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Forum » MALAGIUSTIZIA IN ITALIA » (MALA)GIUSTIZIA IN ITALIA O GIUSTIZIA NON UGUALE PER TUTTI » MAGISTRATI QUERELATI, INDAGATI E CONDANNATI (Albo dei magistrati querelati e non puniti)
MAGISTRATI QUERELATI, INDAGATI E CONDANNATI
Eugenio_TravaglioDate: Domenica, 22/11/2009, 01:15 | Message # 1
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Giudici querelati dai cittadini sono tanti, di giudici indagati c'è molto di meno, in quanto le querele si "insabbiano" e i giduci querelati non si iscrivono sul registro degli indagati e non si fa alcun tipo di indagini, e i guidici condannati non esistono!

ALBO DEI MAGISTRATI IMPUNITI A CAUSA DI ARCHIVIAZIONI ILLECITE, PRESCRIZIONI DOLOSE O PROCESSI IRREGOLARI: http://dibattitopubbl.ucoz.com/forum/93-353-1 (http://dibattitopubbl.ucoz.com/forum/93-353-1 )

Message edited by Eugenio_Travaglio - Domenica, 22/11/2009, 01:16
 
Eugenio_TravaglioDate: Domenica, 22/11/2009, 01:18 | Message # 2
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Scandalo nei tribunali pugliesi, giudici accusati di corruzione e peculato

di Ettore Mario Peluso

25 Febbraio 2009

http://www.loccidentale.it/articolo/scandalo+nella+giustizia+pugliese,+magistrati+accusati+di+corruzione+e+peculato.0066946

A Taranto la notizia delle indagini si diffonde in pochi minuti: concorso in corruzione e peculato. Tra gli avvocati e i magistrati del Comune ionico c’è curiosità, tanta curiosità: vogliono sapere chi sono i personaggi coinvolti. La Procura della Repubblica di Potenza ha le carte in mano di una delle pochissime indagini in Italia su altri magistrati e, pur ribadendo la presunzione di innocenza, non ci si può esimere dal dare conto di una indagine che sta sconvolgendo i piani alti della magistratura pugliese.

Sono sotto inchiesta l’ex procuratore capo di Taranto, Aldo Petrucci e l’ex coordinatore dell’ufficio del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Taranto, Giuseppe Tommasino. Le ipotesi di reato sono gravissime e coinvolgono anche l’ex Sindaco di Martina Franca, Leonardo Conserva. I due magistrati di Potenza, Cristina Correale e Ferdinando Esposito, competenti territorialmente, indagano sui rapporti tra i due giudici pugliesi e sugli eventuali scambi di favori.

Solo per il giudice Petrucci, attuale procuratore minorile a Lecce, l’accusa è anche di peculato per le tante telefonate private fatte dagli apparecchi di servizio, mentre per il Giudice Tommasimo, l’accusa è anche di rivelazione del segreto di ufficio. L’attività investigativa (delegata ai Carabinieri) ha rivelato una serie di “coincidenze” come, ad esempio, la conduzione eccessivamente generica di alcune indagini che avrebbero portato alla successiva archiviazione dei procedimenti.

Ma non c’è solo questo: tra l’ex Sindaco e il procuratore Petrucci vi sarebbero anche delle consulenze comunali che ammonterebbero a 283.000 euro, affidate allo studio legale in cui lavora la figlia del magistrato. Per questo motivo viene contestato il reato di corruzione.

Anche dal passato spunterebbero inquietanti coincidenze, perché Tommasino sarebbe stato aiutato in un procedimento per fuga di notizie. Durante lo scandalo della sanità, un imprenditore sarebbe venuto a conoscenza, anticipatamente, del suo imminente arresto; il pm titolare dell´inchiesta, effettuando una indagine interna, sarebbe risalito al computer dal quale era stato violato il registro generale. Era la postazione di un cancelliere che fece il nome del giudice Tommasino.

Il procuratore Petrucci, al quale venne affidata l’indagine, iscrisse nel registro degli indagati il solo cancelliere, poi scagionato. Il favore sarebbe poi stato ricambiato due anni più tardi, perché nel giugno del 2006 Tommasino avrebbe estromesso da un procedimento un giovane tarantino, conoscente del procuratore e accusato di rapina.

Intanto Petrucci si difende: “ Non ho mai fatto o chiesto favori, la mia correttezza istituzionale è comprovata dal lavoro svolto a Taranto in otto anni e dallo splendido rapporto con i colleghi. Con Conserva ci sono stati sempre e soltanto contatti istituzionali. Su di lui si sono aperti procedimenti che sono arrivati a giudizio, ma anche archiviati senza alcun occhio di riguardo ”.

Evidentemente non la pensano così i giudici di Potenza. Nella speranza che venga dimostrata l’innocenza di tutti i soggetti coinvolti, continuiamo a credere nella magistratura e nel principio che “La legge è uguale per tutti”.

Message edited by Eugenio_Travaglio - Domenica, 22/11/2009, 01:19
 
Eugenio_TravaglioDate: Domenica, 22/11/2009, 01:22 | Message # 3
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TARANTO: IL FORO DELL’INGIUSTIZIA ANOMALIA SOTTACIUTA DAI MEDIA E LEGITTIMATA DALLE ISTITUZIONI.

Taranto: foro dell'ingiustizia

TARANTO : "Basta errori giudiziari che distruggono la vita dei cittadini. Basta impunità per i responsabili".Questo dice il dr Antonio Giangrande, Presidente della Associazione Contro Tutte le Mafie, che ha svolto una inchiesta sulla Giustizia in Italia, in generale, e a Taranto, in particolare, pubblicata su www.ingiustizia.info .Il presidente continua: “Secondo l’Eurispes sono 4 milioni gli italiani vittime di errori giudiziari negli ultimi 50 anni, ma a noi interessano i casi concreti”.E’ di questi giorni l’ennesima denuncia, riportata da alcuni giornali, contro la violazione della libertà personale presso il Tribunale di Taranto. Sono in carcere dal 21 maggio 1997 per un delitto che non hanno commesso. Francesco Orlandi e Vincenzo Faiuolo scontano una condanna per l’omicidio di Pasqua Rosa Ludovico, accoltellata a morte nella sua casa di Castellaneta (Taranto) il 17 maggio 1997. Ma un’altra persona, un tunisino, si è autoaccusato di quell’orrendo crimine, ha fornito le prove della sua colpevolezza, alla fine di una lunga indagine la Procura di Taranto ha chiesto il suo rinvio a giudizio.La confessione del serial killer delle vecchiette, Ben Mohamed Ezzedine Sebai, tunisino di 44 anni, è “pienamente attendibile”. Questo scrive il gup del tribunale di Lucera (Foggia) Carlo Chiriaco. motivando la sentenza con la quale, il 15 febbraio 2008, ha condannato Sebai a 18 anni di reclusione (con rito abbreviato) per l’omicidio di Celeste Madonna, di 81 anni, uccisa a Lucera il 25 aprile 1996.Faiuolo e Orlandi restano però in cella. L’avvocato Claudio Defilippi insiste: "Sono innocenti, scarcerateli e dateci la revisione". Potenza, competente per il processo di revisione risponde di no. Sebai è credibile, ma questo non basta”.Il presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie ricorda altri casi.Gronda ingiustizia la storia della strage della barberia, così come è stata rivisitata dalla Corte di Appello di Potenza. Quella Corte ha scagionato quattro innocenti, condannati come feroci killer per la mattanza dell’1 ottobre del 1991. Il punto di non ritorno della guerra di mala. Quel maledetto giorno i sicari della mala irruppero nella barberia di Giuseppe Ierone, all’imbocco di via Duomo. Spararono all’impazzata con mitra e pistole. Poi fuggirono lasciandosi alle spalle quattro morti e due feriti. Cercavano i boss rivali, invece, inchiodarono al suolo innocenti che con quella guerra tra bande non avevano nulla a che fare. Il primo di una lunga serie di tragici errori. Nelle ore successive alla mattanza, le indagini imboccarono la strada sbagliata. In carcere finirono cinque persone.A distanza di sedici anni la Corte di Appello di Potenza ha definitivamente scritto che quattro erano innocenti. Giovanni Pedone, Massimo Caforio, condannati a trent’anni come esecutori materiali, e Francesco Aiello e Cosimo Bello, condannati ad undici anni come fiancheggiatori. Con quel tremendo delitto non c’entravano. Ma la Corte di Potenza, nel motivare la revisione va oltre il verdetto, svelando definitivamente particolari che inducono a riflettere. Un aspetto su cui oggi si è soffermato l’avvocato Carlo Petrone che in questa brutta vicenda ha assistito Giovanni Pedone, noto con il soprannome di “fafetta”. Pedone, meccanico di 51 anni, da innocente ha trascorso quasi otto anni in cella prima di intravedere bagliori di giustizia. Ma gli elementi che hanno portato all’affermazione della sua innocenza e di altri tre imputati erano già parzialmente emersi nel corso del processo madre. Collaboratori di giustizia del calibro di Francesco Di Bari avevano parlato, adombrando il sospetto di un depistaggio messo in atto da un boss che a suo dire era vicino ai servizi segreti. Ma quando quelle dichiarazioni furono portate in Appello, la Corte le bollò come un tentativo di inquinamento probatorio. E fa specie leggere che quel secondo grado del procedimento cominciò e si concluse in un giorno a dispetto della complessità del caso. Come dire che se la giustizia è lenta l’ingiustizia in quel caso fu rapidissima. Così come rapidi giunsero gli arresti per il quadruplice omicidio. A spianare la strada sbagliata agli uomini della Squadra Mobile un confidente. “Quel confidente - scrivono i giudici di Potenza - fu messo in camera di sicurezza con Aiello e Bello i quali si decisero poi a parlare”.«E’ certo - ha detto l’avvocato Petrone - che qualcuno sapeva di quanto avvenuto durante le indagini».Continua il dr Antonio Giangrande, parlando del caso Morrone.“Oggi Domenico Morrone ha 44 anni. Un terzo della sua vita l'ha spesa dietro le sbarre. Ingiustamente. Lo avevano arrestato nel 1991 e condannato a 21 anni, perché, secondo l'accusa, aveva ucciso a colpi di pistola due ragazzini davanti a una scuola media di Taranto. Non era vero. E la verità è saltata fuori. Grazie alle confessioni di due pentiti e ad una revisione del processo, la corte d'appello di Lecce l'ha assolto. In base agli indizi raccolti da polizia e carabinieri, coordinati dal pm del tribunale di Taranto Vincenzo Petrocelli, Morrone, poche ore dopo i fatti, fu sottoposto a fermo per duplice omicidio, detenzione e porto illegale di arma da fuoco e munizioni e spari in luogo pubblico. Ad incastrarlo - secondo l'accusa - c'erano le testimonianze di alcune persone. Sia al momento del fermo sia durante i processi a suo carico, l'imputato ha sempre detto di essere estraneo ai fatti, ma nessuno gli ha creduto.«Questo processo è stato caratterizzato da lacune immense - denuncia l'avv. Defilippi - e i giudici di merito non hanno mai tenuto conto dell'alibi che Morrone aveva, che era stato confermato sin dal primo annullamento con rinvio della sentenza da parte della Cassazione. L'imputato ha sempre detto che al momento del delitto si trovava nell'appartamento dei coniugi Masone, che vivevano sullo stesso pianerottolo dell'abitazione della sua famiglia. I Masone hanno confermato l'alibi del giovane durante il processo ma sono stati condannati per falsa testimonianza, così come è stata condannata la mamma del giovane che aveva riferito la stessa circostanza: «Queste persone - conclude il legale - sono cadute nella fossa dell' inferno solo per aver detto la verità».Il Presidente Contro Tutte le Mafie, dr Antonio Giangrande, conclude.“Il Sostituto Procuratore di Taranto, Alessio Coccioli mi ha denunciato con altri direttori di giornale presso la Procura di Potenza per diffamazione. La mia colpa: aver pubblicato e fatto pubblicare su vari giornali, nazionali ed internazionali, la mia indignazione, riportando testualmente le motivazioni ad una sua richiesta di archiviazione: l’ufficio protocollo di Manduria non rilascia dovuta ricevuta degli atti consegnati, ma dato che l’anomalia è prassi comune a tutti i cittadini, il denunciante non ha subìto alcuna condotta omissiva o abusiva personale, mentre sono propalazioni personali il pensare che, sempre a Manduria, sia illegale il fatto che a vincere il concorso di comandante dei vigili urbani, sia stato, in palese conflitto di interesse, colui il quale ha indetto e regolato lo stesso concorso, ricoprendo le stesse funzioni in attesa della sua nomina.Il Sostituto Procuratore di Potenza, Henry John Woodcock, ha attivato il procedimento, a differenza delle decine di denunce attivate dal sottoscritto per alcune anomalie riscontrate presso il Foro di Taranto. Denunce tutte archiviate.A Taranto si deve subire e si deve tacere !!!”

Grazie dell’attenzione.

Presidente Dr Antonio Giangrande – ASSOCIAZIONE CONTRO TUTTE LE MAFIE

099.9708396 – 328.9163996

www.controtuttelemafie.it

www.malagiustizia.eu

www.ingiustizia.info

www.illegalita.altervista.org

 
giuseppe_tommasinoDate: Lunedì, 18/04/2011, 22:30 | Message # 4
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Vi sembra troppo chiedere di pubblicare la notizia che tutte le accuse si sono dissolte a breve tempo e che quindi rimane soltanto il linciaggio mediatico che ho dovuto illegittimamente subire?
Giuseppe Tommasino
 
dibattitopubblDate: Mercoledì, 27/04/2011, 21:38 | Message # 5
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Egregio Giuseppe, può liberamente pubblicare tutto quello che ritiene giusto, con scopo di giustizia o nell'ambito delle notizie di rilevante interesse pubblico (così come lo prevede il codice della Privacy).
Se vuole, può unviarci documenti che desidera pubblicare, e li pubblicchiamo noi.

Benvenuto!

 
giuseppe_tommasinoDate: Venerdì, 29/04/2011, 22:21 | Message # 6
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Pregasi provvedere gentilmente a rettifica prendendo atto che in data 17/05/2010 è intervenuta sentenza di piena assoluzione su richiesta conforme del Pubblico Ministero. Allo stato, sono strenuamente impegnato nelle azioni di rivalsa contro i magistrati potentini Colangelo, Triassi, Esposito e Correale perché ritengo di essere stato sottoposto a procedimento penale in assenza di qualunque condizione di Legge così come è scritto in sentenza. E' amaro constatare come certa Magistratura, dal caso Tortora in poi, possa distruggere esistenze umane senza una prova o indizio. Sono disponibile ad inviare, su richiesta, un articolato dossier. Ringrazio ed ossequio.
Giuseppe Tommasino
 
dibattitopubblDate: Giovedì, 05/05/2011, 04:52 | Message # 7
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Egregio Giuseppe,
Mi può inviare il dossier su olgababenko@yahoo.it , se desidera, lo può rendere pubblico su questo forum.
Mi può anche chiamare 340 27 41 271 .

Cordialità!

Olga Babenko

 
dibattitopubblDate: Giovedì, 12/05/2011, 20:19 | Message # 8
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Il CSM ha sanionato il Sansa per un'espressione, invece, fino ad oggi niente sanzioni contro il Sansa per il reato di rifiuto di atti d'ufficio e per diffamazione del popolo Belorusso tramite stampa e per istigazione dell'odio contro il popolo Belorusso.

 
dibattitopubblDate: Mercoledì, 01/06/2011, 05:04 | Message # 9
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http://www.ilgiornale.it/interni/sesso_soldi_minore_se_e_giudice_fa_carriera/19-01-2011/articolo-id=500346-page=0-comments=1

Sesso per soldi col minore? Il giudice fa carriera

di Gian Marco Chiocci

Berlusconi viene messo alla gogna per chiacchiere intercettate. Ma qualche anno fa un magistrato milanese sorpreso nel bagno di un cinema con un ragazzino di 14 anni è stato trattato con i guanti bianchi. E alla fine è stato pure promosso in Cassazione

Gian Marco Chiocci
Massimo Malpica

Giudice del tribunale di Milano sorpreso a fare sesso con un quattordicenne nella toilette di un cinema: assolto perché tre anni prima aveva sbattuto la testa. No, non c’è niente da ridere. Di questi tempi, con un premier indagato a Milano per sfruttamento della prostituzione minorile senza che vi siano agli atti prove certe di un suo rapporto intimo con una diciassettenne, occorre ripensare a certe storture della giustizia. Ecco perché alcuni componenti del Csm hanno sentito il bisogno di rispolverare al Giornale una storiaccia a luci rosse su un magistrato milanese sporcaccione. Gli atti dei tre gradi di giudizio del processo a carico di un ex giudice di corte d’appello e gli approfondimenti svolti dal giornalista Stefano Livadiotti (nel libro scritto nel 2009 «Magistrati l’ultracasta») e prim’ancora dall’ex parlamentare radicale Mauro Mellini (nel pamphlet «il golpe dei giudici») ci consegnano uno spaccato indecente della casta in toga. La vicenda si sviluppa lungo un quarto di secolo, partendo dalla metà degli anni Settanta. La toga in questione si ritrova in un cinema di periferia della Capitale. Per sua sfortuna, in sala, tra gli spettatori, c’è un poliziotto fuori servizio che si precipita nella toilette quando sente urlare «zozzone, zozzone». Era successo che la «maschera» aveva sorpreso il giudice e il ragazzino chiusi in bagno. Quest’ultimo, preso a verbale, confermerà le avances dell’adescatore che, a suo dire, si era avvicinato alla sua sedia, gli aveva sfiorato i genitali riuscendo successivamente a convincerlo a procedere oltre in bagno, in cambio di denaro. E qui, stando al processo, si sarebbe consumato un rapporto orale. Il giudice finisce dritto in cella. Nega ogni addebito ma finisce alla sbarra per atti osceni e corruzione di minore. Contestualmente la Disciplinare del Csm che lo sospende dalle funzioni. La condanna, a sorpresa, è però di lieve entità: un anno appena. «Atteso lo stato del costume» l’approccio sessuale viene considerato dai giudici solo «contrario alla pubblica decenza». In appello il reato diventa «atti osceni». Ma poiché - scrive Livadiotti - il primo «approccio col ragazzino è avvenuto nella penombra e l’atto sessuale si è poi consumato nel chiuso del gabinetto» i giudicanti del giudice imputato arrivano a sostenere che «il fatto non costituisce reato». Il Nostro viene condannato ad appena 4 mesi, ma la Cassazione lo premierà ancor di più annullando la sentenza «senza rinvio», limitatamente al delitto di corruzione di minorenne «a seguito dell’estinzione del reato in virtù di sopravvenuta amnistia». Il Csm si adegua alla Supreme Corte revocando la sospensione dal servizio. Ma la sezione Disciplinare, guidata dal numero due di Palazzo dei marescialli, Vincenzo Conso, è pronta al miracolo. Durante l’istruttoria si fa presente che il medico curante del giudice ha sostenuto di aver sottoposto la toga imputata a intense terapie... tre anni prima «a causa di un trauma cranico riportato per il violento urto del capo contro l’architrave di una bassa porta. Si trattava di ferite trasversali da taglio all’alta regione frontale» dice il sanitario. Tre anni prima? E che c’entra con quanto avvenuto tre anni dopo? Non è chiaro nemmeno perché sia stato chiamato a testimoniare un notaio la cui sorella era stata la dolce metà del giudice: «Il loro fidanzamento è stato ineccepibile dal punto di vista morale». Per i più che comprensivi componenti del Csm, infatti, «ciò che colpisce e stupisce, in questa dolorosa vicenda, è che l’episodio si staglia isolato ed estraneo nel lungo volgere di un’intere esistenza fatta di disciplina morale, studi severi, impegno professionale». Isolato ed estraneo. Per cui le spiegazioni di quel rapporto orale sono due: un raptus o una devianza sessuale. Si propende per la prima ipotesi, anche perché, prendendo a prestito quanto riferito dagli psichiatri, «l’episodio in esame non solo costituisce l’unico del genere ma esso, anzi, ponendosi in contrasto con le direttive abituali della personalità, è da riferirsi a quei fatti morbosi psichici» che iniziati tre anni prima «si trovano in piena produttività» tre anni dopo. Traducendo: la vecchia botta in testa, con un ritardo di oltre mille giorni, è stata fatale. «Ha svolto un ruolo di graduale incentivazione delle dinamiche conflittuali latenti nella personalità - osserva il Csm - fino all’organizzazione della sindrome nell’episodio de quo». Il giudice è diventato scemo in ritardo e solo per un po’, perché è subito tornato normale. «Proprio l’alta drammaticità delle conseguenze scatenatesi del fatto, unita alle ulteriori cure e al lungo distacco dai fattori contingenti e condizionanti - prosegue il Csm - hanno favorito il completo recupero della personalità nella norma, com’è testimoniato dai successivi 8 anni di rinnovata irreprensibilità». S’è trattato di un banale incidente di percorso. L’imputato può tornare a giudicare? Certo. Perché «trattasi di episodio morboso transitorio che ha compromesso per breve periodo la capacità di volere, senza lasciare tracce ulteriori sul complesso della personalità». Il giudice sporcaccione va assolto. Non è punibile, udite udite, perché ha agito «in stato di transeunte incapacità di volere al momento del fatto». Transeunte. Dopodiché è tornato sano come prima, ha ripreso servizio, e stando a quanto racconta l’ex radicale Mellini «è stato valutato positivamente per la promozione a consigliere di Cassazione conseguendo però tale qualifica con un ritardo di molti anni». Ciò ha comportato un cumulo di scatti d’anzianità sullo stipendio di consigliere d’appello. E per il «principio del trascinamento» il giudice si è ritrovato «a portarsi dietro, nella nuova qualifica, lo stipendio più elevato precedentemente goduto grazie a tali scatti e a essere quindi pagato più di tutti i suoi colleghi promossi in tempi normali. Questi ultimi, grazie al principio del galleggiamento, hanno ottenuto un adeguamento della loro retribuzione al livello goduto dal giudice». Fatti due conti, l’onere per lo Stato di questo «marchingegno» ha sfiorato i 35 milioni di euro di oggi. Tanto è costato l’incontro nel wc, transeunte parlando.
 
dibattitopubblDate: Mercoledì, 01/06/2011, 06:29 | Message # 10
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IMPERIA, GIUDICE ARRESTATO:È ACCUSATO DI CORRUZIONE

Giovedì 19 Maggio 2011


http://www.leggo.it/articolo.php?id=122482&sez=ITALIA


MPERIA - Gianfranco Boccalatte, presidente del Tribunale di Imperia, è agli arresti domiciliari con l’accusa di corruzione in atti giudiziari e millantato credito. Boccalatte avrebbe concesso sconti di pena a esponenti della criminalità organizzata. Nell'ambito della stessa inchiesta sono stati arrestati due pregiudicati calabresi ed è stata notificata al suo autista, già in carcere, un'ordinanza di custodia cautelare. Boccalatte al momento si trovava in malattia e attendeva il trasferimento a Firenze, richiesto da qualche mese.

Gianfranco Boccalatte, il presidente del Tribunale di Imperia arrestato questa mattina per corruzione, sconterà i domiciliari nella sua casa di montagna a Limone Piemonte, poco più di 1.500 abitanti in provincia di Cuneo. Il magistrato, che è accusato di corruzione in atti giudiziari, ha da poco lasciato la caserma dei carabinieri di Imperia, che gli hanno notificato questa mattina il nuovo provvedimento nei suoi confronti.

In manette, con l'accusa di millantato credito e corruzione in concorso, anche due pregiudicati di origini calabresi sospettati di avere rapporti con la criminalità organizzata locale. Si tratta di Nicola Sansalone, 49 anni di Sanremo, e Leonardo Michele Andreocchi, 61 anni, residente a Ventimiglia. Un nuovo provvedimento, secondo quanto si apprende, sarebbe stato inoltre notificato a Giuseppe Fasolo, l'autista di Boccalatte, che si trova nel carcere di Torino dallo scorso 18 gennaio.

* * *

Versione del giornale "La Repubblica":
http://genova.repubblica.it/cronaca/2011/05/19/news/imperia_arrestato_presidente_del_tribunale-16461200/?ref=HREC1-4

Imperia, arrestato per corruzione presidente del tribunale
Il magistrato è accusato di corruzione. Avrebbe concesso sconti di pena e altri favori ad esponenti della criminalità organizzata locale. Sotto la lente di ingrandimento anche successioni, assegnazioni in aste giudiziarie, fallimenti e dispute per questioni di eredità
Imperia, arrestato per corruzione presidente del tribunale Gianfranco Boccalatte
Il presidente del tribunale di Imperia, Gianfranco Boccalatte, è stato arrestato. Il magistrato era accusato di corruzione nell'ambito di una inchiesta che, alla fine di gennaio, aveva portato in carcere il suo autista. L'ordine di arresto è giunto dal procuratore capo della Procura di Torino Giancarlo Caselli competente per indagini su magistrati di altri distretti.
 
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