logroscino. L’archiviazione era stata si richiesta ma non ancora dispsota. Se non è lana caprina poco ci manca.

Antonio Pizzi ordina ancora ai Carabinieri di sequestrare gli atti amministrativi del convegno. I Carabinieri si recano negli uffici della Giunta Regionale per eseguire il sequestro in attuazione della volontà della Procura Generale di fare chiarezza sulla questione “nella prospettiva di un accertamento predisciplinare”. Un gesto clamoroso e uno schiaffo in piena regola in faccia al povero Laudati.

Fango e veleni a tutta forza insomma. Magistrati (due) contro magistrati (tanti). Dietro un progetto politico che si va sfarinando, il progetto dalemiano che potremo definire Massoneria-Sanità-Magistratura-Politica-Potere. Un progetto che puntava a conservare ad alcuni Magistrati (non tutti! Berlusconi!) quella fetta di potere borbonico e criminale al quale li aveva abituati la vecchia D.C. e, dopo la vecchia D.C., il nuovo P.D. di Massimo D’Alema.

Ma il problema è: il corso della storia ammette ancora il mantenimento di queste forme di potere borbonico e criminale? [:prova&catid=20:altri-documenti&Itemid=43?" title="http://www.19luglio1992.com/index.php?option=com_content&view=article&id=3187:prova&catid=20:altri-documenti&Itemid=43?" rel="nofollow">www.19luglio1992.com]

Michele Imperio 10. fine

 
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